giovedì 24 agosto 2017

"IL FRIULI - VENEZIA GIULIA" TRA GLI SCONFITTI DELLA CRISI, di SANDRO FABBRO


 
 
IL FRIULI -VENEZIA GIULIA

TRA GLI SCONFITTI DELLA CRISI

di

Sandro Fabbro



L’Istat ha appena annunciato che il Pil crescerà, su base annua, dell’1,2% il che significa lo 0,1% in più rispetto alle previsioni. Ciò sembra bastare al governo per annunciare trionfalmente che siamo in pieno rilancio economico (e “fuori dalla crisi”).
 
Cosa dovrebbe mai dire la Spagna dove si avrà una crescita, per il terzo anno consecutivo, superiore al 3%! Ma, al di là delle libere interpretazioni macroeconomiche, i dati trimestrali sul PIL nazionale non danno conto degli impatti profondi e locali della crisi. Tali numeri, infatti, se non sono collocati entro la giusta prospettiva temporale e spaziale, rimangono del tutto muti rispetto alle situazioni regionali o ci possono raccontare ogni tipo di storia.
 
Diversamente, i dati Eurostat sul reddito pro capite nelle regioni europee tra 2008 (anno di avvio della crisi) e 2015 (ultimo anno disponibile) danno conto, invece, di divari territoriali che si sono allargati ed approfonditi e di un processo di riposizionamento interno, tra le 276 regioni dell’EU a 28, di vaste proporzioni.
 
Il “reddito pro capite” è un indicatore socio-economico sintetico, certamente discutibile (come tutti gli indicatori) ma ancora unico disponibile per confrontare tra di loro i livelli di benessere relativo di aggregati geografici grandi quanto interi Paesi ma anche, come nel caso in esame, come singole regioni. Se il divario tra l’area dove si ha il reddito pro capite maggiore (“Inner London,” la più ricca, con un reddito pro capite, nel 2008, pari a 3,5 volte quello medio europeo e che diventa, nel 2015, pari a 5,8 volte la media europea) e l’area dove tale valore è il più basso (la regione di Severozapaden, in Bulgaria, dove si ha un valore, nel 2008 e anche nel 2015, pari solo allo 0,3 della media europea) si è infatti allargato enormemente, è però nelle situazioni intermedie che troviamo importanti ed inaspettati cambiamenti.
 
Questi riguardano anche il FVG che, nel 2008, si collocava al 49.mo posto della graduatoria europea del reddito pro capite (su 271 regioni dell’EU a 27) ma che, nel 2015, registra un peggioramento della propria posizione e non di poco! E’ infatti scivolato bruscamente di più di trenta posizioni portandosi all’83.mo posto (sulle 276 regioni dell’EU a 28). Questo dato testimonia dell’impatto reale della crisi in FVG più di tanti numeri del tutto autoreferenziali.
 
Il FVG, cioè, pur collocandosi in una posizione che rimane, anche se di poco, superiore al valore medio europeo, perde, nel periodo considerato, molte posizioni a vantaggio di altre regioni che invece, nonostante la crisi, hanno migliorato le loro posizioni: non solo molte regioni tedesche e polacche registrano importanti avanzamenti ma anche regioni più vicine a noi e più direttamente comparabili con il FVG, registrano tutt’altra performance: la Provincia di Trento migliora addirittura la sua posizione passando, nella graduatoria europea, dal 43.mo al 39.mo posto e meglio ancora fa quella di Bolzano che sale di ben dieci posizioni, mentre la Carinzia, che partiva dal 97.mo, arriva al 70.mo posto. Non si può dire, quindi, che la performance negativa del FVG dipenda da condizioni strutturali oggettive quali la piccola dimensione territoriale o demografica.
 
Su questo punto, semmai, i dati presentati sollevano altre domande intriganti: i successi della Provincia di Trento (e ancor più di Bolzano), da una parte, e del Land della Carinzia, dall’altra, dimostrerebbero che non è vero che “il piccolo non è più bello” (e quindi efficiente, competitivo ecc.) e che, per superare la crisi, alle piccole regioni non rimarrebbe altro che andare verso una sistematica ”reductio ad unum” e cioè verso l’eliminazione di realtà intermedie e minori e l’aggregazione spinta verso l’alto di istituzioni ed organizzazioni (come si è cercato di fare in FVG negli ultimi anni). Per capire le cause della “sconfitta” del FVG bisognerà certo indagare più a fondo, ma, intanto, non possiamo non annoverare il FVG tra i “vinti” e non certo tra i “vincitori” della crisi.

