venerdì 29 novembre 2013

LINGUA FRIULANA E TUTELA LINGUISTICA - di Adrian Cescje





LINGUA FRIULANA
E TUTELA SCOLASTICA

L’amministrazione di centrodestra della passata legislatura ha cincischiato per anni sulle norme di applicazione, le ha emanate intenzionalmente generiche ed inefficaci, nascondendosi dietro il dogma dell’autonomia scolastica, interpretata ad hoc perché le scuole continuino a fare quel che gli pare, cioè nulla o quasi nulla per la lingua friulana, ed ha concesso alla tutela scolastica una irrisoria cifra di bilancio. Quella cifra, l’amministrazione attuale di centrosinistra l’ha ora abbassata, segno evidente che la destra e la sinistra di questa regione condividono il comune disprezzo per l’identità linguistica friulana, e si sorpassano a vicenda nella gara per demolire quella promessa di tutela che sembrava essere stata la conquista degli anni 90. (…)

E’ la regione Friuli-Venezia Giulia, dunque, ora, la principale responsabile della politica di svuotamento della tutela linguistico - identitaria, l’istituzione liquidatrice delle pur misere conquiste ottenute in anni di lotte, esecutrice dello spirito nazionalista e negatore dei diritti delle minoranze linguistiche, che ha impedito per cinquant’anni il secolo passato la traduzione in legge dell’articolo 6 della costituzione.


ADRIAN CESCJE

Comitato 482
Conferenza stampa del 25 novembre 2013.

Relazione di Adrian Cescje

Il punto di forza della tutela di una lingua in generale, e di una lingua minoritaria in particolare resta la scuola. Nella scuola si sviluppano le competenze linguistiche degli allievi, dalle semplici del linguaggio familiare alle complesse del linguaggio disciplinare e letterario scritto e parlato, e si interiorizza il valore sociale, detto anche valore simbolico, delle lingue. Una legge di tutela che si rispetti deve prevedere l’insegnamento scolastico della lingua che dichiara di tutelare, in una posizione centrale e non marginale, altrimenti né si forniscono le competenze che si dicevano, né si conferma il valore sociale della lingua. Non si tutela une bel niente, insomma.  Deve prevedere questo, ma soprattutto lo deve mettere in pratica, lo deve fare. La legge 482 prevede la tutela scolastica, almeno nella scuola dell’obbligo. Non c’è nulla in tale legge che ponga limiti ad un insegnamento completo e degno di questo nome. Nei fatti tale legge è rimasta evasa se non addirittura raggirata, sia al livello dello stato, sia al livello della regione.

La nostra regione, che nell’articolo 3 del suo statuto chiama in causa le minoranze linguistiche che la costituiscono, che è costituita da una delle minoranze linguistiche più cospicue della repubblica, la ladino-friulana, ha legiferato due volte per individuare ed istituire provvedimenti di tutela per la lingua friulana, nel 1996, quando ancora non esisteva la legge statale 482, e nel 2007, quando c’era e poteva intervenire con efficacia, se lo avesse voluto, in ambito scolastico. Ne aveva e ne ha i poteri. Poteva e può decidere per una quota dell’orario scolastico delle scuole del territorio per la disciplina di interesse regionale che sceglie di considerare. E le lingue storiche del Friuli sarebbero gli elementi per eccellenza da considerare. La Commissione didattica dell’Osservatori regjonâl de lenghe e culture furlanis, detto anche OLF, e poi dell’ Agjenzie regjonâl de lenghe furlane, detta anche ARLeF,  aveva elaborato nel 2007 una proposta di legge in questo senso, che aveva proposto al consiglio, e che, se fosse stata accettata, avrebbe trasformato la didattica delle lingue in Friuli in una didattica del plurilinguismo, che avrebbe dato al friulano un ruolo primario non solo per il suo apprendimento, ma anche per quello delle altre lingue, senza togliere alla didattica dell’italiano e della lingua straniera, anzi, potenziando qualitativamente quella didattica. I principi e gli obiettivi di quella proposta di legge sono stati recepiti nella seconda legge regionale di tutela del friulano del 2007; invece le disposizioni perché quella tutela fosse efficacemente e seriamente applicata nelle scuole del Friuli si tradussero, nella legge 29 che fu approvata, in qualcosa che è poco di più di un pacchetto di generiche raccomandazioni affidate alla buona volontà delle scuole.

