martedì 1 luglio 2014

CONFERENZA STAMPA: IN REGIONE SERVE UNA RIVOLUZIONE CULTURALE PER LA LINGUA FRIULANA




L’associazionismo
militante friulano unito:

in Regione serve
una rivoluzione culturale
per la lingua friulana


VINARS 27 DI JUGN

CONFERENCE STAMPE

Palaç de Regjon
Udin

dal sît del Comitât 482

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E je ore di dâsi une dreçade!

 
Urge un rilancio

delle politiche regionali

per la lingua friulana

 
Trascorso ormai un anno dall’insediamento della nuova Giunta regionale guidata da Debora Serracchiani e alla vigilia della discussione in Consiglio regionale sulle variazioni di bilancio – uno dei momenti cardine per valutare concretamente gli indirizzi e le priorità dell’Amministrazione regionale – riteniamo utile, ancor prima che doverosa, un’analisi sulle politiche per la lingua friulana attuate fino a oggi dall’esecutivo regionale.

Politiche linguistiche: un passo avanti e cinque di lato

Per quanto sia giusto riconoscere che, relativamente alle politiche linguistiche per il friulano, l’attuale Amministrazione regionale ha ricevuto una difficile eredità dalla Giunta precedente, a oltre un anno di distanza dal suo insediamento, riteniamo che la maggior parte delle azioni intraprese vadano attribuite tanto in positivo, quanto in negativo alle scelte operate liberamente del governo regionale in carica.

Un passo avanti nel dare attuazione alla legge regionale 29/2007 è stato fatto in aprile grazie all’approvazione da parte della Giunta del regolamento per la certificazione linguistica, strumento indispensabile per garantire la qualità dei servizi linguistici offerti dal personale in servizio nelle amministrazioni pubbliche e nelle scuole. Vi sono però altri strumenti previsti dalla legge che rimangono ancora lettera morta.

Il più importante è senza ombra di dubbio il Piano Generale di Politica Linguistica, documento di programmazione quinquennale che fissa le priorità d’intervento per lo sviluppo e la promozione della lingua friulana.

Durante la precedente legislatura non era stato predisposto alcun Piano, mentre l’attuale Giunta, dopo aver sollecitato una revisione della bozza proposta dalla precedente dirigenza dell’Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane, da oltre un mese ha ricevuto il nuovo documento elaborato dall’ARLeF, ma non sembra avere fretta di approvarlo. La mancanza di tale documento blocca inoltre la predisposizione dei Piani con le priorità d’intervento per raggiungere gli obiettivi annuali e dei Piani Speciali di Politica Linguistica quinquennali che dovrebbero essere sviluppati dai singoli enti e dai concessionari di servizi pubblici. Ciò significa che per il momento la programmazione delle politiche linguistiche per il friulano rimane bloccata.

Se una valutazione attenta del documento è doverosa, sarebbe estremamente grave se a bloccarlo non fosse questo scrupolo, ma – come alcune indiscrezioni suggeriscono – l’indisponibilità a garantirne la copertura finanziaria, tanto più quando si consideri il “pragmatismo” evidenziato dal Piano anche sul fronte degli investimenti: si parla infatti delle basi necessarie per una politica seria, non certo di “libro dei sogni”. In tal modo, inoltre, si frustrano anche i segnali di dinamismo mostrati in questi mesi dalla nuova dirigenza dell’ARLeF e si rischia di annullare, di conseguenza, i riflessi positivi che ne derivano per la stessa Giunta regionale.

L’attuale esecutivo prosegue inoltre la pessima abitudine inaugurata dalla Giunta Tondo di non presentare in Consiglio regionale la relazione annuale sui progressi nell’attuazione della legge 29/2007.

Per ora, infatti, non è trapelata alcuna informazione sulla relazione per il 2013 così da offrire il fondato sospetto che tale documento non sia nemmeno mai stato redatto.

