PER IL TAR DEL LAZIO
LA GESTIONE OBBLIGATORIA
ASSOCIATA DELLE FUNZIONI COMUNALI
VIOLA LA COSTITUZIONE ITALIANA!
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Dalla ORDINANZA pronunciata dal TAR per il
Lazio (Sezione Prima Ter) sul
ricorso numero di registro generale 6695 del 2015 pubblicato
il 20/01/2017 (nr. 1027/2017), di seguito pubblichiamo alcuni significativi passaggi della sentenza di rinvio alla Consulta redatta dai magistrati:
"(...) Il
petitum della
presente controversia concerne, infatti, la domanda di accertamento
dell'obbligo
per i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, di
procedere alla costituzione di unioni di Comuni o di convenzioni per
l'esercizio associato delle loro funzioni fondamentali (…)
L'attualità
dell'interesse a ricorrere, peraltro, permane nonostante le
intervenute proroghe del termine fissato dalla legge per l'attuazione
dell'obbligo legale gravante sugli enti locali ricorrenti. (….)
5.La
questione di costituzionalità, oltre che rilevante, non appare, a
questo collegio, manifestamente infondata sotto i profili che saranno
di seguito evidenziati.
(…)
L’esercizio associato delle funzioni comunali è stato, sin dalla
sua introduzione, caratterizzato dalla volontarietà e dalla
flessibilità, come è dato evincere dal capo
V del titolo II del t.u. enti locali,
che nel disciplinare le forme associative degli enti locali
(convenzioni, consorzi, unioni di comuni, esercizio associato di
funzioni e servizi da parte dei comuni, accordi di programma) prevede
la volontarietà nell’an
e
la flessibilità nel quomodo
della
scelta delle forme associative alle quali aderire.
La
normativa de
qua sembra
ribaltare questo assetto che, per gli enti locali di minori
dimensioni, da volontario diviene obbligatorio, da flessibile diviene
rigido:
per i comuni di minori dimensioni l’esercizio di tutte le funzioni
fondamentali elencate al comma 28 dell’art. 14, ad eccezione
della tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti
in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi
elettorali, nell'esercizio delle funzioni di competenza statale
(lett. l), devono obbligatoriamente essere svolte in forma associata,
con conseguente obbligo di aggregazione della relativa organizzazione
burocratica.
Ciò
comporta delle rilevanti conseguenze sul normale funzionamento del
circuito democratico:
a)
gli organi
gestionali non sono più sottoposti all’indirizzo politico degli
organi rappresentativi. Nell’attuale ordinamento
degli enti locali, gli organi politici (consiglio, giunta, sindaco)
esercitano la funzione di controllo degli apparati burocratici
essenzialmente tramite due strumenti: il potere di indirizzo politico
– amministrativo (emanazione di direttive, piani e programmi) e il
potere di attribuzione degli incarichi di funzione dirigenziale.
Secondo
il modello di gestione associata obbligatoria entrambi i poteri
vengono sottratti agli organi politici comunali,
i singoli uffici vengono a perdere la loro individualità, dando vita
a nuovi uffici co-gestiti da tutti i comuni associati e al
conseguente accentramento delle funzioni di indirizzo, con
vlnus
del
principio di responsabilità politica degli organi democraticamente
eletti, espresso dagli artt. 95 e 97 cost. nonché dell’autonomia
degli enti locali coinvolti. Già la Corte
Cost., nella sentenza n. 52 del 1969 aveva sottolineato come
“l'emanazione dei provvedimenti amministrativi demandati alla
competenza degli organi rappresentativi del comune e della provincia
si lega con nesso inscindibile all'attività preparatoria ed a quella
esecutiva: e non si può non riconoscere, in verità, che la sfera di
autonomia sarebbe compromessa se agli enti ai quali essa è
riconosciuta e garantita fosse sottratta del tutto la disponibilità
degli strumenti necessari alla sua esplicazione.”
