martedì 31 luglio 2012

FRIULANO E SPECIALITA' REGIONALE: BENI COMUNI DA DIFENDERE.



Comitât – Odbor – Komitaat – Comitato 482



Friulano
e specialità regionale:

beni comuni da difendere



ERA IL 23 LUGLIO 2012…


In questo inizio di settimana si decide il destino degli emendamenti presentati dai parlamentari del Friuli – Venezia Giulia a tutela di diversi elementi di autonomia regionale messi sotto attacco dai contenuti del decreto legge di revisione della spesa pubblica emanato dal Governo Monti.

Tra di essi troviamo anche l’emendamento che cerca di cancellare l’introduzione di elementi artificiosi di discriminazione tra le diverse minoranze linguistiche trattando friulano, sardo e occitano come semplici dialetti. Un precedente estremamente pericoloso i cui effetti potrebbero estendersi anche ad altre misure di tutela e di promozione delle lingue minoritarie e che fa il paio con una sentenza emessa la scorsa settimana dalla Corte di Cassazione che, chiamata ad esprimersi sull’uso processuale di trascrizioni in sardo, tratta tale lingua alla stregua di un dialetto.

Si tratta di segnali allarmanti che non solo si pongono in aperto contrasto con quanto previsto dalla legge statale 482/99 e dalla Convenzione quadro europea per la protezione delle minoranze nazionali, ma introducono una discriminazione che non è prevista né dalla Costituzione della Repubblica italiana, né da altri testi di rango costituzionale (per esempio lo Statuto di autonomia della nostra Regione).

Questi tentativi di discriminazione di friulano e sardo si accompagnano ad un rinnovato attacco alle Regioni a Statuto speciale la cui esistenza è legata proprio all’esistenza di particolarità storiche e linguistiche.

Con la scusa della revisione della spesa pubblica, invece di attuare tagli mirati che vadano dritti al cuore degli sprechi, si colpiscono una serie di diritti presentati al pubblico come meri privilegi.

Di fronte a questa situazione è dunque necessario che almeno in Friuli – Venezia Giulia società civile, istituzioni, politici e media riescano a formare un fronte compatto in difesa dell’autonomia e delle ragioni linguistiche che ne sono alla base.

Se è vero, infatti, che è necessario eliminare una serie di sprechi e di malfunzionamenti della “macchina” pubblica anche nella nostra Regione, non è certo colpendo la sua autonomia che si risolveranno i problemi.

In tale ottica, dichiarazioni come quelle rilasciate recentemente dal consigliere regionale Franco Dal Mas (PdL) sulla lingua friulana, non mostrano solo un’estrema pochezza di contenuti, ma dimostrano un’irresponsabilità i cui effetti non colpiscono solo i friulani, ma uno dei pochi elementi ancora in grado di sostenere le ragioni della nostra autonomia.

Ci auguriamo che il resto della classe politica regionale sappia guardare oltre la punta del proprio naso.

Udine, 23 luglio 2012

Il portavoce del Comitato 482
Carlo Puppo

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COM’E’ ANDATA?
L’emendamento con cui veniva cancellato nella “spending review” l’introduzione di elementi artificiosi di discriminazione tra le diverse minoranze linguistiche trattando friulano, sardo e occitano come semplici dialetti, risulta essere stato respinto dalla Commissione Bilancio.

SPENDING REVIEW: PITTONI (LEGA), SU ISTRUZIONE INCOMPETENTI

 
(ANSA) - ROMA, 30 LUG - "Se scopo della “spending review” era di tagliare gli sprechi, c'é da chiedersi quale sia il livello di competenza di chi se ne sta occupando, visto che, per esempio, sono stati cassati emendamenti importanti per mettere sotto controllo la spesa sull'istruzione, impuntandosi, per contro, su provvedimenti praticamente ininfluenti sotto il profilo economico, come quello che crea discriminazione tra le lingue minoritarie riconosciute dallo Stato, esponendo l'Amministrazione alla più che probabile condanna della Corte costituzionale". Lo dichiara il senatore leghista Mario Pittoni. (…)

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CHE COSA FARA’ ORA
LA GIUNTA REGIONALE
DI RENZO TONDO?

NOI CI AUGURIAMO CHE PRESENTI AL PIU’ PRESTO RICORSO ALLA CORTE COSTITUZIONALE, CONTRO QUESTA ARTIFICIALE E INCOSTITUZIONALE  DISCRIMINAZIONE CHE COLPISCE LA COMUNITA'  FRIULANOFONA. 

