giovedì 3 novembre 2016

REFERENDUM COSTITUZIONALE - " O CON ROMA O CON LE AUTONOMIE" DI PROF. SANDRO FABBRO


REFERENDUM COSTITUZIONALE

O con Roma
o con le Autonomie

di Prof. Sandro Fabbro


Chi ritiene che la riforma costituzionale possa dare più efficienza all’attività parlamentare ha le sue ragioni ma non credo che si possa sostenere, come fanno importanti sostenitori regionali del Sì alla riforma, che questa garantirà anche più autonomia alle regioni speciali.

Questa posizione “botte piena e moglie ubriaca” non è credibile perché, pur basandosi su una lettura attenta del “testo” di riforma trascura completamente l’analisi del “contesto” e cioè delle politiche che sono il luogo vero dell’esercizio dei poteri e della spesa pubblica.

Guardiamo a tre importanti politiche per il territorio: le infrastrutture strategiche, la protezione civile, il “governo del territorio”. Queste, nell’attuale formulazione del Titolo V della Costituzione, sono “co-decise” da Stato e Regioni ma, con la riforma del Titolo V, passano totalmente in capo allo Stato. Una grande infrastruttura di trasporto o energetica potrà essere calata, per esempio, sul territorio senza tenere conto di valutazioni ed interessi locali. La protezione civile potrà essere organizzata da Roma e potrà intervenire anche nelle ricostruzioni post-disastro (ripetendo l’esito nefasto dell’esperienza dell’Aquila, altro che Modello Friuli); perfino le regole del governo del territorio (e l’urbanistica) potranno essere decise dallo Stato con grave scacco per le autonomie locali e, in particolare, per i Comuni.

Ma, dirà qualcuno, avremo più efficienza e meno costi! Non c’è alcuna prova che le cose andranno così. Sulle infrastrutture strategiche, per esempio, tralasciando, per amor di patria, corruzione e collusioni politica-affari, lo Stato italiano ha una delle programmazioni più filo-lobbistiche e sgangherate al mondo ed è lentissimo nell’attuarla certamente per mancanza di risorse ma anche perché non è stato capace di introdurre norme vere ed efficaci di confronto con i territori, come è, ad esempio, in Francia con il “débat public”. Inoltre, il costo totale del piano nazionale per le infrastrutture strategiche (Legge “Obiettivo” del 2001) è di 383,9 md: una infrastruttura in più (o in meno) equivale spesso, quindi, a decine di volte il risparmio che si avrebbe con la riforma costituzionale.

Non guardare al contesto delle politiche e dei flussi finanziari che stanno dietro certe riforme è come fermarsi alla pagliuzza e non vedere la trave! Ma andiamo avanti.

Lo Stato non è mai riuscito, dal 1942 in poi, a rinnovare la legislazione sul governo del territorio. Aveva già tutti i poteri per introdurre quei famosi standard uniformi (che il governo vorrebbe ora introdurre anche nel turismo, nella sanità ecc.). Perché, pur potendo, non l’ha fatto? E perché mai dovrebbe fare ora ciò che non ha fatto per settant’anni?

E ancora. Lo Stato non ha mai fatto una legge per la prevenzione del territorio italiano dai rischi (e quotidianamente ci accorgiamo di quanto, invece, ce ne sarebbe bisogno). Poteva farlo, eccome! Perché non l’ha fatto?

Verrebbe da pensare che certi poteri affaristico-lobbistici preferiscano calamità con danni elevati piuttosto che prevenire e ridurre lutti e danni di quegli stessi disastri. Qualcuno dirà: d’accordo, lo Stato italiano sarà anche incapace ma le Regioni cosa hanno fatto? Le Regioni non hanno sempre fatto del loro meglio è vero! Ma, nei campi suddetti, hanno legiferato ed operato. In FVG, direi, in maniera esemplare (senza richiamare il Modello Friuli di ricostruzione, anche il Piano Urbanistico Regionale è stato, per decenni, un esempio di scuola). Se passa questa riforma, quindi, pensando che certe materie saranno sottratte al controllo dei territori e portate a Roma, c’è veramente da mettersi le mani nei capelli. Verrà meno, cioè, ogni necessario bilanciamento tra poteri diversi che, nell’interesse generale, è la premessa di maggiore trasparenza, sostenibilità ed anche efficienza delle politiche e della spesa.

