venerdì 30 settembre 2011

IL FRIULI E IL CENTRALISMO CAMUFFATO DI RENZO TONDO





Ma Tondo dove vuole andare a parare col centralismo camuffato da risposta alla crisi ?


La Giunta regionale annuncia che la gestione accentrata degli Enti Fiera a Trieste è ineludibile, e questo dopo che il Friuli ha già perso la Fiera dell’Innovazione.
Dopo l’annuncio che gli interporti del Nord Italia si riorganizzeranno a sistema per meglio concorrere con il Nord-Europa, ci si chiede perchè il più sacrificato interporto d’Italia cioè Cervignano, malgrado le promesse e quanto già investito, non figura nella recente mappa interporti del sottosegretario Giachino. Interporto che si è bloccato  a circa cinquanta posti di lavoro, nel mentre gli altri interporti del Nord-Est, Padova, Bologna, Verona hanno messo assieme circa ventimila addetti. 

Poi si mette Kosic  a comunicare che unificare le Unità Sanitarie locali a Trieste è ineludibile. Pure abolire le provincie e concentrare le loro funzioni a Trieste, contro l’ipotesi di un livello di governo unitario del Friuli condotto dalle provincie, si cerca di far diventare ineludibile. Trieste del resto ha sempre praticato tranquillamente la politica del “divide et impera” verso il Friuli. Si dice anche  che, per l’Università di Udine, l’unificazione a Trieste è ineludibile. Anche la Ricerca che conta è già concentrata a Trieste in modo ineludibile.

Per le questioni che interessano il Friuli, invece tutto è eludibile.

 Ad  esempio  non si pensa  a realizzare la percorribilità della dorsale logistica tra le aree portanti dell’ economia regionale, da Gorizia a Udine e a Pordenone, men  che meno a strutturare il sostegno alla lingua friulana in rispetto a leggi di dignità costituzionale. Camber è li in Commissione cultura, gran regista della lotta alla cultura e identità unitarie dei friulani da Roma a Pordenone centro, che si beve cento De Anna e Molinaro alla volta. Poi chissà che manovre, per arrestare il  corridoio Adriatico Baltico, e il conseguente Terminal portuale a Monfalcone facendo inseguire ai partiti la chimera inventata da De Michelis,  del Corridoio 5.
Progetto che ormai è stato  giustiziato dalle iniziative austriache dei tunnel del Koralm e del Semmering, dalla severa presa di posizione dell’ AD di Trenitalia Moretti sull’ argomento, e da una crisi che certo non permette di scialare denari.

Un quotidiano del Nord-Est  ci spiega addirittura che in Friuli ci sono percentuali tra le più elevate di  impiego pubblico in Italia, dimenticando che è Trieste che alza decisamente la media, per cui le percentuali  di impiego pubblico medio nelle tre provincie friulane - togliendo la quota della Difesa Nazionale - è a livelli normali.
Non si sottolinea che il problema vero è quanto è sinergica la Pubblica Amministrazione con i problemi dello sviluppo, della competitività e la qualità della vita civile. Ad esempio in Trentino –Alto Adige la PA è sicuramente propulsiva e crea valore aggiunto.

