REFERENDUM COSTITUZIONALE
Dal Blog di
RANIERO LA VALLE
http://ranierolavalle.blogspot.it/
IL VERO QUESITO: APPROVATE DI SPEGNERE LA POLITICA E NON OPPORVI AL POTERE?
di
RANIERO LA VALLE
Raniero La Valle - Terzo discorso sulla verità del referendum
Discorso tenuto il 7 ottobre 2016 nella Sala consiliare della Provincia a Matera.
venerdì 14 ottobre 2016
Mentre in
Italia, nel mondo, nel Mediterraneo, in Siria, a Calais c’è
tanta disperazione, noi siamo costretti a devolvere due mesi
della nostra vita privata, e se non della nostra vita privata,
della nostra vita pubblica, al referendum per cambiare la
Costituzione.
Questo referendum è stato caricato, da
chi pretende l’approvazione della riforma,
di significati epocali. Lasciamo stare i
catastrofismi di chi dice che se non vince il Sì ci sarà una
crisi come quella del ’29 con la gente che si suicida per la
strada. È
vero però che il 4 dicembre è stato enfatizzato come lo
spartiacque da cui tutto dipende. Renzi ci
aveva messo perfino la testa di presidente del Consiglio, anzi
aveva messo in palio, come in “Lascia o raddoppia”, la sua
stessa carriera politica; poi se ne è pentito e ora questo non
lo dice più “nemmeno sotto tortura”. Però
non pensa ad altro. Di fatto ha smesso di governare, perché
notte e giorno non fa che dedicarsi, in ogni TV e in centinaia
di comizi, alla propaganda per il Sì.
Questo vuol dire che la cosa è veramente importante anche per
noi; forse davvero il 4 dicembre è uno spartiacque.
Ma
spartiacque di che? Non può trattarsi
solo del fatto che Renzi resti o se ne vada. Per
quanto possa essere rilevante che ci sia un segretario
fiorentino a palazzo Chigi, l’esserci o non esserci di
Renzi non può rappresentare lo spartiacque di alcunché.
I presidenti del Consiglio passano in fretta, e di molti
poi non ci si ricorda più. Dunque
lo spartiacque deve riguardare qualche altra cosa. Di
che spartiacque si tratta?
(…)
La
vera posta in gioco del 4 dicembre è perciò che la democrazia
non si riduca a uno scudo per garantire i governi,
ma divenga un popolo in lotta per una società nuova.
(…)
Il
sistema economico globale, in cui 62 persone detengono la metà
della ricchezza dell’intera popolazione mondiale, non è in
grado di reggere la vita dei 7 miliardi 349 milioni di abitanti
della terra. E
per quanto riguarda l’Italia
tutti sanno che non c’è lavoro, le fabbriche che c’erano
si dislocano in Paesi dove non c’è ancora il costo dei
diritti, o dove non si pagano le tasse o dove conviene di più,
a cominciare dalla FIAT che invece, quando si è fatta la
Costituzione, stava a Torino. La crescita è zero. I
licenziamenti sono aumentati del 7,4 % rispetto all’anno
scorso, dopo
la vetrinetta del Jobs Act.
Secondo la Caritas si è passati da un milione e 800.000 poveri
del 2007, a 4 milioni 600.000 del 2015 (il 7,6 per cento del
totale). I
giovani sono costretti ad andarsene,
è questa la vera ricchezza che ci sfugge: negli
ultimi dodici mesi 107.529 italiani hanno lasciato il Paese,
diecimila in più rispetto all’anno prima. (...)
Per operare questo
passaggio, ciò che è necessario non è confermare o rafforzare il
potere, ma cambiare la società e le opere del potere.
E
qui veniamo al referendum. Esso
vuole rendere più efficiente il potere, vuole conservarlo più forte
e più prepotente di prima. Dice Renzi (e dice
anche Napolitano) che ci si sta provando da 30 anni - a fare la
riforma - e non ci si è ancora riusciti. Questa sarebbe la volta
buona. Ma
ciò vuol dire che è una riforma che risponde ad esigenze di 30 anni
fa, è la riforma del tempo di Craxi, non del tempo di oggi.
Il potere di allora doveva vedersela con competitori interni
agguerriti, incalzanti, c’erano i partiti, i sindacati,
l’associazionismo, c’erano i radicali col loro ostruzionismo, i
movimenti per la pace, gli altri movimenti d’opinione. Il
potere era in difficoltà. Oggi invece
all’interno il potere è del tutto a suo agio, volitivo e
spregiudicato. Libero e farfallone, il potere oggi si libra sul
deserto della partecipazione politica. È dal di fuori invece che è
tallonato, dominato, è svuotato da poteri esterni più grandi di
lui, Bruxelles, le banche, i mercati, è assediato dagli spread e dai
paradisi fiscali. Sono questi poteri che gli impediscono ogni
possibile politica economica, che vietano ogni investimento o
intervento pubblico, che portano all’estero le principali fonti di
ricchezza del Paese, i giovani e le fabbriche.
Una riforma adatta
ai tempi dovrebbe quindi rilanciare la politica, questa è la vera
risorsa che dovremmo mettere in campo per superare lo spartiacque tra
l’anno della misericordia e l’età della misericordia, tra il 20
novembre e il 4 dicembre.
Invece
la verità del referendum sta nell’intenzione di minimizzare
l’opposizione e spegnere la politica.
Intanto
si mette fuori gioco il Senato.
Renzi ha confessato nelle sue maratone televisive che è “un
incubo” dover avere la fiducia dalla Camera e dal Senato.
Poi si
fa della Camera, con la legge elettorale, una platea di consenzienti.
Poi si prevarica sulla presidenza della Camera dando al governo di
decidere il calendario e pretendere le leggi a data fissa. Poi
si tolgono tutti i poteri (cioè la politica) alle Regioni, con il
rovesciamento della scelta di fondo del Titolo V, che era il
regionalismo, non la supremazia statale. Poi
vengono ostruite le vie della democrazia diretta:
sono richieste 150.000 firme (con notaio e tutto) invece di 50.000
perché i cittadini possano presentare una proposta di legge, e se
poi si vorrà avere qualche speranza di mandare a buon fine un
referendum, si dovranno raccogliere 800.000 firme invece di 500.000.
(…)
RANIERO LA VALLE
LEGGI
TUTTO IL DOCUMENTO:
................................
"(...) Nel testo della riforma costituzionale su cui saremo chiamati ad esprimerci il 4 dicembre, c’è scritto ben altro, purtroppo. È vero, c’è una «clausola di salvaguardia» delle attuali autonomie speciali: la riforma costituzionale non si applica alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome «fino alla revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome»
Il problema è che, una volta raggiunta l’intesa, su base paritaria, ad approvarla dovrà essere il Parlamento, e in particolare quel Senato delle autonomie in cui saranno maggioranza schiacciante i rappresentanti delle Regioni Ordinarie, non teneri rispetto ai maggiori poteri delle Speciali, vissuti come privilegi. Ogni senatore potrà proporre emendamenti all’intesa, che la maggioranza potrà approvare a suo piacimento. (…)"
Direttore Responsabile del settimanale "LA VITA CATTOLICA"