giovedì 29 marzo 2012

SOLO TRIESTE NEI TG REGIONALI, FRIULI OSCURATO !




LA VITA CATTOLICA

GIOVEDÌ 22 MARZO 2012

pagina 15



RILEVAMENTO DELLA «VITA CATTOLICA» SULLA PRESENZA DELLE QUATTRO PROVINCE NEI TELEGIORNALI DELLA RAI REGIONALE.
IL CAPOLUOGO GIULIANO LA FA DA PADRONE


Solo Trieste nei Tg,

Friuli oscurato


Il 40,5% dei minuti andati in onda nei notiziari tra il 29 febbraio e il 13 marzo è relativo a un territorio dove risiede solo un quinto della popolazione regionale. Gorizia, come sempre, cenerentola

POSSIBILE CHE TRIESTE, la provincia che conta poco più di 236 mila abitanti (Udine ne ha 541 mila; Pordenone 315 mila e Gorizia 142 mila), si prenda la metà dello spazio, lasciando il restante milione di abitanti del Friuli-Venezia Giulia a spartirsi i pochi minuti rimanenti?

La domanda sorge spontanea leggendo i dati del rilevamento che «la Vita Cattolica» ha effettuato analizzando la presenza delle quattro province nei telegiornali della Rai regionale delle 14, 19.30 e della notte, nel periodo 29 febbraio - 13 marzo. Ebbene, da esso è emerso che le notizie della sola provincia di Trieste occupano il 40,45% dell’intero minutaggio, mentre le restanti tre province si dividono il 47,23%.

Fatti due conti, il territorio più bistrattato dalla Rai regionale è quello goriziano. I servizi dedicati al capoluogo isontino coprono appena il 10,07% del totale. Poco spazio in più è riservato a Pordenone (12,20%) e accade addirittura che vi siano dei Tg nei quali le due province non vengono nemmeno citate.

Nei brevi Tg della notte è quasi una consuetudine: il capoluogo isontino, in particolare, compare meno della metà delle volte. La rilevazione effettuata evidenzia che 8 Tg su 14 lo ignorano completamente. Simile trattamento è stato riservato a Udine, in 6 notiziari, e a Pordenone, in 4.

Neanche a dirlo, Trieste resta, invece, sempre protagonista. Una predominanza che diventa letteralmente incontrastata nei telegiornali trasmessi a tarda ora, con addirittura 20 minuti di servizi, sommando il totale delle due settimane poste sotto osservazione, contro i 7’46’’ di Udine, i 7’20’’ di Pordenone e gli appena 6’11’’ di Gorizia.

Clamoroso l’episodio di lunedì 12 marzo, con Trieste che monopolizza il Tg, accaparrandosi il 76,60% del tempo. Di Udine e Gorizia nessuna traccia. Quasi tutti per Trieste anche i titoli e i servizi di apertura.

Salvo rari casi, generalmente legati a episodi di cronaca o sport (incidente mortale sul lavoro a Lestizza, 5 marzo; omicidio a Monfalcone, 6 marzo; indagine al Cie di Gradisca, 8 marzo; sconfitta dell’Udinese, 9 marzo...) le prime notizie dei Tg sono sempre riferite a Trieste.

Dall’analisi giorno per giorno emergono episodi eclatanti, come quello del notiziario delle 14 di venerdì 9 marzo, quando il capoluogo giuliano si prende addirittura tutti i primi 9 minuti del telegiornale, tra cronaca, sanità ed economia, e la prima notizia dal Friuli arriva appena al 10° minuto.

Simile gerarchia delle notizie lunedì 12 marzo, nel Tg delle 14: per i primi 6’05’’ si parla solo di Trieste (cronaca, aree inquinate e un convegno). Il Friuli, relegato nella cronaca e nello sport, è escluso dai temi più complessi e importanti. E identico copione anche per il Tg della sera. I primi 4 servizi importanti, tutti con immagini filmate, sono dedicati al capoluogo giuliano, con la sola interruzione di 55’’per la visita di Tondo a Belgrado. Il risultato? Da sola, Trieste, occupa quasi lo stesso spazio del resto del Friuli. E, dal rimanente territorio, in primo piano solo cronaca nera e «curiosità», come un convegno di cuochi.

Avranno «recuperato» il giorno successivo? Macché.

Nel Tg delle 19.30 di martedì 13 Trieste si prende il doppio del tempo del resto del Friuli e nemmeno le partite dell’Udinese in Europa riescono ad elevare il minutaggio. Nella pagina sportiva, il caporedattore Marzini «scende in campo» con una lunghissima intervista all’allenatore della Triestina, Galderisi. I bianconeri due giorni dopo devono affronare l’Alkmarr per gli ottavi di Europa League, ma non meritano nemmeno un secondo...
Addirittura un servizio nazionale (la presentazione della Giornate del Fai a Roma,senza alcun riferimento locale) ha, da solo, più spazio dell’intera provincia di Udine.

