L’associazionismo
militante friulano unito:
in
Regione serve
una
rivoluzione culturale
per la lingua friulana
VINARS 27 DI
JUGN
CONFERENCE
STAMPE
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Regjon
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je ore di dâsi une dreçade!
Urge
un rilancio
delle
politiche regionali
per
la lingua friulana
Trascorso
ormai un anno dall’insediamento della nuova Giunta regionale
guidata da Debora Serracchiani e alla vigilia della discussione in
Consiglio regionale sulle variazioni di bilancio – uno dei momenti
cardine per valutare concretamente gli indirizzi e le priorità
dell’Amministrazione regionale – riteniamo utile, ancor prima che
doverosa, un’analisi sulle politiche per la lingua friulana attuate
fino a oggi dall’esecutivo regionale.
Politiche
linguistiche: un passo avanti e cinque di lato
Per
quanto sia giusto riconoscere che, relativamente alle politiche
linguistiche per il friulano, l’attuale Amministrazione regionale
ha ricevuto una difficile eredità dalla Giunta precedente, a oltre
un anno di distanza dal suo insediamento, riteniamo che la maggior
parte delle azioni intraprese vadano attribuite tanto in positivo,
quanto in negativo alle scelte operate liberamente del governo
regionale in carica.
Un
passo avanti nel dare attuazione alla legge regionale 29/2007 è
stato fatto in aprile grazie all’approvazione da parte della Giunta
del regolamento per la certificazione linguistica, strumento
indispensabile per garantire la qualità dei servizi linguistici
offerti dal personale in servizio nelle amministrazioni pubbliche e
nelle scuole. Vi sono però altri strumenti previsti dalla legge che
rimangono ancora lettera morta.
Il
più importante è senza ombra di dubbio il Piano Generale di
Politica Linguistica, documento di programmazione quinquennale che
fissa le priorità d’intervento per lo sviluppo e la promozione
della lingua friulana.
Durante la precedente legislatura non era
stato predisposto alcun Piano, mentre l’attuale Giunta, dopo aver
sollecitato una revisione della bozza proposta dalla precedente
dirigenza dell’Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane, da oltre un
mese ha ricevuto il nuovo documento elaborato dall’ARLeF, ma non
sembra avere fretta di approvarlo. La mancanza di tale documento
blocca inoltre la predisposizione dei Piani con le priorità
d’intervento per raggiungere gli obiettivi annuali e dei Piani
Speciali di Politica Linguistica quinquennali che dovrebbero essere
sviluppati dai singoli enti e dai concessionari di servizi pubblici.
Ciò significa che per il momento la programmazione delle politiche
linguistiche per il friulano rimane bloccata.
Se una valutazione
attenta del documento è doverosa, sarebbe estremamente grave se a
bloccarlo non fosse questo scrupolo, ma – come alcune indiscrezioni
suggeriscono – l’indisponibilità a garantirne la copertura
finanziaria, tanto più quando si consideri il “pragmatismo”
evidenziato dal Piano anche sul fronte degli investimenti: si parla
infatti delle basi necessarie per una politica seria, non certo di
“libro dei sogni”. In tal modo, inoltre, si frustrano anche i
segnali di dinamismo mostrati in questi mesi dalla nuova dirigenza
dell’ARLeF e si rischia di annullare, di conseguenza, i riflessi
positivi che ne derivano per la stessa Giunta regionale.
L’attuale
esecutivo prosegue inoltre la pessima abitudine inaugurata dalla
Giunta Tondo di non presentare in Consiglio regionale la relazione
annuale sui progressi nell’attuazione della legge 29/2007.
Per
ora, infatti, non è trapelata alcuna informazione sulla relazione
per il 2013 così da offrire il fondato sospetto
che tale documento non sia nemmeno mai stato redatto.