Era la regione che doveva tradurre l’opportunità che le offriva le L 482 in normativa di legge efficace di tutela, anche in campo scolastico, ed ha mancato.
Era l’amministrazione regionale che doveva tradurre la legge in norme applicative ben definite, ed ha mancato.
Erano le amministrazioni regionali che dovevano accompagnare le norme applicative con un’adeguata dotazione finanziaria, ed hanno mancato.
L’amministrazione di centrodestra della passata legislatura ha cincischiato per anni sulle norme di applicazione, le ha emanate intenzionalmente generiche ed inefficaci, nascondendosi dietro il dogma dell’autonomia scolastica, interpretata ad hoc perché le scuole continuino a fare quel che gli pare, cioè nulla o quasi nulla per la lingua friulana, ed ha concesso alla tutela scolastica una irrisoria cifra di bilancio. Quella cifra, l’amministrazione attuale di centrosinistra l’ha ora abbassata, segno evidente che la destra e la sinistra di questa regione condividono il comune disprezzo per l’identità linguistica friulana, e si sorpassano a vicenda nella gara per demolire quella promessa di tutela che sembrava essere stata la conquista degli anni 90.


E’ la regione Friuli-Venezia Giulia, dunque, ora, la principale responsabile della politica di svuotamento della tutela linguistico - identitaria, l’istituzione liquidatrice delle pur misere conquiste ottenute in anni di lotte, esecutrice dello spirito nazionalista e negatore dei diritti delle minoranze linguistiche, che ha impedito per cinquant’anni il secolo passato la traduzione in legge dell’articolo 6 della costituzione.

Anche le scuole svolgono la loro parte nell’imbroglio della tutela. Quel poco che potrebbero fare per quei pochi soldi che ricevono dalla regione lo fanno male e lo chiamano ‘friulano’. Salvo pochissime eccezioni che si possono contare sulle dita di una mano sola, chiamano ‘friulano’ ciò che è un assortimento di informazioni delle più disparate sull’ambiente o sulle tradizioni del Friuli, e ciò che i vecchi programmi della scuola elementare e media concedevano comunque, senza bisogno di dover ricorrere ad una legge di tutela specifica per le minoranze. Non si fa insegnamento linguistico, come si dovrebbe fare; non si individuano e non si praticano obiettivi linguistici, nel percorso verso l’obiettivo finale alla fine del ciclo, che è il completo possesso delle abilità linguistiche di una lingua, né tanto meno si misura il raggiungimento di quegli obiettivi, se mai si dichiarano, con le verifiche che si dovrebbero usare per le attività linguistiche. Se si danno dei voti al ‘friulano’ sulle pagelle, essi sono del tutto vuoti di significato docimologico.  Se i soldi che arrivano alle scuole per il friulano non si impiegano per l’acquisto di materiale di segreteria, come si è fatto per anni quando provenivano direttamente dalla legge 482, si impiegano per compensare questo genere di insegnamento, che si fa con insegnanti volonterosi, là dove ci sono, ma messi in condizioni impraticabili per attuare un’educazione linguistica per la lingua friulana, oppure con insegnanti che si sono inseriti nell’apposito albo di competenza, perché hanno autocertificato una competenza che non hanno, per prendere qualche soldo in più dello stipendio che comunque ricevono. Da notare che la regione prevede  e concede questo assurdo genere di autocertificazione. C’è da chiedersi: perché? Questo si fa in generale, in nome del fatto che l’autonomia scolastica lascia alle scuole la facoltà di farlo. Come se l’autonomia scolastica non riguardasse solo gli aspetti organizzativi e metodologici per raggiungere gli obiettivi che comunque restano quelli imposti dalla legge, comuni a tutte le scuole. Potrebbero le scuole, invocando l’autonomia, scegliere di non svolgere o di svolgere parzialmente i programmi di matematica, di scienze o di storia? oppure, al contrario, è nella loro facoltà solo di scegliere come organizzarsi per raggiungere quegli obiettivi comuni? Vale dunque solo per la lingua minoritaria che l’autonomia scolastica concede alla scuole  di scegliere non solo il metodo di insegnamento della lingua, ma anche quali obiettivi raggiungere, o di non sceglierli affatto?
Questo è lo stato dell’imbroglio.