La Giunta regionale però, con quattro assessori triestini più il triestino di seconda mano Tondo, continua ad accentrare centri direzionali, aggravando la già assurda situazione del settore pubblico nella città, mentre agli elettori si spiega che privato è bello. E da questo ambientino come non poteva uscire una proposta di legge per abolire l’ERDISU. La pasionaria triestina Rosolen, che a tempo perso coltiva udienza  al filosofo negazionista prussiano Nolte, fa registrare l’ennesima iniziativa centralistica verso  un ente che si occupa di studenti a Udine, colpevole solo di funzionare come si deve, al contrario dell’ omonimo ente dell’ Università di Trieste. Guai a chi cerca di frenare l’allargamento dei  monopoli pubblici nella “capitale regionale”. Da qui il contrasto permanente  a importanti strutture del nostro territorio friulano e della nostra peculiare cultura, da parte di quanti a Trieste, camuffati nei vari partiti specialmente della maggioranza, continuano a spingere il progetto  meloniano  di supremazia, che affascina la città, sotto lo sguardo complice di Tondo che si preoccupa solo del consenso dei  vari Camber, Antonioni, Rosolen  e dell’ex  fautore del Grande Veneto,  Gottardo. Gente sempre coerente coi loro veti a intralciare quanto ha qualche riferimento con lo sviluppo del Friuli.
Tra l’altro nessuno ritiene che una città così assistita, come la qualifica Menia, rappresenti il luogo adatto a  coltivare quell’efficienza di stampo industriale che renderebbe la regione più competitiva, che più che altro rimane forse un riferimento per la qualità della vita. Il pastone ragioneristico  presentato il 27 di Settembre dal Presidente della Giunta regionale, come traccia del percorso di fine legislatura, è l’ennesima riconferma di quanto affermato.

Cosa pensano gli eletti dai friulani a rappresentare i nostri interessi, su veti e indirizzi estranei che devono continuare a subire? Rimane un mistero, ma la stabilità di non poche maggioranze si basa sul mantenimento dei  privilegi della casta. Ci fu perfino  un senatore friulano  che divenne Presidente del porto di Trieste  per la sua connivenza.
Possibile che  i vari amministratori regionali partitici, non comprendano che restituire  al Friuli la sua naturale centralità, sia la migliore strada da battere contro il declino che incombe sul Friuli e sulla  Regione?

Giancarlo Castellarin - Roberta Michieli

27 settembre 2011


Lettera pubblicata sulla Rubrica "Giornale Aperto", settimanale "LA VITA CATTOLICA" dell'Arcidiocesi di Udine  - venerdì 30 settembre 2011 - con il titolo "Tagli ineludibili? Solo per il Friuli".

mercoledì 28 settembre 2011

SCUOLA - L'NSEGNAMENTO DEL FRIULANO


SCUOLA - L’INSEGNAMENTO DEL FRIULANO
Ci saremmo aspettati per tempo iniziative di infor­mazione e di sensibilizzazione sull'intero piano ap­plicativo di sistema per l'insegnamento della lin­gua friulana, in coerenza con la legislazione nazio­nale. Non è comprensibile il ritardo nell'avviare a regime un'istruzione base del friulano e garantirla ugualmente e celermente a tutti quanti la richiedo­no da tempo. Ritardarne ulteriormente la messa a punto potrebbe evidenzia­re una graduazione ingiu­stificata tra minoranze e distanziare tutele che do­vrebbero oramai essere garantite su un piano di sostanziale parità.
Chiediamo indicazioni co­erenti ed esaustive sui siti istituzionali, da parte di chi è delegato a "promuo­vere la qualità del proces­so di insegnamento, sia per l'innalzamento degli indici di apprendimento delle dodici lìngue di mi­noranza riconosciute dal­la Legge 482/99 e sia, in prospettiva di un riconoscimento della formazio­ne di qualità già attuata sul territorio"; che si met­tano nel giusto rilievo destinazione e provenienza di tutte le assegnazioni, con pari dignità per ognu­na delle cd. minoranze, al fine, si spera, al fine di limitare pretestuose e in­tolleranti polemiche per gli sprechi che sarebbero destinati a valorizzare il friulano.
Siamo fiduciosi che l'attuazione della leg­ge regionale n. 29 del 2007 sarà coordinata con tutte le disposizioni stata­li e regionali, avendo tra gli obiettivi un plurilingui­smo in prospettiva euro­pea e una migliore integrazione dei nuovi resi­denti.

