lunedì 14 maggio 2012

QUANTI APPETITI SUL FRIULI ! - di Alberto Fabris




QUANTI APPETITI

SUL FRIULI !

di
Alberto Fabris




Un assordante ed imbarazzato silenzio da parte dei politici nostrani fa da risonanza alle proposte del pordenonese Isidoro Gottardo, responsabile regionale del PDL, di riforma delle Autonomie locali.

La nuova provincia della Venezia Giulia che dovrebbe nascere dalla fusione della provincia di Gorizia con quella di Trieste ha scatenato gli appetiti dei soliti noti. Alcuni auspicano di inglobare in essa anche il mandamento di Cervignano del Friuli perché appartenente alla giurisdizione ecclesiastica della Diocesi di Gorizia, altri anche del mandamento di Cividale del Friuli e, i più laici, chiedono di comprendere i territori regionali dove vige il sistema tavolare, Tarvisiano compreso.

Far scomparire il Friuli è sempre stata l'aspirazione di taluni in nome dei martiri o dei patrioti o dell'economicità o dei traffici o dei commerci.

Non sono state registrate riserve da parte del tolmezzino e Pdl Tondo.

Quella di superare “improduttive parcelizzazioni e divisioni” non dispiace al Presidente della CCIAA di Udine e dell'Unioncamere Friuli-Vg, (Tolmezzino anche lui) che recentemente ad un molto opportuno intervento della Sig.ra Roberta Michieli ed in perfetta sintonia con i programmi dell'Assessore regionale ai trasporti e Commissario per l'emergenza in A4, ha caldamente sostenuto la necessità di puntare sullo “sviluppo di una portualità e di una logistica intercorrelata e integrata che abbiano come fulcro necessariamente Trieste”, perché, sostiene Da Pozzo, ”l'estensione regionale è piccola e ristretta per le nostre imprese che si trovano a competere con il mondo intero” e pertanto non giova all'impresa la “contrapposizione decisamente superata Friuli-Trieste” .

Insomma l'intrapresa dovrebbe sempre fare i conti con il criterio dell'estensione del territorio in cui operano. Se ne potrebbe dedurre che questa sia la ragione per cui la più grande impresa di Buttrio abbia deciso di effettuare investimenti produttivi all'estero.

Sempre secondo la stessa logica il passaggio di alcuni Comuni dalla Regione Emilia Romagna alle Marche avrebbe determinato, rendendo più piccola la Regione d'origine, la chiusura di uno storico stabilimento di Faenza ed il suo trasferimento in Serbia. L'intero territorio italiano potrebbe essere stato giudicato inadeguato, talmente modesto in estensione da spingere la più grande fabbrica italiana di automobili a dirottare investimenti, se pur solennemente promessi, verso altri continenti.

Eppure, a dispetto delle paventate difficoltà o penalizzazioni dovute alla ristrettezza territoriale, per il 2011 l'export di Trieste ha segnato un + 16,86% contro un +11,8% di Udine, un +8,93% di Pordenone e un -18,55% di Gorizia, contro una media nazionale dell'export dell'11% (dati della CCIAA di Udine).

Intanto il Governo ha autorizzato investimenti per 132 milioni di euro per la piattaforma logistica del porto di Trieste. Mi si permetta di dubitare fortemente che questi investimenti possano servire a rimettere in moto il mercato interno “pressoché fermo”, dato che i traffici provenienti dal nord per raggiungere l'agognato porto viaggeranno su rotaia e i più in autostrada sulla “Regione ponte” dispensando al Friuli solo un po' di inquinamento. Quello sì.

Il mercato interno forse segue altre logiche. Mi permetto anche di dubitare che i traffici da nord abbandonino gli attuali corridoi percorsi per raggiungere i porti di Capodistria e Fiume decisamente più competitivi del porto di Trieste (così come per la Svizzera il porto di Marsiglia costa meno di quello di Genova...).

Non sono un economista, ma a me pare che l'economia si muova liberamente e spregiudicatamente senza tener conto minimamente dei confini e le distanze intercontinentali degli stati e neanche del tipo di regime politico in vigore in certe aree, figuriamoci delle ripartizioni amministrative interne ad una Regione...

Se l'aggregazione alla nascitura provincia del mandamento di Cervignano del Friuli viene giustificata dall'appartenenza alla diocesi di Gorizia, allora perché Sappada, appartenente alla Arcidiocesi di Udine, e per giunta con il positivo e plebiscitario esito referendario, ancora attende, e noi con lei, il passaggio alla provincia di Udine? E il Comune di Cinto Caomaggiore che rivendicando una comune radice, ancora non è stato aggregato alla Provincia di Pordenone? Si tratta in ambo i casi di pronunciamenti democratici, che comporterebbero, seppur di poco, l'ampliamento dell'area regionale in perfetta aderenza agli auspici di ampliamenti territoriale palesati dal Presidente della CCIAA e dell'Unioncamente Regionale!!!

Con l'appendice che proprio le resistenze poste dalla Regione confinante dovrebbero essere rimosse perché non giovano a “superare divisioni che nulla hanno a che fare con la realtà dell'economia di oggi” ammesso, e qualche volta purtroppo non concesso, che la sovranità appartenga al popolo, come sta scritto nella Carta Costituzionale.

La sorte di Gorizia è nelle sue mani. Giova ancora ricordare che la sua adesione alla Assemblea delle Provincia Friulane, con attribuzioni istituzionali, garantirebbe la sua sopravvivenza e la sua peculiarità: ora rischia di essere cancellata ed assorbita da Trieste, in cambio di un paio di uffici per appagare le aspettative di qualche assessore comunale di Gorizia.

Ma nella stanza dei bottoni si giocano altre partite. La Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste per vedersi garantito il raddoppio del suo peso in seno al Mediocredito del Friuli-V.G. non ha ancora versato la sua quota pari a 8 milioni di euro scaduta a novembre 2011. Per la ricapitalizzazione di Mediocredito, ordinata dagli ispettori della Banca d'Italia, sono già confluiti 30 milioni di euro dalla Regione per rinsanguare quelle esauste finanze. Da notare che il Presidente di Mediocredito e della Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste sono la stessa persona: che si tratti di un conflitto di interessi?
In questo turbinio di idee scoordinate pare difficile calare e declinare l'affermazione di un giornalista direttore che il 1° aprile u.s. (!) così chiuse un suo intervento di esordio: “Perché non ci si deve distrarre in dispute, che pure sono vitali, su dove poggiano i confini del Friuli. Il Friuli è uno e indivisibile ma questa sola consapevolezza non può bastare a costruire il nostro futuro“.

Dai politici, imprenditori e finanzieri non sono ancora venute risposte serie.

Alberto Fabris – Osoppo
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Lettera pubblicata sul settimanale dell'Arcidiocesi di Udine, "La Vita Cattolica", giovedì 10 maggio 2012

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