venerdì 29 marzo 2013

TRIBUNALE SOPPRESSO A TOLMEZZO? UDINE SPENDE UN MILIONE DI EURO! E NON E' L'UNICO ESEMPIO DI "RISPARMI DI CARTA"!



TRIBUNALE
SOPPRESSO A TOLMEZZO?

UDINE SPENDE
UN MILIONE DI EURO

E non è l'unico esempio
di "risparmi di carta"!


(…) «Risparmi» di carta, fatti solo su un piano teorico - e nemmeno troppo approfondito -. Ma che poi si traducono in tagli veri sulla pelle della gente, quella che già soffre i disagi del vivere in montagna. E non è l'unico esempio.

 Sull'onda del libro «La Casta», la scure della Regione Friuli-V.G. si è abbattuta sulle Comunità montane, additate come la causa del dissesto italiano (in realtà, i loro bilanci sono una quota infinitesimale della spesa pubblica italiana). Tant'è: sono state commissariate 4 anni fa, senza bene sapere come gestire le loro competenze. Tant'è: le Comunità montane sono ancora da liquidare realmente, ma le Unioni dei comuni montani che dovevano sostituirle non ci sono ancora, paralizzate da normative incomplete e contradditorie. E intanto lo sviluppo della montagna è fermo e i fondi europei vanno altrove.

La prossima tappa è quella delle Province: pressoché tutte le forze politiche predicano la loro soppressione. Il motivo: risparmiare. Nessuno si prende però la briga di spiegare ai cittadini che le loro competenze (uffici del lavoro, strade, ambiente...) andranno comunque esercitate, e il personale non si può mandare a casa. Quindi i risparmi sono scarsi e ipotetici, ma potrebbero essere addirittura inesistenti. (…)

ROBERTO PENSA



LEGGI TUTTO
L’EDITORIALE:

RISPARMI DI CARTA
E TAGLI DOLOROSI
di
Roberto Pensa

Come le macerie che si cominciano a  stagliare nitide dentro al fumo denso che si dirada dopo un violento incendio, emerge ormai con dati di fatto e incontrovertibili l'incredibile errore di valutazione compiuto dal governo Monti con la decisione di sopprimere il Tribunale dì Tolmezzo.

L'incendio, in questo caso, è dovuto al fuoco della retorica sulla cosiddetta «spending review», vale a dire la riqualificazione della spesa pubblica con l'eliminazione delle voci inutili o inefficienti. Chissà perché, quando si tratta di «razionalìzzare», gli spreconi sono sempre i più piccoli e indifesi.

Ma bando alle discussioni di principio: ora a parlare sono i fatti.

Il sindaco dì Udine, Furio Honsell, ha preso carta e penna (come potete leggere nell'articolo in cronaca di Udine) per dire chiaramente all'Anci (l'Associazione dei comuni) che la scellerata decisione governativa costerà quest'anno al capoluogo friulano quasi un milione di euro in più, per creare le strutture necessarie a fare spazio agli uffici giudiziari fino ad ora ubicati in Carnia.

La cosa ancor più assurda è che il costo annuo del Tribunale di Tolmezzo negli ultimi tre esercizi si è attestato tra i 312 e i 348 mila euro. A Udine perciò si spenderà quest'anno il triplo.

Anzi di più, a ben vedere, perché l'affitto della sede ormai dismessa, a vantaggio del Palazzo di giustizia nuovo di zecca del capoluogo carnico, pesava per circa 150 mila euro l'anno.

Insomma, proprio un bel risultato: maggiori costi, forti disagi per la popolazione della Carnia e dell'Alto Friuli (che dovrà percorrere decine di chilometri, e nei casi peggiori più di 100) per prendere parte ad un processo o magari solamente per richiedere un certificato penale. E una zona di Udine, quella di largo Ospedale vecchio, già congestionata di auto parcheggiate e di traffico, ancora gravata di una nuova e considerevole utenza.