Istruzione:
il plurilinguismo che ci manca
Una
realtà naturalmente multilingue come il Friuli - Venezia Giulia
offre anche sul piano degli apprendimenti e degli insegnamenti
linguistici un enorme vantaggio competitivo che fino ad ora è stato esplorato
solo marginalmente e in forma sperimentale (approccio CLIL o uso
veicolare delle lingue in materie non linguistiche) quando invece
dovrebbe diventare il principio cardine di tutte le scuole della
regione con una presenza curricolare delle nostre lingue. Si
creerebbero così dei veri “cittadini europei”, coscienti della
propria identità ma anche aperti alle diversità, facilitati
nell’apprendimento di altre lingue.
La
strada da percorrere dovrebbe quindi essere quella dell’acquisizione
di riconoscimenti istituzionali, competenze e risorse adeguate per
intraprendere tale percorso. In parole povere l’assunzione da parte
della Regione di competenze primarie in tale ambito. Purtroppo, se
escludiamo pochi accenni da parte di alcuni esponenti della
maggioranza, non ci risulta che l’Amministrazione regionale intenda
intraprendere tale percorso.
Un
cambiamento così radicale non può certo sostenersi
sull’insegnamento curricolare della lingua friulana nelle scuole
dell’obbligo così come previsto dalla legge regionale 29/2007 la
cui introduzione è stata avviata solamente con l’anno scolastico
2012-2013 e in maniera parziale considerato che per le scuole
secondarie di primo grado si procede ancora con il precedente sistema
“a progetto”. A rendere l’applicazione della legge alquanto
problematica contribuiscono poi, per fare alcuni esempi, la mancanza
di una formazione sistematica per gli insegnanti di/in friulano e il
loro giusto riconoscimento professionale attraverso la creazione di
un’apposita classe di concorso come accade per quanti insegnano
altre lingue.
Per
quanto riguarda la formazione, una funzione primaria dovrebbe
spettare all’Università degli studi di Udine. In questi ultimi
anni ci si trova purtroppo di fronte a due fenomeni convergenti che
non contribuiscono certo allo sviluppo di tale funzione: da un lato
la riduzione/azzeramento delle risorse attribuite all’ateneo
friulano per la lingua, dall’altro il disinteresse sempre più
marcato della dirigenza dell’Università di Udine nei confronti dei
destini della lingua e delle funzioni che la sua stesse legge
istitutiva le attribuiva in proposito.
È
chiaro tuttavia che, in mancanza di nuove competenze e di risorse
adeguate, la Regione può fare abbastanza poco in tale ambito. Può e
dovrebbe però impegnarsi politicamente per muoversi in tale
direzione.
Nel frattempo la
Commissione per la valutazione dello stato di applicazione
dell’insegnamento e dell’uso della lingua friulana nelle
istituzioni scolastiche ha concluso la sua analisi sull’andamento
dell’attuazione della 29/2007 nelle scuole e rivolto
all’Amministrazione regionale una decina di raccomandazioni che non
possiamo non condividere.
Si va dalla necessità di “opportune
modifiche ed integrazioni al Regolamento” per l’insegnamento
della lingua friulana alla richiesta di “svolgere una stabile
attività di consulenza nei confronti delle scuole e degli
insegnanti”, dal “mettere in atto un piano di formazione
continua in
entrata e in servizio quale sostegno al miglioramento
dell’insegnamento del friulano” allo sviluppo e alla
distribuzione “a tutti gli studenti di lingua friulana di testi
scolastici in concordanza con i piani scolastici e con le nuove
conoscenze pedagogico-didattiche”.
La
risposta dell’esecutivo a queste proposte d’intervento, per
quanto ne sappiamo, deve ancora arrivare.
I
media in friulano: non omologati, non allineati e… penalizzati
In
una società come la nostra, per la vitalità di una lingua è
fondamentale la sua presenza normale e paritaria anche nei mezzi di
comunicazione: televisione, radio, carta stampata, settore digitale.
