venerdì 8 settembre 2017

IL RACCONTO DI COME TRIESTE E' RIUSCITA A SCIPPARE A UDINE IL RUOLO DI CAPOLUOGO REGIONALE


IL RACCONTO
DI COME TRIESTE
E' RIUSCITA A SCIPPARE
A UDINE  IL RUOLO DI
CAPOLUOGO REGIONALE
 

Per gentile  concessione dello scrittore Roberto Meroi, che ringraziamo, pubblichiamo dal libro  "Intervista immaginaria a TIZIANO TESSITORI" (autore Roberto Meroi - edizione Designgraf  2017) il racconto di come Trieste ha scippato a Udine il ruolo di capoluogo regionale.
 
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Tratto dal libro "Intervista immaginaria a TIZIANO TESSITORI" di Roberto Meroi, da pagina 53 a pagina 57:
 
 
"Il 26 febbraio 1957, gli onorevoli democristiani Alfredo Berzanti, Silvano Baresi, Lorenzo Biasutti, Gualtiero Driussi e Guglielmo Schiratti presentarono alla Camera dei deputati una loro proposta di legge costituzionale «Statuto speciale per il Friuli-Venezia Giulia».

All'articolo 2 del titolo I si poteva leggere: «La Regione ha per capoluogo la città di Udine». Nella relazione introduttiva tale articolo veniva così commentato: «Nella scelta di Udine come sede della Regione ci si è ispirati a considerazioni di funzionalità degli uffici regionali e di comodità di accesso agli stessi da parte delle popolazioni interessate. Udine infatti verrà a trovarsi al centro del territorio regionale, distando in modo pressoché uguale dai suoi confini orientale e occidentale, settentrionale e meridionale, mentre gli altri due capoluoghi di provincia, Trieste e Gorizia sono estremamente decentrati e situati nella immediata prossimità del confine di Stato».

Il giorno prima, i democristiani pordenonesi avevano però fatto una mossa astuta andando a chiedere sostegno ai democristiani triestini.

Il 25 febbraio fu effettivamente siglato un patto di alleanza tra Trieste e Pordenone con il quale la Dc di Pordenone riconosceva che Trieste avrebbe dovuto essere la capitale della futura Regione e che alla Provincia di Trieste avrebbe dovuto essere concessa una larga autonomia amministrativa e finanziaria provinciale, con poteri legislativi. La Dc pordenonese approvò in toto la mozione sull'Ente Regione votata dal Consiglio comunale di Trieste e il pronunciamento votato nell'ultima riunione del Comitato Dc provinciale triestino.

Che cosa offriva Trieste in cambio a Pordenone?

Il testo dell'accordo firmato dal sindaco di Trieste Gianni Bartoli, dal presidente della Provincia di Trieste Ettore Gregoretti, dal segretario provinciale della Dc triestina Redento Romano, dal sindaco di Pordenone Gustavo Montini, dal vice segretario della Dc pordenonese Giuseppe Pradella e dal senatore Zefferino Tomè, ravvisava nella costituzione della nuova Provincia di Pordenone «la soluzione più idonea alla formazione di un Consiglio regionale basato sul necessario equilibrio tra le Province».

Pure il Partito comunista italiano presentò alla Camera una sua proposta di legge costituzionale «Statuto speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia» d'iniziativa dei deputati Gino Beltrame, Giancarlo Pajetta, Giovanni Battista Gianquinto, Giorgio Amendola, Francesco Giorgio Bettiol, Stellio Lozza, Giovanni Grilli e Vittorio Bardini.