I contatti che la
popolazione da secoli è abituata a intessere con ogni angolo del mondo dimostrano come il friula­no, che si comprende do­po brevi soggiorni, non sia mai stato motivo di chiusura, anzi.
Impedire o paralizzare l'operatività in concreto di garanzie che sono rico­nosciute anche alla lingua friulana, patrimonio co­mune di tutta l'Italia, equivarrebbe a rimanere sor­di alle istanze del territo­rio o continuare ad ascol­tarne solo una parte.
Un gruppo di insegnanti ( seguono le firme)
Lettera pubblicata su “IL GAZZETTINO” di Udine il 25 settembre 2011
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Se scopo della lettera è denunciare il gravissimo ritardo della politica regionale nella attuazione della tutela della lingua friulana a scuola, diamo il nostro pieno appoggio a questo gruppo di docenti.
Relativamente alla minoranza linguistica storica slovena, ricordiamo che se quest’ultima minoranza ha un buon livello di tutela a scuola ciò è dovuto ad accordi internazionali che l’Italia è stata costretta ad attuare e non certo al "buon cuore" dei nostri politici regionali. 

Ricordiamo, inoltre, che se c'è una legge regionale approvata a favore della tutela della lingua friulana (L.r. 29/2007) che a distanza di tre anni manca completamente dei regolamenti di attuazione, la responsabilità di questa situazione è da addebitare esclusivamente all’attuale Giunta regionale di centro-destra.
La Redazione del Blog

sabato 24 settembre 2011

FEVELÂ FURLAN AL E' FEVELÂ EUROPEAN




INCUINTRI


ai 26 di Setembar a 8 e mieze di sere (20.30) alì de Ostarie “A le Patrie dal Friûl”, in place a Cjampfuarmit



“Fevelâ furlan

al è fevelâ european”



Comunicât stampe

In ocasion de zornade europeane des lenghis, lunis ai 26 di Setembar a 8 e mieze di sere (20.30) alì de Ostarie “A le Patrie dal Friûl”, in place a Cjampfuarmit, la riviste in lenghe furlane “La Patrie dal Friûl” (www.lapatriedalfriul.org) e presente cu la colaborazion de Cjase pe Europe di Glemone un incuintri dal titul “Fevelâ furlan al è fevelâ european”.
Ospits de serade, moderade di Christian Romanini, a saran Marco Stolfo, curadôr de publicazion multimedial (libri + cdrom) plurilengâl “Il Tratât di Lisbone. Argoments e documents pe integrazion europeane”, e Silvio Moro, President de Cjase pe Europe di Glemone (www.casaxeuropa.org), editôr de opare.


Comunicato stampa

In occasione della giornata europea delle lingue, lunedì 26 settembre alle 20.30 presso l'Osteria “A le Patrie dal Friûl”, in Largo del Municipio a Campoformido, la rivista in lingua friulana “La Patrie dal Friûl (www.lapatriedalfriul.org) in collaborazione con la Casa per l'Europa di Gemona del Friuli presenta un incontro dal titolo “Fevelâ furlan al è fevelâ european”.
Ospiti della serata, moderata da Christian Romanini, saranno Marco Stolfo, curatore della pubblicazione multimediale (libro + cd rom) “Il Trattato di Lisbona. Argomenti e documenti per l'integrazione europea”, e Silvio Moro, presidente della Casa per l'Europa di Gemona del Friuli, editore dell'opera.

giovedì 22 settembre 2011

Sindacato autonomo di polizia: «Accorpare le forze dell'ordine per risparmiare»



«studi di settore quantificano in più di 4 miliardi il risparmio dell'accorpamento, pari all'aumento di un punto per­centuale Iva».

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Sap (sindacato autonomo di Polizia): «Accorpare le forze dell'ordine per risparmiare»


Circa 350mila uomini che costituiscono polizia di Stato, ca­rabinieri, guardia di finanza, forestale e polizia penitenziaria potrebbero essere accorpati sotto un unico ministero, quello dell'Interno. Lo chiede in una nota il Sap, sindacato autonomo di Polizia riferendosi alla manovra in atto.

Se­condo il sindacato la soluzio­ne tra l'altro «sarebbe in linea e auspicata anche dalle nor­me europee che prevedono un'unica polizia a ordinamen­to civile». In un momento in cui «le casse dello Stato arrancano - aggiunge la nota - que­sta soluzione permetterebbe di poter gestire l'intero appa­rato garantendo una maggior sicurezza ad un costo inferiore».