Come non bastasse, per evitare che qualcosa sfugga al suo controllo, lo Stato introduce anche la “clausola di supremazia”, secondo la quale lo Stato potrà intervenire ed appropriarsi anche di materie non sue quando lo richieda “la tutela dell’unità giuridica ed economica della Repubblica” (sic!).

Conosco la facile obiezione: ma tutto questo riguarda solo le regioni ordinarie perché le speciali, con la legge di modifica costituzionale, sono protette dalla “clausola di salvaguardia” che le tutela fino alle ”intese” (con chi?) per la revisione degli Statuti! Gli apologeti locali del Sì stanno dicendo, cioè, che noi, in piena solitudine, non solo salveremo la nostra specialità ma avremo addirittura la “grande opportunità”, rivedendo lo statuto, di ampliarla. Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, in una sua recente conferenza a Udine, organizzata dall’Associazione Friuli Europa, ha sostenuto che si stratta di strumenti di difesa e peraltro precari e momentanei. Ma è evidente a tutti che, se nell’ottanta per cento del territorio italiano (nelle regioni ordinarie, cioè), si torna ad uno Stato centralista, è impensabile che un gruppetto di “speciali”, pur volenterose, siano capaci, da sole, di traguardare addirittura le nuove mete del costituzionalismo europeo. Nulla si può escludere, per carità. Ma è certamente assai più logico e probabile che, con l’accentramento di poteri contenuta nel Titolo V e con la famigerata clausola di supremazia, si determini, anche se a tappe, il ritorno di un comando e controllo statale su tutti i territori regionali.

Per cui, delle due l’una: o si sta con Roma o con le autonomie!
 
O si vota Sì, ma non si deve spacciare per grande opportunità quella che sarà la sconfitta storica del regionalismo italiano, oppure si ritiene che la marcia solitaria delle “speciali”, in un deserto neo-centralista, non è credibile e, quindi, si difende il regionalismo italiano nel suo complesso e si vota no.


PROF. SANDRO FABBRO

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Il documento a firma del Prof. Sandro Fabbro è stato pubblicato mercoledì 26 ottobre 2016 sul quotidiano IL MESSAGGERO VENETO di Udine (pagina 1 e seguito a pagina 7).

La Redazione del Blog ringrazia il Prof. Sandro Fabbro per averle concesso la pubblicazione della sua ottima analisi.
 
Il grassetto e la colorazione sono della Redazione del Blog.  

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Il Prof. Sandro Fabbro è docente presso l'Università di Udine. Dal 1995 tiene corsi di Pianificazione territoriale, di Politiche urbane e territoriali e di Tecnica Urbanistica presso i Corsi di Laurea in Ingegneria Civile ed in Ingegneria dell'Ambiente e delle Risorse e di Urbanistica presso il Corso di Laurea in Scienza dell'Architettura.

5 commenti:

  1. DA FACEBOOK “Sono speciale voto No”

    https://www.facebook.com/Sono-Speciale-VOTO-NO-1705010659749890/

    Cecotti: «Massacrati dall’ipercentralismo».

