domenica 18 dicembre 2011

BON NADÂL A DUCJ !






BON NADÂL

BUINE FIN E BON PRINCIPI 2012 !


dal

Comitât pe autonomie e rilanç dal Friûl



E par miôr gjoldi la fieste dal  Nadâl.....


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I presepis di lâ a viodi

in Friûl
 

sabato 17 dicembre 2011

IL DISPREZZO VERSO I ROM E GLI IMMIGRATI: RUOLO E RESPONSABILITA' DELLA STAMPA, DEI POLITICI E DEGLI INTELLETTUALI




DISPREZZO

VERSO I ROM E GLI IMMIGRATI

RUOLO E RESPONSABILITA'
DEI POLITICI, DELLA STAMPA
E DEGLI INTELLETTUALI
  


(...)  Ha perfettamente ragione il neo ministro all'Integrazione, Andrea Riccardi, che commentando i fatti di Firenze ha detto: «II piccolo disprezzo delle chiacchiere per strada, il disprezzo dei giornali, il disprezzo dei politici, il disprezzo degli intellettuali, il nostro disprezzo verso gli altri, costruiscono la cultura dell'odio e alimentano violenza e follia».

(...)  Quando uno straniero o un nomade commette un reato, i mass media e le forze dell'ordine (che questo flusso di notizie alimentano per dare rilevanza alla loro attività), ne sottolineano sempre l'etnia; quando a delinquere è un italiano, nessuno invece si sognerebbe di sottolinearlo. Come stupirsi se poi si crea la percezione che gli immigrati sono delinquenti e pericolosi, mentre le statistiche dimostrano che sono gli italiani a commettere la gran parte dei reati?

A Torino, per esempio, perché le forze dell'ordine hanno diffuso la notizia del presunto stupro anche se, fin dal primo momento, la storia raccontata dalla ragazza aveva creato molte perplessità negli inquirenti? Perché i giornalisti, raccogliendo queste notizie, non le hanno sottoposte al vaglio critico imposto dalla loro professione, evitando di dare in pasto all'opinione pubblica informazioni «incendiarie» ancora incerte e non confermate?

In una società multietnica, come è diventata l'Italia, le parole possono far male più delle pietre. E ognuno, nel suo ruolo professionale e nella vita di tutti i giorni, ha il dovere di prevenire la follia del razzismo.

roberto pensa
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LEGGI TUTTO L'EDITORIALE


da "La Vita Cattolica" - Udine
16 dicembre 2011
Editoriale del Direttore
Roberto Pensa


Immigrati, le parole sono pietre

D’accordo, quello che è accaduto a Firenze martedì 13 dicembre ha molto a che fare con la follia, con il decorso imprevedibile della psicosi e della malattia mentale. L’oscuro ragioniere Gianluca Casseri è sceso nel brulicante mercato di piazza Dalmazia con una pistola in tasca e ha freddato a bruciapelo, con lucida pazzia (si è scoperto poi che il raid era stato pianificato nei dettagli), gli ambulanti senegalesi Diop Mor e Samb Modou, ferendone altri quattro, prima di uccidersi.

Possiamo archiviare tutto ciò alla voce «stragi della follia» ?  

Niente affatto. Prima di tutto si è scoperto che il Casseri era seguace di «Casa Pound», un movimento di estrema destra che professa una violenta intolleranza verso gli stranieri e un radicale antisemitismo che arriva fino alla negazione della «Shoah».

Fino a dove la libertà di pensiero, anche estremo, può essere compatibile con la negazione di valori costituzionali altrettanto fondamentali per il nostro vivere civile?

Ma c'è molto di più, ad inquietare. Dalle farneticazioni pubblicate via internet dal «giustiziere bianco» di Firenze, si evince chiaramente come il suo odio si sia alimentato di tanti luoghi comuni contro gli stranieri e i «diversi», che alla fine, messi insieme, hanno puntellato il suo delirio razzista. Degli stessi luoghi comuni si è nutrito certamente lo spaventoso «pogrom» di Torino, dove sabato 11 dicembre, nel quartiere delle Vallette, un corteo di 500 persone ha preso d'assalto e bruciato un accampamento abitato da nomadi Rom, per fortuna già sgombrati in via precauzionale dalle forze dell'ordine. All'origine di tutto il falso stupro denunciato da una adolescente del quartiere che, in difficoltà con i genitori, non ha trovato di meglio che accusare di essere stata violentata in un androne da due giovani Rom. Dopo essere stata smascherata - ormai troppo tardi - dalla Polizia, così si è giustificata: «Ho sbagliato. Ma il mio non è razzismo. Chiedete a chiunque in quartiere, quasi tutti hanno avuto un furto in casa. È normale che la gente sia esasperata, anche se non si può giustificare quello che è successo alle baracche dei Rom, dove c'erano donne e bambini».

