L’ACQUA RESTI
UN BENE
COMUNE E STRATEGICO !
(…) con la scusa dell’efficienza si vuole fare dell’acqua, bene comune e strategico, un oggetto di profitto e di potere delle grandi multiutility e società vicendevolmente legate alla politica.
Le spa più che a portare l’acqua ai cittadini sono interessate a portarla a quotare in borsa! (…)
Franceschino Barazzutti
………….
Riceviamo e pubblichiamo
“Egregi signori,
ho inviato ai Consiglieri Regionali, alla Presidente Serracchiani ed ai Sindaci dei Comuni dell'Alto Friuli l'allegato breve mio saggio sul servizio idrico nella montagna friulana allegando, a titolo di esempio della particolarità dello stesso, il sistema degli acquedotti in quel di Ovaro. Ve lo giro ritenendo che l'argomento sia importante di per sè e tanto più nel momento in cui persino il latte di Latterie Friulane corra il rischio di finire lontano al colosso bolognese Granarolo.
AugurandoVi Buon Natale ed un Felice Anno Nuovo, porgo distinti saluti.
Franceschino Barazzutti,
già presidente del Consorzio del Bacino Imbrifero Montano (BIM) Tagliamento;
presidente del comitato per la tutela delle acque del bacino montano del Tagliamento”
presidente del comitato per la tutela delle acque del bacino montano del Tagliamento”
Acqua del rubinetto:
sempre più lontana!
….Correvano gli anni ’50 quando il “potere” di fatto (e la “gestione”) sulle acque del Tagliamento, Lumiei, Degano, Vinadia furono messi nelle mani della Sade, finendo dalla Carnia a Venezia per poi essere spostati a Roma all’Enel con la nazionalizzazione dell’energia elettrica, ed infine, con la privatizzazione della stessa, finire a Milano ad Edipower, cioè nelle mani dei Comuni di Milano, Brescia, Bergamo (attraverso l’azionista multiutilityA2A), di Torino, Genova, Parma, Piacenza, Reggio Emilia (attraverso l’azionista multiutility IREN), delle Province Autonome di Trento e di Bolzano (attraverso le azioniste Dolomiti Energia e SEL rispettivamente). Comuni e Province queste, che iscrivono all’attivo dei propri bilanci i profitti realizzati dalle loro società per azioni sfruttando le acque degli altri Comuni, come i nostri..
Mentre la corrente elettrica – anch’essa - fu portata lontano, alla Carnia rimasero 80 km di gallerie, altrettanti km di alvei desertificati, uno sconquasso idrogeologico, l’obolo dei sovracanoni al Consorzio BIM, che qualcuno al Governo vorrebbe sopprimere per tenersi anche quell’obolo.
Allora questo accadeva, e tuttora è in essere per l’acqua della Carnia mandata nelle turbine.
Ora, proprio in questi ultimi anni, qualcosa di analogo è avvenuto con l’acqua del rubinetto di casa. Infatti, il potere è passato dalla Carnia (Comuni) ad Udine all’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) per finire a Milano all’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (AEEG), che decide tutte le regole – tariffe comprese - mentre la gestione del servizio idrico dai Comuni è passata a Tolmezzo (Carniacque spa) da dove, tra non molto, verrà messa in viaggio per Udine, possedendo AMGA già il 34% di Carniacque, per poi proseguire per Bologna, dove la potentissima multiutility HERA, la cui missione è aggregare e sé tutto il nordest, ora fa la corte proprio ad AMGA dopo avere assorbito Acegas Trieste ed APS Padova, eseguendo gli ordini del governo ben riassunti dal titolo del giornale “Affari e Finanza” del 23 settembre 2013 “Utilities, contrordine del governo. Ora le grandi mangino le piccole”.
I sindaci dei nostri Comuni montani, fautori di Carniacque spa, hanno la pesante responsabilità di non aver utilizzato il disposto dell’art.148 comma 5 del Dls 152/2006 che, riconscendo le peculiarità dei territori montani, prevede che “l’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane” e di avere invece portato i loro cittadini in bocca ai pescecani.
A questo è servita e serve Carniacque spa, a spogliare e traghettare i Comuni verso le grandi multiutility. Anche nel caso in cui i Comuni rilevino le quote di Amga in Carniacque, quest’ultima sarà prima o poi preda di qualche pesce più grande di lei., mentre, al contrario, il servizio idrico autonomo dei tanti singoli comuni montani non sarebbe preda appetibile in quanto frammentata.
E’ il caso di precisare l’itinerario, già percorso e quello futuro, dell’acqua del nostro rubinetto, sia riguardo al “potere” su tale acqua, sia alla “gestione” della stessa.
Storicamente, per ovvi motivi di configurazione del territorio montano, i nostri vecchi ubicarono gli abitati per lo più subito a valle di sorgenti – numerose in montagna - da cui portarono l’acqua nella fontana, luogo centrale, di grande socialità ed unione del paese. Ne è risultato un grande numero di acquedotti autonomi, di breve lunghezza per ridurre la possibilità di perdite Il “potere” su tale acqua e la “gestione” di essa furono esercitati per secoli da un unico soggetto: la Vicinia del villaggio, uno strumento di autogoverno locale, di grande partecipazione, di solidarietà, di identità comunitaria, di democrazia diretta, di amministrazione dei beni collettivi. In Carinzia nei borghi della Lesachtal in Comune di Mauthen-Kötschach il servizio idrico è tuttora gestito dalle locali Vicinie.
