DISPREZZO
VERSO I ROM E GLI IMMIGRATI
RUOLO E RESPONSABILITA'
DEI POLITICI, DELLA STAMPA
E DEGLI INTELLETTUALI
(...) Ha perfettamente ragione il neo ministro all'Integrazione, Andrea Riccardi, che commentando i fatti di Firenze ha detto: «II piccolo disprezzo delle chiacchiere per strada, il disprezzo dei giornali, il disprezzo dei politici, il disprezzo degli intellettuali, il nostro disprezzo verso gli altri, costruiscono la cultura dell'odio e alimentano violenza e follia».
(...) Quando uno straniero o un nomade commette un reato, i mass media e le forze dell'ordine (che questo flusso di notizie alimentano per dare rilevanza alla loro attività), ne sottolineano sempre l'etnia; quando a delinquere è un italiano, nessuno invece si sognerebbe di sottolinearlo. Come stupirsi se poi si crea la percezione che gli immigrati sono delinquenti e pericolosi, mentre le statistiche dimostrano che sono gli italiani a commettere la gran parte dei reati?
A Torino, per esempio, perché le forze dell'ordine hanno diffuso la notizia del presunto stupro anche se, fin dal primo momento, la storia raccontata dalla ragazza aveva creato molte perplessità negli inquirenti? Perché i giornalisti, raccogliendo queste notizie, non le hanno sottoposte al vaglio critico imposto dalla loro professione, evitando di dare in pasto all'opinione pubblica informazioni «incendiarie» ancora incerte e non confermate?
In una società multietnica, come è diventata l'Italia, le parole possono far male più delle pietre. E ognuno, nel suo ruolo professionale e nella vita di tutti i giorni, ha il dovere di prevenire la follia del razzismo.
roberto pensa
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da "La Vita Cattolica" - Udine
16 dicembre 2011
Editoriale del Direttore
Roberto Pensa
Immigrati, le parole sono pietre
D’accordo, quello che è accaduto a Firenze martedì 13 dicembre ha molto a che fare con la follia, con il decorso imprevedibile della psicosi e della malattia mentale. L’oscuro ragioniere Gianluca Casseri è sceso nel brulicante mercato di piazza Dalmazia con una pistola in tasca e ha freddato a bruciapelo, con lucida pazzia (si è scoperto poi che il raid era stato pianificato nei dettagli), gli ambulanti senegalesi Diop Mor e Samb Modou, ferendone altri quattro, prima di uccidersi.
Possiamo archiviare tutto ciò alla voce «stragi della follia» ?
Niente affatto. Prima di tutto si è scoperto che il Casseri era seguace di «Casa Pound», un movimento di estrema destra che professa una violenta intolleranza verso gli stranieri e un radicale antisemitismo che arriva fino alla negazione della «Shoah».
Fino a dove la libertà di pensiero, anche estremo, può essere compatibile con la negazione di valori costituzionali altrettanto fondamentali per il nostro vivere civile?
Ma c'è molto di più, ad inquietare. Dalle farneticazioni pubblicate via internet dal «giustiziere bianco» di Firenze, si evince chiaramente come il suo odio si sia alimentato di tanti luoghi comuni contro gli stranieri e i «diversi», che alla fine, messi insieme, hanno puntellato il suo delirio razzista. Degli stessi luoghi comuni si è nutrito certamente lo spaventoso «pogrom» di Torino, dove sabato 11 dicembre, nel quartiere delle Vallette, un corteo di 500 persone ha preso d'assalto e bruciato un accampamento abitato da nomadi Rom, per fortuna già sgombrati in via precauzionale dalle forze dell'ordine. All'origine di tutto il falso stupro denunciato da una adolescente del quartiere che, in difficoltà con i genitori, non ha trovato di meglio che accusare di essere stata violentata in un androne da due giovani Rom. Dopo essere stata smascherata - ormai troppo tardi - dalla Polizia, così si è giustificata: «Ho sbagliato. Ma il mio non è razzismo. Chiedete a chiunque in quartiere, quasi tutti hanno avuto un furto in casa. È normale che la gente sia esasperata, anche se non si può giustificare quello che è successo alle baracche dei Rom, dove c'erano donne e bambini».
Ha perfettamente ragione il neo ministro all'Integrazione, Andrea Riccardi, che commentando i fatti di Firenze ha detto: «II piccolo disprezzo delle chiacchiere per strada, il disprezzo dei giornali, il disprezzo dei politici, il disprezzo degli intellettuali, il nostro disprezzo verso gli altri, costruiscono la cultura dell'odio e alimentano violenza e follia».
Particolarmente delicato, in questo quadro, è il ruolo delle forze dell'ordine, dei giornalisti e della politica. L'integrazione degli immigrati e dei nomadi non è certo esente da difficoltà, anche gravi, ma quando ci sono movimenti politici che cercano di addossare loro tutti i problemi della nostra società (anche quando, come nel caso del dissesto dei nostri sistemi previdenziali e dell'esigenza di manodopera in tanti settori difficili e faticosi sono spesso la soluzione del problema), come stupirsi se alla fine non sorgono manifestazioni di intolleranza?
Quando uno straniero o un nomade commette un reato, i mass media e le forze dell'ordine (che questo flusso di notizie alimentano per dare rilevanza alla loro attività), ne sottolineano sempre l'etnia; quando a delinquere è un italiano, nessuno invece si sognerebbe di sottolinearlo. Come stupirsi se poi si crea la percezione che gli immigrati sono delinquenti e pericolosi, mentre le statistiche dimostrano che sono gli italiani a commettere la gran parte dei reati?
A Torino, per esempio, perché le forze dell'ordine hanno diffuso la notizia del presunto stupro anche se, fin dal primo momento, la storia raccontata dalla ragazza aveva creato molte perplessità negli inquirenti? Perché i giornalisti, raccogliendo queste notizie, non le hanno sottoposte al vaglio critico imposto dalla loro professione, evitando di dare in pasto all'opinione pubblica informazioni «incendiarie» ancora incerte e non confermate?
In una società multietnica, come è diventata l'Italia, le parole possono far male più delle pietre. E ognuno, nel suo ruolo professionale e nella vita di tutti i giorni, ha il dovere di prevenire la follia del razzismo.
roberto pensa
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