Ha perfettamente ragione il neo ministro all'Integrazione, Andrea Riccardi, che commentando i fatti di Firenze ha detto: «II piccolo disprezzo delle chiacchiere per strada, il disprezzo dei giornali, il disprezzo dei politici, il disprezzo degli intellettuali, il nostro disprezzo verso gli altri, costruiscono la cultura dell'odio e alimentano violenza e follia».

Particolarmente delicato, in questo quadro, è il ruolo delle forze dell'ordine, dei giornalisti e della politica. L'integrazione degli immigrati e dei nomadi non è certo esente da difficoltà, anche gravi, ma quando ci sono movimenti politici che cercano di addossare loro tutti i problemi della nostra società (anche quando, come nel caso del dissesto dei nostri sistemi previdenziali e dell'esigenza di manodopera in tanti settori difficili e faticosi sono spesso la soluzione del problema), come stupirsi se alla fine non sorgono manifestazioni di intolleranza?

Quando uno straniero o un nomade commette un reato, i mass media e le forze dell'ordine (che questo flusso di notizie alimentano per dare rilevanza alla loro attività), ne sottolineano sempre l'etnia; quando a delinquere è un italiano, nessuno invece si sognerebbe di sottolinearlo. Come stupirsi se poi si crea la percezione che gli immigrati sono delinquenti e pericolosi, mentre le statistiche dimostrano che sono gli italiani a commettere la gran parte dei reati?

A Torino, per esempio, perché le forze dell'ordine hanno diffuso la notizia del presunto stupro anche se, fin dal primo momento, la storia raccontata dalla ragazza aveva creato molte perplessità negli inquirenti? Perché i giornalisti, raccogliendo queste notizie, non le hanno sottoposte al vaglio critico imposto dalla loro professione, evitando di dare in pasto all'opinione pubblica informazioni «incendiarie» ancora incerte e non confermate?

In una società multietnica, come è diventata l'Italia, le parole possono far male più delle pietre. E ognuno, nel suo ruolo professionale e nella vita di tutti i giorni, ha il dovere di prevenire la follia del razzismo.

roberto pensa
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giovedì 15 dicembre 2011

LIBRIS DI METI SOT DAL ARBUL DI NADÂL.




LIBRIS
DI METI SOT DAL ARBUL DI NADÂL

Une cerce di libris in lenghe furlane
saltâts fûr di pôc...

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INFIER di Dante Alighieri inte traduzion di Pierluigi Visintin - par cure di Alessandro Carozzo – ed.Kappa Vu - Udin


Se il friulano non è..."volgare" la traduzione diventa "divina"


Da qualche settimana la lingua, la letteratura e l'editoria friulane sono più ricche. Il merito è di "Infier", la traduzione in friulano ad opera di Pierluigi Visintin dell' "Infier" di Dante Alighieri, pubblicata ad opera di kappa Vu a cura di Alessandro Carozzo.(…)

Il lavoro di Visintin, che esce postumo, a tre anni e mezzo dalla sua morte, copre invece l'intero "Inferno" di Dante. Ne mantiene contenuti, forma e struttura, in maniera coerente e nel contempo originale, e lo fa con risultati decisamente buoni, seguendo la varietà e l'organicità di rime del testo di partenza, utilizzando un friulano ricco e verace, nella sua abbondanza lessicale, tra arcaismi, neologismi, espressioni familiari e vocaboli di uso comune, e aderendo alla pluralità di registri utilizzata dall'Alighieri.