Successivamente, alla Vicinia subentrò il Comune, il cui Consiglio – organo di democrazia delegata – ha esercitato sia il “potere” su tale acqua, sia la “gestione” di essa, portando l’acqua non solo alla fontana, ma anche ai rubinetti dei vari edifici e la rete fognaria ai depuratori.
Il modello della Vicinia e quello del Comune nel contesto territoriale montano hanno sempre garantito agli abitanti acqua buona, sana, gratuita la Vicinia, a costi modesti il Comune. Acqua dagli abitanti dei borghi montani considerata, anche psicologicamente, bene collettivo cui è dovuto grande rispetto.
Alla fine degli anni ’90 questo collaudato sistema viene sconvolto prima dalla Legge Galli del 1994 poi dal Dls 152 del 2006, con cui lo Stato, pur continuando a riscuotere tasse crescenti, impose l’autofinanziamento del servizio idrico da parte degli utenti ed il trasferimento del “potere” all’ATO a Udine e la “gestione” a Carniacque a Tolmezzo, lontano dagli abitati montani, dalla gente, sminuendo il ruolo del Comune, aumentando sensibilmente i costi e le tariffe. Iniziava così un lungo viaggio che continua.
In verità l’art. 148, comma 5 del Dls 152/2006, riconoscendo la specificità della montagna, prevede che i Comuni montani con popolazione sino a 1.000 possano continuare a gestire autonomamente ed in proprio il servizio idrico. In forza di tale previsione solo i Comuni di Cercivento, Forni Avoltri e Ligosullo hanno scelto di continuare a gestire autonomamente con il consenso dei cittadini-utenti il servizio idrico, nonostante l’ATO – unico in Italia - si sia opposto.
Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012 il “potere” sull’acqua del nostro rubinetto riprende a viaggiare allontanadosi sempre di più. Infatti viene trasferito dall’ATO di Udine all’AEEG di Milano, alla quale sono attribuiti tutti i poteri in materia di servizio idrico con la conseguenza che la tariffa viene fissata da detta Autorità e non più dall’assemblea dei sindaci dell’Ato, che così sono stati spogliati di ogni potere.E’ così accaduto che i Sindaci dell’Alto Friuli, chiamati il 09.07.2013 ad esprimere un voto solo consultivo, sotto il ricatto che l’AEEG avrebbe potuto decidere un aumento del 20-30%, - avendo il potere autonomo di farlo - hanno reso parere favorevole per il 2012-2013 ad un aumento della tariffa del 6,5%, mentre AEEG ritiene possibili futuri aumenti sino al 43,5%. Lo strapotere dell’AEEG si è spinto sino a prevedere nell’allegato A della propria deliberazione 585/2012 che la gestione delle acque meteoriche e di drenaggio urbano nonché le attività di pulizia e la manutenzione delle caditoie stradali sono considerati facenti parte del SII , cioè del Servizio Idrico Integrato e, quindi da caricare sulla bolletta.
Anche la “gestione” si appresta a viaggiare. Non si fermerà a Tolmezzo in Carniacque dal momento che circa il 34% della stessa è già a Udine nelle mani di Amga e che quest’ultima si unirà al Consorzio Acquedotto del Friuli Centrale (CAFC spa) ed è corteggiata da Hera, la multiutility dei Comuni di Bologna e della Romagna, la quale si ritiene investita, anche dal governo, del ruolo di aggregatrice di quel nordest che costituisce anche eurocollegio elettorale. Tant’è che già “Affari e Finanza” del 18 febbraio 2013 sotto il titolo “L’Hera post fusione punta sulle reti” completava detto titolo con la precisa affermazione dell’amministratore delegato Tommasi “Siamo polo aggregatore”. Come se questo non fosse sufficientemente chiaro, l’articolista Luca Pagni scriveva”..non c’è dubbio che il gruppo Hera si sia già portato avanti. Con una operazione con cui si è candidata a diventare il polo di aggregazione tra le società del Nord-Est” , citando l’udinese Amga tra queste.
Con il trasferimento del “potere” all’ AEEG da un lato e le aggregazioni societarie sulla “gestione”dall’altro lato, la tenaglia sull’acqua del nostro rubinetto si chiude. Perché tutto questo? Perché con la scusa dell’efficienza si vuole fare dell’acqua, bene comune e strategico, un oggetto di profitto e di potere delle grandi multiutility e società vicendevolmente legate alla politica.
Sono state proprio le grandi multiutility (A2A, Iren. Hera, Acea, ecc.) a sollecitare il governo a trasferire i pieni poteri all’AEEG, dove, a differenza dei sindaci della montagna, loro sono di casa. Sono di casa a tal punto che “Affari e Finanza del 18 novembre 2013 a proposito della multiutility A2a scriveva “al momento il consiglio di sorveglianza è presieduto dall’ex presidente dell’Autorità per l’energia, Pippo Ranci, molto vicino a Pisapia, mentre il consiglio di gestione è guidato da Graziano Tarantini, presidente di Banca Akros”.