La “narrazione” della crisi e delle sue soluzioni, tuttavia, a casa nostra, continua ad essere del tutto autocelebrativa. Se un certo “ottimismo della volontà” può anche essere comprensibile, continuare invece a proporre una lettura tutta positiva dello stato della regione, come fanno le autorità politiche regionali, appare, alla luce dei citati dati europei, non solo sbagliato ma anche fuorviante perché non permette di collocare l’asticella delle sfide future al giusto livello di impegno.
 
Non si può, peraltro, sperare in un serio confronto pre-elettorale, in vista delle elezioni regionali del 2018, senza che il dibattito pubblico sia preventivamente informato sugli esiti reali della crisi. Ma, dopo quasi dieci anni, manca ancora una seria analisi dell’impatto della crisi sul FVG! Istituzioni come la Regione e le Università, dovrebbero porsi, ciascuna secondo la propria missione, questo compito di conoscenza dello stato del territorio regionale (in comparazione con le altre regioni europee) e le forze di opposizione dovrebbero pretenderlo perché, se la gravità della situazione fosse quella qui prospettata, tutti dovrebbero esserne correttamente informati ed anche il dibattito pre-elettorale in regione dovrebbe focalizzarsi, prima di tutto, sui temi dell’impatto territoriale della crisi, sul lavoro e sulle prospettive per i giovani che se ne vanno per mancanza di opportunità. Ma una lettura minimamente condivisa degli esiti della crisi non sembra essere la preoccupazioni principale delle élite dirigenti.
 
Evidentemente fa paura alzare il velo sulla realtà.


Prof. Sandro Fabbro

20 agosto 2017

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L'articolo a firma del prof. Sandro Fabbro – docente all'Università di Udine – è stato pubblicato sul quotidiano il Messaggero Veneto (Udine) domenica 20 agosto 2017 con il titolo “Fvg tra i vinti della crisi. Perdute 34 posizioni nella claffica europea”.

La Redazione del Blog ringrazia il prof. Sandro Fabbro per averle concesso la pubblicazione della sua precisa e puntuale analisi economica/politica.

LA REDAZIONE DEL BLOG

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Il Prof. Sandro Fabbro è docente presso l'Università di Udine. Dal 1995 tiene corsi di Pianificazione territoriale, di Politiche urbane e territoriali e di Tecnica Urbanistica presso i Corsi di Laurea in Ingegneria Civile ed in Ingegneria dell'ambiente e delle Risorse e di Urbanistica presso il Corso di laurea in Scienza dell'Architettura.

 
    

martedì 15 agosto 2017

IL SETTIMANALE DELL'ARCIDIOCESI DI UDINE, "LA VITA CATTOLICA", ERA UNA VOCE "FUORI DEL CORO". LO SARA' ANCORA?


 
 
 
"LA VITA CATTOLICA"

UN SETTIMANALE “FUORI DEL CORO”:

LO SARA' ANCORA?

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Da sito “GIORNALISTI Italia”

(Il giornale dei giornalisti)

http://www.giornalistitalia.it/udine-ha-bisogno-della-sua-vita-cattolica/

 
Il settimanale diocesano nato nel 1926
è vivo e vegeto, altro che da “rottamare” 

Udine ha bisogno della sua “Vita Cattolica” 

 
Scritto da Roberto Pensa il 08/01/2016


UDINE – Un progetto concepito 90 anni fa può essere ancora d’attualità oggi, quando uno dei verbi più di moda è «rottamare»? Se guardiamo alla storia de «la Vita Cattolica» dobbiamo rispondere senza dubbio di sì. Un giornale così era sicuramente necessario e atteso in quel lontano 10 gennaio del 1926 quando il primo numero uscì (appena 4 pagine, ma il primo passo di una avventura che ha cambiato la storia del Friuli), ma è altrettanto necessario per l’oggi del popolo friulano.