La premessa della proposta legislativa comunista del 2 aprile 1957 era stimolante: «Il Friuli, ufficialmente riconosciuto come zona economicamente depressa, è costituito in gran parte da terreni poveri. Esso abbisogna di vaste ed organiche opere pubbliche che sono legate al regime delle sue acque ed al loro sfruttamento, che sono opere di irrigazione e di bonifica. Questa povertà del suolo, la cattiva distribuzione della proprietà di esso, la scarsa industrializzazione, concorrono a determinare ed aggravare il triste fenomeno dell'emigrazione, specie temporanea e stagionale, che ha così gravi conseguenze economiche e sociali per le popolazioni friulane. Inoltre all'abbandono delle zone montane e alla minaccia di spopolamento delle nostre valli alpine si accompagna oggi un diffuso fenomeno di abbandono della terra anche nelle zone di pianura da parte di lavoratori che non trovano più conveniente coltivarla. Nel campo industriale, il Friuli a causa della sua posizione di frontiera, ha sempre avuto uno sviluppo inferiore a quello delle zone contermini ma negli anni più recenti si sono avuti licenziamenti massicci in quasi tutti gli stabilimenti, accompagnati da chiusura di intieri impianti industriali. Si aggiunga che, in conseguenza della crisi serica, la bachicoltura, che rappresentava un notevole cespite per l'economia del Friuli in generale e delle famiglie contadine in particolare, è stata quasi abbandonata e si sono venute chiudendo o hanno ridotto il loro lavoro quasi tutte le filature di seta, un tempo numerose, togliendo così un'altra possibilità di occupazione e di guadagno a numerosa mano d'opera femminile. In provincia di Udine vi sono oltre 100 comuni nei quali esistono centri abitativi privi di acquedotti, mentre in altri 52 comuni si trovano centri abitati con acquedotti insufficienti. Ben 124 comuni sono privi o dotati di fognature assolutamente insufficienti. Mancano ben 900 aule per l'istruzione elementare».

Successivamente si passava al testo della proposta di legge nella quale si proponeva la zona franca per il territorio di Trieste, mentre la decisione della sede del capoluogo della Regione veniva affidata a successiva legge regionale.

I socialisti invece misero subito in chiaro le reali intenzioni in merito alla capitale regionale.

L'11 aprile 1957 il Partito socialista italiano presentò una sua proposta di legge costituzionale attinente all'istituenda Regione Friuli-Venezia Giulia: primo firmatario fu l'onorevole Vittorio Marangone, poi Giusto Tolloy, Mario Bettoli e Lucio Mario Luzzatto. Affermarono che: «Per ciò che concerne in particolare modo i peculiari interessi della economia di Trieste e del suo territorio anche la nostra proposta di statuto speciale ne contempla particolari norme di autonomo governo nel reciproco comune interesse. E non abbiamo avuto difficoltà a riconoscere la preminente capacità di Trieste ad essere la giusta capitale della Regione Friuli-Venezia Giulia, non tanto sotto un aspetto puramente geografico, ma per la sua storia che ognuno conosce, per la sua grandezza e popolosità e per la comune nostra aspirazione acché il suo porto si affermi come sblocco naturale di commerci e di traffici di tutta l'Europa centro-orientale, ravvisando in ciò uno degli elementi fondamentali di sviluppo economico dell'intera Regione».

Il dibattito proseguì nelle sedi provinciali dei partiti che elaborarono delle nuove proposte.

Il 10 luglio 1958 i comunisti Gino Beltrame, Vittorio Vidali, Raffaele Franco, Giancarlo Pajetta, Girolamo Li Causi, Renzo Laconi e Riccardo Ravagnan presentarono alla Camera dei Deputati una nuova proposta di legge costituzionale di statuto speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia. Rispetto alla loro proposta del 2 aprile 1957, praticamente nulla veniva cambiato, se non un punto fondamentale: l'articolo 2 «Tenendo conto dell'aspirazione delle popolazioni interessate noi proponiamo con l'articolo 2 che, contemporaneamente all'attuazione della Regione, venga a crearsi anche la provincia di Pordenone e che il capoluogo della costituenda Regione venga fissato nella sua città più importante, cioè a Trieste».

Lo stesso 10 luglio pure i socialisti Marangone, Bettoli, Luzzatto e Giovanni Pieraccini ripresentavano una loro proposta di legge costituzionale del tutto ricalcante la precedente dell'11 aprile 1957, con ben chiaro l'articolo 2 «La Regione ha per capoluogo la città di Trieste».

