mercoledì 31 luglio 2013

DIRITTI LINGUISTICI E SINDACATI CGIL - UIL - CISL




LINGUA FRIULANA

CORTE COSTITUZIONALE
E
SINDACATI SCUOLA CGIL, CISL, UIL




“La Cjacarade” di ANDREA VALCIC



“Il Gazzettino” (Ud) di domenica 28 luglio 2013


Sarà il caldo, le ferie ma c’è uno strano silenzio ai piani alti dei sindacati regionali.

Non passa giorno che comunicati provenienti da Cgil, Cisl e Uil arrivino alle redazioni giornalistiche ad esprimere posizioni e pareri su ogni scibile del mondo, ma, guarda caso, sulla decisione della Corte Costituzionale relativa alla lingua friulana, al suo dover essere considerata come tale e non ridotta a dialetto come pretendeva il decreto Monti, tutto tace.

Un atto di modestia, verrebbe da pensare a qualcuno, se la decisione della Consulta non riguardasse molto da vicino il mondo del lavoro. Dall’affermazione costituzionale infatti deriva una conseguenza non da poco per il mondo della scuola, cui può essere applicata la legge sulle lingue minoritarie, determinante formazione, numero di classi e comprensivi.

In sintesi grazie al friulano i tagli alla scuola pubblica in Friuli potrebbero essere ridimensionati. Mica una cosa da niente.

Invece nessuna reazione sindacale, quasi invece un senso di fastidio riconoscere al friulano stesso un ruolo importante nelle dinamiche sociali.

Dimenticanza, ignoranza o forse solo il fatto che su tre segretari regionali, due, Belci e Menis, siano triestini e Fania pugliese?


ANDREA VALCIC

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L’art.3 dello Statuto di autonomia della nostra regione così recita:
“Nella regione è riconosciuta parità di diritti e di trattamento a tutti i cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono, con la salvaguardia delle rispettive caratteristiche etniche e culturali”
I sindacati regionali scuola CGIL, UIL e CISL, oltre che tutelare l’autonomia scolastica, troppo spesso interpretata come il diritto di “fare ciò che si vuole”, mentre correttamente dovrebbe essere circoscritta alla libertà didattica ed organizzativa, nel rispetto della Costituzione italiana, dell’art. 3 dello Statuto di autonomia della nostra regione, nonché delle norme statali, regionali e europee in materia di diritti linguistici, quanto hanno fatto e stanno facendo per far rispettare anche nelle scuole della regione i diritti linguistici della minoranza linguistica friulana, germanica e slovena?

E’ un obbligo della scuola rispettare i diritti linguistici delle tre minoranze che vivono nella nostra regione, ed è un diritto di queste tre minoranze che l’insegnamento del friulano a scuola, così come quello dello sloveno e del tedesco, venga impartito con progetti didattici seri e non solo “pro forma” con scarsissime ricadute sulla formazione degli/delle allievi/allieve.

LA REDAZIONE DEL BLOG

lunedì 29 luglio 2013

TERNA - ELETTRODOTTO INTERRATO: IN PIEMONTE SI PUO', IN FRIULI NO !


T E R N A
ELETTRODOTTO INTERRATO
IN PIEMONTE SI PUO’,
IN FRIULI NO !
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IN FRIULI

Terna, la ditta costruttrice:
 inutile l’elettrodotto interrato
di Cristian Rigo 
VERONA. Interrare l’elettrodotto Redipuglia – Udine ovest non soltanto sarebbe più costoso (invece di 100 milioni di euro ne servirebbero più di 500), ma l’opera risulterebbe “del tutto inutile”. Perché non risolverebbe i problemi di sicurezza delle rete e nemmeno il rischio black-out di tutta l’area compresa tra Udine e Pordenone. Parola del direttore operativo di Terna, Gianni Armani che ieri a Verona ha illustrato il progetto che dovrebbe portare a un risparmio di 60 milioni di euro all’anno nelle bollette degli italiani.
Ma non è finita qui. Perché oltre ad alleggerire il costo dell’energia, i 40 chilometri del nuovo elettrodotto consentiranno anche di ridurre l’impatto ambientale e l’inquinamento atmosferico. Sì, avete capito bene: ridurre. I risparmi energetici secondo Terna consentiranno anche di ridurre di 12mila tonnellate la produzione annua di Co2. Il che equivale, sempre a detta dei tecnici della società che gestisce la rete elettrica, all’inquinamento prodotto da una cittadina di 60mila abitanti. (…)