31 luglio 2012


La Redazione del Blog

venerdì 27 luglio 2012

PROVINCE: POLITICI REGIONALI BOCCIATI IN COSTITUZIONE !




Politici Regionali
BOCCIATI
in
COSTITUZIONE

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LA COSTITUZIONE ITALIANA

TITOLO V
LE REGIONI, LE PROVINCIE, I COMUNI
Art. 114.
La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione.
Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento

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STATUTO DI AUTONOMA
REGIONE
FRIULI – VENEZIA GIULIA


TITOLO II
Potestà della Regione
CAPO I
POTESTÀ LEGISLATIVA
Articolo 4

In armonia con la Costituzione, con i principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato, nonché nel rispetto degli interessi nazionali e di quelli delle altre Regioni, la Regione ha potestà legislativa nelle seguenti materie:
1) ordinamento degli Uffici e degli Enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed
economico del personale ad essi addetto;
1 bis) ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni;
OMISSIS
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CORTE COSTITUZIONALE


(...) In questa prospettiva, non può essere negato alla Regione Friuli-Venezia Giulia, nell'esercizio della sua potestà legislativa esclusiva di "ordinamento degli enti locali", il potere di valutare le esigenze di coordinamento e di esercizio integrato delle funzioni degli enti locali e di prevedere, se del caso, gli strumenti congruenti allo scopo (…)

Tale potere, peraltro, non è assoluto, l'esercizio della potestà legislativa regionale esclusiva dovendo essere, tra l'altro, "in armonia con la Costituzione, con i principî generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali".

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LA STAMPA

(…) Così il presidente Renzo Tondo, dopo aver solennemente annunciato nei mesi scorsi di voler affidare la scelta agli elettori con un referendum, improvvisamente afferma di voler eliminare le Province. La principale sfidante di Tondo, la neo-candidata del Pd Debora Serracchiani, si allinea: «Via le Province!».
Entrambi non la raccontano giusta, però, sapendo di farlo, per guadagnare consenso.
Le Province non si possono abolire, nemmeno nella nostra Regione speciale.
La Costituzione le indica come una articolazione necessaria del nostro ordinamento. Possiamo accorparle come vogliamo, ridisegnarne le competenze in modo assolutamente originale, ma cancellarle no! Ci vorrebbe infatti una modifica costituzionale. Un'illusione, ad appena 9 mesi dalla fine legislatura. (…)

Roberto Pensa – Direttore “LA VITA CATTOLICA”
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EDITORIALE
A FIRMA DI ROBERTO PENSA
DIRETTORE DEL SETTIMANALE
DELL’ARCIDIOCESI DI UDINE
LA VITA CATTOLICA
Udine, giovedì 26 luglio 2012

