giovedì 28 luglio 2011

UN CORRIDOIO PER IL RILANCIO DEL FRIULI




Messaggero Veneto

martedì 26 luglio 2011

Pagina 1 e 5

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UN CORRIDOIO

PER IL RILANCIO

DEL FRIULI VG

di SANDRO FABBRO
Università di Udine

Qualche giorno fa si è svolto un incontro piuttosto inusuale nel panorama Regionale. Presso la sede udinese di Confindustria sono state convocate, dal presidente Adriano Luci, organizzazioni diverse per compiti e missione: le varie categorie economiche, i sindacati, il Comitato per l'Au­tonomia ed il Rilancio del Friuli, l'Associazione Friuli Europa, la Camera di Commercio di Udine, la Fondazione Crup, il Rettore dell'Università di Udi­ne. Tutti insieme per discutere delle prospettive e delle oppor­tunità, per la società regionale e per il Friuli, dei nuovi scenari infrastrutturali e di trasporto post-crisi. Dopo una relazione tecnica di chi scrive, anche l'As­sessore regionale alle Infrastrut­ture e Trasporti Riccardo Riccardi ha portato un importante contributo.

In cosa consiste l'opportuni­
tà, molto concreta e per nulla campata in aria, di cui si è di­scusso? Consiste: a. in un forte potenziamento dei porti di Monfalcone e Trieste, cui si candidano investitori privati come Unicredit e Maersk - una grande banca europea ed un operatore della logistica mon­diale -, che consentirebbe di moltiplicare il movimento di container, nei porti regionali, tra i mercati del Far East e quelli tedeschi del centro Europa; b. nel fatto che i porti, e l'intero FVG, appoggiandosi ad una fer­rovia esistente come la Pontebbana ed alle sue notevoli poten­zialità di trasporto merci, verrebbe a collocarsi, in pochi an­ni, in posizione nodale tra le aree produttive del nord del Pa­ese, la grande area economica in espansione che si colloca tra Baviera e Polonia e i flussi mercantili dal e per il Far East. Cosa significa tutto ciò? Significa di­ventare un gateway di livello europeo.

L'essere gateway europeo non vuoi dire affatto, come pensano i pessimisti ad ol­tranza, essere solo terra di veloce transito di merci né, come pensa­no gli ottimisti ad oltranza, puntare solo sulle rendite di passag­gio come fossimo una grande sta­zione di servizio. Qui si tratta, in­vece, di costruire programmati­camente, nell'arco di una decina d'anni, un solido progetto regionale dalle rilevanti implicazioni economiche, dal limitato costo per le finanze pubbliche (poche centinaia di milioni per il com­pletamento delle opere) e, con le opportune cautele, dal limitato impatto ambientale: in altre pa­role, uno scenario di sviluppo fu­turo largamente "sostenibile".

Al­la condizione, tuttavia, di ricono­scere che le necessarie azioni programmatìche, economico-industriali, infrastrutturali, regolative non nascono da sole ma devo­no essere create soprattutto attraverso un forte impegno unitario della politica regionale. Il collo­carsi sui grandi flussi di merci di cui si è detto, infatti, può consen­tire, ad una buona aliquota di queste merci, di fermarsi in Friuli dando luogo a processi produtti­vi capaci di generare qui nuovo valore aggiunto e, quindi, nuove opportunità di occupazione qua­lificata, in primo luogo per i gio­vani. Ma la sola classe politica, ancorché motivata, non basta! Per fare ciò bisogna mettere al la­voro tutto il mondo economico e le classi dirigenti regionali affin­chè, quello che oggi è solo uno scenario auspicato (ancora da pochi, peraltro, perché molti neppure lo conoscono) possa di­ventare anche uno progetto con­creto rispetto al quale tutti posso­no avere qualcosa da fare: i porti, gli interporti, le zone industriali, le reti di grandi e piccole impre­se, le istituzioni, le Università con la ricerca scientifica e tecnologi­ca ecc…

Siamo però già molto tardi e decisioni fondamentali dovran­no essere prese entro poche setti­mane.

La prima decisione impor­tante è quella relativa al ricono­scimento del tracciato meridio­nale del Corridoio Adriatico-Bal­tico (di fatto la ferrovia Pontebbana) in sede di commissione euro­pea; la seconda, è quella relativa ai provvedimenti governativi (o regionali se quelli non ci saranno; ma non è la stessa cosa) per avviare, sul territorio, gli interven­ti privati sui porti di Monfalcone e Trieste (che, se non si faranno qui, troveranno altrimenti porte aperte a Capodistria!); la terza è quella relativa agli investimenti infrastrutturali per completare, in regione, le infrastrutture ferro­viarie necessarie (raddoppio del­la Cervignano-Udine, completa­mento della circonvallazione fer­roviaria di Udine, raccordi ferroviari mancanti con le grandi zo­ne industriali).

Ma il dibattito, in Friuli, su que­ste questioni è, purtroppo, debo­le se non quasi assente. La stam­pa friulana ne parla pochissimo. La classe dirigente è poco informata e forse non è neppure con­sapevole della partita che si sta giocando in questi mesi. La Re­gione se ne occupa da tempo ma in un contesto di politiche quasi settoriali (un unico Assessore de­ve, peraltro, occuparsi, allo stes­so tempo, delle rotatorie di paese e dei corridoi europei!).

La Giun­ta è distratta dalle sue turbolen­ze interne. Il Consiglio regiona­le e le forze politiche si occupa­no d'altre cose, forse più impor­tanti. Il Friuli pensa che sia una questione di Trieste. Udine, che potrebbe costituire, con la altre città regionali di terra, un pun­golo importante, è concentrata su altri eventi. Trieste piange l'ennesima perdita (quella dell'alta velocità) e, temendo di vedersi portare via da Monfalcone anche il porto, sembra contrastarne il progetto di ampliamento. Insomma, tutti gio­cano a minimizzare se non a eli­dersi a vicenda.

Stiamo cosi per­dendo una grande opportunità per una sorta di distrazione, se non di ignavia, generali! Ma qui è in gioco il senso stesso dell'esi­stenza di una Regione e per di più Autonoma! Non resta che appellarsi alla responsabilità individuale. Chi più ha potere (non solo politico) e senso di re­sponsabilità verso il futuro di questo territorio, prenda in ma­no la questione senza titubanze e senza opportunismi e la im­ponga all'agenda politico-stra­tegica di tutta la regione. Per questo la riunione dell'altro giorno, presso Confindustria di Udine, anche se ancora semina­le è un buon segno in questa di­rezione.

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Prof. Sandro Fabbro
Professore di strategie urbane e regionali
Dipartimento di Ingegneria Civile ed Architettura
Università degli Studi di Udine

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