Il Sap aggiunge che «studi di settore quantificano in più di 4 miliardi il risparmio dell'accorpamento, pari all'aumento di un punto per­centuale Iva».

La soluzione quindi per il Sap oggi è quella di «tagliare gli sprechi e non le risorse».

Per il sindacato «un altro paradosso è il numero unico di emergenza, il 112, previsto dall'Ue e ancora oggi non operativo in Italia». E av­verte: «Se non si farà presto, ciò sottoporrà l'Italia a una maxi multa da parte della Ue pari a circa 10 milioni».

Il Sap infine stigmatizza il fatto che il governo abbia escluso dal confronto per la manovra par­ti sociali, sindacati e rappre­sentanza dei comparti sicu­rezza, difesa e soccorso pub­blico.

da “Il Piccolo” di Gorizia – domenica 11 settembre 2011


mercoledì 21 settembre 2011

ABOLIRE LE PROVINCE? UN TRUCCO POLITICO PER NASCONDERE I VERI SPRECHI?



ABOLIRE LE PROVINCE?
Un trucco politico per nascondere i veri sprechi?
IN REGIONE UN RISPARMIO MOLTO ESIGUO DEL SOLO 2,11% !
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Dal sito internet dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre
 
ABOLIRE LE PROVINCE? IL 96,1% DELLA SPESA
TOTALE RIMARREBBE, SI TAGLIEREBBERO SOLO
509,9 MILIONI €

L’abolizione delle province italiane ipotizzata in questi giorni porterebbe, in realtà, ad un risparmio molto più esiguo di quanto si possa pensare: sugli oltre 13 miliardi che vengono spesi nel nostro Paese, in totale, per tutte le Province, il risparmio sarebbe appena superiore ai 500 milioni, pari appunto al 3,90% del totale. Ciò significa che il 96,1% della spesa complessiva rimarrebbe a carico dei cittadini italiani.
I calcoli sono stati realizzati dalla CGIA di Mestre che ha analizzato le spese delle amministrazioni provinciali per ogni regione ed ha valutato “il peso” del risparmio che deriverebbe dalla soppressione delle province. 
 “E’ un dato – spiega Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – che non deve stupire: l’abolizione delle amministrazioni provinciali farebbe risparmiare, nel breve periodo, solo le voci di spesa riguardanti i costi della politica, che rappresentano in realtà solo una minima parte: le funzioni, oggi in capo alle Province, e soprattutto i relativi costi di gestione e di personale, andrebbero a gravare sugli altri Enti locali che si accollerebbero le funzioni delle Amministrazioni provinciali ”.
La CGIA spiega che, dall’abolizione delle province delle Regioni a statuto ordinario, deriverebbe un risparmio di 421 milioni di euro; oltre 88, invece, sarebbero i milioni di euro risparmiati se si guardassero i costi delle realtà provinciali che si trovano nelle Regioni a statuto speciale: da queste ultime vanno escluse la Valle D’Aosta, Regione senza province, e il Trentino Alto Adige, le cui province hanno un regime speciale.
Andando ad analizzare, infine, i dati regione per regione, si va da un minimo di 2,11% di risparmio sul totale di spesa  per il Friuli Venezia Giulia ( in termini assoluti pari a 10,6 milioni di €), ad un massimo di 8,97% per la Sardegna, con un risparmio di quasi 35 milioni di euro.  
Analisi delle spese delle amministrazioni provinciali per regione. Anno 2009
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martedì 20 settembre 2011

UN ARRETRAMENTO COSTANTE NELLA TUTELA DELLA LINGUA FRIULANA


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UN ARRETRAMENTO COSTANTE
NELLA TUTELA DEL FRIULANO
di
Lorenzo Fabbro *