Due pesi e due misure anche quando si affrontano temi di interesse regionale, che vengono trattati il più delle volte con servizi, immagini e interviste da Trieste, come la festa delle donne «triestine», giovedì 8 marzo, o la scelta dei giovani tra liceo e istituti tecnici, martedì 13 marzo. O, ancora, lo stesso giorno, la presenza di Bonanni in regione: al mattino a San Giovanni al Natisone, il pomeriggio a Trieste. La parte friulana della visita viene trattata così, in soli 10 secondi: «Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, oggi in visita in Friuli-Venezia Giulia. Dopo aver partecipato al mattino ad una riunione sindacale a San Giovanni al Natisone, nel pomeriggio è arrivato a Trieste...». Segue 1’30’’ di servizio, naturalmente sulla seconda parte della giornata.

Ancora, la notizia di apertura del Tg delle 19.30 di giovedì 8 marzo, sul nuovo fondo di previdenza integrativo lanciato dalla Regione, diventa l’ennesima occasione per parlare del rigassificatore di Trieste (protagonista di una decina di servizi, da mercoledì 29 febbraio a mercoledì 13 marzo) con le dichiarazioni di Tondo a margine del convegno goriziano sulle pensioni... del quale, infine, si parla, ma solo dopo 1’17’’ di rigassificatore.

E la cultura? Per il Friuli si fanno recensioni, ma per le tematiche «politicamente» importanti si parla, guarda a caso, solo di Trieste.
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Quanti ettoPascal a Tolmezzo?

Chissà quanti millibar ci saranno oggi a Udine o a Tolmezzo? E quanti ettoPascal? È una cosa che, effettivamente, molto probabilmente a pochissimi interessa, ma è altrettanto sicuro che la curiosità sorge quando si ascolta il Giornale radio Rai regionale delle 7.20.

Già perché da sempre il «Gazzettino giuliano» che risveglia tantissimi friulani ci informa puntualmente delle condizioni del tempo in tutta la regione, ma per Trieste la puntualità ha veramente dell’incredibile.

Molti anni fa, per leggere temperature e raccontare il tempo in Friuli c’era un collegamento da Udine, poi è stato abolito ed ora tutto viene letto da Trieste.

Così, velocemente si passano in rassegna temperature di Udine, Gorizia, Pordenone, Tolmezzo, Forni di Sopra, Zoncolan, Tarvisio.

Poi, cambio di voce e si comincia con Trieste: temperatura dell’aria, temperatura del mare, velocità del vento in km/h, percentuale di umidità dell’aria e naturalmente la pressione, giustamente misurata sia in millibar che in ettoPascal (la nuova unità di misura stabilita dal Sistema internazionale delle grandezze fisiche).

Certo, forse ai non appassionati di meteorologia, la precisazione può sembrare un po’ pleonastica, visto che 1 ettoPascal corrisponde a 1 millibar, per cui il dato numerico non cambia.

Ma l’importante è la completezza di informazione. Per Trieste.

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lunedì 26 marzo 2012

L'ERDISU DI UDINE PAGHERA' PER QUELLO DI TRIESTE !







L’ERDISU DI UDINE

PAGHERA’

PER QUELLO DI TRIESTE


Lettera ai Consiglieri regionali friulani.

Perchè mai le incapacità gestionali dell'Erdisu di Trieste devono essere pagate dai friulani che, al contrario, hanno saputo gestire in maniera ottimale l'Erdisu di Udine?

E ancor di più, è incredibile che consiglieri regionali friulani si prestino a una manovra per salvare il sovrabbondante organico dell'Erdisu triestino e nasconderne i maggiori costi in un bilancio unificato.

L’Erdisu triestino ha costi elevati, esuberi di personale e funziona male? Si metta mano senza toccare l’Erdisu di Udine, che funziona ottimamente con bassi costi e poco personale !

Basta alle proposte pasticcio della Rosolen della formazione “Un’altra regione”, di un nuovo inutile carrozzone regionale a Trieste, cui si aggiunge un’analogo progetto dell’opposizione Pd a firma Paolo Menis.

Ci sono poi modi più seri sul come gestire gli “esuberi di personale” del sistema pubblico regionale e locale.

Naturalmente si butta la croce sui piccoli Comuni perché politicamente non contano, mentre tutti sappiamo dei tremendi sprechi di alcuni grandi Comuni e Regioni che sono denunciati anche dalla magistratura, e costituiscono una frazione importante del debito nazionale.

Altrove si interviene con leggi speciali come per Roma e il Lazio, e si riassestano bilanci coprendo miliardi di euro di deficit, mentre per il Friuli non si riescono a trovare dieci milioni per i bilanci di una Università virtuosa.

Mi risulta che a Trieste il Comune ha circa 3000 dipendenti, a Udine circa 1000. Se il riferimento è Udine, a Trieste ci sono 1000 dipendenti di più in proporzione alla popolazione. Nel privato si ristrutturerebbe, e i cosiddetti esuberi andrebbero in mobilità, aspettando posizioni vacanti in altri settori.