Istruzione: il plurilinguismo che ci manca

Una realtà naturalmente multilingue come il Friuli - Venezia Giulia offre anche sul piano degli apprendimenti e degli insegnamenti linguistici un enorme vantaggio competitivo che fino ad ora è stato esplorato solo marginalmente e in forma sperimentale (approccio CLIL o uso veicolare delle lingue in materie non linguistiche) quando invece dovrebbe diventare il principio cardine di tutte le scuole della regione con una presenza curricolare delle nostre lingue. Si creerebbero così dei veri “cittadini europei”, coscienti della propria identità ma anche aperti alle diversità, facilitati nell’apprendimento di altre lingue.

La strada da percorrere dovrebbe quindi essere quella dell’acquisizione di riconoscimenti istituzionali, competenze e risorse adeguate per intraprendere tale percorso. In parole povere l’assunzione da parte della Regione di competenze primarie in tale ambito. Purtroppo, se escludiamo pochi accenni da parte di alcuni esponenti della maggioranza, non ci risulta che l’Amministrazione regionale intenda intraprendere tale percorso.

Un cambiamento così radicale non può certo sostenersi sull’insegnamento curricolare della lingua friulana nelle scuole dell’obbligo così come previsto dalla legge regionale 29/2007 la cui introduzione è stata avviata solamente con l’anno scolastico 2012-2013 e in maniera parziale considerato che per le scuole secondarie di primo grado si procede ancora con il precedente sistema “a progetto”. A rendere l’applicazione della legge alquanto problematica contribuiscono poi, per fare alcuni esempi, la mancanza di una formazione sistematica per gli insegnanti di/in friulano e il loro giusto riconoscimento professionale attraverso la creazione di un’apposita classe di concorso come accade per quanti insegnano altre lingue.

Per quanto riguarda la formazione, una funzione primaria dovrebbe spettare all’Università degli studi di Udine. In questi ultimi anni ci si trova purtroppo di fronte a due fenomeni convergenti che non contribuiscono certo allo sviluppo di tale funzione: da un lato la riduzione/azzeramento delle risorse attribuite all’ateneo friulano per la lingua, dall’altro il disinteresse sempre più marcato della dirigenza dell’Università di Udine nei confronti dei destini della lingua e delle funzioni che la sua stesse legge istitutiva le attribuiva in proposito.

È chiaro tuttavia che, in mancanza di nuove competenze e di risorse adeguate, la Regione può fare abbastanza poco in tale ambito. Può e dovrebbe però impegnarsi politicamente per muoversi in tale direzione.

Nel frattempo la Commissione per la valutazione dello stato di applicazione dell’insegnamento e dell’uso della lingua friulana nelle istituzioni scolastiche ha concluso la sua analisi sull’andamento dell’attuazione della 29/2007 nelle scuole e rivolto all’Amministrazione regionale una decina di raccomandazioni che non possiamo non condividere.

Si va dalla necessità di “opportune modifiche ed integrazioni al Regolamento” per l’insegnamento della lingua friulana alla richiesta di “svolgere una stabile attività di consulenza nei confronti delle scuole e degli insegnanti”, dal “mettere in atto un piano di formazione continua in entrata e in servizio quale sostegno al miglioramento dell’insegnamento del friulano” allo sviluppo e alla distribuzione “a tutti gli studenti di lingua friulana di testi scolastici in concordanza con i piani scolastici e con le nuove conoscenze pedagogico-didattiche”.

La risposta dell’esecutivo a queste proposte d’intervento, per quanto ne sappiamo, deve ancora arrivare.

I media in friulano: non omologati, non allineati e… penalizzati

In una società come la nostra, per la vitalità di una lingua è fondamentale la sua presenza normale e paritaria anche nei mezzi di comunicazione: televisione, radio, carta stampata, settore digitale. La presenza di media in lingua propria è anche garanzia di una maggiore attenzione per le notizie locali e un presidio importante di democrazia oltre che di occupazione e di pluralismo informativo. È fondamentale allora non solo mantenere, ma piuttosto rafforzare i media attivi in tale ambito partendo da quanti hanno dimostrato in questi anni di essere in grado di offrire con continuità produzioni di qualità.

