TRIESTE
CITTA'
METROPOLITANA
E
FRIULI
(PROVINCIE DI UD, PN E GO)
PROVINCIA AUTONOMA?
SI', ALLA RISTRUTTURAZIONE
DELLA REGIONE SU DUE AMBITI
FUNZIONALI E ISTITUZIONALI!!
SI', ALLA RISTRUTTURAZIONE
DELLA REGIONE SU DUE AMBITI
FUNZIONALI E ISTITUZIONALI!!
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(…) Viene
da sospettare che il problema non sia tanto la Trieste Città
Metropolitana (TCM) quanto ciò che ne conseguirebbe e cioè, come
giustamente fa presente Gianfranco D’Aronco richiamando Sergio
Cecotti, una ristrutturazione della Regione su due grandi ambiti
funzionali e istituzionali: Trieste e Friuli.
Non solo il Presidente della Provincia di Udine ma
anche numerosi circoli autonomisti e friulanisti (oltre che
triestini) hanno da tempo metabolizzato l’idea e la coniugano con
una nuova, più chiara e funzionale definizione della Regione FVG: da
una parte, appunto, la TCM e, dall’altra, una, chiamiamola per ora,
“provincia” autonoma del Friuli. Non è, quindi, una cosa nuova.
Se ne
parla da tempo. Il momento può essere o non essere opportuno ma si
tratta di una proposta seria con cui ha senso misurarsi (…)
24
settembre 2015 - Prof. Sandro Fabbro
RICEVIAMO
E PUBBLICHIAMO
Chi
ha paura di Trieste
di Sandro Fabbro (*)
Che
le iniziative del senatore triestino Francesco Russo pro “Trieste
città metropolitana” (d’ora in poi TCM) possano
creare un po’ di inquietudine nel suo partito ed anche in Consiglio
Regionale è comprensibile. Soprattutto in chi è seriamente
preoccupato per le minacce nazionali alla specialità regionale. Ma
non si può certo dar torto ad un parlamentare triestino di fare il
suo mestiere. Ciò che convince meno è il fatto che il Consiglio
Regionale ed altre istituzioni reagiscano quasi esorcizzando il
problema invece che affrontandolo e discutendolo. Viene da
sospettare che il problema non sia tanto la TCM quanto ciò che ne
conseguirebbe e cioè, come giustamente fa presente Gianfranco
D’Aronco richiamando Sergio Cecotti, una ristrutturazione della
Regione su due grandi ambiti funzionali e istituzionali: Trieste e
Friuli.
Non solo il Presidente
della Provincia di Udine ma anche numerosi circoli autonomisti e
friulanisti (oltre che triestini) hanno da tempo metabolizzato l’idea
e la coniugano con una nuova, più chiara e funzionale definizione
della Regione FVG: da una parte, appunto, la TCM e, dall’altra,
una, chiamiamola per ora, “provincia” autonoma del Friuli. Non è,
quindi, una cosa nuova. Se ne parla da tempo. Il momento
può essere o non essere opportuno ma si tratta di una
proposta seria con cui ha senso misurarsi.
Certamente
ci sono, però, delle condizioni a priori che andrebbero fissate:
- si discuta sì di TCM ma, al contempo, si discuta anche di questo nuovo Friuli inteso, propongo io, come federazione di territori. E qui la stampa locale ha certamente un ruolo fondamentale.
- il Friuli inoltre, inteso come friulani e non solo come istituzioni, non se ne stia alla finestra a guardare ma partecipi a questo confronto con una propria proposta collocata allo stesso livello di ambizioni e prospettive della TCM.