La CISL ha già detto che è disponibile a discutere di tutto nel pubblico impiego, ma la CGIL regionale, no! Perché nel mirino andrebbe un vasto parco di consensi costruito con assunzioni partitiche, e i populisti e soprattutto triestinissimi Rosolen e Belci preferiscono sacrificare istituzioni che in Friuli funzionano e prendersela magari con la lingua friulana.

Nella città “cara agli Italiani” , dal Porto alle Fiere, dallo Spettacolo alla Sanità, alla RAI, c’è ben altro oltre all’Erdisu mal gestito, mentre si inviano missioni a Roma a raccattare soldi per mantenere vecchi privilegi!

Nel Pd e Pdl e negli altri partiti, ovviamente nessuno oserebbe prendere in mano in termini equi una questione con Trieste, è più comodo tirare la cinghia in Friuli.

Anche a Pordenone centro non si scherza: si chiede perfino un’autostrada da Gemona a Sequals, e meno male che gli ambientalisti si oppongono.

Intanto Tondo boccia il terminal oceanico di Monfalcone della Maersk, utile come iniezione di competitività, e si rilancia attraverso la fedele Camera di Commercio di Udine l’ennesimo appello elettorale “specchietto per allodole” sulla questione porti.

Alla fine il vero problema è quali livelli e qualità di assistenza senza degenerare in assistenzialismi, sono civilmente opportuni, e funzionali alla ripresa. Perché ci devono essere disparità di trattamento in situazioni sociali delicate, tra territori e settori?

Ma anche per la questione delle ferrovie ci sarebbe un’opportunità di migliore impegno per tutti voi.
L'amministratore delegato di Trenitalia ha infatti recentemente investito il Friuli-Venezia Giulia della decisione di indicare la locale stazione di riferimento nazionale, così come nelle altre regioni italiane. Questo nella prospettiva di migliorare il servizio ferroviario su scala locale e nazionale. La stazione di Udine è già la più importante e frequentata in regione per numero di passeggeri (7,6 milioni l'anno), ed è ventisettesima in Italia e terza nel Nord-Est. Si chiede quindi un fattivo impegno a voi che ci rappresentate per ottenere il riconoscimento di Udine come riferimento regionale e la possibilità di avere, finalmente, un pò di visibilità.

Giancarlo Castellarin

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La lettera è stata pubblicata sul settimanale "LA VITA CATTOLICA", rubrica "Giornale aperto", giovedì 22 marzo 2012. 

venerdì 23 marzo 2012

CENTRALIZZAZIONE: ERDISU E SANITA', POI TOCCA A UDINESE E TRIESTINA?




CENTRALIZZAZIONE
ERDISU E SANITA’,
POI TOCCA
A UDINESE E TRIESTINA?


Erdisu a rischio commissariamento, avanti tutta con l’azienda sanitaria unica.

Unifichiamo tutto, compreso l’Udinese e Triestina calcio: una sorta di schizofrenia politica che non esiste in nessuna altra regione italiana.

E tutto ciò senza alcun confronto col territorio, né uno straccio di progetto. Si può andare avanti così? E’ mai possibile che una sola persona, ossia il presidente della Regione Renzo Tondo, nei fatti, imponga decisioni così importanti senza alcun dibattito pubblico? E come concedere fiducia a chi, in piena solitudine e senza consultarsi con i parlamentari regionali (così risultava dalla stampa), pochi anni fa risulta aver regalato ben 370 milioni di euro annuali - riconosciutici persino dalla Consulta - all’allora ministro Tremonti a fronte di un Federalismo nazionale mai attuato? Una scelta politica scellerata che ora ricade sulle spalle di tutti i cittadini di questa regione perché questo “regalo” è stato inserito in una legge dello Stato italiano. E le leggi vanno rispettate. E che dire della terza corsia dell’autostrada A4? Difficile dimenticare quanto Tondo si sia pubblicamente vantato, anche sulla stampa, dell’assurdo “fasìn di bessôi!” per un’opera che va a vantaggio di tutto il nord Italia e che dunque non può essere pagata solo dai cittadini di questa regione. E oggi infatti la terza corsia autostradale risulta impantanata in un difficile accordo con le banche finanziatrici che pretendono garanzie pesantissime per l’intera comunità regionale.

E le comunità montane? Commissariate per due anni senza uno straccio di progetto di legge per poi, alla fine, approdare all’approvazione di una legge disastrosa che scontenta tutti e che nella prossima legislatura dovrà essere necessariamente rivista.

E ora, chi non è riuscito a portare in porto una valida e seria riforma delle Comunità montane, vorrebbe anche mettere mano al delicatissimo comparto sanitario regionale? Oltre tutto, a livello istituzionale, moltissimi risultano essersi già schierati, e a ragione, contro l’azienda sanitaria regionale unica. Ma pare che ciò non sia sufficiente a fermare il presidente di Regione Renzo Tondo.