Nell'introduzione al lavoro, Alessandro Carrozzo ricorda come avesse provato a far desistere Visintin dall'opera, con una serie di argomentazioni razionali, legate all'alto livello di difficoltà dell'impresa e alla necessità, indicata già da Pier Paolo Pasolini, di scegliere prioritariamente di tradurre in friulano opere in lingue diverse da quella italiana. Tuttavia il traduttore, che già in passato si era cimentato con successo a rendere in friulano classici greci e latini, curando tra l'altro proprio con Carrozzo la versione friulana dell'Odissea di Omero, oppose caparbia resistenza, coerentemente con il suo soprannome, "Picchio", emblema di tanta determinazione. Passione e competenza hanno prevalso e, unite alla conclusiva revisione di Carrozzo, regalano ora un'opera fondamentale, con il testo italiano a fronte e una assai utile "Liste dai nons", che si presenta nel contempo come lettura piacevole, come eredità viva di un intellettuale rigoroso e dai molteplici interessi e come strumento utile per la didattica delle lingue - non solo del friulano - a disposizione delle scuole.

Marco Stolfo

da “IL QUOTIDIANO FVG” martedì 13 dicembre 2011

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LA COMUGNE nr. 21 - Riviste leterarie in lenghe furlane - SPECIÂL 1511-2011- Ed. Kappa Vu - Udin


-  Editoriâl
- Carli Pup - Il Friûl ribel: aponts sul riviel popolâr dal 1511 e sul caratar dai furlans in ete veneziane.
- Gianfranco Pellegrini - Sdrondenadis.
- Robert Sheckley (traduzion di Alessandra Kersevan) - La mont cence non.
- Federico Fubini - La vile in Indie che e bloche la açalarie: "Culì a vivin i spirts dai vons".
- Novella Cantarutti - I cjans di gnot.
- Checo Tam - Il Trabuchel.
- Jo, chel e chel altri - Joibe Grasse 1511-2011 - Cinccent Agns di resistence

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IL NUMAR 10 DE RIVISTE DI CINE SEGNÂI DI LÛS

La riviste (dutun cul catalic de Mostre) si pues cjatâ li dal Visionario o li de sede dal CEC di Udin.


In ocasion de Mostre dal Cine al è vignût fûr ancje il numar 10 de riviste di cine in lenghe furlane Segnâi di lûs.

La riviste e ten dentri une sezion dute dedicade al festival e aes cinematografiis intes lenghis “minorizadis”, in particolâr cuntune serie di articui dedicâts al cine catalan plui resint e ai siei sucès a nivel internazionâi, ae figure e ae opare dal pionîr dal cine galizian Chano Piñeiro, al progjet basc Kimuak su la difusion dal curtmetraç, sul cine furlan che al à par teme la nestre emigrazion, dongje di un  articul sul cine sart scrit di Tore Cubeddu diretôr dal Babel Film Festival di Cagliari/Casteddu e une interviste cul regjist sart (presint a Udin) Simone Contu.

La riviste, che e ven fûr une volte l’an a tacâ dal 2001, al ripuarte ancje doi articui di Carli Pup: un che al ilustre in mût precîs chel cine basc che si è di resint ocupât de repression des feminis in Euskadi ai timps dal franchisim e un dal film Hunger (une opare mestre dal cine, premiât ancje al festival di Cannes e mai distribuît in Italie) sui siopars de fam de bande dai separatiscj irlandês inte preson di Long Kesh.

Segnâi di lûs al va indenant a publicâ la passionade ricercje di Carlo Gaberscek dai lûcs dulà che a son stâts zirâts films inte nestre tiere o intes tieris dongje di nô.
Marcello De Stefano al staze in maniere puntuâl il cine di Marco Bellocchio marcantint aspiets che lu svicinin a di un mût di fâ cine des “minorancis”.

Nassude cun chê di publicâ lis voris premiadis intal Concors par Tescj cinematografics in lenghe furlane, chest numar al publiche il saç di Francesco Della Mora “Une ridade par simpri” sul film di Murnau Der letzte Mann e il scrit di Raffaele Serafini “Arbui vistûts”.

A proposit dal concors, simpri inte riviste si pues cjatâ il bant de prossime edizion cu la scjadince di presentazion des voris.

La riviste (dutun cul catalic de Mostre) si pues cjatâ li dal Visionario o li de sede dal CEC di Udin.

Cualchi pagjine si pues visionâle ancje sul sît de Mostre dal Cine: http://www.mostredalcine.org/

Centro Espressioni Cinematografiche

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mercoledì 14 dicembre 2011

MINORANZE LINGUISTICHE STORICHE, TRA PREGIUDIZI E IGNORANZA.