Tempi difficili, sia quelli di ieri che quelli di oggi. All’alba del 1926, sulla diocesi di Udine che cercava di lasciarsi alle spalle le conseguenze della terribile Grande Guerra, incombeva quello scontro di ideologie che avrebbe funestato tutto il resto del «secolo breve». Ai primi fermenti socialisti nelle campagne e nelle fabbriche faceva da contrappunto la rapida ascesa dell’ideologia fascista.

Un manipolo di laici (il nostro settimanale diocesano, infatti, non nasce come espressione della Curia o del clero, ma dall’intuizione dell’Azione Cattolica diocesana) decise che, in quel frangente (e in quelli ben più tragici che sarebbero venuti, e che i più intellettualmente accorti già presentivano), non si poteva lasciare campo libero alla propaganda dei ben finanziati mass media liberali e massonici, e nemmeno al movimentismo fascista e socialista. Non poteva mancare la voce dei cattolici friulani. E questi due aggettivi, nell’intuizione dei fondatori, andavano necessariamente a braccetto.

Così vedeva, infatti, «la Vita Cattolica», il suo primo direttore, don Olivo Comelli: «Una rassegna dei più importanti avvenimenti religiosi, sociali e politici dal punto di vista cattolico, avuto riguardo di quelli che più interessano il nostro Friuli». Occorreva certo una voce cattolica, ma era altrettanto necessario che ciò si realizzasse «da friulani», a partire dalle peculiarità della nostra cultura, della nostra lingua friulana, della struttura sociale di un Friuli legato alla terra e ad un tessuto di piccole comunità e paesi.
C’erano molti dubbi sul fatto che l’impresa potesse riuscire. Ma
il giornale andò e divenne protagonista nell’opinione pubblica friulana. Oggi possiamo dire che «la Vita Cattolica» ha tenuto fede con onore per 90 anni al suo mandato fondativo. Tenne testa come si poteva al fascismo; lanciando messaggi di umanità e di speranza nel futuro preparò, sotto il tallone del Terzo Reich, il momento della liberazione; difese nel dopoguerra la libertà dal pericolo di una nuova ideologia totalitaria; seguì la rinascita del Friuli ma anche il dramma e le esigenze dei tanti emigranti; denunciò l’emarginazione e l’arretratezza delle campagne e della montagna. Le grandi battaglie per una ricostruzione post-terremoto rispettosa della cultura e della storia delle comunità coinvolte, per la nascita dell’Università del Friuli, per la tutela della lingua e della cultura friulana, per una informazione Rai meno triestinocentrica, per difendere il territorio da progetti di mero sfruttamento economico sono le grandi perle di questa lunga storia. Senza dimenticare il quotidiano impegno per far emergere nelle cronache la vivace vita delle comunità cristiane e delle «periferie», come direbbe Papa Francesco, a partire dalla montagna e dai piccoli paesi.

Battaglie, queste ultime, tutte ancora attuali. Anche le grandi conquiste del ‘900 per i friulani, sono oggi costantemente minacciate da orientamenti culturali, economici e politici che le mettono costantemente in discussione. Una visione prevalente sostiene che alla globalizzazione si può rispondere solo con l’accentramento verticistico dei poteri decisionali, la riduzione dell’autonomia decisionale dei poteri locali, siano essi politici che economici.

Le riforme istituzionali in atto, che diminuiscono la rappresentanza democratica e cancellano il Friuli suddividendolo in 17 entità amministrative privandolo di una unitaria espressione istituzionale, e quelle economiche che vanno all’attacco di ciò che resta dell’autonomia finanziaria locale (le Banche di credito cooperativo), ne sono una efficace espressione.