    L’ex governatore punta il dito sulla norma transitoria: «È scritta in un modo furbescamente criptico»
    «Calderoli? È... schierato per il No, e può darsi che, legittimamente, faccia propaganda».
    Sergio Cecotti preferisce concentrarsi sulle parole di Anna Finocchiaro, la senatrice Pd «impegnatissima per il Sì, e dunque non sospettabile di piegare verità e diritto per favorire le ragioni del No». Intervenendo sul caso sollevato dal senatore leghista, l'ex presidente della Regione, ricordato che a Finocchiaro, presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato, «si deve larga parte del testo sottoposto a referendum», aggiunge: «La senatrice non può sostenere a cuor leggero che in quel testo sono scritte autentiche scemenze: accuserebbe in primo luogo se stessa. Quando afferma che nella riforma vi sono criticità e contraddizioni, io la prendo tremendamente sul serio: sta parlando contro il proprio interesse». Il riferimento è al richiamo di Finocchiaro alla necessità di modifiche statutarie, con doppia lettura parlamentare, per superare l'incompatibilità consigliere regionale-senatore. «Se, Dio non voglia, prevalesse il Sì - osserva ancora Cecotti -, ci troveremmo di fronte due possibili scenari: il primo, più probabile, che non ci sia più il tempo in questa legislatura per una modifica degli statuti, e quindi le Regioni "speciali" semplicemente non sarebbero rappresentate nel nuovo Senato. Un esito devastante: nella prossima legislatura il Senato sarebbe chiamato a riscrivere gli statuti in ottemperanza alla norma transitoria del Renzi-Boschi, e lo farebbe in assenza dai rappresentanti delle stesse Regioni». Il secondo scenario, più improbabile secondo Cecotti, «è che già in questa legislatura il Parlamento riesca a modificare gli statuti speciali».
    Ma, a proposito della norma transitoria della riforma, quella che esclude le "speciali" dalle disposizioni del capo IV della "nuova" Carta «fino alla revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con Regioni e Provincie autonome», Cecotti insiste: «La norma, furbescamente criptica, vuol dire che, mentre le ordinarie vengono immediatamente castrate di ogni loro potere e funzione, per le "speciali" la "semplificazione finale" avverrà in un secondo momento.
    Quando ho affermato che con questa riforma il Veneto sarà massacrato subito e il Fvg fra due anni, forse mi sono sbagliato: l'ottima Finocchiaro pensa di modificare il nostro Statuto "sulla base di intese" già in questa legislatura, scrivendo una normetta veloce, due righe e via, giusto per permettere l'elezione dei senatori delle Regioni autonome». Il risultato? «Verremmo massacrati subito, proprio come il Veneto. Il nuovo Titolo V ipercentralista si applicherebbe immediatamente anche al Fvg, con le conseguenze drammatiche che tutti conosciamo. Peggio il “tacon del buso” - conclude Cecotti -.

    Ci resta solo una speranza: che vinca il No, ovvero che la serietà del popolo prevalga sulla cialtroneria di questa classe politica». (m.b.)

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  2. Dal quotidiano on-line FRIULI SERA.it

    http://friulisera.it/2016/11/regioni-statuto-speciale-vittoria-del-si-sara-un-mega-pasticcio-costituzionale/

    REGIONI A STATUTO SPECIALE: CON VITTORIA DEL SI SARA' UN MEGA-PASTICCIO COSTITUZIONALE

    by Fabio Folisi · 4 novembre 2016

    Mettiamo ordine nella vicenda della incompatibilità della carica di Senatore con quella di Consigliere nelle Regioni a statuto speciale.

    Diciamo che la “scoperta” della questione, attribuita strumentalmente da molta stampa a Roberto Calderoli, probabilmente nell’intento di sminuirne la portata e credibilità, è invece stata fatta in Sicilia da un comitato per il No ed era relativa allo St atuto di quella Regione. Dalla diffusione di quella notizia, in molti, noi compresi, si sono incuriositi e attivati per capire se il problema fosse relativo solo alle peculiarità siciliane o fosse presente anche in altre Regioni a statuto speciale. Il controllo è stato tutto sommato semplice, leggere lo statuto della propria Regione. Così si è visto, che pur con formulazioni lievemente diverse, la questione valeva per tutte le “speciali”. Calderoli ovviamente ha voluto intestarsi la scoperta suscitando l’immediata reazione del Pd che affannosamente ha cercato di metterci una pezza mediatica. Peccato che la risposta del partito di Renzi confermi la realtà dei fatti e soprattutto la verità che la riforma Boschi è tutt’altro che perfetta.

