venerdì 12 ottobre 2012

RIFORMARE LO STATUTO DEL FRIULI - VENEZIA GIULIA di Gianfranco D'ARONCO






RIFORMARE
LO STATUTO REGIONALE

         (…) Corollario alla invocata eliminazione o restrizione delle Regioni, quella delle Province. Una curiosità. L’annunciata iniziativa è stata prestamente accolta da un governatore di Regione speciale: vedi caso un friulano, tanto per non far nomi, a suo tempo dichiaratosi non autonomista.
A tal punto da affermare che, quanto alle Province, tanto varrebbe eliminarle tutte, siano esse virtuose o dispendiose. La loro colpa sarebbe quella che sono costose e inutili. Il compenso ai loro amministratori sono in realtà cifre modeste, e il relativo risparmio risibile. I dipendenti, non potendo esser cacciati, passerebbero tutti alla Regione. E le Province sopravviverebbero con funzioni puramente “onorifiche”, come ha spiegato un importante quotidiano.(…)
Da noi dell’estremo Nord-est, San Giusto avrebbe a che fare per le vie brevi con i vari San Canzian d’Isonzo o San Giorgio della Richinvelda, e non ci sarebbe alcun santo intermediario. (…)
         Concludendo. Se il Friuli - Venezia Giulia è nato con criteri centralistici nel 1964, a immagine  e somiglianza dei ministeri romani; se in Friuli non cade foglia che Trieste non voglia, -  domani il peso dell’adriaca città risulterà raddoppiato.
A meno che non si addivenga a una riforma dello statuto, che veda da un lato una città metropolitana e all’altro un Friuli con una sua autonomia pur nell’ambito dell’unica Regione. (…).

Gianfranco D’Aronco

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ASSALTO ALLE REGIONI
di
Prof. Gianfranco D’Aronco