L’autonomia dell’Università del Friuli e la sua rispondenza all’originaria missione di riscatto dopo le distruzioni del terremoto, la promozione e la tutela della lingua e delle cultura friulana, il tema dell’informazione pubblica Rai sbilanciata verso Trieste, la difesa delle comunità locali alle quali si deve il «miracolo» di una vincente ricostruzione post-terremoto, sono tutte sfide apertissime.
E accanto ad esse altri grandi nodi stanno arrivando al pettine: la pesante denatalità, che rischia di far letteralmente scomparire il popolo friulano; l’eclisse della famiglia, da sempre culla e motore dell’identità friulana, sempre più fragile e confusa con altre forme di convivenza caratterizzate da ben minore forza progettuale e stabilità; la nuova emigrazione, che vede la nostra gioventù (spesso il fior fiore, la parte meglio formata e più motivata) prendere la strada di qualche paese estero, privando il Friuli di forze e intuizioni essenziali; la desertificazione della montagna, una parte tanto rilevante per gli equilibri del Friuli, non solo per incidenza geografica ma anche culturale e sociale.

Per tutte queste sfide, e per tante altre, garantiamo ai friulani il nostro impegno. Tutto ciò è ispirato e rafforzato dal nostro essere settimanale della Chiesa Udinese, dalla nostra prima missione: far sì che il messaggio del Vangelo di Gesù Cristo, che ha permeato così a fondo la storia e la cultura del Friuli, continui ad operare in mezzo a noi e ad orientare le scelte della nostra società.

Si potrebbe obiettare che, nell’era di internet, c’è un sufficiente pluralismo di opinioni da rendere superfluo questo impegno informativo della Chiesa Udinese. Ma ciò solo in apparenza e superficialità: i numeri dell’informazione in Friuli-V.G. parlano di un sostanziale duopolio (i quotidiani del gruppo Espresso e i notiziari della Rai), ma che a causa della tendenza dell’informazione pubblica ad accodarsi alle gerarchie di notizie scelte da «Piccolo» e «Messaggero Veneto», somiglia spesso a un monopolio.

Chi vuole leggere qualcosa «fuori dal coro», sia sulla carta stampata che sul web, ha a disposizione «la Vita Cattolica» e non molto altro. Sempre meno, perché la gravissima crisi dell’editoria ha spento molte voci e altre rischiano di dover tacere nel breve periodo. Anche la nostra voce ha bisogno più che mai del sostegno dei suoi lettori, economico tramite gli abbonamenti e gli acquisti in edicola, ma ancor di più attraverso un costante confronto di idee, che oggi ha a disposizione molti canali sul web e sui social network.

Il Friuli ha bisogno de «la Vita Cattolica» e il settimanale diocesano, in questi tempi difficili, ha bisogno più che mai di lettori attenti e partecipi. Come fu in quel lontano e difficile 1926.


ROBERTO PENSA

8 gennaio 2016
 
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Un articolo a firma di Roberto Pensa, fino a pochi giorni fa Direttore responsabile  del settimanale della Arcidiocesi di Udine, "LA VITA CATTOLICA", oggi rimosso dall'incarico.
 
Lo abbiamo trovato in rete pubblicato dal sito www.giornalistitalia.it  l'8 gennaio 2016.  Un articolo che ci  è piaciuto molto e che condividiamo pienamente: per questo abbiamo scelto di farlo conoscere anche a chi segue il nostro Blog.

Lo vogliamo considerare l'EDITORIALE di saluto del dr. Roberto Pensa ai suoi lettori. L'ultimo in ordine di tempo dei tanti suoi ottimi Editoriali pubblicati per sette anni in prima pagina, e continua a pagina 3, su La Vita Cattolica .  
 
"Chi vuole leggere qualcosa «fuori dal coro», sia sulla carta stampata che sul web, ha a disposizione «la Vita Cattolica» e non molto altro", scriveva Roberto Pensa l'8 gennaio 2016.
 
Sarà così anche in futuro o la nuova linea editoriale del settimanale «la Vita Cattolica» ora guidato da Monsignor  Guido Genero, tradirà i "laici cattolici friulani" che nel 1926 hanno voluto creare "una voce libera e fuori del coro"?
 
 
LA REDAZIONE DEL BLOG 
 
 
 

giovedì 10 agosto 2017

I FINANZIAMENTI REGIONALI PER "ADEGUAMENTO ANTISISMICO" E GLI STRANI CRITERI DI RIPARTIZIONE


Comitât pe Autonomie e pal Rilanç dal Friûl

COMUNICATO STAMPA

10 agosto 2017


I finanziamenti regionali
per “adeguamento antisismico”

e gli strani criteri 
di ripartizione.