La preziosa eredità
di un grande friulano

Il governo Monti ha messo le carte in tavola venerdì 20 luglio: vanno tagliate le Province con meno di 350 mila abitanti e con meno di 2.500 chilometri quadrati di superficie. Tradotto sul territorio del Friuli – Venezia Giulia significa che solo la Provincia di Udine è in regola: Pordenone dovrebbe sparire e l’unica Provincia contigua con cui accorparsi è proprio Udine; Gorizia e Trieste non raggiungerebbero i criteri di Monti nemmeno unendosi tra loro.
Una seconda cosa è altrettanto chiara: il “governo dei professori” non può venire a dettar legge in casa nostra. In Friuli – Venezia Giulia l’assetto delle autonomie locali è materia riservata alla specialità regionale, nel rispetto della Costituzione.
Volendo possiamo lasciare tutto come sta. Ma non ci conviene: nel momento in cui si apre una formale vertenza con Roma per i tagli dei trasferimenti statali, meglio presentare al governo progetti di riformismo virtuoso.
Le reazioni politiche in regione? Curiose. I sondaggi dicono che la gente, nella sua furia iconoclasta contro i “privilegi” della politica, è massicciamente a favore della abolizione delle Province. Un piatto troppo ricco, a pochi mesi dal voto.
Così il presidente Renzo Tondo, dopo aver solennemente annunciato nei mesi scorsi di voler affidare la scelta agli elettori con un referendum, improvvisamente afferma di voler eliminare le Province. La principale sfidante di Tondo, la neo-candidata del Pd Debora Serracchiani, si allinea: «Via le Province!».
Entrambi non la raccontano giusta, però, sapendo di farlo, per guadagnare consenso.
Le Province non si possono abolire, nemmeno nella nostra Regione speciale.
La Costituzione le indica come una articolazione necessaria del nostro ordinamento. Possiamo accorparle come vogliamo, ridisegnarne le competenze in modo assolutamente originale, ma cancellarle no! Ci vorrebbe infatti una modifica costituzionale. Un'illusione, ad appena 9 mesi dalla fine legislatura.
Idee alternative? Nessuna, a parte quella del presidente della Provincia di Pordenone, Alessandro Ciriani, che annuncia una strenua difesa dall'«invasore» udinese sul ponte della Delizia.
Eppure un progetto alternativo c'è.  Lo lascia, come eredità preziosa, l’on. Arnaldo Baracetti.
Il suo amato Friuli gli ha dato l'estremo saluto martedì 24 luglio, non solo ricordando le pietre miliari del suo impegno politico (la legge sulla ricostruzione e quella per l'istituzione dell'Università del Friuli, la tutela della lingua friulana con la legge 482/99), ma anche il suo grande progetto incompiuto: l'unione delle province friulane e la città metropolitana di Trieste come presupposto del rilancio non solo culturale, ma anche sociale ed economico dell'intero Friuli-Venezia Giulia.
Renzo Tondo ha obiettato che in tal modo il Friuli-V.G. diventerebbe come il Trentino Alto Adige, dove la Regione non conta niente e di fatto le due Province sono delle specie di Regioni autonome. Ma tra noi e Trento-Bolzano c'è un abisso: il nostro Statuto di autonomia lascia necessariamente tutta l'attività legislativa al Consiglio e l'alta azione di indirizzo e di controllo alla giunta della Regione. E sono compiti di preminente rilievo.
Si tratta quindi, come nella visione di Baracetti, non di «spaccare» o «svuotare» la Regione (obiettivo improponibile politicamente e destinato al sicuro fallimento), ma di farla «dimagrire», spogliandola della gestione accentrata di tutte le competenze delegabili ai livelli più bassi, e portando queste, secondo i dettami dell'autonomia e della sussidiarie, ad istituzioni che siano più diretta espressione delle due componenti territoriali, Trieste e Friuli.
I due poli della regione hanno problematiche e obiettivi del tutto differenti.
La prima è una città portuale, assolutamente indifferente al suo retroterra (perfino i comuni del Carso, distanti pochi chilometri, trovano ben poca consonanza di interessi con la municipalità triestina) che ha una vocazione «terziaria», rivolta ai commerci, alla cultura, alla ricerca. La città metropolitana può essere la formula vincente in questo caso.
Il Friuli invece, pur essendo molto complesso dal punto di vista culturale e geografico, si presenta però abbastanza omogeneo sotto il profilo di uno sviluppo integrato, industriale, agricolo e delle infrastrutture.
Alla Regione rimanga quindi l'alto indirizzo di governo e la gestione diretta dei sistemi regionali indivisibili (la sanità, la manutenzione delle strade, l'istruzione...). Per tutto il resto, le due realtà così diverse hanno diritto di poter gestire autonomamente le risposte ai propri differenti bisogni.
Rimangono sul tappeto, certo, i timori di Gorizia e Pordenone di ritrovarsi vittime di un neocentralismo udinese. Ma questo accade perché si usano occhiali vecchi per guardare realtà nuove. Si pensa ad una Provincia vecchio stile che diventa più grande «mangiandosi» le altre, dove Udine è il centro e il resto diventa periferia. Invece qui si tratta di creare, applicando finalmente la nostra autonomia speciale, una realtà completamente nuova, adeguata alle esigenze della modernità.
Le tecnologie dell'informazione permettono oggi la gestione di istituzioni anche complesse con un modello «a rete», dove non c'è un sole che attrae tutto, ma una costellazione che valorizza le vocazioni territoriali.
Non è difficile immaginare una Provincia del Friuli dove, ad esempio, l'assessorato all'Industria ha sede a Pordenone, quello alla Cultura a Gorizia, quello all'Agricoltura a Udine e quello allo Sviluppo della montagna a Tolmezzo. Anche lo stesso capoluogo di Provincia (dotato solo di una snellissima sede di rappresentanza per gli incontri ufficiali e per le riunioni della giunta) può essere posto non a Udine, ma in una realtà baricentrica dal forte significato storico e simbolico (Villa Manin, Palmanova, o magari il bel borgo medievale di Valvasone per tranquillizzare il «bellicoso» Ciriani).
Questa oggi appare la proposta più logica e concreta per un riassetto istituzionale del Friuli-Venezia Giulia.
Tanto che, di fatto, viene prefigurata persino dalla «spending review» del governo Monti. E poi la «devolution» e il federalismo non erano fino a ieri i cavalli di battaglia di Pdl e Lega?
E il trasferimento delle competenze alle istituzioni più vicine ai cittadini non è stato il «verbo» del centrosinistra fin dalle «leggi Bassanini» (parliamo di oltre 20 anni fa)? Non sono state le giunte regionali di centrosinistra a creare il «comparto unico» del personale degli enti locali, proprio per facilitare il trasferimento di competenze dalla Regione agli enti territoriali?
Non a caso è una proposta propugnata da Arnaldo Baracetti. Quanto occorrerebbero oggi la sua concretezza e la sua capacità di guardare lontano! Non resta che sperare che la politica regionale ne raccolga il testimone.
roberto pensa
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mercoledì 25 luglio 2012