«Ma c’è anche un discorso – continua - di impatto ambientale e di inquinamento. Interrare l’elettrodotto non ci permetterebbe di mettere in sicurezza la linea (basti pensare ai possibili sovraccarichi di tensione e al fatto che un eventuale guasto si sistema in un mese mentre per la linea aerea bastano 3 ore: sarebbe come costruire una strada in salita) e causerebbe un maggiore campo elettromagnetico». (…)
4 FEBBRAIO 2010
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IN PIEMONTE

da IL MONDO Economia – 15 luglio 2013

Terna/ Al via nel torinese cantiere elettrodotto Italia-Francia

Con 190 km interrati, linea piu' lunga al mondo di questo tipo


(…) alla presenza dell'amministratore delegato di Terna, Flavio Cattaneo, del presidente di Rte, Dominique Maillard e del ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato. Si tratta di 190 km totalmente interrati, una linea a corrente continua a 320 kw che collega la stazione elettrica di Piossasco (Torino) a quella francese di Grand'Ile in Savoia. Il piu' lungo collegamento al mondo per questa tipologia. Per minimizzare infatti l'impatto paesaggistico ed evitare del tutto il passaggio in aree urbanizzate, la linea e' stata progettata in modo da integrarsi con le infrastrutture stradali e autostradali esistenti, e varchera' la frontiera attraverso la galleria di sicurezza del Frejus in collaborazione con la Sitaf, societa' che gestisce l'A32 Torino-Bardonecchia. (…)
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Arriva l'elettrodotto, ma stavolta sarà interrato
Presentata la linea Grand'Ile-Piossasco: passerà sotto l'A32


(…) Si tratta dell’evoluzione del progetto Grand’Ile-Moncenisio-Piossasco degli anni ‘80: il maxi-elettrodotto che con i suoi colossali tralicci avrebbe tagliato in due la valle di Susa, dalla montagna di Mompantero a Bruzolo, poi attraversando la Dora a Villarfocchiardo, S.Antonino, Coazze e Giaveno. Quell’idea fu avversata da sindaci e ambientalisti, capeggiati dall’allora sindaco di Mompantero Romano Perino, e il progetto venne definitivamente bocciato nel 1993 dalla commissione ministeriale per la valutazione dell’impatto ambientale (…)
su Luna Nuova di martedì 16 luglio 2013

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PERCHE’ LA STAMPA REGIONALE
NON NE PARLA ?
PERCHE’ LA POLITICA REGIONALE TACE?
IN PIEMONTE SI PUO’ INTERRARE,
E DA NOI IN REGIONE, NO ?
FIGLI E FIGLIASTRI?
La Redazione del Blog

sabato 27 luglio 2013

LINGUA FRIULANA: "FRIULANOFOBIA" E "PREGIUDIZI DA BAR"


LINGUA FRIULANA
“FRIULANOFOBIA”
E “PREGIUDIZI DA BAR”