         Non voglio riferirmi all’indecoroso e avvilente spettacolo cui ci siamo trovati di fronte in queste ultime settimane, dopo che si è scoperchiato il vaso di Pandora di quei consiglieri regionali del Bel Paese, intenti ad approfittare, chi più chi meno, di denaro pubblico.
Tale disinvolta manovra è stata possibile perché nel 2001 si è modificato l’articolo 114 della Costituzione, che sganciava le Regioni dai controlli centrali. Pare che, nella migliore delle ipotesi, i più abbiano lasciato fare a chi aveva le mani in pasta o nel sacco, ringraziando del buon cuore.
Il lettore non è certo desideroso di scorrere un “fior da fiore” dell’abbondante materiale scandalistico fornitoci dai media.  Bonifici sospetti, peculato, malversazioni,  rimborsi a occhi chiusi, indennità di finta presenza, gettoni  miracolo, convegni fantasma, leggi ad personam, autocertificazioni, norme su misura, assunzioni di parenti e amici, regole lassiste. Il tutto dalla Lombardia al Lazio alla Sicilia (più si scende e più la valanga aumenta). A essere precisi, converrebbe correggere una buona volta la frequente espressione “costi della politica” in “costi dei politici”.
         Bei tempi gli attuali. Mi viene in mente un aneddoto, riferito da un giornalista parlamentare, Filippo Ceccarelli. A palazzo Giustiniani certe sere Enrico De Nicola, capo provvisorio dello Stato, correva a cucinarsi da solo due uova al tegame. Ma eravamo nel secolo scorso. Chiusa la parentesi.
         Stupore e indignazione generali per la scoperta di tali e tanti scandali. Sennonché, alla condanna univoca delle mani leste, si è presto insinuata un’accusa, furba ma non troppo, verso le istituzioni in oggetto.  Prima causa dei guai sarebbero le Regioni, vale a dire le vittime.
Gli è che si sono risvegliati all’improvviso i vecchi e mai domi sostenitori del centralismo, per i quali i termini come autonomismo e federalismo suonavano e suonano come attentati alla sacra unità nazionale, di cui si sono solennemente celebrati da poco i 150 anni.
Ecco le accuse e i rimedi dei nominati patrioti: colpevoli sono le Regioni, occorre dimezzarle se non proprio abolirle. Per cominciare, togliere alla Sicilia lo statuto speciale . “In Sicilia”, scrive altro opinionista, Francesco Merlo, “l’autonomia deve essere abolita per bancarotta economica, politica e morale”. Fortunatamente a livello di Governo ci sono già ragionevoli rimedi in vista o in opera: tagli ai fondi, pareggio di bilancio, riduzione delle poltrone e delle indennità, stretta ai vitalizi, scioglimento dei consigli inadempienti.
         Corollario alla invocata eliminazione o restrizione delle Regioni, quella delle Province. Una curiosità. L’annunciata iniziativa è stata prestamente accolta da un governatore di Regione speciale: vedi caso un friulano, tanto per non far nomi, a suo tempo dichiaratosi non autonomista.
A tal punto da affermare che, quanto alle Province, tanto varrebbe eliminarle tutte, siano esse virtuose o dispendiose. La loro colpa sarebbe quella che sono costose e inutili. Il compenso ai loro amministratori sono in realtà cifre modeste, e il relativo risparmio risibile. I dipendenti, non potendo esser cacciati, passerebbero tutti alla Regione. E le Province sopravviverebbero con funzioni puramente “onorifiche”, come ha spiegato un importante quotidiano. Laonde per cui tra le Regioni e il territorio, cioè i Comuni (i soli enti locali degni di esistere), il contatto sarebbe diretto.
Da noi dell’estremo Nord-est, San Giusto avrebbe a che fare per le vie brevi con i vari San Canzian d’Isonzo o San Giorgio della Richinvelda, e non ci sarebbe alcun santo intermediario. Finora le voci, le richieste, le proteste delle Province avevano ancora un certo peso nei rapporti con la Regione. Domani avranno solo quello di una targa sul portone.
         Concludendo. Se il Friuli Venezia Giulia è nato con criteri centralistici nel 1964, a immagine  e somiglianza dei ministeri romani; se in Friuli non cade foglia che Trieste non voglia, -  domani il peso dell’adriaca città risulterà raddoppiato.
A meno che non si addivenga a una riforma dello statuto, che veda da un lato una città metropolitana e all’altro un Friuli con una sua autonomia pur nell’ambito dell’unica Regione.
Per la sua lunga storia sotto le  varie dominazioni, Trieste - estranea e lontana dal corpo della regione che più non si può - ha una mentalità prettamente municipale. Dalle Rive si afferma perentoriamente che ciò che giova al porto di Trieste giova anche al passo della Mauria.
L’amministrazione della Giulia (chiamiamola pure così) si è segnalata da qualche tempo per la tendenza a “razionalizzare”, che vuol dire accentrare quanto più possibile: Aziende par l’edilizia residenziale, Enti per il diritto allo studio, Consorzi di bonifica, Agenzie del lavoro, Aziende speciali, Camere di commercio. Avanti di questo passo, di una notizia come quella recente della assegnazione  di un milione di euro per salvare il teatro Verdi dalla liquidazione coatta non giungerebbe in Friuli forse neanche l’eco.
         Ben gli sta ai friulani sottani. E’ vero che, a ogni stormir di fronde ovvero a ogni odor di elezioni, compaiono vecchi e nuovi gruppi o gruppuscoli di autonomisti. Con tutto il cuore, speriamo bene. “Gli uomini gridano”, ha scritto Gorki; “dopo essersi riposati, grideranno ancora”. Ma non parlava di noi.

Gianfranco D’Aronco
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L’articolo è stato pubblicato mercoledì 10 ottobre 2012, sul quotidiano IL MESSAGGERO VENETO (Ud), prima e terza pagina, con il titolo “Riformare lo Statuto del FVG”

1 commento:

  1. Copia/incolla dal Blog del Direttore del quotidiano il Messaggero Veneto – 12 ottobre 2012

    http://monestier-udine.blogautore.repubblica.it/2012/10/12/il-ballo-delle-societa-partecipate-e-chi-ci-guadagna/comment-page-1/#comment-2897

    "1. gianfranco scrive:

    12 ottobre 2012 alle 18:31

    @DIRETTORE
    Sul suo MV si può leggere il titolo “Il Consiglio provinciale di Gorizia costa 185 mila euro in un anno”. Bazzecole, se solo si pensa che la Regione in luglio ha stanziato ben 110 mila euro per costruire una statua del vescovo di Trieste Antonio Santin (con i voti favorevoli dei friulani filotriestini)!
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    COMMENTO:
    E poi il Consiglio regionale/Giunta regionale, hanno anche il coraggio di inventarsi una Commissione regionale per cancellare le Province !!




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