Speriamo che non siano tutti così  i «risparmi» previsti dal governo Monti nel bilancio dello Stato: in tal caso, la strada della bancarotta per l'Italia sarebbe spianata.

«Risparmi» di carta, fatti solo su un piano teorico - e nemmeno troppo approfondito -. Ma che poi si traducono in tagli veri sulla pelle della gente, quella che già soffre i disagi del vivere in montagna. 

E non è l'unico esempio. Sull'onda del libro «La Casta», la scure della Regione Friuli-V.G. si è abbattuta sulle Comunità montane, additate come la causa del dissesto italiano (in realtà, i loro bilanci sono una quota infinitesimale della spesa pubblica italiana).

Tant'è: sono state commissariate 4 anni fa, senza bene sapere come gestire le loro competenze. Tant'è: le Comunità montane sono ancora da liquidare realmente, ma le Unioni dei comuni montani che dovevano sostituirle non ci sono ancora, paralizzate da normative incomplete e contradditorie. E intanto lo sviluppo della montagna è fermo e i fondi europei vanno altrove.

La prossima tappa è quella delle Province: pressoché tutte le forze politiche predicano la loro soppressione. Il motivo: risparmiare. Nessuno si prende però la briga di spiegare ai cittadini che le loro competenze (uffici del lavoro, strade, ambiente...) andranno comunque esercitate, e il personale non si può mandare a casa. Quindi i risparmi sono scarsi e ipotetici, ma potrebbero essere addirittura inesistenti.

Il problema è che tutti questi ragionamenti sono fatti sulla carta, e nessuno si prende la briga di vedere veramente come vanno le cose e dove si verificano gli sprechi e i malfunzionamenti della macchina pubblica.

Però, almeno quando l'errore risulta in tutta la sua lampante chiarezza, si dovrebbe avere il coraggio di ammettere che si è sbagliato.

 E allora, caro premier Mario Monti, caro ministro Paola Severino, cosa aspettate a dare finalmente giustizia a Tolmezzo? Il trasferimento del tribunale a Udine non è ancora iniziato, e si può ancora evitare la figuraccia con la Carnia e il «salasso» per la città di Udine, dando finalmente ascolto alle buone ragioni degli avvocati del foro di Tolmezzo, dei sindaci, della popolazione.

È vero, il governo dimissionario non è nella pienezza dei suoi poteri. Ma l'ammettere e il porre rimedio ad un errore così grossolano, ancorché sia un fatto straordinario per i politici italiani, dovrebbe essere un dovere anche per un premier e un ministro in «ordinaria amministrazione».


ROBERTO PENSA

Direttore Responsabile

LA VITA CATTOLICA (Ud)

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L’Editoriale a firma di Roberto Pensa è stato pubblicato sul settimanale LA VITA CATTOLICA (Ud) – giovedì 21 marzo 2013. I grassetti e i colori sono della Redazione del Blog.


sabato 23 marzo 2013

DIFENDIAMO L'UNIVERSITA' DEL FRIULI DAGLI APPETITI TRIESTINI E DALLA MIOPIA DELLA POLITICA REGIONALE !





DIFENDIAMO 
L’UNIVERSITA’ DEL FRIULI

DAGLI APPETITI TRIESTINI
E DALLA MIOPIA
DELLA POLITICA REGIONALE!
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PER UN NUOVO PATTO
UNIVERSITA’-TERRITORIO