Pochi politici, o perfino uno solo, possono decidere al posto delle comunità territoriali? Se l’azienda sanitaria regionale unica è già stata rifiutata dal territorio perché Tondo continua a insistere? Ma siamo ancora in democrazia? O stiamo tornado al feudalesimo dove il “signorotto” di turno spadroneggiava a piacimento? E’ questo il concetto di politica che guida la “casta” che governa la nostra regione? E quest’ultimo quesito vale per tutta la classe politica regionale, inclusa l’opposizione in Consiglio regionale.

Roberta Michieli  - Tavagnacco

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Lettera pubblicata sul settimanale LA VITA CATTOLICA, rubrica “Giornale aperto”, il 15 marzo 2012 e sul quotidiano il MESSAGGERO VENETO il 23 marzo 2012


lunedì 19 marzo 2012

ERDISU DI UDINE E TRIESTE: SI UNIFICA O CANCELLA PER NASCONDERE GLI SQUILIBRI OCCUPAZIONALI E FINANZIARI A FAVORE DI TRIESTE?


ERDISU
DI UDINE E TRIESTE

SI UNIFICA E/O SI SOPPRIME PER NASCONDERE LO SQUILIBRIO FINANZIARIO E OCCUPAZIONALE A FAVORE DELL’ERDISU DI TRIESTE?

1.       A parità numero studenti, oggi l'Erdisu di Udine risulta avere 25 dipendenti, quello di Trieste 60. Inoltre l'ente triestino, rispetto all'ente friulano, risulta sovrafinanziato alla grande dalla Regione.
2.      NESSUNA PAURA: la Giunta Tondo ha già trovato il sistema per salvare i 60 posti di lavoro dell'Erdisu di Trieste, nonchè il suo sovrafinanziamento!
UNIFICHIAMO I DUE ERDISU e così avremo un unico ente di 85 dipendenti e Udine non potrà più protestare perchè non esisterà più l'Erdisu di Udine inghiottito in un unico calderone regionale dove alla grande si continuerà a sovrafinanziare l’ERDISU di Trieste! 
   Oppure CANCELLIAMO tutti e due gli ERDISU distribuendone poi i compiti agli Uffici regionali……triestini!

E poco importa se l’ERDISU di Udine funziona ottimamente….

 E poco importa se la tipologia degli studenti dell’Università di Udine è profondamente diversa dalla tipologia degli studenti dell’Università di Trieste…..
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31 OTTOBRE 2010
ERDISU DI UDINE
TROPPI FONDI A TRIESTE


LA REDAZIONE DEL BLOG


mercoledì 14 marzo 2012

JACUME ! CUASI A BON PE RATIFICHE DE CJARTE EUROPEANE PES LENGHIS





Jacume!
Cuasi a bon pe ratifiche
de Cjarte europeane pes lenghis


Intant de riunion dal Consei dai ministris di îr, tra la istituzion de fieste pal inovâl de "unitât de Italie", l'aument dai podês dal esecutîf e un percors facilitât pal cumierç di armis, il guvier Monti al à dât il vie libare pe ratifiche de Cjarte europeane pes lenghis regjonâls o minoritariis (1992). Si trate di un dai documents di fonde pal rispiet dai dirits linguistics des comunitâts minorizadis che il stât talian al veve firmât agns indaûr, ma nol veve po ratificât. Là che, la mancjance de ratifiche, e impedive di meti in vore i principis de Cjarte intal stât talian. Tant par fâ un esempli, la mancjance de ratifiche e jere stade doprade (in maniere dal dut strumentâl e cence fondis) par motivâ il fat che la RAI no meteve in vore la leç statâl 482/99 che e garantìs spazis pes lenghis minoritariis ricognossudis dentri dal servizi radiotelevisîf public.

A son coventâts cetancj agns, ma cumò o sin dongje de ratifiche de Cjarte: jacume!

Il "dongje" al dipent dal fat che, come che al sucêt pai decrets leçs dâts fûr dal guvier, pe aprovazion definitive al covente il vôt dal Parlament. Par solit par completâ chest passaç no son problemis e, duncje, il pas principâl al varès di jessi stât fat, ancje se in Italie no si sa mai....

Magari cussì no, cheste gnove positive e rive distès a lassânus la bocje garbe. Cun di fat, cemût si podaraial rispietâ i principis e i contignûts de Cjarte cuant che il strument principâl par fâlu, ven a dî - daûr des stessis peraulis jessudis îr de bocje dai rapresentants dal guvier talian - la leç statâl 482/99, al è aromai cuasi cence risorsis propit par vie dai tais decidûts dal guvier Monti?
Chel istès, par cjalâ chê altre muse de medaie, o podìn dî che cu la ratifiche de Cjarte o varìn une arme in plui pe nestre lote e, pôc ma sigûr, no mancjarìn di doprâle.

Dal blog del Comitât 482



sabato 10 marzo 2012

Università, «in rete» - con o sotto Trieste?





Università,

«in rete»

con o sotto Trieste?

di

Roberto Pensa


Ci passa una bella differenza tra il «mettersi in rete» con qualcuno e il «cadere nella rete» delle strategie di qualcun altro. Il concetto richiamato è lo stesso, ma la sostanza è ben diversa. Ed è proprio questa la discriminante con cui valutare le prospettive dell’autonomia dell’Università di Udine di fronte alle «università federate» previste dall’art. 3 della legge 240/2010 (riforma Gelmini degli atenei).