In questi giorni il mondo della politica, delle istituzioni e della società friulana sta discutendo animatamente sui provvedimenti proposti dal governo per contenere la spesa pubblica mediante la cancellazione di alcune province (Trieste e Gorizia nella nostra Regione) e dei piccoli comuni.
E' innegabile che una riforma complessiva degli enti locali è necessaria, ma il te­ma è se la partita possa, anzi debba, essere gestita dalla Regione Fvg in virtù dell'autonomia e della specialità regionale o imposta dall'alto. Una riforma vera  e basata su criteri di autentica sussidiarietà che preveda il trasferimento di poteri e mezzi finanziari dalla Regione a Comuni e Provincie, la valorizzazione dell'assemblea delle province friulane e la creazione dell'area metropolitana per Trieste sono temi dei quali si dibatte da anni e che, se fossero stati realizzati, avrebbero già potuto fornire qualche risposta a esigenze non più rinviabili.
Ma ora la contingenza costringe la classe politica friulana, in ritardo su tali questioni quanto quella nazionale, a rivendicare giustamente la specialità e l'autonomia regionale che derivano da uno statuto che è equiparato a legge costituzionale. Anche in momenti come questi quando tutti si riempiono la bocca di "autonomia" e di "specialità" bisognerebbe ricordare che alla base della specialità della nostra re­gione vi è anche e soprattutto la presenza delle minoranze linguisti­che, tutelate dalla Costituzione e da leggi nazionali e regionali.
Nel suo interessante contributo di giorni fa il prof. D'Aronco si chiede re­toricamente «se avrà un valore e un significato questa riconosciuta specialità e se ne deriverà il diritto per la regione almeno di organiz­zarsi amministrativamente come meglio crede, nei limiti consentiti dalle leggi?». Ed ancora si domanda l'esponente autonomista se «le leggi sono fatte per non venire rispettate e per rinviarne l'applicazio­ne?». Purtroppo nel caso delle leggi di tutela delle minoranze lingui­stiche, e nel nostro caso del friulano, così importanti per il mantenimento della specialità, pare proprio che all'amministrazione Tondo la provocazione del prof. D'Aronco calzi a pennello. La legge 29/2007 prodotta dal centrosinistra è attualmente bloccata perché in più di 3 anni non è stato approvato alcun regolamento attuativo.
Sul fronte della scuola sono state inspiegabilmente separate le com­petenze degli uffici regionali per quanto riguarda la lingua friulana e l'insegnamento della stessa, la bozza del regolamento passata in commissione tra mille critiche pare più funzionale a rendere inap­plicabile la legge che a sviluppare azioni positive e la copertura finanziaria è assolutamente inadeguata. Nella discussione sulla finanziaria di luglio oltre ad aver bocciato l'emendamento del Pd per rad­doppiare i fondi per l'insegnamento la maggioranza si è distinta per l'approvazione di una modifica alla legge 29 riguardante la scadenza dei membri appartenenti alla commissione per l'insegnamento del­la lingua friulana che è anticipata a fine anno i cui effetti positivi francamente ci sfuggono.
Purtroppo anche per il prossimo anno scolastico saranno disattese le richieste di quel 60% di genitori che richiedono inutilmente l'insegnamento del friulano a scuola.
Per quanto riguarda la presenza del friulano nei mezzi di comunicazio­ne mentre - dopo le roboanti promesse di qualche assessore - è an­cora totalmente disapplicata la legge 482 da parte della Rai, la Regio­ne ha ripristinato solo con le variazioni di bilancio di luglio il capito­lo sui programmi in friulano su radio e tv private che era stato com­pletamente azzerato per due anni consecutivi. Anche in questo caso è stato bocciato un emendamento del Pd che proponeva di portare da 150.000 a 200.000 euro - ovvero la spesa storica - il finanziamento per un settore strategico lasciato completamente sguarnito per due anni consecutivi.
Un comportamento inequivocabile che passo pas­so sta segnando un arretramento costante della tutela e della qualità delle politiche linguistiche nel Fvg.
Tagli se non azzeramenti dei contributi, nessun regolamento della nuova legge approvato, niente piano di politica linguistica, smantellamento del Servizio identità linguistiche e ARLeF in difficoltà (attende tra l'altro risposta dal me­se di marzo un'interpellanza presentata, sempre dal Pd, riguardo a modifiche allo statuto dell'Agjenzie).
Questo orientamento del tutto evidente della maggioranza di centro-destra (e della Lega Nord che, nei fatti, non fa nulla per contrastarlo) rischia di produrre effetti ne­gativi rispetto a quanto si è costruito e conquistato in questi anni, un danno per la lingua, per i friulani e anche per l'autonomia e la spe­cialità della Regione.