Faustino Barbina denunciò immediatamente l'inganno.
 
Barbina scrisse: «Per dieci anni il Friuli ha insistito perché fosse attuata la Costituzione che prevede la Regione Friuli-Venezia Giulia a statuto speciale con capitale a Udine. Ma i friulani si sono anche baloccati per dieci anni a discutere di statuto normale e di statuto speciale, di norma decima e di tante altre disgrazie, ed intanto i bravi amici che hanno messo tanto zelo a impedire la realizzazione della Regione, hanno lavorato pian piano, col risultato di farci trovare oggi in una situazione inversa da quella di partenza, perché l'iniziativa è passata ad altri contro di noi. Udine non deve mai, per nessun motivo, costi quel che costi, rinunciare ad essere la capitale del Friuli. Oggi, dopo aver auspicata la Regione per valorizzare il Friuli, dopo aver chiesto l'autonomia, corriamo il rischio mortale di essere fagocitati in una Regione che non ha nulla a che fare con quella che avevamo chiesto ed avevamo ottenuto. Come si sia arrivati a questa inversione di situazioni, come si sia lasciato maturare con un lento lavorio in sordina una condizione di evidente inferiorità per il Friuli non è chiaro, ma i responsabili dovranno ben rendere conto al popolo friulano del loro operato».

Il 25 giugno 1959 la Democrazia cristiana friulana presentò alla Camera una nuova proposta di legge costituzionale per lo statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia.

Sì, era a firma degli onorevoli Lorenzo Biasutti, Arnaldo Armani e Mario Toros. L'articolo 2 recitava: «La Regione comprende le circoscrizioni delle provincie di Gorizia, di Udine e dell'attuale Territorio libero di Trieste. La Regione ha per capoluogo la città di Udine». Peccato che quella proposta dei parlamentari friulani arrivasse con un giorno di ritardo rispetto a quella presentata sempre alla Camera dai deputati democristiani triestini Narciso Sciolis e Giacomo Bologna che, naturalmente, conteneva l'indicazione di Trieste capoluogo della nuova Regione. In quel testo istitutivo della Regione Friuli-Venezia Giulia, nella presentazione dei vari articoli di legge, mentre il nome di Trieste veniva ripetuto più volte, addirittura Udine e il Friuli non venivano citati nemmeno una volta!"
 
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5 commenti:

  1. Il Friuli è la quasi totalità del territorio regionale ed esprime la gran parte della popolazione regionale. Udine è il centro geografico della nuova regione ed è la capitale storica del Friuli...

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  2. E' vero che il Friuli nel 1957 era una zona depressa a forte emigrazione, ma ciò era fondamentalmente dovuto alla totale distruzione del Friuli - sia sul piano economico che urbanistico - durante la "Prima guerra mondiale" 1915-1918. Poco e nulla fece allora lo Stato italiano per ricostruire il Friuli considerato "territorio a perdere" in caso di un nuovo conflitto e dunque "territorio da non finanziare". I pochi fondi stanziati da Roma si fermarono a Venezia...

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  3. Fu il nazionalismo italiano che aveva eletto Trieste e Trento a icone dell'interventismo militare prima della Prima guerra mondiale, a imporre Trieste - con la complicità della città di Pordenone che ambiva a diventare capoluogo di provincia - nel ruolo di capoluogo di una regione voluta e ottenuta dal Friuli nel 1947 (ma senza Trieste!)....

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  4. Trieste la città più importante? Dipende dai punti di vista...

    Sul piano storico non lo è assolutamente. Cividale del Friuli, Aquileia E Udine sul piano storico sono molto più importanti di Trieste e dunque sarebbe anche ora di finirla con questo slogan triestinocentrico!

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  5. Negli stati moderni, i capoluoghi non sono quasi mai assegnati alle città più grandi, bensì a quelle più baricentriche, e Trieste è geograficamente la città più eccentrica di tutta la regione!

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