domenica 7 giugno 2015

UN CONTADO CHIAMATO FRIULI di Prof. Gianfranco D'Aronco


 
UN CONTADO

CHIAMATO FRIULI
 
del Prof.
 
Gianfranco D'Aronco



Il libro "Un contado chiamato Friuli"
del prof. Gianfranco D'Aronco
 
edito da “LaNuovabaseEditrice",  maggio 2015
 
è stato presentato venerdì 5 giugno alle ore 17.30 a Palazzo Belgrado a Udine (Palazzo della Provincia)

 
 
Dal quotidiano

IL MESSAGGERO VENETO (Ud)




(…)

DOMANDA -  Per il professore  (Gianfranco D'Aronco n.d.r.) si doveva arrivare a due realtà separate: Trieste e Friuli. E' riproponibile un discorso del genere?

Risposta di Sergio Cecotti

«Si riformano la struttura dello Stato e il sistema delle autonomie locali, ma nessuno parla di una riforma della Regione, se non nel senso di cancellarla. E si tratta della cosa più necessaria e urgente: la Regione funziona peggio dei Comuni, e rischia di diventare il fattore di ritardo del Friuli Venezia Giulia rispetto al resto d'Europa. All'interno della riforma va affrontato il nodo irrisolto del rapporto tra i territori costitutivi, facendo ricorso a una fantasia istituzionale da Regione speciale, non alla copiatura di istituti pensati per risolvere altri problemi, in altre situazioni, per altro "ordinarie"».


DOMANDA - Per D'Aronco è stato tradito uno Statuto che impegnava la Regione al massimo decentramento. E oggi spira un vento neocentralistico romano.

Risposta di Sergio Cecotti
 
«Il neocentralismo romano rafforza la regola: "decentro rogne e problemi che non so risolvere, mi tengo poteri e funzioni che creano lustro e consenso".

La Regione Friuli Venezia Giulia è ligia alle regole: ha decentrato quando si è trovata in difficoltà o temeva di non farcela, vedi il post terremoto. E' andata bene così, almeno quella volta».

DOMANDA - L'abolizione delle Province rappresenta un ulteriore attentato al federalismo, dice D'Aronco. Concorda?

 Risposta di Sergio Cecotti
 
«Ricordo il dibattito tra D'Aronco e Pasolini sulle Province di Udine e Pordenone. Pasolini, ma non D'Aronco, era favorevole alla riforma, purché a valle dell'istituzione della Regione Autonoma Friuli. Allo stesso modo io sono favorevole al superamento di un modello ottocentesco di organizzazione territoriale basato sul rapporto gerarchico tra capoluogo e "contado". Si tratta di una relazione sociologica città–campagna da tempo fuori dalla realtà storica, e fattore di ritardo istituzionale. Però, come Pasolini, penso che l'eliminazione delle Province doveva seguire una riforma costituzionale della Regione capace di dare una soluzione moderna al problema del rapporto tra le componenti territoriali».


Luciano Santin

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4 commenti:

  1. Il Prof. Gianfranco D'Aronco è il Presidente onorario del Comitato per l'autonomia e il rilancio del Friuli.

    Complimenti Prof. D'Aronco!

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  2. Dal sito internet del Messaggero Veneto (Ud)

    articolo a firma di Simonetta D'Este

    6 giugno 2015

    http://ricerca.gelocal.it/messaggeroveneto/archivio/messaggeroveneto/2015/06/06/nazionale-cecotti-un-movimento-friulano-anticentralista-52.html


    È stata l'occasione per affrontare il tema dell'autonomia della Regione, dell'identità del Friuli e per discutere in parte anche della riforma degli enti locali, ma soprattutto ieri sera a palazzo Belgrado è stato presentato il libro di Gianfranco D'Aronco (friulanista e critico letterario) dal titolo "Un contado chiamato Friuli".

