lunedì 24 novembre 2014

REGIONE - RIFORMA ENTI LOCALI - "AREE METROPOLITANE? PERCHE' NO? TRIESTE E LE ALTRE" DI GIORGIO CAVALLO



REGIONE

RIFORMA ENTI LOCALI

"SPECIALE"

SOLO TRIESTE?

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Aree metropolitane?

Perché no? Trieste e le altre.


di GIORGIO CAVALLO


In questi giorni a Trieste ci si azzanna per la definizione di una specificità legislativa da introdurre nella legge di riforma delle autonomie locali in  discussione nel Consiglio Regionale del F-VG.

L'obiettivo è quello di far approvare una forma più o meno palese di città metropolitana con poteri diversificati rispetto alle Unioni Intercomunali previste dalla legge e in grado comunque di evitare una soppressione delle identità comunali delle località esterne alla città di Trieste fortemente caratterizzate dalla presenza della minoranza slovena.

Sono in ballo soprattutto le volontà di mantenere alcune funzioni attualmente in capo alla Provincia e trasferire poteri di governo dell'economia e dello sviluppo, come ad esempio quelli connessi alla portualità ed alla EZIT (ente Zona Industriale di Trieste), ad un soggetto istituzionale territoriale particolare.

Per motivi politici la questione Trieste troverà soluzione in sede di approvazione della legge di “riforma” da parte del Consiglio Regionale.

Ma questo, a mio parere, apre una questione più ampia che per coerenza dovrebbe ugualmente trovare risposta. Perché Udine, Pordenone e Monfalcone, che pure hanno caratteristiche di sistemi urbani, non possono usufruire di uno strumento istituzionale analogo, magari graduato per le diverse realtà, che faccia carico al sistema urbano stesso di poteri particolari di governo ed al tempo stesso non reprima le soggettività delle aree esterne alla città che ne integrano la funzionalità di centro ordinatore di un modello di sviluppo territoriale?

Sia chiaro, questo ragionamento non ha nulla a che vedere con il conflitto eterno che contrappone Trieste al Friuli, a partire dal forzato matrimonio imposto dalla Costituzione, ma è una indicazione di modernizzazione che prende atto di un quadro insediativo profondamente mutato negli ultimi cinquanta anni.

Mi pare che giorni fa alcune caute prospettive in questa direzione siano state avanzate dai sindaci di Udine e Pordenone. Peraltro immediatamente zittite dal quadro politico troppo preoccupato di non scatenare il malcontento di una pluralità di sindaci a rischio coinvolgimento con la paura di essere divorati dal pesce più grosso ed anche per la difficoltà di aggiustare una legge già piena di buchi e di difficile conduzione.

Ma il tema esiste. E da un bel po' di anni.

Se il governo dei sistemi urbani costituisce un momento specifico di interpretazione della realtà non riconducibile unicamente alla efficienza ed al risparmio nella fornitura di servizi ma elemento essenziale di rafforzamento della competitività dei territori, limitarsi ad esaudire la legittima aspettativa della città immediata dell'Impero mi pare sia un errore.

Forse qualcuno non si è ancora accorto che attualmente le piattaforme insediative e logistiche di Udine e Pordenone non solo sono gli assi portanti del sistema economico e produttivo regionale su cui comunque puntare per affrontare la crisi, ma hanno anche numeri paragonabili e probabilmente superiori a quelli di Trieste.

Infine non va dimenticato che il Decreto Legislativo 2 gennaio 1997 n.9 che definisce le norme di attuazione dello Statuto Speciale di autonomia in materia di Enti Locali e relative Circoscrizioni è ancora in vigore e non è da buttare via. Usiamolo fin che siamo in tempo.

 
Giorgio Cavallo
 

Udine 18 novembre 2014
 
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Il documento a firma di Giorgio Cavallo è stato pubblicato giovedì 20 novembre 2014 sul quotidiano dell'Arcidiocesi di Udine LA VITA CATTOLICA, con il significativo titolo di “SPECIALE SOLO TRIESTE?”
 
 

3 commenti:

  1. La politica regionale più che mai triestinocentrica, continua a considerare Trieste e il suo porto, il centro economico, turistico, culturale, scientifico di una regione che invece ha il suo centro in Friuli, nelle città di Udine e Pordenone.

    Quando i politici eletti in Friuli la smetteranno di farsi condizionare dagli interessi triestini?

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  2. A me pare che quanto prevede il
    "D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 - Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali" su aree e città metropolitane sia ragionevole. Di conseguenza rilevo che queste caratteristiche a TRIESTE e intorno ad essa proprio non ci sono. Paradossalmente sono più presenti a Udine e a Pordenone. Riporto gli articoli inerenti:
    "Articolo 22 Aree metropolitane
    1. Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di … e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attivita' economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonche' alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali".
    "Articolo 23 Citta' metropolitane
    1. Nelle aree metropolitane di cui all'articolo 22, il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguita' territoriale e da rapporti di stretta integrazione in ordine all'attivita' economica, ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali, alle relazioni sociali e culturali possono costituirsi in citta' metropolitane ad ordinamento differenziato".
    Resto convinto che la soluzione sia sempre quella in vigore ngli sati federali ovvero l'impostazione "renano-danubbiana" che dà riconoscimento al fatto, ineludibile, che le città e i paesi del territorio hanno struttura, caratteristiche, esigenze e problematiche diverse e che, quindi, devono essere gestite da enti distinti. In soldoni: Gorizia, Pordenone, Trieste e Udine dovrebbero essere "città statutarie". Come lo sono Klagenfurt e Villach e, anche Bolzano. Ovvero ambiti amministrativi autonomi mono-comune. A cui affiancare, con le medesime prerogative amministrative, gli Ambiti territoriali, costituiti da comuni realmente uniti da contiguita' territoriale e da rapporti di stretta integrazione in ordine all'attivita' economica, ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali, alle relazioni sociali e culturali. Prevedendo poi "ope legis" la possibilità di costituire “Unioni di Unioni” o “Convenzioni di scopo” per la gestione di materie di comune interesse a due o più Unioni/Ambiti, mediante un processo naturale di aggregazione ascendente, da preferire alla ripartizione in sub-ambiti calata dall’alto. La prima delle quali (almeno per noi) dovrà essere la "Unione delle Unioni e dei Comuni friulani"...

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  3. Lo sviluppo del porto di Trieste non è lo sviluppo dell'intera regione e meno che mai del Friuli, ossia l'80% dell'intera regione amministrativa Friuli - Venezia Giulia.

    Continuare, come fa la politica regionale, a considerare il porto triestino e la stessa Trieste il perno dello sviluppo regionale significa non voler prendere atto della realtà economica, sociale, culturale, linguistica di questa regione che ha al centro il Friuli e non Trieste.

    E' il Friuli il perno economico e turistico della nostra regione: quando la politica regionale ne prenderà atto?

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