LE GIORNATE DELLA
"REPUBBLICA DELLE IDEE"?
PER LA "GRANDE TRIESTE"
NON DOVEVANO SVOLGERSI A UDINE
MA NELLA GRANDE
METROPOLI TRIESTINA!
METROPOLI TRIESTINA!
QUANDO AVRA' FINE
L'ARROGANZA DEL
CAMPANILE DI SAN GIUSTO?
CAMPANILE DI SAN GIUSTO?
25 marzo 2015
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Pierluigi Sabatti
Sono nato nel
1950 a Trieste. Laureato in legge. Ho fatto il giornalista per
quarant’anni principalmente al Piccolo, ma ho collaborato con le
radio libere, quando sono nate, poi con la Rai e con giornali
nazionali e stranieri. Mi sono occupato di politica estera, di
minoranze e di confini. Ho scritto un paio di libri e di commedie. A
spingermi in politica, a sostegno di Cosolini sindaco, è stato
“Progetto Comune”, gruppo nato spontaneamente per contribuire a
cambiare la nostra città.
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Ingegner
De Benedetti,
l’aver organizzato a Udine le giornate della “Repubblica delle idee” dedicate alla multiculturalità mi ha stupito perché se c’è una città in questa regione in cui la multiculturalità è di casa da secoli quella è Trieste. Non faccio questioni di campanile, ma di tradizioni. Le ricordo che il Friuli celebrerà, con fondi regionali, la “Fieste Patrie dal Friul” che non mi sembra multi ma mono-culturale.
Mi è stato anche detto che si è scelto il capoluogo friulano, e il suo giornale “Messaggero Veneto”, perché non ci sono le tensioni sindacali che invece si avvertono a Trieste.
Ebbene, ingegnere, si è chiesto perché a Trieste c’è un così forte disagio, da far temere per la riuscita di una manifestazione del giornale-corazzata del suo gruppo editoriale?
Evidentemente no.
Eppure dovrebbe sapere che si sta smantellando un giornale nato nel 1881. Fondato da un geniale giovanotto di 21 anni, che aveva dovuto sin dai 14 mantenere la famiglia per la morte del padre. Un giovane che è stato un sostenitore della causa italiana e che perciò è diventato senatore del Regno. Anche se in vecchiaia, la sua origine ebraica, l’ha costretto a perdere” i suoi privilegi e il giornale.
Caro ingegnere, l’aver realizzato qui la manifestazione (o anche altre iniziative) avrebbe sostenuto questo giornale, insieme magari a qualche investimento (i risultati economici del suo gruppo mi sembra che consentano qualche “larghezza”), nel rispetto di una storia che dura da 134 anni e in cui la città si riconosce.
La politica che il suo gruppo sta facendo riguardo al Piccolo mi pare stia dando pessimi risultati, come la perdita di copie e di ruolo che si estendeva anche oltre i nostri confini.
La prego di riflettere su queste considerazioni di un vecchio redattore del Piccolo, affezionato al suo giornale e alla sua città.
Pierluigi Sabatti
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Gentile
Signor Sabatti,
il
contenuto della sua lettera mi conferma, qualora ce ne fosse stato
bisogno, quanto sia stata giusta la scelta di Udine, con una
partecipazione di pubblico davvero straordinaria.
Infatti nella sua
lettera lei fa riferimento a un mondo che non c'è più o, per meglio
dire, nel quale la sua bellissima città ha perso troppe occasioni
per sfruttare la sua posizione geografica - oltre che
storico-culturale - che la rendevano il porto naturale del
Mediterraneo per tutto il nord dell’Europa.
In questa concezione di
un mondo che Trieste si è lasciata sfuggire, vorrei ricordarle più
specificamente la crisi dell’editoria quotidiana che ci ha
COSTRETTO ad azioni di adattamento dei mercati diffusionali e
pubblicitari, che per fortuna sono state efficaci e tempestive.
Il
direttore e la redazione de Il Piccolo lo hanno capito,
sottoscrivendo ultimamente un accordo che è stato considerato
soddisfacente, pur con i sacrifici imposti dalla situazione.
Continui
a comperare Il Piccolo, perché è pieno di notizie dalla regione e
dal mondo ed è scritto da validi giornalisti in armonia con un
ottimo direttore.
Cordiali
saluti, Carlo De Benedetti
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Grazie Ing. Carlo De Benedetti
per la risposta da Lei data in difesa dello splendido pubblico friulano presente in questi giorni a Udine alle giornate della "Repubblica delle idee".
Un pubblico europeo, come europea è la storia millenaria del Friuli e di Udine.
Un Friuli da sempre plurilingue e pluriculturale che ha ospitato a Udine - salone del Parlamento, nel Castello che si può ammirare in pieno centro storico - il più antico Parlamento d'Europa (1231 -1805).
Un Parlamento di cui evidentemente a Trieste si ignora perfino l'esistenza. Così come Trieste pare ignorare che lo Stato Patriarcale fu uno Stato in cui la convivenza di lingue e culture non diede luogo a conflitti, ma bensì ad una pacifica integrazione, unico caso in tutta Europa.
Uno Stato la cui istituzione nell'anno 1077, da 40 anni viene ricordata il 3 di Aprile di ogni anno in quella parte del territorio regionale che va dal Livenza al Timavo (ossia la quasi totalità del territorio regionale con esclusione della sola provincia di Trieste), territorio che dall'epoca longobarda si chiama "Friuli".....senza alcuna aggiunta!
Il nome "Venezia Giulia" dovrà attendere il nazionalismo italiano del 1863 per essere inventato in una rivista milanese.....
LA REDAZIONE DEL BLOG
N.B. Dal sito internet
Il Parlamento della Patria è un istituto di governo adottato dai patriarchi a partire dalla seconda metà del XIII secolo (ma il primo atto rimastoci è del 1231). L’assemblea comprendeva rappresentanze dei centri principali, che occupavano la porzione laica dei seggi, unitamente al clero e alla nobiltà. Le funzioni di governo demandate al Parlamento riguardavano la difesa, organizzata su base comunitaria, la fiscalità e, in parte, l’amministrazione della giustizia. L’insieme delle leggi emanate dal Parlamento costituirono il fondamento delle Costituzioni della Patria del Friuli. La prima raccolta di questo codice di norme, che avrebbe regolato la convivenza friulana nei secoli a venire, risale al patriarca Marquardo di Randeck (1365-1381). Il corpus delle leggi fu periodicamente rinnovato nei secoli successivi. Con l’avvento della Dominante, larga parte delle prerogative del Parlamento furono assorbite dalle magistrature centrali dello Stato veneto, svuotandolo, di fatto, di funzioni. Tuttavia, anche in ragione della portata simbolica delle riunioni dell’assemblea per una società fortemente segmentata per ceti, la sua attività proseguì fino all’avvento dell’amministrazione francese nel 1805, che lo sciolse in quell’anno.
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