Che Trieste abbia scuole bisognose di ristrutturazione è cosa risaputa, in particolare il benemerito Istituto Nautico, ma è anche cosa nota che Trieste è la zona a più basso rischio antisismico in regione (l’ultimo terremoto risulta averlo avuto nel 1500!).
Eppure, sorprendentemente, sono stati concessi ben 7 milioni di euro a quella città!
La zona della regione maggiormente colpita dal terremoto del 1976 è invece stata esclusa da ogni beneficio; la stessa Udine (principale centro scolastico della zona a rischio sismico per quanto riguarda gli istituti superiori) vede finanziati solo due istituti per un totale di 4.700.000,00 euro, ossia ben 2.300.000,00 euro in meno di Trieste!
E’ evidente che la Giunta regionale ha approfittato di questi finanziamenti per fare un “regalo elettorale” a Trieste, città fortunatamente a bassissimo rischio sismico.
Vale la pena ricordare che Trieste ha goduto per oltre 50 anni del miliardario Fondo per Trieste. Perché tale fondo non è servito per ristrutturare/ricostruire il patrimonio scolastico triestino, perché le ristrutturazioni del patrimonio scolastico del capoluogo regionale devono gravare sui fondi regionali e non sulla provincia/uti giuliana? Trieste, dopo aver goduto del 27% dei fondi destinati alla ricostruzione del Friuli terremotato (1976), ora pure scippa fondi per mettere a norma antisismica le zone del Friuli classificate con livello di rischio 2?!
E' incredibile che venga finanziata con ben 7 milioni (su totali 18.500.000,00 euro) l’unica zona della regione con il rischio sismico molto basso!
Oppure sono i “miracoli” in vista del prossimo rinnovo del Consiglio regionale del 2018?

Per il
COMITATO PER L'AUTONOMIA 
E IL RILANCIO DEL FRIULI

IL PRESIDENTE
PAOLO FONTANELLI

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 DOCUMENTAZIONE - FONTE:
https://it-it.facebook.com/martines.enzo


"Sono otto gli istituti superiori del Friuli Venezia Giulia, oggi di proprietà e amministrati dalle UTI, che beneficeranno di contributi statali per complessivi 18,5 milioni di euro per interventi di adeguamento antisismico.

Gli interventi sono stati selezionati sulla base delle priorità riscontrate dall'anagrafe dell'edilizia scolastica, recentemente aggiornata, proprio con riferimento al miglioramento e adeguamento antisismico degli edifici. #cantieriFVG

Gli istituti finanziati sono:

Istituto "Max Fabiani" di Gorizia, UTI Alto Isontino (€ 1.750.000,00);

Istituto Nautico di Trieste, UTI Giuliana (€ 3.000.000,00);

ITI Laboratori Pertini, UTI Alto Isontino (€ 650.000,00);

Scuola Media e Liceo "Dante" di Trieste, UTI Giuliana (€ 4.000.000,00);

Liceo scientifico "Duca degli Abruzzi" di Gorizia, UTI Alto Isontino (€ 1.400.000,00);

ITI "Zanussi" di Pordenone, UTI Noncello (€ 3.000.000,00);

ITI "Malignani" di Udine, UTI Friuli Centrale (€ 3.000.000,00);

Liceo scientifico "Marinelli" di Udine, UTI Friuli Centrale (€ 1.700.000,00).
 
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lunedì 7 agosto 2017

RIMOSSI ROBERTO PENSA, DIRETTORE DEL SETTIMANALE "LA VITA CATTOLICA", E MARCO TEMPO DIRETTORE DELL'EMITTENTE DIOCESANA "RADIO SPAZIO"


Rimossi i direttori di Vita Cattolica e Radio Spazio 103, cura dimagrante della Diocesi di Udine. 

