domenica 24 maggio 2015

PRIMA GUERRA MONDIALE IN FRIULI: NIENTE DA CELEBRARE!

 
24 maggio 2015

PRIMA GUERRA MONDIALE 
IN FRIULI
 
NIENTE DA CELEBRARE!
 
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Dal sito internet del settimanale
dell'Arcidiocesi di Udine
LA VITA CATTOLICA


 
NIENTE DA CELEBRARE
 
di Duilio Corgnali
 
 
"Editoriale" pubblicato giovedì 21 maggio 2015 sul settimanale "La Vita Cattolica", pagina 1 e seguito a pagina 7
 

 
 
 
"Qualcuno vorrebbe si celebrasse il 24 maggio quale anniversario dell’entrata in guerra dell’Italia in quella che vien detta comunemente «la grande guerra», ma che il papa Benedetto XV definì allora «inutile strage». Quest’anno ricorrono i cento anni di quel tragico evento. Se celebrare significa, come spiegava F. Petrarca nel 1374, «lodare pubblicamente con parole e scritti», quell’evento di cento anni fa non può essere celebrato, semmai del tutto esecrato.
 
(...) Fu una grande «strage»: 70 milioni di uomini mobilizzati per la guerra, 9 milioni di soldati e 7 milioni di civili uccisi, 21 milioni di feriti e migliaia di orfani di guerra.
Se il fronte della guerra contava 600 chilometri, il Friuli fu il palco centrale di questo spettrale teatro.
 
Invaso dall’esercito italiano prima, da quello austriaco dopo, il Friuli fu la regione che più pagò il fio di questa «inutile strage». Non soltanto 15 mila i caduti friulani, 5 mila gli invalidi, il 2 per cento della popolazione gli orfani di guerra, ma anche il 21 per cento dei friulani costretti a prendere la strada dell’esodo, ma anche il 55 per cento della superficie agraria inutilizzabile, ma anche l’industrializzazione riportata indietro di trent’anni. Nel 1921 in provincia di Udine si contavano 58.981 disoccupati, cioè il 20 per cento dei disoccupati di tutta Italia. Distrutta l’industria, compromessa l’agricoltura, perduto il patrimonio zootecnico, distrutte molte case, il Friuli piombò in una marginalità socio-economica e culturale da cui potè uscire soltanto dopo il terremoto del 1976.

Quella guerra, iniziata il 28 luglio del 1914 ebbe termine soltanto l’11 novembre 1918, dopo aver fatto scorrere fiumi di sangue. «Umanità e ragionevolezza», richieste dal Papa per scongiurare quei fiumi, furono sotterrate da irragionevoli interessi di parte e di pochi. Sulle trincee furono mandati anche i giovani di 18 anni a irrobustire la carneficina.(...)
 
La Prima guerra mondiale è stata dunque una tremenda calamità per il Friuli, e non solo. Quella guerra, detta anche «guerra nostra» fu combattuta soprattutto sul territorio friulano.(...)
 
Ma proprio in nome della «veritas» e della «pietas» si deve dire che quel 24 maggio di cento anni fa non ha nulla da «celebrare».
 
Quel giorno va certo ricordato, perché la memoria è e deve essere il grembo del futuro.
 
Una memoria dunque depurata da ogni tentazione edulcorante, da ogni brivido di esaltazione idiota, da ogni retorica stolida, una memoria invece densa di tutta la tragicità che quell’evento ha comportato soprattutto per il popolo, in particolare per il popolo friulano.

Dunque, per favore, nessuna celebrazione per quel giorno. Memoria e riflessione sulle conseguenze tragiche di quella guerra sì e rimpianto anche per le tante giovani vite sacrificate in nome di una guerra assurda.(...)
 
 
Duilio Corgnali
 
22 maggio 2015
 
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Dal sito internet

www.portalenordest.it


SEZIONE "CONOSCERE"
 
 
 
 
LA PRIMA GUERRA MONDIALE
 
   

"Non è questa la sede adatta per studiare la prima guerra mondiale sotto il profilo politico e militare, anche perché il Friuli non ebbe voce in capitolo se non come vittima di una guerra decisa da altri per interessi che gli erano estranei e contrari. Contrari, vogliamo dire, al popolo, non certo a pochi interventisti immigrati dal Friuli orientale o da Trieste, che avevano in Udine la loro base operativa, nel Giornale di Udine, diretto da dalmata Isidoro Furlani, il loro portavoce e fra i borghesi di città i loro simpatizzanti.
 