MINORANZE LINGUISTICHE STORICHE,

TRA PREGIUDIZI E IGNORANZA


I tempi ristretti in cui lavora e lo spazio limitato di cui dispone inducono a volte il giornalista alla superficialità. Sulla questione delle minoranze linguistiche e della loro tutela – una problematica tanto complessa quanto poco conosciuta – ci si imbatte di frequente, purtroppo, anche nel pregiudizio.

Nell'inchiesta sugli sprechi davvero impressionanti della politica di Emiliano Fittipaldi sul settimanale Espresso viene sferrato un duro attacco a quelle che definisce cosiddette minoranze linguistiche storiche”. (...)

Ciò che il giornalista tralascia di dire, perchè evidentemente ignora, è che si tratta di fondi pubblici, previsti dalla legge 482, che tutela le 12 minoranze linguistiche storiche in 960 comuni in Italia, in attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e di Convenzioni internazionali ratificate dal nostro paese.

Il diritto all'uso della propria lingua è un diritto naturale della persona, un diritto che precede lo Stato. Lo Stato italiano tutela con apposite norme le lingue minoritarie e lo fanno anche molti altri paesi in Europa dove sono milioni le persone la cui lingua madre è diversa da quella ufficiale dello stato in cui vivono. È una questione di democrazia consentire anche a queste persone di esprimersi in lingue sfavorite socialmente.(...)

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LEGGI TUTTO L'ARTICOLO

pubblicato su "Novi Matajur" il 30 novembre 2011



In margine all’indagine sugli sprechi
CON L’ACQUA SPORCA VIA ANCHE IL BAMBINO

I tempi ristretti in cui lavora e lo spazio limitato di cui dispone inducono a volte il giornalista alla superficialità. Sulla questione delle minoranze linguistiche e della loro tutela – una problematica tanto complessa quanto poco conosciuta – ci si imbatte di frequente, purtroppo, anche nel pregiudizio.

Nell'inchiesta sugli sprechi davvero impressionanti della politica di Emiliano Fittipaldi sul settimanale Espresso viene sferrato un duro attacco a quelle che definisce “cosiddette minoranze linguistiche storiche”.

Nel 2010, scrive il giornale, sono stati spesi per la difesa delle lingue minoritarie 5,6 milioni di euro ai quali vanno aggiunti anche i finanziamenti regionali; è l'esempio della Sardegna che ha attivato sportelli linguistici e prevede “corsi di formazione per quei dipendenti comunali che conoscano, ignoranti, solo l'italiano”. Nel bilancio del 2010 ci sono anche 46 mila euro per il “comitato istituzionale paritetico per i problemi delle minoranze slovene”.

Ciò che il giornalista tralascia di dire, perchè evidentemente ignora, è che si tratta di fondi pubblici, previsti dalla legge 482, che tutela le 12 minoranze linguistiche storiche in 960 comuni in Italia, in attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e di Convenzioni internazionali ratificate dal nostro paese.

Il diritto all'uso della propria lingua è un diritto naturale della persona, un diritto che precede lo Stato. Lo Stato italiano tutela con apposite norme le lingue minoritarie e lo fanno anche molti altri paesi in Europa dove sono milioni le persone la cui lingua madre è diversa da quella ufficiale dello stato in cui vivono.

È una questione di democrazia consentire anche a queste persone di esprimersi in lingue sfavorite socialmente. È una questione inoltre attinente all'identità degli individui  che solo nella piena consapevolezza di sè possono esplicare pienamente il proprio ruolo di cittadini.
 

La lingua e la cultura delle minoranze è d'altra parte un patrimonio culturale rilevante da preservare, coltivare ed attualizzare, mentre la pluralità linguistica arricchisce tutto il contesto regionale e statale in cui è inserita e funge da antitodo all'omologazione della globalizzazione. Se si proteggono specie animali e vegetali rare, perchè non si dovrebbero tutelare beni immateriali come lingue e culture?

Chi ha avuto modo di conoscere le diverse minoranze linguistiche storiche in Italia, ha potuto osservare che per la maggior parte si tratta di comunità deboli, insediate in aree marginali, economicamente e socialmente precarie, spesso segnate dall'emigrazione. In queste situazioni i pochi fondi investiti moltiplicano i loro effetti, anche perchè nella stragrande maggioranza dei casi le attività ed i progetti si fondano sul lavoro volontario di centinaia di persone. C'è inoltre un risvolto economico evidente perchè si realizzano prodotti culturali (pubblicazioni, attività museali e di ricerca, iniziative culturali...) spesso di grande pregio e si rendono visibili ed attraenti località altrimenti sconosciute.