    All'evento hanno partecipato moltissime persone, anche il sindaco di Udine Furio Honsell, che si è seduto tra gli uditori, ma sopratutto il presidente della Provincia Pietro Fontanini, monsignor Duilio Corgnali e Sergio Cecotti, assieme all'editore del libro Vittorio Zanon (La Nuova Base) e al presidente della Fondazione Crup Lionello D'Agostini.

    Il testo raccoglie 33 scritti di D'Aronco - che ha preso la parola per ultimo chiudendo l'intervento con un «diamo a Trieste quello che è di Trieste e al Friuli ciò che è del Friuli» -, pubblicati dal 2009 al 2014.

    «Questa raccolta - ha spiegato l'editore - ha il significato culturale e sociale di tenere alto il dibattito su cosa e dove vogliamo portare il Friuli. Si tratta di articoli mirati su una problematica che fa discutere e soffrire e che ci dà soddisfazione, ma anche un contributo per mantenere viva la testimonianza sulla storia del Friuli».

    Il presidente Fontanini, poi, è intervenuto in friulano e ha affrontato subito l'attualità: «Ciò che mi preoccupa è che la Regione ha approvato la suddivisione del territorio in 18 Uti, diciassette in Friuli e una a Trieste. Significa che il Friuli subirà una trasformazione e rischia il frazionamento con solamente Udine a tenere alta la bandiera, mentre il capoluogo giuliano resterà intatto. Non c'è solo Trieste in questa regione. Cerchiamo di salvare l'anima e il corpo del Friuli».

    «I 18 pezzi in cui si vuole smembrare il territorio - dice monsignor Corgnali - è l'inizio del disfacimento dell'unità strategica del Friuli. Il contado rimarrà contado, e stupisce che i friulani non si accorgano di questo. E che non si muovano i sindaci».

    «Questo è il momento propizio per una nuova fase politica - ha dichiarato Sergio Cecotti –. La situazione in cui ci troviamo è grave, ma può essere il catalizzatore di un nuovo inizio, di un movimento politico del popolo friulano. Nemmeno i centralisti stanno messi molto bene, comandano, ma in realtà i luoghi del potere romano si stanno lacerando. C'è lo spazio per chi volesse riproporre un discorso serio, perché non credo di essere l'unico a non sentirmi rappresentato oggi. Le contraddizioni dello Stato e i gruppi di potere stanno creando una finestra di opportunità, ma bisogna approfittarne». «Se avessi 20, 30 anni di meno accoglierei questa occasione - ha aggiunto Cecotti -. I sindaci sono molti, ma credo possano esistere 20, 30 primi cittadini che possano essere il lievito di questo movimento, i catalizzatori. Poi il rischio è che arrivi il rottamatore dei rottamatori e avrà il pallino in mano».

    «Non sono riuscito - ha quindi concluso D'Aronco -, se non in minima parte, a incidere nei politici responsabili della realizzazione di una regione che avevamo sognato autonoma da San Marco e San Giusto ed è ora invece ridotta a mezzadria. Quando c'è stato qualche friulano al vertice regionale non poté contare su solidarietà del consiglio per far prevalere la volontà della maggioranza, è mancato un supporto adeguato della nostra gente che non fa sentire la propria voce. Dobbiamo riprendere a combattere, perché siamo nel giusto. Occorre rivedere lo Statuto regionale e riformare l'assetto istituzionale. Diamo a Trieste quello che è di Trieste e al Friuli ciò che è del Friuli».

    SIMONETTA D'ESTE
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  3. Dall'intervista a Sergio Cecotti, pubblicata nel Post:

    DOMANDA - D'Aronco fustiga la sottanità, che gli sembra parte del dna friulano...

    RISPOSTA DI SERGIO CECOTTI - «Opportunismo e ignavia sono iscritti nei cromosomi dell'umanità, non dei friulani, e gli immuni sono pochi. Laicamente, prendiamo atto di questo dato e pieghiamolo a nostro vantaggio. Si può fare».
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    Commento della Redazione del Blog:

    E' innegabile che il popolo friulano ha nel suo DNA anche il ribellismo e lo ha dimostrato in molti momenti della sua millenaria storia. In tempi più vicini a noi, senza voler ricordare la guerra partigiana che ha una sua storia ben distinta da quella del resto dell'Italia del Nord, nel secondo dopoguerra lo ha dimostrato nelle sue battaglie contro la mezzadria, contro le servitù militari, nella grande battaglia per l'istituzione dell'università friulana e nella difesa della lingua friulana. E anche nella grande battaglia di Tessitori e di D'Aronco per impedire che il Friuli diventasse "veneto".