Il
concetto di autonomia locale quale diritto e capacità effettiva di
amministrare la parte più importante degli affari pubblici è stato
ancor più chiaramente espresso nella cd. Carta europea
dell’autonomia locale, convenzione europea firmata a Strasburgo il
15 ottobre 1985 e ratificata dall’Italia con l. 30 dicembre 1989,
n. 439, come tale vincolante, per il legislatore interno,
ai sensi dell’art. 117, comma 1, cost., che all’art. 3 così
statuisce: “1. Per autonomia locale, s'intende il diritto e la
capacità effettiva, per le collettività locali, di regolamentare ed
amministrare nell'ambito della legge, sotto la loro responsabilità,
e a favore delle popolazioni, una parte importante di affari
pubblici. 2. Tale diritto è esercitato da Consigli e Assemblee
costituiti da membri eletti a suffragio libero, segreto, paritario,
diretto ed universale, in grado di disporre di organi esecutivi
responsabili nei loro confronti”;
b)
l’esercizio
obbligatorio in forma associata delle funzioni fondamentali appare,
inoltre, comprimere, la potestà regolamentare dei comuni
riconosciuta, dall’art. 117, comma 6 cost.,
“in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello
svolgimento delle funzioni loro attribuite”.
La
Corte Costituzionale ha più volte sottolineato, a salvaguardia della
posizione di autonomia dei comuni, la necessità di chiarire i limiti
che incontra il legislatore nazionale e regionale nell’esercizio
dei poteri di coordinamento dell’esercizio delle funzioni locali.
(…)
L’esercizio
associato imposto come forma obbligatoria ai comuni di dimensioni
minori dall’art. 14, co. 28, d.l.
n. 78/2010 investe, infatti, tutte le funzioni fondamentali come
individuate al comma 27 del medesimo art.14, eccezion fatta per le
funzioni di cui alla lettera l).
Sebbene
attraverso l’esercizio associato di tali funzioni, imposto per
legge, gli enti interessati non risultino formalmente estinti,
occorre tuttavia interrogarsi sull’autonomia che, ai sensi degli
artt. 114, 117, co. 6, 118 e 119, cost., residua in capo ai medesimi
in termini di: a) potestà regolamentare; b) titolarità d’esercizio
di funzioni proprie o conferite; c) autonomia finanziaria di entrata
e di spesa.
Come
correttamente osservato da parte ricorrente,
l’autonomia di un ente territoriale non può essere disgiunta dalla
titolarità di un “nucleo minimo” di attribuzioni e delle
correlate potestà regolamentari e finanziarie. Questo nucleo minimo
non può che essere rappresentato dalle funzioni fondamentali, per le
quali opera una riserva costituzionale di esercizio individuale.
Le
norme del d.l. n. 78 del 2010, in tal sede censurate, hanno disposto
la traslazione di tutte queste funzioni ad un soggetto nuovo o
diverso, spogliandone il precedente titolare, ciò che, ai fini
dell'art. 133, comma 2 Cost., non appare distinguibile
dall'estinzione dell'ente locale per fusione o incorporazione. (…)
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (….)
-
dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale
(...)
Dispone
la sospensione parziale del presente giudizio e ordina
l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Ordina
che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia
notificata alle parti costituite e al Presidente del Consiglio dei
Ministri, nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati
e del Senato della Repubblica (...)"
...................
NOTA DELLA REDAZIONE DEL BLOG
Il rinvio alla Corte Costituzionale pubblicato il 20 gennaio 2017 (Tar del Lazio) della "questione della legittimità costituzionale" dell'obbligo dei piccoli Comuni (quelli con meno di 5.000 abitanti) di procedere alla costituzione di Unioni di Comuni, UTI da noi in regione, che per altro NON sono un "ente locale" ma solo una "emanazione dei Comuni stessi", come da sentenza nr. 50 del 2015 della Consulta, e la conseguente espropriazione delle funzioni comunali fondamentali, pare non destare nella nostra Regione particolare interesse. Viene avvertito e denunciato solo il caos amministrativo conseguente a questa espropriazione di funzioni comunali, ma non il pericoloso deficit di democrazia denunciato dai magistrati del Tar del Lazio
Ricordiamo che anche le Regioni a statuto speciale - al pari delle regioni a statuto ordinario e del Parlamento - sono tenute al rispetto sia dei "Principi fondamentali" della Costituzione italiana (come il Principio autonomistico definito all'art. 5), che dei trattati internazionali sottoscritti e ratificati anche dallo Stato italiano come la "Carta europea dell’autonomia locale" (vedi articolo 4 dello Statuto di autonomia speciale della regione Friuli -VG).
Come scrivono i magistrati del Tar del Lazio nella loro Ordinanza di rinvio alla Corte Costituzionale, siamo dunque in presenza di un grave problema di "funzionamento del circuito democratico" e non di un "problemino" di comunicazione ("non siamo riusciti a farci capire") come ripete spesso l'assessore regionale Paolo Panontin.....
LA REDAZIONE DEL BLOG