“Il Comitato istituzionale paritetico per i problemi della minoranza slovena”, come i nostri lettori sanno è previsto dalla legge di tutela degli sloveni 38/2001, ha svolto il non facile compito di stabilire l'ambito geografico di applicazione della legge ed ora è chiamato ad esprimersi sull'applicazione delle norme. I suoi componenti  operano gratuitamente ed hanno diritto solo al rimborso spese, comprese quelle dei componenti che vengono da Roma o per i viaggi del suo presidente nella capitale. 46 mila euro appunto.

Sono questi gli sprechi della politica?

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I colori e il grassetto sono della redazione del blog


lunedì 12 dicembre 2011

FRIÛL - TANTIS RESONS DI BRAURE MA ANCJE UN TIC DI AVILIZION




Friûl
Tantis resons di braùre
ma ancje un tic di avilizion

(…) Cun di fat, ancjemò prime che di braùre, e je une cuistion di cussience. Magari cussi no, al sucêt ancjemò che a mancjin sei une sei chê altre. Al è ce che al salte fûr dal fat che chê che e je calcolade la associazion furlane plui impuartante e risulti impegnade a tirâ sù firmis cuintri di Paolo Villaggio. O scugnìn tornâ sul argoment, stant che il disvilup dai fats al conferme lis nestris impressions di in chê volte. Ce che al à vût scrit Villaggio no nus plâs par nuie e propit par chest nol merete dute cheste publicitât. Nus somee che il so efiet al sedi dome chel che, dongje di un comic che nol  fâs ridi, a sedin i furlans che si fasin ridi daûr.
E sì che no mancjin resons plui seriis par mobilitâsi in difese di dignitât e dirits. Cuintri di chei che a sbelein Friûl e furlans cun cuintâi di «piccola patria» e «triveneto». Cuintri di chel, president di une associazion che e dìs di vê a cûr la «friulanità» ator pal mont, che al declare che il furlan nol covente a nuie.
Cuintri des autoritâts e dai burocratis che no àn fat nuie parce che, daûr de Leç 482/1999 e dal Dpr 18/2009, e fos garantide la prime classe te scuele elementâr di Migjee. Cuintri di ducj chei che par doi francs a jemplaressin il Friûl di scovacis, di ciment e di entìmis.

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LEI  DUT  L'ARTICUL

Cumò al è timp dal “Furlan pride”

Par tancj motîfs i ultins mês di chest an a podaressin vignî calcolâts chei dal «Friulian pride» o «Furlan pride», o miôr ancjemò chei de «braùre furlane».
Chest al vâl soredut se si ten cont di une schirie di fats e di iniziativis. La presentazion de version a stampe dal Grant Dizionari Bilengâl Talian Furlan (Gdbtf) e je stade un di chescj events impuartantons, no dome pal lavôr in sé - che il so valôr sientific e la sô rilevance pe promozion de lenghe furlane pe garanzie dai dirits linguistics si jù cognosseve bielzà inte so version digjitâl — ma ancje par jessi stade une ocasion par taponâ la bocje ai specialiscj in cjacaris e trombonadis, che in cont dal Gdbtf a nd' vevin za ditis tantis. Tai dîs prime dal apontament il cuotidian di Triest al veve provât di gnûf a dâ flât a trombis e trombons, ma dopo di un pôc di tananai in rêt, la robe si è distudade e a son restadis dome lis testimoneancis di gale tant che chês di Tullio De Mauro e de Universitât di Stocolme.
Une buine dose di braùre e je rivade ancje tai dîs dîs di "Suns. Sclesis di Europe", cuant che Udin e il Friûl a son deventâts il cûr de Europe in graciis di chê che e je la specificitât plui profonde di cheste tiere e de so int: la diversitât linguistiche e culturâl.
La "Mostre dal Cine" e ancjemò di plui il "Liet International" a àn palesât cetant che al veve reson, timp indaûr, chei che al veve scrit suntun setemanâl locâl che la lenghe furlane e je la infrastruture plui impuartante, plui utile e plui ecologjiche pal nestri teritori.
Il "Liet International", in particolâr al à mostrât un nivel une vore alt di snait, di passion e di professionalitât. Di chest si son visâts in dute Europe: sperìn ancje chi di nô, soredut in prospetive.
Cun di fat, ancjemò prime che di braùre, e je une cuistion di cussience. Magari cussì no, al sucêt ancjemò che a mancjin sei une sei chê altre. Al è ce che al salte fûr dal fat che chê che e je calcolade la associazion furlane plui impuartante e risulti impegnade a tirâ sù firmis cuintri di Paolo Villaggio. O scugnìn tornâ sul argoment, stant che il disvilup dai fats al conferme lis nestris impressions di in chê volte. Ce che al à vût scrit Villaggio no nus plâs par nuie e propit par chest nol merete dute cheste publicitât. Nus somee che il so efiet al sedi dome chel che, dongje di un comic che noi fâs ridi, a sedin i furlans che si fasin ridi daûr.
E sì che no mancjin resons plui seriis par mobilitasi in difese di dignitât e dirits. Cuintri di chei che a sbelein Friûl e furlans cun cuintâi di «piccola patria» e «triveneto». Cuintri di chel, president di une associazion che e dîs di vê a cûr la«friulanità» ator pal mont, che al declare che il furlan nol covente a nuie.
 Cuintri des autoritâts e dai burocratis che no àn fat nuie parce che, daûr de Leç 482/1999 e dal Dpr 18/2009, e fos garantide la prime classe te scuele elementâr di Migjee. Cuintri di ducj chei che par doi francs a jemplaressin il Friûl di scovacis, di ciment e di entìmis.

