giovedì 1 settembre 2011

AUTONOMIA, ADESSO O MAI PIU'

La Vita Cattolica, 26 agosto 2011
Editoriale
di Roberto Pensa

Non si conoscono ancora i contenuti della manovra economica correttiva sulla spesa pubblica che il governo Berlusconi sta approntando su "ordine" dell'Unione Europea e della Banca Centrale di Francoforte per rassicurare i mercati finanziari sulla solvibilità del nostro paese. Mentre i vari esponenti dell'esecutivo e della maggioranza danno vita ad un incredibile e squalificante (per la politica) balletto di dichiarazioni (aumenta l'IVA? Verrà istituita la patrimoniale? Ci sarà il contributo di solidarietà? Verranno toccate le pensioni?) che pare mosso non dalla ricerca del bene comune e della giustizia, ma da un gigantesco braccio di ferro tra contrapposti interessi elettoralistici, economici e di privilegio, una cosa appare sempre più chiara: per la specialità regionale del Friuli Venezia Giulia si apre una fase decisiva. I nemici che cingono d'assedio le Regioni speciali sono tanti. La "caccia alle streghe" contro gli "sprechi", trova nelle Regioni autonome un caprio espiatorio e tanti "interessati" sostenitori ( diverse grandi Regioni ordinarie del Nord puntano ad un livellamento di competenze e, quindi, di risorse).


Si usano le armi della disinformazione (facile far leva sulla spesa pro capite notevolmente più elevata da parte delle Regioni speciali, omettendo però di ricordare che queste devono far fronte a molte competenze che in quelle ordinarie sono ancora assicurate dallo Stato), ma anche qualche imbarazzante verità (i veri casi di spreco non mancano, specie in una realtà come la Regione autonoma siciliana).
I fatti delle ultime settimane però, mettono in chiara evidenza un fatto. Se il Friuli Venezia Giulia perderà la sua specialità sarà perché gli avversari esterni avranno trovato un grande alleato interno: l'inerzia nell'applicare e far fruttare i poteri supplementari di cui la nostra Regione già dispone. Gli esempi si sprecano, nei settori più disparati. In questi primi giorni di vendemmia, gli agricoltori friulani lamentano la pesantezza burocratica e i ritardi di pagamento dell'Agea, l'agenzia nazionale che eroga i contributi al settore primario. Ebbene, mentre diverse Regioni ordinarie del Nord, proprio per questo motivo, l'hanno già sostituita con un organismo pagatore regionale, noi, che con le nostre competenze primarie in agricoltura avremmo potuto farlo più facilmente, siamo rimasti attaccati all'inefficiente carrozzone nazionale.
E che dire della tutela e delle culture minoritarie (il friulano, lo sloveno, il tedesco), che sono poi la ragione prima della nostra specialità?
Una consistente parte del mondo politico regionale continua a guardare al tema - che altrove in Europa, è invece stato centrale nello sviluppo, anche economico, di alcune piccole regioni come la nostra - con sufficienza o con aperta ostilità, ripercorrendo ormai anacronistiche ideologie del passato.
Gli investimenti sull'insegnamento delle lingue minoritarie a scuola, sul loro utilizzo nei mass media languono accantonati come se fossero un lusso voluttuario e non un investimento chiave per il futuro.
Il caso esemplare è però  quello delle autonomie locali, una materia su cui il Friuli Venezia Giulia ha competenza primaria amplissima, che deriva dalla Costituzione, dallo Statuto e dalla legge costituzionale 2 del 1993. Abbiamo cioè il potere - con pochi vincoli - di disegnare a casa nostra, secondo le nostre esigenze, compiti e ruoli dei Comuni, delle Province, delle Comunità montane e di altri organismi (come le Città metropolitane, i Comuni di vallata, gli ambiti omogenei di comuni...). E invece, per inerzia del mondo politico regionale, ci siamo fatti sorprendere e rischiamo di dover inghiottire il boccone avvelenato della manovra finanziaria statale che abolisce le Province con meno di 300 mila abitanti e con superficie non superiore ai 3mila  Km quadri (quindi quelle di Gorizia e Trieste, rimettendo in questione il delicatissimo equilibrio tra il Friuli e la Venezia Giulia) e ben 47 comuni sotto i mille abitanti, cancellando con un colpo di spugna l'identità e l'autonomia di una rilevantissima porzione del territorio friulano (specie di quello montano).
Eppure le proposte di riforma non mancano: come quella di "federare" le Province di Gorizia, Udine e Pordenone in una Assemblea delle Province friulane che faccia da efficace contraltare a Trieste, trasformata in città metropolitana; oppure in luogo di una fusione coattiva di piccoli comuni, sperimentare comunità di vallata dotate di veri poteri di autogoverno del territorio e che mantengano, pur accentrando molti servizi, l'identità dei piccoli municipi e la vicinanza delle istituzioni alla gente.
La questione dei fondi è importante (l'autonomia speciale non cammina senza risorse) ma ancor più decisiva del cordone della borsa del ministro Tremonti sarà la determinazione e l'efficacia con cui il nostro Consiglio regionale ( maggioranza e opposizione, ciascuna nel suo ruolo, ma entrambe nell'ottica del bene comune) nei prossimi mesi riuscirà a dare gambe all'autonomia che già abbiamo ma che non siamo stati ancora in grado ancora ad utilizzare.


Roberto Pensa




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