    Dice infatti la senatrice Anna Finocchiaro presidente della commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama: “A legislazione vigente l’incompatibilità tra le funzioni di consigliere regionale e quella di parlamentare è prevista anche per le Regioni a Statuto ordinario, non solo per quelle a Statuto speciale. Il Senato infatti non è, nella previsione attuale, organo di rappresentanza delle istituzioni territoriali come previsto invece dalla riforma e dunque non è composto da consiglieri regionali e sindaci. Se la riforma costituzionale entrerà in vigore l’incompatibilità verrà ‘spazzata via’ per i consiglieri delle Regioni a Statuto ordinario (visto che è prevista da legge ordinaria), mentre per quelli delle Regioni a Statuto speciale, per le quali l’incompatibilità è prevista dagli Statuti speciali (fonti di rango costituzionale), occorrerà una modifica degli Statuti, che avverrà con legge costituzionale su intesa con le Regioni interessate”. Insomma si conferma che il problema per le speciali “esiste” e che sarà necessario provvedere alle modifiche statutarie con i complessi passaggi costituzionali. Questo ovviamente allungherà i tempi perchè, come ammesso dalla stessa Finocchiaro, l’articolo 39 della riforma prevede la possibiltà dell’adeguamento statutario ma non può imporlo: recita infatti il comma dell’articolo 39 della riforma Boschi sull questione: “Le disposizioni di cui al capo IV della presente legge costituzionale non si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano fino alla revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le medesime Regioni e Province autonome”.

    (PRIMA PARTE)

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  3. Dal quotidiano on-line FRIULI SERA.it

    http://friulisera.it/2016/11/regioni-statuto-speciale-vittoria-del-si-sara-un-mega-pasticcio-costituzionale/

    REGIONI A STATUTO SPECIALE: CON VITTORIA DEL SI SARA' UN MEGA-PASTICCIO COSTITUZIONALE

    by Fabio Folisi · 4 novembre 2016

    (SECONDA E ULTIMA PARTE)

    E se in qualche modo è vero, come afferma la Finocchiaro che pare improbabile che il Friuli o la Sicilia rinuncino a sedere in Parlamento con i propri rappresentanti ed a esercitare i poteri conseguenti, è pur anche vero che più si legge la riforma Boschi, più questa appare appesantita nella sua operatività da una fase “transitoria” lunga e farraginosa, suscettibile di inciampi, ricorsi giudiziari ed agguati parlamentari che potrebbero mettere in forza la specialità delle regioni autonome, Insomma il dubbio che anzichè provvedere alle modifiche statutarie si imponga la tanto auspicata, da molte parti, abolizioni dei “privilegi” per quelle Regioni.

    Insomma non solo è a rischio paralisi la capacità legislativa del Paese ma qualcuno potrebbe cogliere l’occasione per “rivedere” attraverso una nuova lettura della fase “storica” la necessità di mantenere l’autonomia dei territori autonomi. Diciamo in conclusione che c’è un ragionevole rischio che i renziani, ai quali la Finocchiaro alla fine si è omologata, intendano il processo democratico parlamentare come elemento anch’esso transitorio, perchè le decisioni non si prenderanno più a Palazzo Madama o Montecitorio o nelle Regioni, ma solo a palazzo Chigi. Il resto sarà solo avvallo burocratico, perchè con un bicameralismo “imperfetto” il ruolo delle aule sarà principalmente quello di notariati nominati dal capo che in futuro potrebbe non essere democratico come Renzi.

    Al di là dalle considerazioni resta comunque il fatto che il problema dei senatori incompatibili esiste ed esisterà per mesi, sempre che, ovviamente prevalga il si al referendum, si per il quale, più ci si informa e meno viene voglia di votare.

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  4. N.B. FABIO FOLISI è il Direttore Responsabile del quotidiano on-line FRIULI SERA.

    Il documento sopra riportato (commento 2 e 3) è stato pubblicato come EDITORIALE a firma di Fabio Folisi, il 4 novembre 2016, anno 1 nr. 160 del quotidiano FRIULISERA, pagina 1 e segue a pagina 3.

    http://friulisera.it/2016/11/regioni-statuto-speciale-vittoria-del-si-sara-un-mega-pasticcio-costituzionale/

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  5. Sono d'accordo con la gran parte delle considerazioni del professor FAbbro. Ogni cittadino vede da se come sia andata la faccenda Terna/elettrodotto "a minor impatto":si arriva persino a "interpretare" e "addolcire" ex post le sentenze del Consiglio di Stato. Anche il Tagliamento non è più così sicuro, ora, solo per toccare l'aspetto più importante che abbiamo il dovere di curare e che dovrebbe stare a cuore prima di ogni altra cosa, se si rispetta questa terra: l'ambiente.

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