LENGHIS E TUTELE. AL COVENTE LIBERÂSI DI PREJUDIZIS PATOLOGJICS. LU DÎS ANCJE LA CORT COSTITUZIONÂL

La «friulanofobie»
 e fâs mâl.
Si à di curâle

«The song remains the same». No podevin fâ di mancul di vierzi chest intervent cuntune frase par inglês, che tra lis altris e je divierse di «the pen is on the table», ven a dî la uniche che te opinion di cualchidun (ce origjinalitât…) o saressin in stât di dî in tancj di nô. Nol è tant un omaç plui o mancul platât ai Led Zeppelin, cul riferiment al titul di un lôr film e di un lôr disc dal vîf. Pluitost al è un riclam esplicit a cualchidune des plui resintis manifestazions di chê patologjie, avonde difondude in Friûl e inaltrò tal Stât talian, che si pues clamâle «friulanofobie», là che «friulano» nol è il non di un vin, ma il non talian de lenghe furlane. Cun di fat, in cont di dut chest, o varessin podût scrivi «A contin simpri chê dal ors», ma dopo vê cjapade ancje nô une piçule dose di chel virus, o vin pensât che dome se si scrîf par inglês, si si vierzisi al mont…
In chescj dîs chestis e altris «tonterías» (sino o no sino plurilengâi?) si son sintudis e letis ator ben e no mâl.Par esempli, uns vot dîs indaûr, su lis pagjinis dal “Fatto Quotidiano” («Tu quoque!». Sì, ancje par latin…): il furlan cuintri dal inglês, il furlan che al sarès un «dialetto», il furlan che nol covente, che al sarès une straçarie insegnâlu a scuele e doprâlu in ogni dontri…e chê e simpri chê. Stesse musiche in Consei regjonâl, cu la zonte de contraposizion, pardabon fastidiose, no dome tra lenghis ma ancje tra dirits di fonde: i dirits linguistics cuintri dai dirits dai lavorents («intant che a Ursinins di Çopule la Ideal Standard e siere, achì o fevelìn di furlan») e i dirits linguistics cuintri di chei dai disabii.
In ducj i câs «the song» e reste chê: friulanofobie imbombade di nazionalisim e di ignorance cence timp. Patologjie grâf, massime tal tierç câs, cemût che e mostre ancje la letare là che une conseire regjonâl dal M5S e sclarive lis motivazions, «altis», «modernis», «ecuilibradis» di chel emendament par spostâ inaltrò i bêçs pal furlan a scuele.
Su chel test o tornarìn tal nestri blog (http://eurofurlan.wordpress.com), pal moment si limitìn a un coment in struc: piês il tacon de buse. E salacor piês ancjemò des peraulis di un sotsegretari dal guvier Monti che al definive la tutele des minorancis «questione di oneri aggiuntivi» e di chei tecnics dal guvier tecnic che un an indaûr te «spending review» a vevin fat fîs e fiastris tra minorancis di serie A e di serie B.
Sun chê robe cence sens si à esprimude ancje la Cort Costituzionâl cuntune sô sentence dade fûr ai 18 di Lui, marcant propit chês sôs cualitâts e il fat di jessi discriminatorie viers de comunitât furlane. Tant a dî che la friulanofobie e fâs tant mâl, ma che si pues vuarî: al baste informâsi e documentâsi, liberâsi di lûcs comuns e prejudizis e meti in vore lis leçs cemût che al covente. Par cognossi e doprâ plui lenghis. Par vê plui dirits. Par jessi plui citadins e plui personis.

EURO FURLAN – 26/07/2013
eurofurlan@gmail.com


L'articolo a firma di EURO FURLAN è stato pubblicato anche sul quotidiano "IL QUOTIDIANO FVG" il 26 luglio 2013 
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SUL FRIULANO

“PREGIUDIZI DA BAR”

Come è possibile che in Parlamento regionale si avanzino proposte che contrappongono i diritti umani dei disabili ai diritti linguistici dei friulani, e ci sia chi ritenga che i miseri fondi concessi per l’insegnamento della nostra Lingua friulana già più volte tagliati col pretesto di ogni ondata di incertezza economica, siano una  sottrazione alla  solidarietà verso i disabili.
Si impone come prima considerazione che è ignobile contrapporre diritti umani egualmente meritevoli di tutela. Ma anche che l’emendamento, proposto dai cinque consiglieri regionali M5S, è figlio dei “pregiudizi da bar” nei confronti dei diritti linguistici in generale e della più totale ignoranza e incompetenza sulle norme europee, statali, e regionali a favore della tutela delle minoranze linguistiche compresa quella friulana.
Chi sperava che il più sottosviluppato sciovinismo non avesse più cittadinanza nella nostra regione, ora deve ricredersi poiché con questo emendamento si è veramente toccato il fondo del peggiore sciovinismo ”anti friulano”.
Lo studio del friulano non si contrappone alle altre lingue ma anzi l’ambiente plurilinguistico, ne accelera l’implementazione come è dimostrato anche dalle statistiche sull’alto grado di profitto delle scuole elementari del Friuli.
Aggredendo la centralità friulana e sacrificandone la dimensione, emarginandone la cultura e la tradizione e tagliandone le radici, si ottiene un gregge docile a qualsiasi interesse di realtà più protette, un ripiegarsi  alle volontà di chi a livello nazionale gode di maggiori simpatie o agganci alle lobby che contano, o all’ aria che gira su twitter. Il Friuli ha imparato bene che esiste anche la discriminazione non dichiarata tra genti anche di una stessa regione. La asfittica situazione economica del Friuli ne è buon testimone.
L’investimento per ciò che è diritto del Friuli, dall’Università, alle infrastrutture locali, alla ricerca, è da anni in ridimensionamento e ora si colpiscono perfino le autonomie, e di nuovo per l’ennesima volta il carattere saliente della nostra identità, cioè la lingua.
Basta grillini! Anche voi e gli antifriulani dovete rispettare le leggi fondamentali della convivenza e solidarietà tra le diverse genti che caratterizzano la Regione, l’Italia e l’Europa.