Prof. Sandro Fabbro
Università di Udine

Recentemente, in più occasioni, è stato ricordato il “Patto Università-Territorio friulano” del 2008. E’ avvenuto all’apertura dell’anno accademico dell’Ateneo di Udine quando, sia il rettore Compagno sia il presidente della Provincia Fontanini, lo hanno positivamente richiamato. Ne ha fatto cenno, inoltre, nelle conclusioni del suo recente congresso, anche il segretario della Cisl dell’Udinese Muradore. Perché ha senso riparlarne ora? Perché, come nel 2008, quando quel patto era stato siglato, si andrà, nei prossimi mesi, alla rielezione di tutti i principali rappresentanti delle istituzioni friulane e ciò costituisce una grande occasione di dibattito pubblico sul futuro di queste istituzioni. Cerchiamo di approfondire allora la questione.
Quel patto era stato fortemente voluto, in coincidenza con i trent’anni dell’Università, dall’On. Arnaldo Baracetti (uno dei padri dell’Università friulana, recentemente mancato) e dal suo Comitato, per stringere le istituzioni friulane intorno al loro Ateneo e rispondere ai minacciosi segnali che provenivano da Roma (prime avvisaglie della tempesta che si sarebbe abbattuta, da lì a poco, sull’Università italiana e su diversi altri fronti). Il patto, scritto dopo numerosi incontri e versioni da un gruppo di persone coordinato da chi scrive, fu siglato dal Rettore Compagno e da altre 32 istituzioni friulane, con una cerimonia pubblica presso la Provincia di Udine, il 27 ottobre. Quel patto, criticato da alcuni per fumosità e scarsa efficacia, servi comunque a creare, intorno all’Università, una solidarietà che non si sentiva da anni e a dare all’Ateneo ed al nuovo Rettore la spinta per affrontare le dure prove, prevalentemente finanziarie, dei mesi ed anni successivi. Conteneva due indicazioni chiare: a. rafforzare la “terza missione” dell’Università (il trasferimento di conoscenze) per promuovere lo sviluppo e l’internazionalizzazione del territorio friulano; b. conservare e difendere l’autonomia dell’Ateneo nell’ambito di un rapporto, con il sistema universitario regionale, fatto di cooperazione ma anche di competizione.  
Oggi quel patto andrebbe profondamente ripensato perché, dal 2008, la situazione, non solo nell’Ateneo ma in tutto il Friuli, è profondamente cambiata. L’Università ha dovuto combattere con un bilancio in forte riduzione e, anche se la barca è rimasta a galla, i tagli ministeriali (aggiuntisi al cronico sotto-finanziamento) ed il mancato turn over si riverberano oggi nella riduzione dell’offerta educativa e nella sofferenza di parti significative della struttura universitaria. Certo non si chiude bottega né si demorde ma le “magnifiche sorti e progressive” che solo fino a pochi anni fa sembravano caratterizzare lo sviluppo dell’Ateneo friulano, si sono piuttosto appannate.
E’ esploso inoltre, come il patto aveva previsto, il problema delle alleanze da fare (e con chi). Il Rettore, coerentemente con il patto, ha fatto bene a tenere aperte le porte in diverse direzioni ma il Rettore è oggi in scadenza e non possiamo nasconderci che c’è chi, fuori ma anche dentro l’Ateneo, spinge per integrazioni forti solo con chi è più vicino ed ha anche più risorse di noi (le due Università di Trieste). Le grandi istituzioni friulane come il Comune di Udine e la Provincia di Udine sono più deboli nella loro naturale missione di leader del territorio friulano: Udine, capitale del Friuli, fa fatica ad uscire dalla propria radicata autoreferenzialità ed a costruire strategie che abbraccino le prospettive di un più ampio territorio. La Provincia è sotto schiaffo per altre ragioni più strutturali e legate al suo debole ruolo politico-amministrativo. Molti cittadini la ritengono un ente inutile ed è difficile convincerli che non è così solo sulla base di ragioni identitarie.