Per quanto si è visto fino ad ora, la Giunta regionale non condivide affatto questa visione. Ne fanno fede le decisioni e gli atteggiamenti palesati in questo primo anno di attività. Per quanto riguarda la carta stampata l’unica costante in questi anni è stata la mancanza da parte della Regione di una strategia chiara di valorizzazione del friulano. Le risorse hanno subito percorsi altalenanti, anche se generalmente in discesa, e spesso senza quella continuità che è fondamentale per la buona riuscita di un mezzo di comunicazione. Ne sono testimoni le vicende di due realtà molto diverse tra di loro – il mensile La Patrie dal Friûl e il quindicinale Il Diari – ma non per questo meno emblematiche per capire quanto poco importino alla politica regionale le sorti del giornalismo scritto in lingua friulana.

Le politiche per il settore radiotelevisivo però sono ancor più rivelatrici di questo disinteresse, che fa a pugni tra l’altro con la levata di scudi più che compatta da parte della Giunta e del Consiglio regionale in difesa della sede regionale della RAI del Friuli – Venezia Giulia.

Se è vero che con la finanziaria 2014 sono stati reintrodotti dei fondi per il settore radiotelevisivo in lingua friulana, è altrettanto vero che la decisione di suddividere tali risorse per il 90% alle televisioni e per il 10% alle radio significa penalizzare proprio chi più e meglio utilizza il friulano nella propria programmazione. Una scelta che fa il paio con il primo atto di “politica linguistica” per il friulano attuato lo scorso anno dall’Amministrazione regionale e rappresentato da una modifica alla legge 29/2007 che ripropone i meccanismi fallimentari previsti per il settore televisivo dalla precedente legge regionale annullando il peso dei produttori indipendenti.

La “logica” di tali decisioni penalizza dunque proprio i mezzi di comunicazione che più e meglio hanno lavorato in questi anni con e per la lingua friulana.

Non si è tenuto conto della qualità del servizio offerto, né della continuità del lavoro fatto e nemmeno delle professionalità impegnate.

Per assumere queste decisioni non sono stati ascoltati quanti in questi anni, con o senza fondi, hanno mantenuto in vita i media in lingua friulana e, a quanto ci risulta, nemmeno l’ARLeF. Si tratta di scelte che mettono di fronte a due opzioni: o chi le ha fatte non conosce minimamente il settore su cui interviene oppure, se fatte con piena coscienza della situazione, vogliono penalizzare i mezzi di comunicazione in friulano che in questi anni hanno dimostrato di continuare a operare in maniera non omologata e non allineata.

Così, nel mentre quanti fanno quotidianamente “servizio pubblico” in friulano vengono messi in ginocchio, Giunta e Consiglio non esitano a invocare la lingua friulana tra le ragioni per mantenere l’autonomia di una sede regionale RAI in cui tg e gr fanno capo direttamente a Roma e da cui il friulano rimane bandito.

Amministrazioni locali, associazionismo e cultura: tra criticità e immobilismo

La recente delibera della Giunta regionale che interviene sull’assegnazione delle (scarsissime) risorse statali per il friulano attribuite dal Governo italiano al Friuli – Venezia Giulia propone purtroppo la stessa mancanza di analisi della qualità del servizio, della continuità del lavoro e delle professionalità impegnate già segnalata parlando dei media in friulano.

Si eliminano, infatti, tutte le risorse per la cartellonistica e per la comunicazione istituzionale in lingua friulana interrompendo così percorsi positivi avviati in questi anni per concentrare tutti i fondi sugli sportelli linguistici degli enti pubblici, per altro con una scelta di assegnazione territoriale fatta a tavolino che rischia di cancellare esperienze positive e di premiare invece realtà in cui le attività di sportello linguistico non hanno prodotto i risultati sperati.

Viene inoltre confermato l’azzeramento dei fondi per la Biblioteca Civica “Joppi” di Udine deciso dalla precedente Amministrazione bloccando i percorsi di valorizzazione della lingua friulana avviati da tale istituzione in cui, tra l’altro, si conservano alcuni tra i principali monumenti della letteratura friulana.