Estranei agli interessi di un popolo che aveva solo bisogno di posti di lavoro, non di "spallate" sull'Isonzo, e che seppe pagare "per Trento e Trieste" un tributo di sangue e di danni morali e materiali che trova forse riscontro solo in qualche regione francese, non certo in altre regioni italiane.
   
In questa storia friulana vista dall'interno, dobbiamo rispondere solo alla seguente domanda: quale fu il prezzo pagato dai Friulani per partecipare alla prima guerra mondiale?
   
La grande guerra cominciò indirettamente per il popolo friulano nell'agosto del 1914, quando ottantamila emigranti furono costretti a rientrare dalla Germania, dall'Austria e dall'Ungheria con mesi di anticipo rispetto al ciclo normale di lavoro.
   
Ciò significò, in pratica, che molte famiglie si trovarono a dover sfamare una bocca in più, con un reddito più basso delle annate precedenti e in un periodo di prezzi crescenti. La situazione era già pesante nella tarda estate del 1914, sicché l'Ufficio Provinciale del Lavoro di Udine propose al Governo di accelerare l'esecuzione dei lavori pubblici già progettati nei vari comuni del Friuli ma non ottenne grandi risultati.

Nel febbraio del 1915, secondo i dati di una meticolosa indagine eseguita dal citato Ufficio, c'erano in Friuli 83.575 emigranti, dei quali 57.191 disoccupati. A giudizio dei rilevatori la situazione era "grave" nei collegi elettorali di Pordenone, Spilimbergo, Tolmezzo, Gemona-Tarcento e San Daniele; "difficile" nel collegio di Udine. (Da La Patria del Friuli del 2 maggio 1915).

La Cassa Depositi e Prestiti concesse mutui sufficienti per finanziare poco più della metà dei lavoro pubblici progettati, che erano già di per sé insufficienti per dar lavoro a tutti i disoccupati. Evidentemente il governo non aveva intenzione di impegnarsi a fondo in costruzioni che dovevano sorgere proprio su uno dei più sanguinosi campi di battaglia dell'immane conflitto.

A nulla valsero i comizi socialisti, le manifestazioni di piazza, le petizioni: la guerra si avvicinava ormai a grandi passi e avrebbe dato un fucile in mano a tutti i disoccupati.

A partire dal 24 maggio 1915 l'Esercito italiano raggiunse rapidamente la tragica linea della guerra di posizione sulle Alpi Carniche e Giulie e lungo l'Isonzo. Nel frattempo venivano deportati molti preti del Friuli orientale in base alla semplice presunzione che sarebbero potuti essere "austriacanti", e sulla piazza di Villesse vennero fucilati alcuni civili sospettati di sabotaggio. In Carnia furono "sgomberati" interi paesi per zelo poliziesco del tutto ingiustificato.

Su questa linea fino all'ottobre del '17, e sul Piave fino al 4 novembre 1918, i Friulani seppero bere fino in fondo l'amarissimo calice del sacrificio. Il battaglione Val Natisone fu l'unico a non avere disertori e in Carnia duecento donne, molte delle quali erano ancora adolescenti, portarono a mano o sul dorso migliaia e migliaia di pesantissimi proiettili in prima linea.
 
A guerra finita rimarranno quattordicimila orfani a testimoniare, accanto a migliaia di feriti e mutilati, il tributo dei Friulani a quella che Benedetto XV definì "inutile strage" (Rimarrà anche il record assoluto e relativo delle medaglie d'oro e delle altre decorazioni).

Bisognerebbe ancora dire che il numero degli orfani di guerra della provincia di Udine può essere scomposto come segue:
  • - figli orfani di contadini 6.903
  • - figli orfani di operai 6.025
  • - figli orfani di industriali e commercianti 182
  • - figli orfani di professionisti 262
(Dati ricavati da una comunicazione del Prefetto di Udine al ministero dell'interno, pubblicati da Il Lavoratore Friulano del 20 febbraio 1921).

Giovanni della Porta scrive che, fra il 24 maggio 1915 e il 27 ottobre 1917, la Città di Udine subì 68 incursioni aeree e sette bombardamenti. Le bombe caddero il 20 agosto e il 19 novembre 1915; il 19 gennaio, il 16 maggio e il 29 giugno 1916; il 31 maggio e il 25 ottobre 1917 (Archivio di Stato di Udine, busta 11).

Ma la guerra, per quanto sanguinosa e lunga, non avrebbe avuto il potere di distruggere il sistema economico regionale, se non ci fosse stata la ritirata di Caporetto, la fuga di 134.816 persone e l'invasione del Friuli ad opera di un esercito letteralmente affamato e assetato di bottino.