Su tutti incombe poi la Regione, vero convitato di pietra del patto del 2008.
Allora, l’assessore regionale Alessia Rosolen non vide di buon occhio il patto perché le sottraeva spazio di manovra, e, pur partecipando all’incontro finale, non lesinò critiche.
Il presidente della Regione Tondo, oggi, non nasconde le sue preferenze per forti integrazioni tra le sole Università regionali anche se non dovrebbe dimenticare che, oggi, c’è un accordo tra FVG, Veneto e Carinzia (destinato in futuro ad estendersi ad altri paesi e regioni) che ha valide basi giuridiche (il “GECT”) e che ci permette di cooperare seriamente e con altrettanta efficacia, anche con le Università venete e carinziane. Se si devono ricercare alleanze, allora, le si cerchi senza chiusure unilaterali ma secondo disegni strategici ampi e capaci di aprire orizzonti nuovi all’internazionalizzazione dell’Università e di tutto il Friuli.
Questa affermazione ci introduce alla questione di fondo. Ciò che è cambiato davvero, dal 2008, è che il soggetto sofferente, oggi, è tutto il Friuli e non solo la sua Università.
Dal 2008 qui si è perso l’8% del Pil! Il tasso di disoccupazione si è raddoppiato. I settori tradizionali dell’economia friulana non reggono più la concorrenza (-20% dell’export) ed i giovani hanno quindi molte meno prospettive di lavoro che in passato. Inoltre, la regione nel suo insieme, è andata peggio della media italiana visto che, negli ultimi dieci anni, il Pil regionale è cresciuto solo dello 0,5%  mentre in Italia del 2,5%. La specialità regionale, peraltro, non è più un motore di sviluppo e neppure uno scudo con cui difendersi: da più di dieci anni è solo uno strumento per coprire una paurosa perdita di competitività dell’intero sistema. L’Ente Regione, inoltre, ha avuto ed avrà un bilancio con meno entrate cosa che la costringerà a fare politiche di forte selezione e concentrazione della spesa mentre  il territorio friulano, i comuni, le realtà locali, non avranno più le stesse risorse di un tempo: si dovranno tagliare servizi e ridurre le prestazioni alla popolazione. Il “modello Friuli”, in altre parole è, se non defunto, decisamente agonizzante. Ambedue i soggetti, quindi, Università e Friuli, si trovano davanti ad una situazione molto difficile dove poche sono le possibili vie d’uscita e molte le minacce alla continuità ed all’autonomia del sistema per come l’abbiamo conosciuto negli ultimi trent’anni.
Ci vorrebbero scelte drastiche capaci di riavviare un nuovo ciclo di sviluppo. Ma mancano scrupolose analisi della realtà e ammissioni della cruda verità. Ma manca, prima di tutto, il coraggio! Ciascuna istituzione, da sola, lo constatiamo ogni giorno, non riesce ad averlo: quanto più aumenta il livello della sfida, tanto più ciascuna di esse si rinchiude su sé stessa. Ci vorrebbero davvero un momento ed un luogo in cui istituzioni friulane ed Università si ritrovassero assieme per: a. dirsi quelle verità che nessuno osa dire singolarmente; b. cercare una comune via d’uscita, anche se dolorosa, dal tunnel in cui siamo finiti; c. partire, nella riflessione, da domande cruciali: possiamo essere ancora “speciali”? E per fare cosa? E come? Rimettendoci tutti assieme a ragionare, un po’ di coraggio e qualche nuova visione, per ricostruire una comune prospettiva per il Friuli e per la sua Università, forse potrebbero emergere.