GIANCARLO CASTELLARIN

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La lettera sopra riportata è stata pubblicata sul quotidiano IL GAZZETTINO (Ud) venerdì 19 luglio 2013; sul quotidiano IL MESSAGGERO VENETO (Ud) sabato 20 luglio 2013; e giovedì 25 luglio sul settimanale dell’Arcidiocisi di Udine, LA VITA CATTOLICA (Ud)
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venerdì 26 luglio 2013

NUOVI OSPEDALI, IL FRIULI ALZI LA VOCE




NUOVI OSPEDALI,
IL FRIULI ALZI LA VOCE

di

ROBERTO MEROI



Martedì 16 Luglio 2013
Nel vicino Veneto c'è chi non sta con le mani in mano. Il presidente della Regione Luca Zaia ha siglato recentemente un accordo con Comune, Provincia, Università, Azienda ospedaliera e sanitaria per la costruzione del nuovo ospedale di Padova. Un'opera, sulla carta, grandiosa, una struttura che sarà di caratura internazionale visto anche che sorgerà nella città che è sede di una delle più antiche università del mondo. Il costo del nuovo ospedale patavino è preventivato in 650 milioni di euro. E Zaia ha già detto che i soldi se li farà dare da Roma. In Veneto, a quanto pare, non scherzano in fatto di nuove strutture ospedaliere. Tra già cantierate o in fase di progettazione, ci sono opere per circa un miliardo e mezzo di euro. Si va dall'ampliamento del San Bortolo di Vicenza ai nuovi complessi ospedalieri di Monselice-Este, di Villafranca, di Asiago e di Arzignano. Ci sono poi i project financing di Treviso per la Cittadella della salute (investimento complessivo di 224 milioni di euro) e per l'ospedale della Mamma e del Bambino di Verona (100 milioni).

In Friuli-Venezia Giulia, invece, tutto tace. O quasi. In fase di stallo (anzi, probabilmente azzerata) la prevista riforma delle aziende sanitarie. Stoppato pure l'avvio del 118 unico regionale a Palmanova (perché non a Udine?). Il nuovo ospedale di Pordenone (per il quale la giunta Tondo aveva accantonato 116 milioni di euro) pare anch'esso destinato a rimanere soltanto sulle carte dei progettisti.

Diversa la situazione a Trieste, dove si è dato mano alla ristrutturazione di una parte del vecchio ospedale Maggiore (55 i milioni di euro impiegati, provenienti 43 dallo Stato e 12 dalla Regione). Agli ulteriori 60 milioni di euro provenienti da Roma, si sono aggiunti quelli della Regione (143 milioni) anche per la ristrutturazione delle due torri dell'ospedale di Cattinara, la costruzione di una terza torre e il trasferimento dell'ospedale infantile Burlo Garofolo.

Ma a trovarsi in brutte acque è Udine. Per l'edificazione dei primi due lotti del “Santa Maria della Misericordia” (inaugurati l'11 gennaio di quest'anno) sono stati investiti 225 milioni di euro: 93 sono arrivati dallo Stato, 101 da privati attraverso il project financing e soltanto 30 dalla Regione. Per realizzare il terzo e il quarto lotto - che comprendono il nuovo pronto soccorso, più alcuni gruppi operatori, degenze, l’area di day surgery e le demolizioni e le dismissioni di alcuni vecchi padiglioni ospedalieri, la ristrutturazione di altri e la creazione di un nuovo parcheggio - al “Misericordia” servono quantomeno 120 milioni di euro. Sotto elezioni, sembrava che lo Stato avesse garantito a Udine 43 milioni e 600 mila euro per il terzo lotto. Poi non se ne è saputo più nulla.

È giunta l'ora di accelerare i tempi. Tante sono le problematiche da risolvere, ma quello della salute è un tema di primaria importanza. La Regione deve attivarsi per Udine anche in considerazione del ruolo indiscusso di architrave della sanità regionale e del futuro di hub&spoke che ha il principale ospedale udinese.
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L’articolo, a firma di Roberto Meroi, è stato pubblicato il 16 luglio 2013 sul quotidiano IL GAZZETTINO (Ud) – prima pagina e poi seguito in pagina interna.

mercoledì 24 luglio 2013

Graciis dai toi preziôs insegnaments. Cungjò ARNALT !


 



ARNALT BARACÊT

Vuê, al 24 di Lui, al è un an
che lu vin compagnât
tal ultin viaç.... 