Sono state proprio le grandi società multiutility ad invocare presso il ministro Passera un aumento della tariffa dell’acqua per compensare i mancati introiti dalla vendita di elettricità da loro prodotta, causati dalla crisi. Ed il ministro Passera, ex dirigente di banca creditrice, ha ovviamente accolto l’invocazione dei debitori. Ma finchè il potere di “governo” del servizio idrico – e quindi di fissazione della tariffa – restava in capo agli ATO, cioè all’assemblea dei sindaci, l’aumento delle tariffe sarebbe stato difficile per la comprensibile opposizione dei sindaci, preoccupati di perdere consenso presso i propri cittadini. Ecco allora la trovata di spogliare gli ATO – e quindi i sindaci - del “governo” del servizio idrico per portarlo in capo all’AEEG..
A questo punto ci sovviene che i nomi delle multiutility A2a ed Iren ci riportano a quello a noi più noto di Edipower, di cui sono i principali azionisti. Sono i nomi in cui confluisce sia l’acqua da turbinare per produrre kw, sia quella del rubinetto. Così l’accerchiamento si completa! Se poi consideriamo che le grandi multiutility distribuiscono anche il gas e si accupano del servizio di raccolta e trattamento dei rifiuti urbani, allora non resta che concludere che questi sono i signori, monopolisti, che spremono le famiglie con le bollette sui servizi irrinunciabili.
Da questo accerchiamento si esce facendo valere la nostra montanità. Per non finire sudditi di questi potentati bisogna far valere ed attuare il già citato comma 5 dell’art. 148 del Dls 152/2006: la gestione autonoma in proprio del servizio idrico nei Comuni montani, estendendola a tutti questi comuni - indipendentemente dal numero degli abitanti - con la prossima revisione della legge regionale sul servizio idrico. I sindaci, che hanno favorito o che si sono adeguati alla centralizzazione del “potere” e della “gestione” dell’acqua del rubinetto, che ora si vedono spogliati di ogni potere e colpevolizzati per decisioni assunte dall’AEEG, devono riconsiderare le scelte fatte: errare humanum est, autem perseverare diabolicum.
Ci auguriamo che la Presidente Serracchiani, detentrice della delega alla montagna, non pensi di risolvere i problemi dei territori montani con culture e strumenti urbani: per gestire l’acquedotto ed il depuratorino di Ligosullo non servno Carniacque spa di Tolmezzo, Amga spa di Udine, Hera spa diBologna e neppure la ventilata spa gestrice unica regionale.. Le spa più che a portare l’acqua ai cittadini sono interessate a portarla a quotare in borsa!
E’ tempo di prendere atto che la gestione centralizzata di Carniacque del servizio idrico nell’Alto Friuli comporta costi elevati a causa della vastità del territorio, della sua orografia, dell’elevato numero di piccoli abitati, della loro ubicazione in quota, ma ricavi bassi a causa dei pochi abitanti e , quindi, di utenti, con conseguenti carenze del servizio e difficoltà finanziarie. Allora dovrebbe essere logico decentrare la gestione ai Comuni o alle loro Associazioni, tanto più che le gestioni comunali nella nostra montagna hanno sempre garantito presenza, accessibilità ed interventi immediati e fornito a costi contenuti una buona acqua, percepita dai cittadini come “la loro acqua”.
Per sapere come gestire bene il servizio idrico in montagna la Presidente Serracchiani farebbe bene a telefonare al suo collega Presidente della Provincia di Trento, dove il territorio e gli insediamenti abitativi sono simili ai nostri, dove il servizio di depurazione e quello fognario esterno agli abitati sono gestiti da apposita agenzia provinciale, mentre ai 217 Comuni è affidato sia il “potere” che la “gestione” delle rispettive reti idriche e della rete fognaria interna agli abitati, che 20 Comuni gestiscono in forma consortile ed i rimanenti 197 autonomamente ed in proprio.
I problemi della montagna si devono affrontare con una cultura caratterizzata da forte montanità, che permette, attorno al bene acqua, di recuperare nei borghi montani quel senso di appartenenza, di socialità, di solidarietà, di partecipazione alle decisioni, di autogoverno che ha permesso in tempi molto difficili, ma illuminati da ideali la costituzione della Secab, delle cooperative di lavoro e di consumo, delle latterie sociali, delle case del popolo, delle casse rurali, delle società di mutuo soccorso. Staremo a vedere se la presidente Serracchiani, che detiene anche la delega alla montagna, si atterrà alla cultura montanara, ad iniziare dal servizio idrico, o se preferirà quella “imported” urbana in versione bolognese, con tanti saluti all’ ”âgo frescjo di Ludario”.
18 dicembre 2013
Franceschino Barazzutti, del Comitato per la tutela delle acque del bacino montano del Tagliamento - Tolmezzo (Udine)
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