*membro segreteria provinciale Pd di Udine
L’intervento di Lorenzo Fabbro è stato pubblicato sul quotidiano “Il Messaggero Veneto” edizione di Udine, martedì 6 settembre 2011 –  pagina 14
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Grassetti - sottolineature e colori sono della Redazione del Blog


lunedì 19 settembre 2011

LA CRISI ECONOMICA SPESSO E' LA SCUSA PER NON ATTUARE LE POLITICHE LINGUISTICHE


«La crisi spesso è una scusa
per non attuare
le politiche linguistiche».
(Pietro Fontanini)

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Cunvigne
17 di Setembar dal 2011
Sala Aiace - Udin

”La promozione della lingua friulana
Un passo avanti e due indietro?”


CEMÛT ISE LADE ?

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Il Messaggero Veneto

18 settembre 2011

«Ma ora chiamiamolo

Friûl Doc»

di
Renato Schinko


«Bisogna cambiare nome a Friuli Doc. Chiamiamolo "Friûl Doc", in lingua friula­na».

E' questa la proposta lan­ciata dal presidente del Comi­tato autonomia del Friuli, Ar­naldo Baracetti, tramite una missiva letta da Bepi Agostinis, durante il convegno dal titolo "La promozione della lingua friulana. Un passo avanti e due indietro", organizzato ieri mattina in sala Aiace, per riflet­tere sulla tutela della marilenghe. Baracetti, nella sua lette­ra, ha proseguito così: «Abbia­mo fatto diventare anche l'uni­versità di Udine università del Friuli, e ora è giunto il momen­to di cambiare il nome alla più importante manifestazione enogastronomica della regio­ne». E ancora: «Dalla prossima edizione si dovrebbe istituire un comitato coordinatore ge­nerale per "Friûl Doc", e que­sto apparato dovrà coordinare e dirigere un movimento per la battaglia autonomista per lo sviluppo del Friuli, insieme al nostro comitato, alle istituzio­ni elettive, agli imprenditori e ai sindacati».
Su questa proposta è inter­venuto subito il presidente del­la Provincia di Udine, Pietro Fontanini, definendola «mol­to interessante», perché - ha aggiunto - «anche con questi piccoli segnali si aiuta la mari­lenghe».
Fontanini ha poi pro­seguito: «Viviamo in una realtà nella quale i nemici della lin­gua friulana sono molti, ma dobbiamo ricordarci che la specialità regionale si può giu­stificare soltanto con la presen­za delle minoranze».
Il presi­dente della Provincia ha poi auspicato un intervento della Regione, perché «soltanto lavorando con l'amministrazio­ne regionale la marilenghe può fare passi avanti, visto che è l'unico ente che gestisce le ri­sorse». La carenza di risorse, infatti, è uno dei problemi maggiori per l'insegnamento del friulano nelle scuole, che avviene soltanto a singhiozzo, grazie all'opera di volontari, ma Fontanini ha avvertito:
«La crisi spesso è una scusa
per non attuare
le politiche linguistiche».
Secondo il Presidente della Provincia, «ora è necessario far capire alla gente che, se la marilenghe è a rischio, a rischiare di scomparire è l’identità del Friuli». E sempre per evitare tale ipotesi « è necessario che pure la RAI e gli organi di stampa privati propongano un uso più massiccio della ma­rilenghe, perché è fondamen­tale», ha proseguito Fontanini, il quale infine ha auspicato che con la riorganizzazione delle istituzioni «si possa rea­lizzare un grande Friuli com­prendente le province di Udi­ne, Gorizia e Pordenone, la­sciando la realtà "città metro­politana" a Trieste».