Il tema è stato al centro negli ultimi giorni dell’assemblea della Società filologica friulana e di altri preoccupati interventi.

Per dare un giudizio ponderato, bisogna prima cogliere appieno il disegno strategico rappresentato dal rettore Cristiana Compagno alla recente inaugurazione dell’anno accademico. Di fronte ad una legge statale che parla di «federazioni» e «fusioni» «in un’accezione che suona essenzialmente punitiva, quasi come uno spauracchio per le sedi e i corsi che non raggiungano gli standard», ha spiegato la rettora, e che – queste sì – potrebbero spingere Udine verso un pericoloso «abbraccio» con Trieste, dal Friuli viene una proposta di più ampio respiro che invita a guardare fuori dagli angusti confini regionali per accorgersi che i possibili partner sono molti, nella direzione di quella macroregione di Alpe Adria che così bene dovrebbe calzare agli eredi di Aquileia.

La proposta – ha spiegato la prof. Compagno –, è quella di costruire «nell’autonomia di ciascun ateneo, un grande spazio di cooperazione nell’area alpino-adriatica, con Trieste, il Veneto e i Paesi confinanti. Udine vuole essere motore di questo processo, che porterebbe a università più focalizzate e competitive a livello internazionale e ancor più forti nella promozione dello sviluppo territoriale».

Insomma, se per essere eccellenti in futuro non si potrà più restare piccoli, meglio diventare partner di una «compagnia» più articolata e variegata, piuttosto che «sposarsi» con chi 35 anni prima ha cercato di costringere tua madre ad abortirti.

 Certo, si tratta di un progetto ambizioso e non privo di rischi, ma che alternativa c’è? Il tema di alleanze più vaste per garantire la didattica e la ricerca di alto livello è reale. In questo contesto giocare solo in difesa è insufficiente e controproducente. Ce lo dimostra proprio Trieste, che in occasione delle contemporanee inaugurazioni dell’anno accademico in Friuli e in Venezia Giulia ha fatto partire una vasta campagna di stampa a sostegno della sua visione strategica, compresa una doppia paginata sul «Corriere della Sera» che decanta l’Ateneo giuliano come una delle «migliori università del mondo».

Ma lo specchio più limpido di questa strategia triestina è stato, come sempre, il Tgr regionale della Rai.

Lunedì 27 febbraio, telegiornale delle ore 14.30: la cerimonia di apertura dell’anno accademico a Udine, col ministro Profumo, si è appena conclusa, quella di Trieste, invece, si terrà solo nel pomeriggio. I titoli del notiziario dettano subito il «leit motiv» della «sinfonia» che caratterizzerà la giornata: «Il ministro Profumo elogia la sinergia tra Udine e Trieste». Per la verità il ministro aveva elogiato al mattino l’Ateneo friulano, l’unico ad essere nato in Italia da una iniziativa popolare e «dunque frutto della scommessa di un popolo sul proprio futuro». Il «respiro europeo» proposto dalla Compagno? Desaparecido... Il resto viene di conseguenza. I servizi aprono sì con il ministro Profumo a Udine, ma prima c’è ben 1 minuto e 10 secondi sulla sua visita al «Malignani» e poi ben 40 secondi del presidente Tondo che risponde ad una domanda sugli insegnanti nelle scuole di montagna. L’apertura dell’anno accademico a Udine? Solo 35 secondi di servizio filmato. Segue, nell’ordine, 1 minuto e 35 secondi dedicati al nuovo presidente della triestina Area Science Park, Adriano De Maio, e poi ben un minuto e 50 secondi di intervista al rettore triestino Francesco Peroni, dalla quale emerge che «Trieste è penalizzata, sebbene virtuosa. C’è un problema di distribuzione dei fondi». In effetti, un problema c’è, ma riguarda soprattutto Udine, ateneo sottofinanziato (per 16.500 studenti, riceve 74 milioni di euro dal fondo statale, mentre Trieste con 21 mila studenti ne riceve 96 milioni, che a livello pro capite fanno il 2% in più).

Nel Gr delle 19.30, la musica non cambia, anzi. Il lancio è: «Patto federativo tra le università regionali». Stavolta, i due servizi filmati hanno pressoché la stessa durata (1 minuto e 55 secondi per Trieste, 1 minuto e 40 per Udine), ma la gerarchia dice molto: in apertura c’è Trieste, ma soprattutto al secondo posto c’è l’inaugurazione dell’anno accademico della Sissa (Scuola internazionale superiore di studi avanzati) di Trieste, solo terza Udine.