Il Comitât pe autonomie e rilanç dal Friûl, ingropât, al salude il Cjarissim Arnalt



Il Comitât pe Autonomie
e il rilanç dal Friûl,

“ingropât”

al salude il Cjarissim Arnalt




Cjarissim Arnalt,

Cuntune vore di marum tal cûr, nô amîs dal Comitât pe Autonomie e il rilanç dal Friûl, il to Comitât, o sin culì cunvignûts par dimostrâti il nestri ingropât salût e par diti un gracie sintût , sincîr e profont, pal tô impegn simpri salt e mai strac di lavorâ pal Friûl.

La tô vite, e je simpri stade dal dut dedicade ae comunitât tai diviers nivei di impegn public che a van, come une volte si usave, dal Consei Comunâl al Parlament, passant pe Regjon.

O ricuardin la tô azion pe ricostruzion post-taramot, il to agjî, adun a ducj i nestris parlamentârs, che in chê ete a savevin fâ scuare  cence pierdi la lôr identitât politiche, par otignî i fonts dal Stât e par dâ vite a chel virtuôs e maraveôs model di ricostruzion da ducj judicât positîf.

O ricuardin il to impegn, a fin che la ricostruzion no fos dome fisiche ma ancje ocasion di svilup.

O ricuardin il to supuart ae istituzion de Universitât dal Friûl, volude dal popul in mût ustinât, e che tu tu âs volût che nassès cuntune precise finalitât leade ae realtât furlane.

O ricuardin lis tôs iniziativis parlamentârs che daspò, concludût il to mandât a son ladis a finî te leç su lis areis di confin e te leç dal ricognossiment de lenghe furlane tant che lenghe minoritarie storiche.

Tornât tant par dîle cussì, ae vite normâl, no tu ti sês mai metût a polsâ, parcè che il ripôs nol jere di sigûr une tô carateristiche. Tu âs cjapât chel to impegn autonomist che al jere simpri dentri dite e che intun ciert moment ti à puartât, come che tu stes tu lu ricuardavis, a risolvi il vincul associatîf partitic.

Al jere il 8 di novembar dal 2005 cuant che, a front des dificoltâts de politiche nazionâl e regjonâl, cun te tant che animadôr, o vin burît fûr un apel pe autonomie e il rilanç dal Friûl.

Un an dopo o vin tignût tal salon dal cjistiel di Udin, une vore cjariât di storie, la Assemblee Costituent dal Comitât e tu tu sês stât simpri "magna pars".
O ài ancjemò denant a voi la imagjin di te che tu presentavis la soluzion finâl dai lavôrs, daspò aprovade par aclamazion, come che o ài ancjemò limpide la inmagjin dal abraç fra te e il President Napoletano in ocasion de sô penultime visite a Udin.

Dentri al Comitât tu âs dât verementri tant, cu lis tôs intuizions, cul to agjì, cu la tô capacitât di vuidâ, cul to jessi in relazion cu lis realtâts plui diferentis, cui tiei scrits.
Simpri lucit te analisis e te propueste, simpri presint a lis riunions e simpri puntuâl, anzit simpri prime. No tu sês mancjât nancje tal prin periodi de malatie, ancje se chest ti costave une vore di fadie.