Sul fronte dell’associazionismo, pur apprezzando la scelta attuata con la finanziaria 2014 di invertire il percorso di tagli lineari introdotto dalla Giunta Tondo per i soggetti ritenuti di primaria importanza per la promozione della lingua friulana, non si può non notare come manchi ancora un sistema chiaro nell’attribuzione di tali risorse così da evitare poi spiacevoli strumentalizzazioni da parte dei detrattori di ogni sforzo di politica linguistica per il friulano. Enti e associazioni, coscienti delle proprie capacità e della qualità del proprio lavoro, sono i primi a volere criteri trasparenti ed oggettivi di assegnazione dei fondi.

Va inoltre notato come, mentre la stessa politica regionale tende spesso a considerare la lingua friulana uno dei tanti componenti della “cultura del Friuli – Venezia Giulia” e non come una componente della vita quotidiana di centinaia di migliaia di cittadini che vivono in questa regione (attraversando cultura, ma anche lavoro, istruzione, salute, informazione, divertimento, ecc.), ci troviamo ancora di fronte a situazioni come quella riproposta dai bandi regionali per l’organizzazione di festival ed eventi culturali in cui, tra le ragioni di esclusione delle domande, troviamo la valorizzazione delle lingue minoritarie! Se su scala internazionale si utilizza il termine “discriminazione positiva” per indicare le politiche di “favore” nei confronti delle realtà minorizzate – siano esse linguistiche, etniche, religiose, di genere o altro – in questo caso il Friuli – Venezia Giulia mette in luce invece un comportamento sì di discriminazione, ma per nulla positiva…
 

Autonomia, specialità e lingua friulana: vonde ipocrisie!

Le “riforme” in discussione a Roma, i crescenti attacchi alle autonomie speciali evidenziati ed enfatizzati dalla stampa, le recenti vicissitudini dell’Ufficio Scolastico Regionale e della sede regionale della RAI sono tutti segnali dei rischi sempre più concreti che minacciano la specialità del Friuli – Venezia Giulia.

Da anni ripetiamo che, una volta analizzate con rigore le varie ragioni solitamente addotte per giustificare il mantenimento dell’autonomia speciale, l’unica a resistere è la presenza ancora maggioritaria in Friuli – Venezia Giulia di comunità che parlano una lingua propria diversa da quella statale.

Motivazione che, per altro, è alla base anche delle principali tra le autonomie “regionali” europee: dalle isole Åland alla Comunità Autonoma Basca, dalla Corsica al Galles…

La Provincia di Trento, pur con poche migliaia di ladini e ancor meno cimbri e mocheni, lo ha capito da tempo e si è mossa di conseguenza.

In Friuli – Venezia Giulia dopo improbabili richiami a confini che non sono più quelli di un tempo, a fantomatiche “piattaforme logistiche” e a opinabili virtù amministrative, si comincia a ragionare sul tema. Non è un caso che i richiami a friulano e sloveno (un po’ meno al tedesco) abbiano cominciato a moltiplicarsi sia con riferimento alle vicende dell’USR e della sede regionale della RAI, sia in occasioni solenni come il cinquantenario della prima seduta del Consiglio regionale.

È nostro dovere ribadire che proprio la pluralità linguistica e nazionale del Friuli – Venezia Giulia può costituire la base per difenderne e rilanciarne la specialità, ma dobbiamo essere altrettanto chiari sul fatto che richiami e proclami su friulano, sloveno e tedesco non sostanziati poi dai fatti sono pura e semplice ipocrisia.

La manifestazione più chiara di tale ipocrisia è certificata, nero su bianco, anche nella finanziaria 2014 dove per il friulano si investe appena lo 0,02% del bilancio regionale. Un dato umiliante se confrontato con quello di altre comunità autonome europee che fanno della loro lingua propria fonte e bandiera di autogoverno.

La recente adesione del Consiglio regionale alla rete europea per la promozione della diversità linguistica (NPLD) – decisione che non si può non guardare con favore – dovrebbe per altro evidenziare ancora di più questa discrepanza tra dichiarazioni d’intenti e fatti concreti. La coerenza impone un maggiore attivismo sul piano delle politiche linguistiche e un sostegno economico adeguato a tali politiche.