Il problema del Friuli, quindi, è fare squadra al suo interno, elaborare una strategia comune e condivisa. Una spinta importante può venire dalla gente, come è stato per la fondazione dell’Università. Ma un ruolo fondamentale deve giocarlo il mondo culturale, economico e soprattutto politico. Questo è il fattore critico, perché in entrambi gli schieramenti ci sono dei punti di debolezza. È nota la «idiosincrasia» di una importante parte del centrodestra per tutti i temi che riguardano l’autonomia, la tutela e la valorizzazione della lingua e della cultura friulana. Ma anche nel centrosinistra c’è poco da sorridere: non sono pochi quelli che (forse affezionati alla lezione marxiana, nella quale cultura e identità sono solo delle "sovrastrutture" secondarie rispetto ai rapporti economici), in nome dell’efficienza, sarebbero pronti a sacrificare ogni autonomia. Un esempio? Il comunicato della Cgil del Friuli-V.G. che sabato 3 marzo, nel plaudere «al percorso di federazione tra i due atenei della regione», auspica che la politica, «superando ogni retaggio campanilistico», si assuma «l’onere di compiere scelte precise nel campo della conoscenza». Quali? «Da tempo sosteniamo che due atenei di dimensioni medio piccole non possono continuare a competere tra loro», spiegano alla Cgil, e che va posto un correttivo ad «un’offerta formativa spesso duplicata in due sedi poste a 70 chilometri di distanza»
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Che tristezza! È proprio quello che negli anni ’70 rispondeva l’establishment politico regionale per respingere le 125 mila firme raccolte a sostegno della fondazione dell’Università del Friuli.

Invece, oggi, la ragion d’essere dell’Ateneo friulano è ancora più forte di allora: lo sviluppo economico fiorisce solo dove la ricerca è viva, l’identità di un popolo vive solo dove si produce cultura, e la vicinanza delle sedi didattiche è condizione fondamentale per l’accesso di tanti giovani all’istruzione accademica: in tempi di crisi, solo «70 chilometri di distanza» bastano abbondantemente per rendere insostenibili i costi degli studi dei propri figli a molte famiglie.
Ecco perché il tema dell’università va posto al centro della prossima campagna elettorale per le elezioni regionali e la proposta del rettore Compagno deve essere discussa e rielaborata da tutte le forze politiche fino a divenire strategia territoriale condivisa, come ben sa fare Trieste. È su questo terreno, infatti, che si gioca una fetta fondamentale del futuro del Friuli.
Roberto Pensa

La Vita Cattolica
giovedì 6 maggio 2012

Editoriale di Roberto Pensa
Direttore Responsabile
 
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A pagina 15 del settimanale La Vita Cattolica, segue poi un'intera pagina di approfondimento del tema.


giovedì 8 marzo 2012

STAZIONE DEL FUTURO? TOCCA A UDINE !



STAZIONE DEL FUTURO?
TOCCA A UDINE

di
Roberto Meroi

IL GAZZETTINO – Udine - martedì 6 Marzo 2012
Saranno rimasti notevolmente delusi i pendolari friulani che dalla venuta a Trieste dell'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti si aspettavano quantomeno qualche cenno di interessamento alle loro difficoltà quotidiane nell'utilizzo dei convogli ferroviari in regione.

In effetti, Moretti, già pesantemente contestato in strada dai no Tav, si è trovato di fronte (oltre all'assessore regionale Riccardi) il sindaco di Trieste, il presidente dell'Autorità portuale di Trieste, il segretario generale della Camera di Commercio di Trieste, il presidente della Provincia di Trieste con assessore al seguito. E a tutti questi signori evidentemente poco interessava se i pendolari friulani in partenza dalla stazione di Trieste si ritrovano a dover attendere in piedi (lì non ci sono più le panchine per i passeggeri) per decine di minuti i loro treni che partono quotidianamente in ritardo. Non interessava granché nemmeno delle numerosissime cancellazioni di convogli e delle soppressioni di collegamenti, diurni e notturni, con le grandi città italiane e con l'Austria. A loro premeva essenzialmente spuntare da Moretti delle assicurazioni circa i finanziamenti per i collegamenti ferroviari del porto di Trieste.

Ma dall'incontro triestino è emerso un segnale importante per il futuro dei trasporti ferroviari in regione. L'amministratore delegato di Trenitalia ha infatti lasciato al Friuli-Venezia Giulia la decisione di indicare la locale stazione di riferimento nazionale, così come nelle altre regioni italiane. Questo nell'ottica di eventuali ampliamenti e miglioramenti del servizio ferroviario su scala locale e nazionale.

Ordunque, si prospetta per Udine la possibilità di avere, finalmente, un po' di visibilità.

La stazione del capoluogo friulano è indubbiamente già la più importante e frequentata in regione per numero di passeggeri (7,6 milioni l'anno) ed è ventisettesima in Italia. Oltretutto, la sua posizione è strategica, baricentrica, equidistante da Trieste e da Tarvisio.

In un futuro prossimo, Udine potrà acquisire maggiore importanza dalla realizzazione del Corridoio Baltico-Adriatico, che partirà da Helsinki e che a Udine si diramerà verso i porti di Venezia, Trieste e Ravenna, fino al polo logistico di Bologna. Insomma, Mauro Moretti lascia alla Regione decidere e indicare quale tra Udine e Trieste dovrà essere stazione di riferimento nazionale.