IL COMITATO PER L'AUTONOMIA E IL RILANCIO DEL FRIULI  


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RICEVIAMO DA

BEPI (GIUSEPPE) AGOSTINIS
 
E PUBBLICHIAMO
 
 
Con molta amarezza ho letto sul settimanale “La Vita Cattolica”, il licenziamento del direttore Roberto Pensa e del direttore di “Radio Spazio”, emittente diocesana, Marco Tempo, con la scusa di mancati introiti pubblicitari. Io leggo ogni settimana il giornale con tutta la sua abbondante pubblicità, quindi non mi pare che manchi.

Io frequento e leggo il giornale settimanalmente, in quanto sono un collaboratore con le rubriche prima “La Cjargno e vîf” ed ora con “Storie de art in Friûl”. Quindi ho avuto contatti, in particolare con il direttore Pensa, che è stato sempre pronto anche con altre mie iniziative (lettere al direttore), per quanto riguarda la valorizzazione del Friuli.

Lui era sempre pronto con scritti (vere battaglie) su tutto quello che riguardava la salvaguardia del Friuli. I suoi editoriali erano sempre precisi, puntuali e schietti, senza peli sulla lingua, e venivano letti con molta attenzione e approvati dai lettori che gradivano molto queste sue prese di posizione.

Un direttore che se anche non parla friulano, ama molto questa terra, e direi molto di più di certi friulani che si considerano tali perché sono nati in Friuli, ma non lo amano: basta vedere il “bell’esempio” che dà la gran parte dei nostri rappresentanti in Consiglio Regionale.

Personalmente penso che i due direttori erano troppo legati al Friuli, quindi la loro voce senz’altro avrà dato fastidio ai piani alti della politica regionale che sappiamo avere i mezzi per poter cambiare le carte a loro favore: basta mettersi d’accordo, in questo caso con i piani alti della chiesa locale.

Come cristiano, penso ai due padri di famiglia, con relativa prole, che da un giorno all’altro si sono trovati senza lavoro e quindi mi domando: dov’è la carità cristiana nei piani alti del clero?
 

Bepi (Giuseppe) Agostinis

Udine, 6 agosto 2017
 
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sabato 5 agosto 2017

REGIONE - CCIAA UNICA - LA VERITA' SVELATA DALL'ASSESSORE REGIONALE GIANNI TORRENTI


REGIONE FRIULI-VG

CAMERA DI COMMERCIO UNICA

LA VERITA' DI
GIANNI TORRENTI

Assessore regionale
della Giunta Serracchiani
 

Per l'Assessore regionale “super triestino” Gianni Torrenti – da dichiarazione stampa riportata virgolettata - la Cciaa unica regionale serve a “supportare” la debolezza della Cciaa di Trieste (solo 14mila aziende)!!!

Ossia – traducendo la verità svelata dall'Assessore Torrenti - la Giunta regionale Serracchiani vuole imporre la soppressione della Cciaa di Udine (44 mila aziende, il 50% dell'intera regione!) per favorire la piccolissima Cciaa triestina che così non sarà più in regione la Cenerentola di oggi!!

I friulani della Provincia di Udine ringraziano!!

Se poi la sede di questa fantomatica Cciaa unica fosse posta a Trieste, "Cenerentola” comanderebbe su tutta la regione pur essendo piccolissima la sua Camera di commercio.

Ma la Cciaa triestina non è contraria a questo progetto perchè teme di essere schiacciata dal resto della regione?
 
Di chi è dunque – a Trieste – questo progetto della Cciaa unica?


Dal sito di FRIULI.IT




"Riteniamo che questa sia un'opportunità sprecata, anche in considerazione della debolezza della Camera della Venezia Giulia rispetto a quella del Friuli. In ogni caso, sia pur nei tempi necessari alla predisposizione di una norma ad hoc, l'accorpamento rimane sullo sfondo. E dunque confidiamo che l'obiettivo di un'unica Camera di commercio in Friuli Venezia Giulia possa essere comunque raggiunto". Lo ha evidenziato l'assessore regionale Gianni Torrenti, all'indomani della decisione del Governo di costituire due Enti camerali in Friuli Venezia Giulia, sottolineando come un soggetto unico "è anche coerente con l'assetto istituzionale della Regione e con l'ipotesi di una Regione sempre più forte e sempre più unita assieme". (...)

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