I profughi attribuirono alla fuga il valore di prova della loro superiore "italianità" ed accusarono i rimasti di collaborazione con il nemico, ritenendoli anche responsabili di furti commessi in realtà dagli invasori. È vero, invece, che non pochi profughi fuggirono per paura del nemico, dipinto come crudelissimo dalla stampa, perché incoraggiati alla fuga dalle autorità militari italiane oppure per spirito di gregge. Ed è altrettanto vero che i rimasti seppero difendere il difendibile e porre un argine alla fame austro-tedesca anche a vantaggio dei profughi.

Il danno maggiore non fu tuttavia demografico e psicologico: fu economico.

La grande guerra ebbe l'effetto di distruggere (letteralmente) il sistema economico friulano, determinando un insanabile ritardo della nostra regione nei confronti di altre regioni settentrionali, le cui industrie avevano tratto enorme profitto proprio dalle commesse militari e dall'economia bellica.

In un libro intitolato: L'industria nella Provincia di Udine, pubblicato dall'editore Giuffré per una collana diretta dal prof. Francesco Vito, si legge: "...il valore delle industrie friulane alla fine del 1918 é stimato pari al 14.3% del valore di quelle esistenti alla fine del 1917". Secondo il Tessitori, autore di uno splendido saggio intitolato: "II Friuli alla fine della guerra 1915-18", pubblicato su "Memorie storiche forogiuliesi 1967-68", "le distruzioni furono tali da riportare il settore industriale ad un livello di capacita produttiva inferiore a quello di trenta anni prima e da costringere a ricominciare tutto da capo, vale a dire dalla creazione dei presupposti primari per una ripresa industriale".
 
Il Parmeggiani, fine, nella pubblicazione più volte citata, scrive: "Quando infatti nel 1927 si poté fare finalmente il punto sulla nostra situazione industriale complessiva, si constatò che, praticamente, non s'era arrivati molto al di sopra del livello già raggiunto nel periodo antebellico".

Non sono naturalmente compresi nel conto i danni subiti dalle case private, dagli edifici pubblici, dalle strade e dalle ferrovie, ma anche tali beni subirono danni spaventosi.

   
Gaetano Salvemini, nel suo Le origini del Fascismo in Italia, scrive: "Le zone adiacenti al vecchio confine austro-ungarico, che erano state il teatro delle operazioni militari, erano in uno stato di rovina: 163.000 case di abitazione, 435 municipi, 255 ospedali, 1156 edifici scolastici, 1000 chiese, 1222 cimiteri erano stati distrutti o danneggiati; 80 imprese di bonifica agraria interessanti un'area di 120.000 ettari erano andate in rovina; 350 chilometri di strade erano fuori uso...".
   
Questi dati si riferiscono a tutte le zone adiacenti al vecchio confine, e quindi anche al Trentino, al Cadore e a una piccola parte del Veneto, ma é certo che per la metà circa riguardavano il Friuli.

L'agricoltura, infine, aveva perso quasi tutto il bestiame, molte infrastrutture, un anno intero di raccolti. Complessivamente, secondo i dati stimati dall'ispettore agricolo provinciale di Udine, pubblicati dal Giornale di Udine del 2 giugno 1918, l'agricoltura delle zone invase aveva subìto danni per un miliardo di lire dell'epoca. Il Friuli, essendo la zona più estesamente coltivata fra quelle invase, subì non meno della metà del danno complessivo.

A. BATTISTELLA, Il Comune di Udine durante l'anno dell'occupazione nemica, Udine 1927.
G. DEL BIANCO, La guerra e il Friuli, vol. 3, Udine 1952.
HORVATH-MAYERHOFER, L'Amministrazione militare austro-ungarica dall'ottobre 1917 al novembre 1918, (traduzione di una tesi di laurea dell'Università di Vienna), a cura di Arturo Toso, Udine 1985.
G. PIETRA, Gli esodi in Italia durante la guerra mondiale, Roma 1939”

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2 commenti:

  1. Inutile ovviamente aggiungere che lo Stato italiano al popolo friulano non riservò nessun "FONDO PER IL FRIULI" (come poi fece invece per Trieste e Gorizia dopo la Seconda guerra mondiale!) ma solo l'autorizzazione ad emigrare all'estero...

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  2. E dei pochi fondi concessi da Roma per la ricostruzione del Friuli letteralmente distrutto, quanti si fermarono a Venezia e non arrivarono in Friuli?

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