Sarà opportuno che la Regione valuti attentamente gli aspetti tecnici e pratici e tenga conto delle competenze delle Ferrovie dello Stato che, a riguardo della funzionalità sul territorio, non avranno dubbi nel ritenere Udine il polo ferroviario più adatto ad essere di riferimento nazionale.

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domenica 4 marzo 2012

TAV - L'OPINIONE DI LUCA MERCALLI



TAV
treno ad alta velocità

l’opinione di Luca Mercalli
da

INTERVISTA di Eleonora Martini

IL MANIFESTO
del 3.3.2012

(…)
«Chi ha ragione? Fuori i numeri»

La comunità scientifica chiede al governo tecnico di confrontarsi sul piano della logica e non dogmatico SCIENZIATI CONTRO TECNICI Il climatologo Luca Mercalli, presidente della Società di meteorologia «Basta con il dogma dell'opera "strategica". Il governo usi il metodo scientifico e si confronti con i nostri dati»

«Cosa aspetta il governo tecnico a riportare la questione della Tav Torino-Lione su un piano strettamente tecnico, appunto?». Il climatologo Luca Mercalli, presidente della Società di meteorologia italiana, è tra i 360 ricercatori e docenti universitari di tutta Italia che il 9 febbraio scorso hanno inviato al premier Mario Monti una petizione per chiedere di confrontarsi su dati scientifici, numeri e bilanci in modo da valutare la necessità dell'opera da realizzare in Valsusa. Mercalli e gli studiosi (diventati ormai oltre un migliaio) chiedono una sola cosa: che i ministri tecnici per antonomasia prendano in mano questi numeri, questi studi, e dimostrino con i loro - se ne hanno - di avere ragione. Un confronto sul piano della logica, nulla di più. «Sarebbe l'unico modo razionale e corretto per capire cosa è vero, dirimere le varie posizioni, e disinnescare questa terribile contrapposizione, uscendo dal piano ideologico». I Professori però non hanno mai risposto ai loro colleghi professori.(…)
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LEGGI IL TESTO DELL'APPELLO
INVIATO AL PREMIER MARIO MONTI


http://www.notav.eu/modules.php?name=ePetitions&op=more_info&ePetitionId=1&show_signers=1#shownOrNotSigners

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venerdì 2 marzo 2012

COLLEGAMENTO CARNIA-CADORE, LA STORIA SI RIAPRE !






Collegamento Carnia-Cadore,
la storia si riapre  !
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Il Friuli che per oltre un secolo ha lottato contro le servitù militari, che gravissimi danni hanno provocato allo sviluppo economico friulano, oggi si vede considerato dalla politica, sia regionale che nazionale, nulla di più che un deserto dei Tartari su cui far passare infrastrutture impattanti e costosissime che al Friuli non servono.
Oggi in Veneto c’è chi, di nuovo, considera prioritario (per il Veneto ovviamente!) l’autostrada Cadore-Carnia.
Saprà l’attuale classe politica friulana difendere il Friuli? O sarà ricordata in futuro come la classe politica friulana che ha svenduto il Friuli,  lasciando al Friuli solo le macerie e il dissesto territoriale?

La Redazione del blog
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Dal sito internet
ALTO FRIULI

Collegamento

Carnia-Cadore,

la storia si riapre

 

(…) Dopo l'ok del Governo al Via per il prolungamento dell'Autostrada A27 dell'Alemagna, il comitato Pas Dolomiti ritorna ad interrogarsi sull'effettiva utilità dell'opera che nella sua fase terminale ipotizza anche il raccordo con l'A23 attraverso la Val Tagliamento.(…)
«La realizzazione del prolungamento della A27 «Passante Alpe Adria-Belluno-Cadore» - spiegano Dozzo, Dussin e Gidoni - è importantissima per la regione Veneto, in quanto l'opera è vista come un grande passo del Veneto e del bellunese verso l'Europa. L'opera non solo si presenta funzionale sia per il collegamento con l'Austria, in prosecuzione verso nord con la viabilità ordinaria, sia per il collegamento con la A23, in prosecuzione verso est con la futura bretella, ma è anche funzionale per il Cadore. Del resto - proseguono i deputati del Carroccio - il prolungamento della A27 rappresenta un supporto indispensabile per l'industria bellunese e veneta, ed è una soluzione improcrastinabile per porre fine alle lunghe code che si formano sulla strada statale 51 in certi periodi dell'anno, a causa dell'attuale troncatura dell'autostrada». (…)

QUESTA LA NOTA DEL COMITATO PAS DOLOMITI CARNIA-CADORE

Fare per spendere”, una pratica consolidata che nel progetto del ponte sullo stretto di Messina (finalmente, e speriamo definitivamente, accantonato dal governo Monti) ha raggiunto la sua massima espressione, ma di cui troviamo conferma anche nel controverso piano di prolungamento dell’A27, attualmente al vaglio della Commissione regionale VIA della regione Veneto.