    Senza la battaglia dei Friulani in difesa della propria lingua non ci sarebbe stata la legge statale 482/99 che dà attuazione all'art. 6 della Costituzione italiana. E la stessa ricostruzione del Friuli terremotato è figlia del ribellismo friulano che ha rifiutato le proposte degli urbanisti arrivati in Friuli "a dare consigli" e ha "IMPOSTO" che il SUO Friuli fosse ricostruito "dov'era e com'era".

    E senza l'Avv. Tessitori e l'allora giovane Prof. D'Aronco, il Friuli oggi sarebbe una anonima provincia della Regione Veneto.

    Poi è indubbio, come denuncia anche il Prof. D'Aronco, che anche il Friuli ha i suoi "bastian contrario", gli ignavi e gli opportunisti, ma il problema principale del Friuli di oggi si chiama piuttosto "classe dirigente": vedremo di risolvere anche questo problema.

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  4. LA RISPOSTA DI CECOTTI

    Approfitto del Blog dal Comitât pe Autonomie e pal rilanç dal Friûl per ringraziare Sergio Cecotti, per le sue lucide analisi. Credo che tutti i friulani gli debbano gratitudine, sia per i ruoli istituzionali svolti, sia per i contributi per lo sviluppo di un Friuli autentico e autonomo che continua a dare. Personalmente e specialmente lo voglio ringraziare per una chiara e autorevole riposta data nell’intervista del Messaggero Veneto curata da Luciano Santin. La domanda era: “L’abolizione delle Province rappresenta un ulteriore attentato al federalismo, dice D’Aronco. Concorda?”.

    La domanda, come congegnata, contiene già uno svarione. Le province costituiscono l’intelaiatura degli stati centralisti (come la Francia cui s’ispira l’articolazione italiana in via di dismissione) non è certo un’istituzione degli stati federali. Per essere chiari non ci sono province in Austria, Germania, Svizzera e gli enti intermedi, rispettivamente Distretti (Bezirke), Circondari (Kreise) e Distretti sono, appunto, federazioni di comuni, con perimetrazioni (più compatte e omogenee) e strutture molto diverse dalle province italiane. Basti pensare al rapporto non gerarchico tra città e territorio (ricordato nell’intervista).

    Il professore, comunque, non si è fatto fuorviare e ha dato l’unica risposta che può dare chi è, al contempo, veramente autonomista e conosce le articolazioni amministrative degli stati federali: “…Allo stesso modo io sono favorevole al superamento di un modello ottocentesco di organizzazione territoriale basato sul rapporto gerarchico tra capoluogo e “contado”. Si tratta di una relazione sociologica città-campagna da tempo fuori dalla realtà storica, e fattore di ritardo istituzionale.”

    Deo gratias! Per anni, basandomi sulle informazioni raccolte sul campo durante soggiorni di lavoro all’estero, ho cercato di far conoscere le differenze tra le articolazioni amministrative centraliste e quelle federaliste. Più volte ho avuto l’impressione che queste differenze fossero del tutto sconosciute, anche da chi per lavoro o ruolo istituzionale le avrebbe dovuto conoscere in modo approfondito. Mi conforta non poco sapere di essere stato, ante litteram e seppure fuori scala, sulla linea del professor Cecotti.

    Infine mi associo a quanti ritengono ancora e più che mai indispensabile il contributo di Cecotti. Professore, l’età non conta, contano intelligenza, competenza, passione, onestà intellettuale: prenda Lei la guida di quanti hanno a cuore la sorte di questa regione!

    Ubaldo Muzzatti
    Cordenons

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