PROF. SANDRO FABBRO
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L’intervento del Prof. Sandro Fabbro, docente presso l’Università di Udine, che ringraziamo per averci inviato il testo originale dell'articolo, è stato pubblicato sul quotidiano IL MESSAGGERO VENETO (Ud) mercoledì 20 marzo 2013



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UNIVERSITA',
UN PATTO DA RINNOVARE

MA NIENTE FUSIONI O OCCORPAMENTI


di

Roberto Dominici


Un ottimo articolo ospitato da questo quotidiano il prof. Sandro Fabbro auspica un nuovo Patto Università-Territorio.

Come Comitato per l'Autonomia ed il Rilancio del Friuli ho fatto parte, nel 2008, del gruppo di lavoro che ha predisposto il Patto e ricordo certe difficoltà allora affrontate con alcune istituzioni, per fortuna non tutte, del Pordenonese e del Goriziano forse interessate, o comunque orientate, a mantenere una certa “equidistanza”, se così posso definirla, tra l'Università del Friuli e quella di Trieste.


Il Patto però si fece. Un atto questo di primaria importanza in quanto da un lato si richiama alla “mission”, un po' speciale, del nostro Ateneo come da legge istitutiva (“contribuire al progresso civile, sociale ed alla rinascita economica del Friuli e di divenire organico strumento di sviluppo...”) e, dall'altro, indica alcune prospettive di fondo per il futuro dell'Università friulana.

Il Patto, nato dal basso, ha colto il “sentire” popolare artefice forte della nascita dell'Università ed ha assunto un grande significato politico poiché ha saputo legare l'Università al Territorio ed il Territorio all'Università per il comune alto obbiettivo del lavorare insieme per la crescita delle nostre comunità.

Già allora i tempi non erano facili. Già allora si era in presenza di un consolidato sottofinanziamento statale ancorato, come più volte rilevato dal Rettore, a parametri “storici” non premianti gli Atenei di più giovane costituzione e, soprattutto, slegati da criteri di qualità e merito che, invece, l'Università del Friuli, nonostante tutto, ha dato prova di possedere.

Ha ragione Fabbro nel dire che dalla stipula del Patto ad oggi molte cose sono cambiate anche se è passato poco tempo; per cui, aggiunge lui ed io condivido, oggi non è in difficoltà solo l'Università ma è l'intero Friuli in sofferenza. Egli sostiene l'opportunità di un nuovo Patto.

Io credo che tornerebbe utile rinnovarlo con gli aggiornamenti che le nuove situazioni pongono. Il senso che in precedenza ho definito “politico” del Patto va mantenuto e, se possibile (spero di sì), rafforzato magari con la costituzione di una sorta di “pensatoio” sui più rilevanti problemi del momento anche per stabilire strategie ed azioni comuni.


Mi pare sempre presente, anche se sotto traccia (ma non tanto), un indirizzo che oserei definire “semplificatorio” circa la presenza di realtà universitarie sul territorio nazionale ed anche su quello regionale. Non vorrei che andando avanti si torni in realtà indietro con Università ridotte in numero, accorpate, fuse e così via. È mia opinione che l'Università del Friuli debba ricercare e costruire rapporti di cooperazione e di collaborazione non solo con la Università di Trieste ma anche con altre italiane e straniere per offrire sempre un quadro formativo qualificato, mantenendo e preservando identità ed autonomia.

In Regione c'è bisogno di entrambe le Università e quindi è bene non dare corpo a tentativi di “inglobamento”.

Fabbro si chiede, pensando alle necessità del Friuli di oggi, se possiamo essere ancora “speciali” come Regione e per cosa fare. Conosciamo l'insieme delle ragioni che hanno portato il Costituente a concedere al Friuli Venezia Giulia la autonomia speciale. Alcune di quelle ragioni non esistono più, altre esistono ancora, altre si sono trasformate nel tempo alla luce di eventi nazionali ed internazionali. Dunque la “specialità” esiste e va usata, usata bene. Non basta invocarla o declamarla; va utilizzata per politiche pensate al bene dei nostri territori. Certo, occorre una “progettualità” che parta da una oggettiva analisi di problemi e situazioni e che si articoli poi in programmi concreti, reali. Non mi pare di sentire qualcosa al riguardo. Eppure siamo alla vigilia delle elezioni regionali.
C'è un punto, a mio avviso qualificante, che va utilizzato: il ruolo internazionale di questa Regione che può aprire prospettive di sviluppo per l'economia, le grandi infrastrutture, il sociale, l'istruzione. E ciò tornerebbe di interesse pure allo Stato ed all'Unione Europea. Ecco un campo forte di impegno in virtù della specialità. Un altro? Perché non riformare la Regione con il trasferimento di funzioni al sistema delle autonomie locali e poi, tenuto conto del trasferimento stesso, riformare queste ultime con riguardo alla prestazione dei servizi ai cittadini?
Si potrebbe continuare ancora. Quello che manca alla politica di oggi è, appunto, una visione organica per il futuro delle nostre terre. È troppo chiedere uno sforzo in questa direzione? Tutti abbiamo bisogno di una prospettiva vera e seria.
 