Vuê, ai 24 di Lui, al è un an che o vin compagnât tal ultin viaç il nestri amì Arnalt Baracêt, un om che al à lavorât par agnorums pal so e nestri Friûl: lis batais pe lenghe e pe Universitât che, in gracie di un so emendament, al è rivât a otignî te leç dal taramot.

Simpri in prime linie su ducj i progjets che a rivuadavin il Friûl. Cu la sô grinte nol molave mai, fevelant cun ducj chei che a mostravin di lavorâ pal Friûl cence viodi di ce colôr politic che a jerin.

Cheste e je stade la lezion che Arnalt nus à lassât e che come Comitât pe Autonomie e il Rilanç dal Friûl o cirìn di puartâ indenant.


Graciis dai tiei
preziôs insegnaments.

Cungjò ARNALT!

domenica 21 luglio 2013

ANCHE PER LA CONSULTA I FRIULANI NON SONO UNA MINORANZA DI SERIE B !




LINGUA FRIULANA

LA CORTE COSTITUZIONALE
BOCCIA
IL GOVERNO MONTI
E RIPRISTINA
LA LEGALITA’ COSTITUZIONALE!

Anche per la Consulta
i friulani non sono
una minoranza di serie B !
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ERA IL
7 AGOSTO 2012

MINORANZE LINGUISTICHE: BOCCIATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI UN ORDINE DEL GIORNO CHE CHIEDEVA IL RIPRISTINO DELLA LEGALITA' COSTITUZIONALE
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OGGI SIAMO IL
18 LUGLIO 2013

Sentence de Cort Costituzionâl
sul insegnament de lenghe

Il furlan al vâl il todesc

19.07.2013
La lenghe furlane e à la stesse dignitât di chê todescje, slovene e francese.
Chest il significât dal pronunziament de Cort Costituzionâl taliane che e à dât il so parê sul ricors de Regjon Friûl-Vignesie Julie a rivuart de spending review dal guvier Monti dulà che e imponeve par lis scuelis de minorance furlane di nô aplicâ lis deroghis sul numar di scuelârs par vê un dirigjent che invezit a vevin lis minorancis di lenghe foreste, come chê todescje e chê slovene.
«E je stade fate justizie cuintri une discriminazion di no crodi», al comente Vielm Cisilin, diretôr de Arlef, l’Agjenzie regjonâl pe lenghe furlane. (…)

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E chest il
Comunicât stampe
del
COMITÂT 482


Anche per la Consulta
i friulani
non sono una minoranza di serie B

Con la sentenza numero 215, depositata il 18 luglio, la Corte Costituzionale è finalmente intervenuta sull’articolo 19, comma 5, del decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011 (decreto legge sulla revisione della spesa pubblica) chiarendo a quanti ancora non l’avessero capito che la comunità di lingua friulana è una delle minoranze linguistiche storiche riconosciute dalla Repubblica italiana la cui tutela discende direttamente dall’articolo 6 della Costituzione e non una minoranza di serie B.

Da dove nasceva la questione? In pratica, intervenendo in materia di “razionalizzazione della spesa relativa all’organizzazione scolastica”, l’allora Governo Monti aveva deciso di ridurre l’interpretazione del concetto di “aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche” a quello di aree “nelle quali siano presenti minoranze di lingua madre straniera”.

Un intervento apparentemente di natura tecnica, ma che nelle sostanza introduceva un’aberrazione linguistica, storica e giuridica che creava minoranze linguistiche di serie A (quelle “di lingua madre straniera”) e di serie B (quelle che la Relazione Tecnica che accompagnava il decreto legge definiva, in spregio alla legge statale 482/99, dei “particolari dialetti” tra cui citava esplicitamente “il friulano, l’occitano e il sardo”).

In occasione della conversione in legge di tale decreto avevamo invitato l’Amministrazione regionale del Friuli – Venezia Giulia a intervenire presso la Corte Costituzionale se il Governo italiano non avesse cancellato tale aberrazione e oggi, a poco più di un anno di distanza, possiamo leggere la sentenza della Consulta che così recita “La norma impugnata attribuisce alla definizione di «aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche» una portata indiscutibilmente limitativa […] infatti, nel conferire a tale previsione il significato di aree «nelle quali siano presenti minoranze di lingua madre straniera», il legislatore statale determina una rilevante contrazione dell’àmbito applicativo della precedente disposizione […] la qual cosa determina una non giustificata discriminazione della lingua e della comunità friulana.