Se tale devastazione dovesse realizzarsi delle vicine valli del Cadore, anche la valle carnica dell’alto Tagliamento si dovrebbe preparare al pericolo incombente di vedere le ruspe distruggere i suoi versanti, i fiumi, le speranze di rinascita delle sue popolazioni. Il progetto in fase di approvazione VIA, prevede un nastro di asfalto della larghezza di 25 metri che da Pian di Vedoia, in Comune di Ponte nelle Alpi, si vorrebbe far proseguire su rilevato lungo il corso del Piave fino a Longarone e poi in un alternarsi di gallerie e viadotti fino a Macchietto, alle porte di Pieve di Cadore, una ventina di chilometri più a nord.

Un’opera questa, che con la scusa di fungere da by-pass per il paese di Longarone, renderebbe a pagamento gli ultimi tre chilometri dell’attuale autostrada A27 (oggi circonvallazione di Ponte nelle Alpi). Ma un’opera questa, che costituirebbe soprattutto un testa di ponte per lo “sfondamento a nord” reclamato a gran voce dalla classe imprenditoriale della pianura veneta. Infatti, una volta raggiunto Macchietto, dopo aver messo sottosopra la stretta valle del Piave e averla resa sostanzialmente impercorribile nei due sensi di marcia per uno o due lustri (la costruzione delle grandi opere comporta movimenti di terra, uomini e mezzi di proporzioni difficilmente immaginabili), i fautori dello sfondamento a nord si troverebbero davanti quattro possibili opzioni:

-         l’opzione zero, che a questo punto verrebbe presumibilmente scartata;
-         proseguire in direzione di Dobbiaco, per poi puntare su Monaco di Baviera, ammesso e non concesso che riescano a superare l’opposizione della Pusteria;
-         passare sotto il passo della Mauria per seguire un improbabile quanto irrazionale tracciato lungo la Carnia fino a raccordarsi con l’A23 a Tolmezzo;
-         forare le pendici del monte Cavallino, in Comelico, per sbucare sui verdi prati della Lesachtal, nelle Dolomiti di Lienz, Austria e trattati internazionali permettendo.

Al di là dei suoi possibili sbocchi, il progetto, nel suo insieme, fatica a stare in piedi. Sotto l’aspetto economico, i costi di costruzione sono esorbitanti rispetto ai flussi di traffico previsti (non solo per la tratta fino a Macchietto , ma anche nell’ipotesi che lo sfondamento a nord venga realizzato per intero) Sotto l’aspetto ambientale, non è accettabile nell’anno 2012, il forte e irreversibile impatto che subirebbero aree dolomitiche meritevoli di ben altro destino, e il cui futuro verrebbe pesantemente condizionato dall’infrastruttura. In sostanza vantaggi certi solo per pochi grandi costruttori proponenti il Project Financing - i soliti - e per i loro referenti nel sottobosco della politica.

Eppure queste legittime perplessità non sembrano neanche sfiorare il parlamentare della Lega Nord Diego Dussin, il quale ha affermato, rivolto al neoministro per i Rapporti con il Parlamento Dino Piero Giarda, che il prolungamento dell’A27 costituisce un collegamento strategico per il Bellunese e per il resto del Veneto, in particolare per le industrie locali che stanno mordendo il freno ( Il Gazzettino 2 febbraio 2012). Tanto più, ha insistito Dussin, che “l’impatto ambientale dell’opera sarebbe pari a zero, considerato come la maggior parte del collegamento sarà costituito da tunnel”; la dichiarazione sarebbe risibile se, una tale dimostrazione di incompetenza, non risultasse francamente inaccettabile da parte da un rappresentante delle Istituzioni.

Non sappiamo se il parlamentare della Lega Nord, di solito attenta alle identità locali, prima di sparare spropositi, abbia indagato a fondo i diversi aspetti delle realtà sulle quali l’autostrada andrebbe ad incidere, avvalendosi, per esempio, dei pareri competenti di ingegneri, urbanisti, architetti, storici del paesaggio e demografi non di parte; non risulta siano stati effettuate valutazioni costi-benefici, né studi di nessun tipo a supporto della tesi “autostrada = miglioramento delle condizioni economiche e del benessere delle popolazioni locali”. Il fiero alabardato, proseguendo nel suo intervento, ha dichiarato “diteci un sì e la costruiremo noi (l’A27) a casa nostra! ”, dove quella che lui definisce “casa nostra” è in realtà la casa dei Cadorini (o se preferisce dei Catubrini, tribù attestata già in epoca preromana), e forse dei Carnici (altra tribù montana), manifestando arroganza e volontà di prevaricazione, a conferma della poca considerazione in cui il centro tiene le aree periferiche.

E di questo atteggiamento sprezzante, può starne certo, gli abitanti delle terre alte non mancheranno di ricordarsi quando, archiviato il governo tecnico (che in realtà è il governo più politico che abbiamo avuto negli ultimi decenni) verranno chiamati ad esprimere nelle urne le loro scelte.


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