Roberto Dominici


Articolo pubblicato sul quotidiano

 IL MESSAGGERO VENETO (Ud)
venerdì 22 marzo 2013 - pagina 22
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Il grassetto e i colori

sono della Redazione del Blog.


venerdì 22 marzo 2013

LAGO DI CAVAZZO - 22/23/24 MARZO 2013 - 7 REGATA INTERNAZIONALE MODELVELA





MODELVELA


LAGO DI CAVAZZO

 (Ud)
 
 A. S.D. Nautilago

 organizza

nei giorni  22/ 23/24

 marzo 2013


7 REGATA INTERNAZIONALE

FRIULI - VENEZIA GIULIA

EUROPA CUP

ALPE ADRIA CUP 2013


CLASSE E/METRO

CLASSE M/MARBLEHEAD


Per informazioni 

Nautilago

tel/fax +39 0432-979288

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Dal sito internet

NAUTILAGO A.S.D.



lunedì 18 marzo 2013

ART. 11 DEL NOSTRO STATUTO SPECIALE DI AUTONOMIA - PERCHE' E' SISTEMATICAMENTE VIOLATO DALL'ENTE REGIONE ?



QUANDO FINALMENTE
TROVERA’ ATTUAZIONE

L’ART. 11
DEL NOSTRO STATUTO SPECIALE
DI AUTONOMIA ?
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Legge Costituzionale
31 gennaio 1963, n. 1.


Statuto speciale
della Regione
Friuli-Venezia Giulia

Art. 11


La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Province ed ai Comuni, ai loro consorzi ed agli altri enti locali, o avvalendosi dei loro uffici. (…)

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L'ART. 11 DELLO STATUTO SPECIALE DELLA REGIONE FRIULI – VENEZIA GIULIA, DA 50 ANNI NON SOLO E’ SISTEMATICAMENTE IGNORATO, MA LA POLITICA REGIONALE,  STA SEMPRE PIU'  CENTRALIZZANDO TUTTO NELLE MANI DELL’ENTE REGIONE A TRIESTE!

V o n d e !
LA REDAZIONE DEL BLOG
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DOSSIER

Il leghista Serafini primo presidente dell’Ater “unica”
La Giunta per le nomine del Consiglio regionale ha espresso a maggioranza parere favorevole sulla proposta di nomina di Claudio Serafini e di Sergio Emidio Bini rispettivamente a presidente e vicepresidente dei Consigli di amministrazione delle Ater di Gorizia, Pordenone, Trieste, Udine e Alto Friuli.
Il parere è stato emesso in base alla legge di riordino istituzionale delle Ater, che prevede la fusione delle attuali cinque aziende territoriali in una unica del Friuli Venezia Giulia. L’operatività del nuovo soggetto pubblico, per legge, decorre dal primo gennaio 2014; nel corso del 2013 devono essere svolte tutte le attività finalizzate alla fusione.
13 marzo 2013


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ERDISU: NOMINATI I COMMISSARI STRAORDINARI E LIQUIDATORI

Codroipo, 14 mar 2013- La Giunta del Friuli Venezia Giulia ha attribuito agli attuali direttori degli ERDiSU di Udine, Magda Uliana, e di Trieste, Giuseppe Sassonia, le funzioni di Commissario straordinario e liquidatore dei rispettivi Enti. La decisione è stata assunta a seguito della legge regionale 9 agosto 2012, n. 16 (Interventi di razionalizzazione e riordino di enti, aziende e agenzie della Regione) che ha introdotto una nuova disciplina organica degli interventi regionali in materia di diritto allo studio universitario e definito un nuovo assetto istituzionale e organizzativo con una diversa configurazione del soggetto attuatore degli interventi stessi. In particolare la norma ha stabilito che gli attuali ERDiSU-Enti Regionali per il Diritto e le opportunità allo Studio Universitario di Trieste e di Udine, istituiti nel 2005, vengano sostituiti da un'unica agenzia, denominata Agenzia Regionale per il Diritto agli Studi Superiori - ARDiSS.
ARC/PPD

http://www.regione.fvg.it/rafvg/giunta/dettaglio.act;jsessionid=36D559DD8D84E79DD7F23B476A90E1FE?dir=/rafvg/cms/RAFVG/Giunta/&id=43828&ass=B05&WT.ti=Ricerca%20comunicati%20stampa
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Società partecipate, in Fvg record di investimenti