Il concetto ci sembra abbastanza chiaro e ci auguriamo possa evitare nuovi episodi di discriminazione nei confronti dei friulani (ma anche dei sardi, degli occitani, ecc.).

Non possiamo però non chiederci come sia possibile che, in un paese che si definisce civile e democratico, ci si trovi ancora a dover ricorrere alla Corte Costituzionale per affermare quelle che dovrebbero essere ormai delle ovvietà.

Il problema è purtroppo molto più profondo e infatti, a oltre un decennio dalla sua approvazione, non solo buona parte di quanto previsto dalla legge 482/99 sulla tutela delle minoranze linguistiche rimane lettera morta, ma i suoi stessi principi di base continuano ad essere ignorati da molti politici, amministratori, funzionari e anche giornalisti italiani.

C’è allora da chiedersi quando la Repubblica italiana riuscirà davvero a riconoscere pienamente la propria diversità linguistica e nazionale? A tale domanda però, neppure la Consulta può dare una risposta.

Udine, 19 luglio 2013

Il portavoce del Comitato 482
Carlo Puppo

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biel finâl

di

William Cisilino

No plasarà par nuie a chei dal Fatto quotidiano, che îr a àn criticât la Presidente de Regjon, Debora Serracchiani, par vê metût in vore, cuntun finanziament di pueste, la leç sul insegnament de lenghe furlane. No i larà jù dal sigûr nancje a chei radical-chic che a cjapin sù firmis par il Tibet e par il quechua, ma co a sintin a fevelâ di furlan ur ven la utriarie. Soredut, e sarà une brute gnove par cierts politics che no tu ti visis une-robe-une che a vedin fat te lôr cariere, ma a vegnin fûr come i cais cuant che al plôf, ogni volte che si presente la ocasion par dâ cuintri a la marilenghe.
O tabai de Sentence pene dade fûr de Cort costituzionâl in mert ae tutele de lenghe furlane. In pocjis peraulis, seont la Consulte, nol è permetût, nancje par resons di “spending review”, di limitâ i dirits de lenghis minoritariis. E il Stât, vintlu fat cuntun dai innomenâts decrets-Monti dal 2012, al à determinât “une no justificade discriminazion de lenghe e de comunitât furlane”. In sumis, al esist un judiç no dome a Berlin, ma ancje a Rome, parafrasant Bertolt Brecht.
La vicende, cemût che e je nassude, e je un pessim esempli di comedie ae taliane. E je lade cussì: a di un ciert pont si veve di rideterminâ par leç il numar minim di arlêfs par fâ restâ in pîts un istitût scolastic. Naturalmentri, pes zonis di minorance, al coventave previodi des deroghis, propit pe specificitât di chescj teritoris. E cussì al è stât fat. Ma dopo si son nacuarts che ta cheste forme no si sparagnave vonde, e alore a àn inventade, justeapont, la “soluzione all’italiana”, ven a stâi che sì, si pues derogâ a lis normis gjenerâls, ma dome se si è une minorance “di lenghe foreste”. E te relazion ae leç, il funzionari roman di turno, al à scrit che al va ben cussì, ancje parcè che il furlan al è un “dialet” e no une “lenghe”, in barbe a dute la legjislazion – europeane, taliane e regjonâl – di tutele. Par furtune, la Cort nus à dimostrât che a falin chei che a sostegnin che “al furlan no i coventin leçs”.
E vignìn a la morâl, che e je dople.
Prin: si à di cjapâ at, magari cussì no, che di timp incà la classe dirigjente taliane e je daûr, cu la scuse de crisi, a presentâ dutis lis piês debolecis di un Stât nazionalist; e je daûr a considerâ lis lenghis “altris” presintis di secui intal Paîs “malerba da sradicare”, come subit daspò des anessions dal 1861 e dal 1866. E al è massime in gracie de Costituzion e des leçs fatis buinis tai agns ’90 – voludis a fuart dai furlans – se o podìn inmò difindisi.
Secont: a Rome, tai uficis ministeriâi, no àn capît, no capissin e no capiran mai adimplen chês che a son lis esigjencis in teme di istruzion tes lenghis minoritariis pe nestre Regjon. E alore ce spietìno, cuntun decret atuatîf dal Statût di Autonomie – come che e à sugjerît simpri la Cort costituzionâl te sentence dal 2009 – di domandâ cheste competence al Stât? La propueste e je za in Comission paritetiche di 4 agns incà. Ce fin aie fat? I furlans a pratindin une rispueste.

Dal Blog di William Cisilino