Non si dica, per piacere, che è tutta colpa della crisi, dei tagli ai trasferimenti dello Stato centrale o del Patto di stabilità perché per la lingua friulana la “crisi” c’è sempre stata: c’è sempre qualcosa di più importante o di più urgente da fare, c’è sempre qualche ragione par tagliare, ridurre o rinviare.

Un primo passo per invertire la rotta potrebbe arrivare dall’approvazione in tempi rapidi del Piano Generale di Politica Linguistica e dalla sua completa copertura finanziaria attraverso le variazioni di bilancio (permettendo così di superare l’inqualificabile 0,02% per la lingua friulana), accompagnati da una consultazione e da un coordinamento costante della Giunta regionale con l’ARLeF quando si tratta di assumere decisioni relative alla lingua friulana.

Un primo passo per nulla rivoluzionario, cui deve seguire però un cambio di mentalità significativo che permetta non solo di garantire i diritti linguistici di friulani, sloveni e germanofoni del Friuli – Venezia Giulia, ma anche di rendere il nostro patrimonio linguistico, culturale e identitario una marcia in più per tutta la regione. Per farlo mettiamo a disposizione, ancora una volta, le nostre forze, le nostre conoscenze e le esperienze maturate in anni di battaglie e di impegno quotidiano per la lingua friulana e per i diritti linguistici dei friulani (ma anche di sloveni e tedeschi del Friuli).

Sapranno la Giunta e il Consiglio regionale accettare la nostra disponibilità e intraprendere il percorso per una Regione che sia davvero autonoma e speciale?

Udin/Udine 27.06.2014



Comitât - Odbor - Komitaat - Comitato 482
il portavoce Carlo Puppo

Union Scritôrs Furlans
il presidente Renzo Balzan

Società Filologica Friulana
il presidente Federico Vicario

Serling soc. coop.
il presidente Alessandro Carrozzo

Radio Onde Furlane
il direttore Mauro Missana

Ladins dal Friûl, mensile
il direttore Renzo Balzan

La Vita Cattolica, settimanale
il direttore Roberto Pensa

La Patrie dal Friûl, mensile
il direttore Andrea Valcic

KappaVu, casa editrice
la responsabile Alessandra Kersevan

Istituto “Achille Tellini”
il presidente Luigi Geromet

Informazione Friulana soc. coop.
il presidente Paolo Cantarutti

Il Diari, quindicinale
il direttore Mauro Tosoni

Comitato per l’autonomia e il rilancio del Friuli
il presidente Paolo Fontanelli

Clape di culture Patrie dal Friûl
il presidente Romano Michelotti

CLAAP (Centri di Linguistiche Aplicade “Agnul Pitane”)
il presidente Luca Peresson

Associazione Glesie Furlane
il presidente Giovanni Pietro Biasatti

Associazione Colonos
il direttore Federico Rossi
 
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Tabele dade fûr ae stampe
 
 
 
 
 

2 commenti:

  1. La tabella allegata al Post si commenta da sola!

    La Regione Friuli- Venezia - Giulia, per la politica linguistica di tutela della maggioranza linguistica regionale friulana, minoranza linguistica riconosciuta dallo Stato italiano ai sensi degli art. 3 e 6 della Costituzione italiana, impegna ben (sic!) 2,4 - 2,6 euro a testa per ogni friulanofono!

    E c'è pure chi osa stra-parlare di MILIONI sprecati per la tutela della lingua friulana....

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  2. Quanti consiglieri regionali e capigruppo erano presenti alla conferenza stampa?

    Potete pure nascondere la mani dietro la schiena perché non servono a contare i presenti.....

    C'era la RAI Ts, che ha anche messo in onda un servizio durante il TG delle 14, ossia quello meno ascoltato. La sera , durante il TG delle 19.30..... nemmeno un secondo RAI Ts ha dedicato a questa conferenza stampa di forte denuncia.....

    Servono commenti?

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