Un patrimonio da 809 milioni di euro. Cisl: «Serve un controllo sull'efficacia


UDINE (8 marzo, ore 12.15) - Il Friuli-Venezia Giulia è la prima regione in Italia per investimenti in società partecipate, ma serve un controllo sull’efficacia di questi strumenti nello sviluppo dell’economia della Regione. È questa la posizione espressa dalla Cisl che ha presentato oggi una ricerca in merito curata dall’economista Fulvio Mattioni.

In Friuli-Venezia Giulia ci sono 19 società partecipate, 5 in house – come Insiel o Fvg Strade – e 9 controllate indirettamente da Friulia –come Autovie Venete –, altre 5 come partecipate dirette – come Aeroporto di Ronchi o Sincrotrone Trieste –.

Le 19 società hanno un patrimonio di 809 milioni di euro. “Con queste risorse gli effetti sull’economia potrebbero essere molto più impattanti», rileva Mattioni, secondo il quale i 35 milioni di credito erogati complessivamente dal gruppo Friulia nel 2011 sono decisamente pochi.
Le partecipate sono nate per rendere più snella l’azione pubblica e per utilizzare professionalità non presenti nelle amministrazioni pubbliche.

«Ora bisogna rivedere questo sistema di privatizzazione –sostiene l’economista Mattioni – anche per i suoi costi eccessivi».


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giovedì 14 marzo 2013

IL FIUME TAGLIAMENTO NON E' UNA PISTA DA RALLY !


I COMITATI F.V.G.
UNITI PER LA TUTELA
DI SALUTE, AMBIENTE E LEGALITA’

invitano tutti coloro che vogliono far sentire la propria voce
in difesa del Tagliamento

A PARTECIPARE
ALLA MANIFESTAZIONE

in occasione della prossima edizione di Italian Baja, gara per mezzi fuoristrada che si svolgerà in gran parte nel greto del Fiume alpino più conservato d’Europa

SABATO
16 MARZO - ORE 9

IL TAGLIAMENTO
NON È
UNA PISTA DA RALLY

MA L’ULTIMO FIUME ALPINO
ANCORA NATURALE,
TUTELIAMOLO TUTTI INSIEME


TROVIAMOCI



SOTTO AL PONTE DI DIGNANO

 
 

per informazioni

chiama Franca al 3286383526


I fiumi non vanno utilizzati come un circuito asfaltato da percorrere alla massima velocità. Il Tagliamento è un ecosistema, il cui equilibrio viene continuamente minato dalle attività di coloro che, in nome del profitto, non hanno alcun rispetto per un ambiente naturale che ricercatori di tutta Europa vengono a studiare e preservare.

La vegetazione golenale, magredile e ripariale, ma persino le semplici pozze d’acqua, ospitano numerose forme di vita che tutte insieme contribuiscono a costruire le catene alimentari indispensabili per il mantenimento della biodiversità. In questo periodo gli uccelli hanno iniziato la stagione riproduttiva e frequentano il fiume per alimentarsi, formare le coppie e costruire i nidi.

L’andirivieni di potentissimi mezzi fuoristrada non può che essere di grave disturbo ad animali, devastazione di rare specie di fiori, piante e la distruzione di tutta l'area golenale interessata.


TUTTI “ASSIEME PER IL TAGLIAMENTO”
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dal sito internet della Associazione
ASSIEME PER IL TAGLIAMENTO