già docente di Didattica delle Lingue Moderne, Università di Udine
Leggo su Il Piccolo del 19 settembre scorso , edizione di Trieste, l’articolo Due Università, un solo futuro, in cui Lei, giornalista professionista e docente di Teoria e Tecnica del Linguaggio Giornalistico alla Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Trieste, consapevole dello stato gravissimo in cui si trovano gli atenei italiani in conseguenza dei tagli tremontiani e gelminiani , avanza la sua diagnosi dei mali dell’università e propone la sua terapia. La diagnosi si incentra grossolanamente su tre aspetti: a) la voragine della finanza pubblica;b) il consumo eccessivo e sconsiderato delle risorse da parte degli atenei;c) la resistenza anche da parte dei due sistemi universitari regionali verso forme di razionalizzazione e di riorganizzazione.
Cerco di affrontare brevemente i tre punti.
Circa il primo , se è vero che da troppo tempo l’alta formazione e la ricerca non rientrano tra le priorità dei governi , raramente la scure dei tagli o dei sottofinanziamenti si è abbattuta in maniera così drastica su tutto il sistema educativo e culturale del paese. La crisi non investe invece i finanziamenti per la difesa, per le infrastrutture ( anche quelle inutili ), per i grandi eventi , le spese di rappresentanza ,ecc. Un giornalista deve dare queste informazioni all’opinione pubblica! E queste scelte riguardano il governo centrale e il governo regionale.
Circa il secondo punto che Ella esemplifica soprattutto nella duplicazione inutile dei corsi di laurea le ricordo soltanto due casi che ho seguito come componente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati. Il primo è relativo al Corso di Laurea in Conservazione dei Beni Culturali. Nel corso del dibattito e dell’approvazione del piano di sviluppo dell’università del 1991, l’allora Ministro Ruberti propose alla commissione di accettare la trasformazione del corso di Udine – unico in Italia – in Facoltà purché l’Università rinunciasse all’istituzione di una Facoltà di Lettere . Dopo un rapido consulto con gli organismi accademici udinesi , riuscii a bocciare la proposta. Da dove era giunta tale proposta? In quella stessa sede furono allora introdotti i primi diplomi di laurea e furono istituiti ben 18 diplomi in conservazione dei beni culturali , uno dei quali a Trieste!
Nella legge n.341/90 “ Riforma degli ordinamenti didattici universitari “ che all’art.3 prevede l’istituzione , cito ,di uno specifico corso di laurea, articolato in due indirizzi, preordinato alla formazione culturale e professionale degli insegnanti, rispettivamente, della scuola materna e della scuola elementare .E’ vero che, sperimentalmente, la legge prevedeva di attivare un corso in ogni capoluogo di regione ma , nella fase applicativa, l’Università di Udine col sostegno del Consorzio Universitario del Friuli, predispose uno studio accurato sui bisogni formativi degli insegnanti della Regione FVG, candidandosi ad accogliere l’istituenda Facoltà di Scienze della Formazione e l’accensione della Scuola di Specializzazione (SSISS ) . Come finì? Anche Trieste volle e ottenne la sua Facoltà.
Circa il terzo punto, l’Università di Udine ha già provveduto a razionalizzare il razionalizzabile ma , come Ella sa e non dice , soffre di un gravissimo ,decennale sottofinanziamento mentre Trieste che certamente si trova in serie difficoltà, è tra quelle che in questi anni è stata sovrafinanziata. L’idea poi che Ella rilancia di dar vita ad una Fondazione quale panacea per il risanamento e lo sviluppo di un’alta formazione e di una ricerca di grande qualità, se guardiamo al clima politico e alla propensione della finanza e dell’industria ad investire nel settore, mi pare davvero ingenua , o peggio, strumentale. Analizzando le delibere regionali per il finanziamento alle università non mi pare che i criteri adottati siano lungimiranti e cioè quelli del merito , dell’eccellenza dei progetti congiunti, della valorizzazione dei giovani talenti. Mi pare che rispondano piuttosto alle logiche della ricerca del consenso e delle alleanze politiche . In quanto alle salutari iniezioni di risorse da parte del mondo imprenditoriale, sinora esse sono giunte col contagocce . Speriamo che in futuro vi siano maggiori investimenti senza che si debba necessariamente pensare alla creazione di un nuovo “ contenitore” che finirebbe per condizionare gravemente la libertà della ricerca.
Brave Silvana! Ben sunadis!
RispondiEliminaLa letare vierte e je stade publicade vuê ancje sul cuindicinâl IL NUOVO.
RispondiEliminaIl Piccolo di Trieste....al pâr, al contrari, no vêle mai publicade!