Tu rivavis cuntun piçul biliet che al ti servive di olme par chel che tu vevis di dî e fâ.
No tu detavis il verp.  Tu proponevis lis cuestions che tu tignivis impuartantis.  Tu savevis, daspò scoltâ les opinions di ducj a dal confront al saltave fûr la linie che si lave daûr.

Tu âs simpri desiderât, e nô cun te, il dialic cu lis categoriis economichis, cu lis fuarcis sociâls, cul mont dal Associazionisim cun lis istituzions. Dut chest si è realizât.

Tu vevis un ricuart particolâr pe Glesie furlane.

O mi inpensi che i nestris incuintris cui Vescui de nestre diocesi, a colp tu disevis che no tu jeris un crodint ma che tu ricognossevis ae Glesie il merit di batisi pes grandis causis dal Friûl e no tu mancjavis di sburtâ l'ûs de nestre lenghe tes funzions religjosis.

Cuant che la cause dal Friûl lu domandave no tu vevis pôre dai ostacui. Tu frontavis dut e ducj. Tu jeris determinât.

Pal Friûl, tu disevis, chest e altri parcè che tu, o zonti jo, dal Friûl tu jeris inamorât e dal Friûl tu ses stât un protagonist apassionât in dutis lis batiis che, piçulis o grandis, tu âs ducj i dîs vivûts cul cûr.

La tô zornade e jere lungje e començave cu lis telefonadis di matine buinore.

Al è merit to, de tô ripetude  insistence in sede parlamentâr, se finalmentri, daspò, tante spiete, e à vût lûc la sperimentazion, cumò sierade, de trasmissions RAI in lenghe furlane.

La lenghe. Come element principâl di identitât, ti à simpri viodût a so sostegn ancje in sede regjonâl cuant che je stade fate buine la leç di valorizazion e di tutele che a spiete ancjemò une concrete aplicazion.

Tu âs simpri racomandât la concretece cun rivuart ai problemis frontâts. E chest al è rivât te numerose ativitât puartade indenant che va de Universitât ae organizazion dal teritori ae economie.

Une cuestion che ti à simpri preocupât e je chê istituzionâl. Bisugnave difindi e valorizâ la specialitât de Regjon che, tu disevis, al cjate fondament vuê ancje te pacifiche coesistence di ben trê minorancis.

Pe sistemazion de Regjon, tu zontavis, al è rivât il moment dal trasferiment des funzions aministrativis  al sisteme de autonomie .

Arnalt al crodeve intun gnûf autonomisim o, miôr ancjemò, intun autonomisim moderni che nol ponte a spacaduris dal teritori, ma al autoguvier dai teritoris in clâf aministrative, valorizant cussì le "specificitât " locâls che a son une ricjece, e no un intop al svilup.

Cuant che daspò tu ti sês batût, in mieç a dificoltâts e prejudizis, pe la costituzion de Assemblee des Provinciis Furlanis che tu tu viodevis cuâl organisim par frontâ i problemis interprovinciâi.

Tu âs simpri volût un Friûl fuart te sô identitât e mai sierât in se stes.

A ti, cussì ancje a nô, ogni tant si sintive un tic di amarece pe pocje atenzion dal moviment politic sui cantins dal autonomisim.

Ma daspò tu concludevis disint: bisugne là indenant istès. Tu sintivis l'impegn come une mission.

Nô, Arnalt, ti vin considerât simpri, come une persone impegnade te vite publiche.

Ma tu, no tu jeris dome chest.

Tu tu as vût simpri une grande sensibilitât pe tô famee : la femine che cui fîs ti è stade simpri dongje in particolâr tal timp de malatie. O ricuardi la tô preocupazion par jê cuant che no stave tant ben, e tu tu fremevis par la sô salût.

Ae famee o disin graciis par vêlu liberât di ogni compit in mût di consentîti un impegn politic cussì alt.

Ae famee o esprimin i sens dal plui profont corot da ducj i amîs dal Comitât e di ducj chei che a àn operât e colaborât.

A ti Arnalt, cun grande amicizie e stime, o disin, dal profont dal cûr il nestri "mandi".


MANDI grant autonomist furlan.


Comitât pe Autonomie e
il rilanç dal Friûl, il to Comitât

Roberto Dominici

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dal sît internet del setemanâl

LA VITA CATTOLICA