Per
cominciare a discuterne, devo dire intanto che, se le ragioni del sì
sono tutte da mettere a fuoco, le ragioni del no mi sembrano
francamente deboli: la TCM (ma,
leggasi, un diverso assetto della Regione) sarebbe contro
il policentrismo regionale delle UTI e favorirebbe la
contrapposizione (o la non cooperazione) tra Trieste ed il resto del
territorio regionale. Sono argomenti deboli perché:
- è assolutamente vero che una Regione articolata in una TCM forte ed in altre 17 UTI sarebbe squilibrata ed inaccettabile. Trieste assumerebbe nuove competenze a differenza del rimanente territorio che rimarrebbe ancorato al modello UTI. Il “policentrismo” delle UTI (ammesso che si venga a capo dei vari contenziosi in atto) rappresenta l’attuale equilibrio nella gestione del territorio regionale. Ma le UTI, come ho già avuto modo di scrivere, senza poteri e finanziamenti veri, sono, nel migliore dei casi, solo un tentativo di riorganizzazione, in area più vasta, dei servizi esistenti. Assolvono, cioè, a compiti gestionali e non di sviluppo. Accoppiare TCM da una parte e UTI dall’altra sarebbe semplicemente offensivo del resto del territorio regionale. Diventerebbe pertanto inevitabile sia pensare ad un consolidamento istituzionale del restante territorio regionale sia ripensare completamente il ruolo della Regione che dovrebbe occuparsi meno di territorio e più di grandi strategie e di internazionalizzazione. Non c’è dubbio, quindi, che la TCM innesca un effetto domino che costringe, in ultima analisi, proprio la Regione a innovare profondamente sé stessa. E’ di questo, quindi, che si sta veramente discutendo!
- TCM da una parte ed un nuovo Friuli dall’altra, non sarebbero, inoltre, per nulla contro la cooperazione infraregionale ed anche interregionale. Il mio Rettore, il prof. Alberto De Toni, in una intervista sul Piccolo di Trieste, sembra paventare questo rischio. Ma vorrei rassicurarlo. Il porto-regione da lui stesso richiamato nell’intervista, è un concetto, strategico e tecnico assieme, coniato ed elaborato in un recente libro curato da chi scrive assieme al collega M. Maresca (“FVG-Europa: Ultima Chiamata. Un Porto-Regione tra Mediterraneo e Centro Europa”, Forum, Udine, 2014) che si basa sul mettere al lavoro, in un ampio processo di cooperazione economico-territoriale, tutte le economie territoriali ma anche le istituzioni da quelle più locali fino al livello europeo, superando necessariamente, ma senza pensare di eliminarli, confini e poteri amministrativi comunali, provinciali, regionali ed anche nazionali. Il porto-regione è, quindi, semmai, proprio un grande esempio di federazione territoriale che implica forti processi di cooperazione tra Enti ed Istituzioni diversi ma fortemente autonomi e capacitati dal punto di vista strategico ed operativo.
Credo, infine, che il Friuli non debba temere la TCM
anche per ragioni più profonde. Il “modello Friuli” nato dalla
ricostruzione -e che si andrà a celebrare nel 2016 in occasione del
quarantennale del terremoto, è un grande modello di sussidiarietà
(verticale ed orizzontale), di visione strategica, di autonomia
operativa e partecipazione dal basso. Purtroppo, quel modello, come
sostengo da tempo e documenterò in un prossimo libro, è, da anni,
in forte crisi! Una prima cosa da fare per il quarantennale è,
quindi, ristudiarlo per rilanciarlo e non per obnubilarlo ancor di
più. Un Friuli che recuperi quello spirito e quelle basi concettuali
ed operative non può sentirsi minacciato dalla TCM, ma, semmai,
spronato, nel suo ruolo unico e storicamente fondato, di salvaguardia
e promozione di diversità, autonomie, identità e capacità locali
di fare e di cooperare. Al Friuli, quindi, nel segno della specialità
regionale ma anche di quel suo modello da rigenerare, il compito di
prospettare una più ampia sintesi strategica del dibattito in corso.
(*)
Sandro Fabbro, professore di
Urbanistica e Pianificazione Territoriale, è stato delegato del
Rettore Cristiana Compagno ai rapporti con il territorio. Nel 2008 ha
coordinato per l’Università, assieme al Comitato di Arnaldo
Baracetti, il Patto Università-Territori del Friuli che è stato
sottoscritto da 32 istituzioni friulane.
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L'articolo a firma del prof. Sandro Fabbro, che ringraziamo per averci autorizzati a pubblicare il suo documento sul nostro Blog, è stato pubblicato sul quotidiano il Messaggero Veneto (Ud) giovedì 24 settembre 2015 a pagina 13, con il titolo "Il Friuli sappia raccogliere la sfida"
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