Sulla stessa linea il commen­to di Carlo Puppo, del comita­to 482, che ha individuato «nel­le politiche linguistiche l'uni­co strumento per rendere nor­male l'utilizzo della marilenghe». Ma - ha aggiunto - «ser­vono risorse e chiare volontà politiche perché ora siamo di fronte alla discontinuità». In­fatti - ha concluso - «abbiamo una legge sul friulano ancora ferma e senza regolamenti at­tuativi da almeno tre anni». All'incontro hanno partecipa­to anche il sindaco Furio Honsell, il quale ha ribadito «massi­ma attenzione per la marilenghe», l'assessore Luigi Reitani, William Cisilino, Silvana Schia­vi Fachin e Andrea Valcic.

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Colori, grassetti e caratteri, sono della Redazione del Blog

sabato 17 settembre 2011

NIENTE PRIMA CLASSE - MEDEA FA RICORSO AL TAR



NIENTE PRIMA CLASSE
MEDEA FA RICORSO AL TAR

Il DPR 81/2009 prevede una deroga al numero minimo di alunni nel caso di zone abitate da minoranze linguistiche, come il Comune di Medea. Una legge che non può essere ignorata da una semplice circolare interna.
Ma l’Ufficio scolastico regionale, ufficio periferico del Ministero della Pubblica Istruzione, applicando una circolare ministeriale, ha negato la costituzione della classe prima che, ai sensi del DPR 81/2009, avrebbe potuto essere costituita anche con soli 11 scolari.
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Dal quotidiano “IL PICCOLO” di Gorizia
martedì 6 settembre 2011
di Elisa Lenarduzzi

Fallita la mediazione con l'Ufficio scolastico, il Comune passa alle vie legali.
Dal 12 settembre verrà intanto attivata una "pluriclasse".
QUATTRO I BIMBI ESCLUSI

Ormai è ufficiale: finirà davanti al Tar il caso della prima classe della scuola primaria di Medea.
Dopo il fallimento dell'ultimo tentativo di mediazione tra Co­mune e Ufficio scolastico pro­vinciale, il sindaco Bergamin non ha alcuna intenzione di sep­pellire l'ascia di guerra. Anzi: for­te del sostegno della Regione - che potrebbe farsi carico in pri­ma persona del ricorso se gli uffici legali dovessero ritenere la strada percorribile - si prepara a nuova battaglia per far valere i diritti della minoranza linguistica friulana e tutelare al contempo le famìglie degli 11 bambini al centro della contesa.
Il problema sta proprio nei numeri: quello minimo per av­viare una nuova classe è di 15 alunni, quattro in più di quelli at­tualmente iscritti. Così, appli­cando una circolare ministeria­le, l'Ufficio scolastico ha negato la costituzione della classe prima.
Dal 12 settembre, quindi, 7 degli 11 bimbi finiranno in una pluriclasse con gli allievi di se­conda; gli altri 4 dovranno cerca­re soluzioni alternative fuori Me­dea.
«Questo - spiega il sindaco -, nonostante il dpr 81/2009 pre­veda una deroga al numero mi­nimo di alunni nel caso di zone abitate da minoranze linguisti­che, come la nostra. Una legge che non può essere ignorata da una semplice circolare interna».
Da qui la decisione di ricorre­re al Tar: «Domani ci sarà una riunione per capire se la Regio­ne ha la titolarità a presentare ri­corso. In caso contrario ci muo­veremo noi assieme alle fami­glie, col sostegno di quegli enti che hanno supportato la petizio­ne popolare: la Provincia, i comi­tati 482 e autonomia friulana, la Filologica friulana, Cisl e Uil scuola». La speranza è quella di ottenere un primo pronuncia­mento - e l'eventuale attivazio­ne della nuova classe - entro il mese di ottobre.
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