La presenza di media in lingua propria è anche garanzia di una
maggiore attenzione per le notizie locali e un presidio importante di
democrazia oltre che di occupazione e di pluralismo informativo. È
fondamentale allora non solo mantenere, ma piuttosto rafforzare i
media attivi in tale ambito partendo da quanti hanno dimostrato in
questi anni di essere in grado di offrire con continuità produzioni
di qualità.
Per quanto si è visto fino ad ora, la Giunta regionale
non condivide affatto questa visione. Ne fanno fede le decisioni e
gli atteggiamenti palesati in questo primo anno di attività. Per
quanto riguarda la carta stampata l’unica costante in questi anni è
stata la mancanza da parte della Regione di una strategia chiara di
valorizzazione del friulano. Le risorse hanno subito percorsi
altalenanti, anche se generalmente in discesa, e spesso senza quella
continuità che è fondamentale per la buona riuscita di un mezzo di
comunicazione. Ne sono testimoni le vicende di due realtà molto
diverse tra di loro – il mensile La Patrie dal Friûl e il
quindicinale Il Diari – ma non per questo meno emblematiche per
capire quanto poco importino alla politica regionale le sorti del
giornalismo scritto in lingua friulana.
Le
politiche per il settore radiotelevisivo però sono ancor più
rivelatrici di questo disinteresse, che fa a pugni tra l’altro con
la levata di scudi più che compatta da parte della Giunta e del
Consiglio regionale in difesa della sede regionale della RAI del
Friuli – Venezia Giulia.
Se è vero che con la finanziaria 2014
sono stati reintrodotti dei fondi per il settore radiotelevisivo in
lingua friulana, è altrettanto vero che la decisione di suddividere
tali risorse per il 90% alle televisioni e per il 10% alle radio
significa penalizzare proprio chi più e meglio utilizza il friulano
nella propria programmazione. Una scelta che fa il paio con il primo
atto di “politica linguistica” per il friulano attuato lo scorso
anno dall’Amministrazione regionale e rappresentato da una modifica
alla legge 29/2007 che ripropone i meccanismi fallimentari previsti
per il settore televisivo dalla precedente legge regionale annullando
il peso dei produttori indipendenti.
La
“logica” di tali decisioni penalizza dunque proprio i mezzi di
comunicazione che più e meglio hanno lavorato in questi anni con e
per la lingua friulana.
Non
si è tenuto conto della qualità del servizio offerto, né della
continuità del lavoro fatto e nemmeno delle professionalità
impegnate.
Per assumere queste decisioni non sono stati ascoltati
quanti in questi anni, con o senza fondi, hanno mantenuto in vita i
media in lingua friulana e, a quanto ci risulta, nemmeno l’ARLeF.
Si tratta di scelte che mettono di fronte a due opzioni: o chi le ha
fatte non conosce minimamente il settore su cui interviene oppure, se
fatte con piena coscienza della situazione, vogliono penalizzare i
mezzi di comunicazione in friulano che in questi anni hanno
dimostrato di continuare a operare in maniera non omologata e non
allineata.
Così, nel mentre quanti fanno quotidianamente “servizio
pubblico” in friulano vengono messi in ginocchio, Giunta e
Consiglio non esitano a invocare la lingua friulana tra le ragioni
per mantenere l’autonomia di una sede regionale RAI in cui tg e gr
fanno capo direttamente a Roma e da cui il friulano rimane bandito.
Amministrazioni
locali, associazionismo e cultura: tra criticità e immobilismo
La
recente delibera della Giunta regionale che interviene
sull’assegnazione delle (scarsissime) risorse statali per il
friulano attribuite dal Governo italiano al Friuli – Venezia Giulia
propone purtroppo la stessa mancanza di analisi della qualità del
servizio, della continuità del lavoro e delle professionalità
impegnate già segnalata parlando dei media in friulano.
Si
eliminano, infatti, tutte le risorse per la cartellonistica e per la
comunicazione istituzionale in lingua friulana interrompendo così
percorsi positivi avviati in questi anni per concentrare tutti i
fondi sugli sportelli linguistici degli enti pubblici, per altro con
una scelta di assegnazione territoriale fatta a tavolino che rischia
di cancellare esperienze positive e di premiare invece realtà in cui
le attività di sportello linguistico non hanno prodotto i risultati
sperati.