da IL QUOTIDIANO FVG - pag.6 – nr. 217 di lunedì 12 dicembre 2011

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I colori e il grassetto sono della redazione del Blog



sabato 10 dicembre 2011

ENTE "FRIULI NEL MONDO": ma sono ancjemò furlans?


Cuvierte dal ultin numâr

di "Friuli nel Mondo"




Pussibil che no sedin rivâts a cjatâ in dut il Friûl una place cuntun arbul di Nadâl o un Presepi?

Cemût puedie jessi cheste place triestine un simbul dal Nadâl furlan?  

La redazion del Blog 

mercoledì 7 dicembre 2011

MEDICI ALLA REGIONE: NO ALL'AZIENDA SANITARIA UNICA SENZA CONFRONTO



SANITA’
MEDICI ALLA REGIONE:
“NO ALL’AZIENDA UNICA
SENZA CONFRONTO”

L'Assomed scende in campo «per impedire lo smantellamento della finora efficiente sanità pubblica della nostra regione».
Serpeggia una «vivissima preoccupazione», all'interno del sindacato più rappresentativo della dirigenza medica, per le ripercussioni che avrà l'azienda sanitaria unica sull'efficienza dei servizi.
La prima critica dell'Assomed è rivolta al metodo.
Il sindacato si chiede «come si sia potuto prendere una decisione di tale portata senza consultare e neppure informare i professionisti» e osserva che una programmazione effettuata all'insaputa degli operatori «difficilmente porterà a buoni risultati».
Tante le perplessità espresse dal consiglio dell'Assomed Fvg.
Innanzitutto, «non è stato presentato alcun progetto che fosse solo un po' più articolato della semplice enunciazione "azienda unica regionale", né è stato fatto alcun riferimento finora a simulazioni che evidenzino i possibili benefici economici ed organizzativi derivanti dall’accorpamento», spiegando «perché un sistema enormemente accresciuto in complessità debba essere più vantaggioso dal punto di vista economico e operativo».
In secondo luogo «vi è la totale incertezza sul destino degli ospedali: saranno accorpati o mantenuti in veste di presidi delle aziende territoriali»?
Terzo nodo critico, per il sindacato, i tempi e i costi di attuazione dell'azienda unica.
Vanno previste, infatti, modifiche degli assetti di uffici e direzioni e le modalità di accorpamento degli organici. I trattamenti economici e gli accordi sindacali, che variano però da azienda ad azienda, dovrebbero essere unificati.
«Il processo di fusione, complesso e laborioso, rischia, per l'Assomed, di impantanare per mesi o anni la sanità pubblica, a meno che non si preveda nel dettaglio tempi e costi per la messa a regime di sistema» mentre «l'assistenza sanitaria non può restare in forse per anni». Ma se la Regione, da un lato, spinge per la riforma, dall'altro, per il sindacato, «continua a rinviare la pianificazione». (i.p.)
Dal Messaggero Veneto – sabato 3 dicembre 2011