Viene inoltre confermato l’azzeramento dei fondi per la
Biblioteca Civica “Joppi” di Udine deciso dalla precedente
Amministrazione bloccando i percorsi di valorizzazione della lingua
friulana avviati da tale istituzione in cui, tra l’altro, si
conservano alcuni tra i principali monumenti della letteratura
friulana.
Sul
fronte dell’associazionismo, pur apprezzando la scelta attuata con
la finanziaria 2014 di invertire il percorso di tagli lineari
introdotto dalla Giunta Tondo per i soggetti ritenuti di primaria
importanza per la promozione della lingua friulana, non si può non
notare come manchi ancora un sistema chiaro nell’attribuzione di
tali risorse così da evitare poi spiacevoli strumentalizzazioni da
parte dei detrattori di ogni sforzo di politica linguistica per il
friulano. Enti e associazioni, coscienti delle proprie capacità e
della qualità del proprio lavoro, sono i primi a volere criteri
trasparenti ed oggettivi di assegnazione dei fondi.
Va inoltre notato
come, mentre la stessa politica regionale tende spesso a considerare
la lingua friulana uno dei tanti componenti della “cultura del
Friuli – Venezia Giulia” e non come una componente della vita
quotidiana di centinaia di migliaia di cittadini che vivono in questa
regione (attraversando cultura, ma anche lavoro, istruzione, salute,
informazione, divertimento, ecc.), ci troviamo ancora di fronte a
situazioni come quella riproposta dai bandi regionali per
l’organizzazione di festival ed eventi culturali in cui, tra le
ragioni di esclusione delle domande, troviamo la valorizzazione delle
lingue minoritarie! Se su scala internazionale si utilizza il termine
“discriminazione positiva” per indicare le politiche di
“favore” nei confronti delle realtà minorizzate – siano esse
linguistiche, etniche, religiose, di genere o altro – in questo
caso il Friuli – Venezia Giulia mette in luce invece un
comportamento sì di discriminazione, ma per
nulla positiva…
Autonomia,
specialità e lingua friulana: vonde ipocrisie!
Le
“riforme” in discussione a Roma, i crescenti attacchi alle
autonomie speciali evidenziati ed enfatizzati dalla stampa, le
recenti vicissitudini dell’Ufficio Scolastico Regionale e della
sede regionale della
RAI sono tutti segnali dei rischi sempre più concreti che minacciano
la specialità del Friuli – Venezia Giulia.
Da anni ripetiamo che,
una volta analizzate con rigore le varie ragioni solitamente addotte
per giustificare il mantenimento dell’autonomia speciale, l’unica
a resistere è la presenza ancora maggioritaria in Friuli – Venezia
Giulia di comunità che parlano una lingua propria diversa da quella
statale.
Motivazione che, per altro, è alla base anche delle
principali tra le autonomie “regionali” europee: dalle isole
Åland alla Comunità Autonoma Basca, dalla Corsica al Galles…
La
Provincia di Trento, pur con poche migliaia di ladini e ancor meno
cimbri e mocheni, lo ha capito da tempo e si è mossa di conseguenza.
In Friuli – Venezia Giulia dopo improbabili richiami a confini che
non sono più quelli di un tempo, a fantomatiche “piattaforme
logistiche” e a opinabili virtù amministrative, si comincia a
ragionare sul tema. Non è un caso che i richiami a friulano e
sloveno (un po’ meno al tedesco) abbiano cominciato a moltiplicarsi
sia con riferimento alle vicende dell’USR e della sede regionale
della RAI, sia in occasioni solenni come il cinquantenario della
prima seduta del Consiglio regionale.
È
nostro dovere ribadire che proprio la pluralità linguistica e
nazionale del Friuli – Venezia Giulia può costituire la base per
difenderne e rilanciarne la specialità, ma dobbiamo essere
altrettanto chiari sul fatto che richiami e proclami su friulano,
sloveno e tedesco non sostanziati poi dai fatti sono pura e semplice
ipocrisia.
La manifestazione più chiara di tale ipocrisia è
certificata, nero su bianco, anche nella finanziaria 2014 dove per il
friulano si investe appena lo 0,02% del bilancio regionale. Un dato
umiliante se confrontato con quello di altre comunità autonome
europee che fanno della loro lingua propria fonte e bandiera di
autogoverno.
La recente adesione del Consiglio regionale alla rete
europea per la promozione della diversità linguistica (NPLD) –
decisione che non si può non guardare con favore – dovrebbe per
altro evidenziare ancora di più questa discrepanza tra dichiarazioni
d’intenti e fatti concreti. La coerenza impone un maggiore
attivismo sul piano delle politiche linguistiche e un sostegno
economico adeguato a tali politiche.
Non
si dica, per piacere, che è tutta colpa della crisi, dei tagli ai
trasferimenti dello Stato centrale o del Patto di stabilità perché
per la lingua friulana la “crisi” c’è sempre stata: c’è
sempre qualcosa di più importante o di più urgente da fare, c’è
sempre qualche ragione par tagliare, ridurre o rinviare.
Un
primo passo per invertire la rotta potrebbe arrivare
dall’approvazione in tempi rapidi del Piano Generale di Politica
Linguistica e dalla sua completa copertura finanziaria attraverso le
variazioni di bilancio (permettendo così di superare
l’inqualificabile 0,02% per la lingua friulana), accompagnati da
una consultazione e da un coordinamento costante della Giunta
regionale con l’ARLeF quando si tratta di assumere decisioni
relative alla lingua friulana.
Un primo passo per nulla
rivoluzionario, cui deve seguire però un cambio di mentalità
significativo che permetta non solo di garantire i diritti
linguistici di friulani, sloveni e germanofoni del Friuli – Venezia
Giulia, ma anche di rendere il nostro patrimonio linguistico,
culturale e identitario una marcia in più per tutta la regione. Per
farlo mettiamo a disposizione, ancora una volta, le nostre forze, le
nostre conoscenze e le esperienze maturate in anni di battaglie e di
impegno quotidiano per la lingua friulana e per i diritti linguistici
dei friulani (ma anche di sloveni e tedeschi del Friuli).
Sapranno
la Giunta e il Consiglio regionale accettare la nostra disponibilità
e intraprendere il percorso per una Regione che sia davvero autonoma
e speciale?
Udin/Udine
27.06.2014
Comitât
- Odbor - Komitaat - Comitato 482
il
portavoce Carlo Puppo
Union
Scritôrs Furlans
il
presidente Renzo Balzan
Società
Filologica Friulana
il
presidente Federico Vicario
Serling
soc. coop.
il
presidente Alessandro Carrozzo
Radio
Onde Furlane
il
direttore Mauro Missana
Ladins
dal Friûl, mensile
il
direttore Renzo Balzan
La
Vita Cattolica, settimanale
il
direttore Roberto Pensa
La
Patrie dal Friûl, mensile
il
direttore Andrea Valcic
KappaVu,
casa editrice
la
responsabile Alessandra Kersevan
Istituto
“Achille Tellini”
il
presidente Luigi Geromet
Informazione
Friulana soc. coop.
il
presidente Paolo Cantarutti
Il
Diari, quindicinale
il
direttore Mauro Tosoni
Comitato
per l’autonomia e il rilancio del Friuli
il
presidente Paolo Fontanelli
Clape
di culture Patrie dal Friûl
il
presidente Romano Michelotti
CLAAP
(Centri di Linguistiche Aplicade “Agnul Pitane”)
il
presidente Luca Peresson
Associazione
Glesie Furlane
il
presidente Giovanni Pietro Biasatti
Associazione
Colonos
il
direttore Federico Rossi
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Tabele dade fûr ae stampe