Dunque, sembrerebbe buona cosa che questa amministrazione regionale abbia dimagrito il già misero budget destinato alle scuole per la lingua friulana. Quasi un atto di moralizzazione dovuto. Sembrerebbe, ma non lo è. Non lo è perché l’istituzione regionale continua a ignorare l’essenza del problema della tutela scolastica, continua a fingere di non essere lei la principale responsabile dello stato delle cose nelle scuole, non solo perché non fornisce le risorse necessarie, ma soprattutto perché si è sottratta al compito di indicare obiettivi didattici univoci e adeguati per l’insegnamento del friulano, e di controllare con meccanismi ispettivi le attività scolastiche per il loro raggiungimento, di verificarne il raggiungimento. Non lo è perché è la regione stessa che favorisce questo stato di cose nelle scuole, non avendo voluto normare come avrebbe dovuto e potuto l’insegnamento linguistico del friulano, in un contesto di plurilinguismo avanzato, prendendo ispirazione dai migliori esempi europei. Non lo ha fatto per avere poi il pretesto di ridurre sempre di più l’impegno economico per questo settore, ed eliminare progressivamente ma inesorabilmente il fastidio di dover sostenere la tutela minoritaria nell’unico luogo dove potrebbe risultare veramente efficace per il mantenimento dell’identità linguistica, la scuola.

Il primo atto di sostanza dell’attuale amministrazione di centrosinistra per la tutela della lingua friulana, per il momento, si mostra in perfetta continuità con l’amministrazione precedente di centrodestra, e ne condivide il trend negativo.

Adriano Ceschia
 



martedì 26 novembre 2013

LINGUA FRIULANA E REGIONE: E' NECESSARIO CAMBIARE ROTTA !






LINGUA FRIULANA

 E REGIONE:


E’ NECESSARIO

 CAMBIARE ROTTA !


(…) Sarà forse un problema di comprensione, ma sembra quasi che a Trieste quando si nomina il “friulano” vengano sempre in mente i “tagli”. Vino e lingua sono però due cose estremamente diverse e per quanto si possano apprezzare i “tagli” del primo, ben altro gusto riservano i tagli alla seconda. Eppure da diversi anni si assiste allo spettacolo di leggi finanziarie regionali che per le risorse destinate alla lingua friulana propongono il segno meno a confronto con quelle dell’anno precedente. (…)

Peccato però che quando si parla di lingua friulana, ci sia sempre qualcosa di più importante e di più urgente da fare, o qualche ragione per tagliare, ridurre o rinviare. Come se non fossimo di fronte alla necessità di garantire i diritti linguistici riconosciuti e sanciti da leggi e trattati internazionali, statali e regionali che interessano una comunità di almeno seicentomila persone. Come se non fosse in gioco la dignità di un popolo. Come se in gioco non ci fossero anche posti di lavoro ma, come qualcuno vorrebbe far credere, gli interessi di una cricca di profittatori (…)

Se c’è la volontà però, prima dell’approvazione definitiva della legge, è ancora possibile dare un segnale di discontinuità rispetto al passato. Per farlo, tra l’altro, non servirebbe nemmeno mettere le mani sulle risorse previste per ambiti considerati più “sensibili”.

A scorrere le cifre della finanziaria, infatti, si scopre che alcuni enti culturali riceveranno un aumento di risorse che, da solo, è superiore al totale dei fondi previsti per la lingua friulana. C’è qualcuno che, in tutta onestà, è in grado di sostenere che un soggetto culturale, per quanto importante e di pregio sia la sua attività, possa ricevere un aumento di risorse che da solo vale più di tutti i fondi assegnati alla valorizzazione e alla promozione della lingua propria di metà della popolazione regionale? (…)

Una volta analizzate con rigore tutte le varie ragioni solitamente addotte per giustificare il mantenimeno dell’autonomia speciale, l’unica a resistere è quella legata alla presenza ancora maggioritaria in Friuli – Venezia Giulia di comunità che parlano una lingua propria diversa da quella statale. La Provincia di Trento, pur con poche migliaia di ladini ed ancor meno cimbri e mocheni, lo ha capito da tempo e si è mossa di conseguenza. La Regione Friuli – Venezia Giulia sembra invece ancora lontana dal capirlo. La manifestazione più chiara di questa realtà la ritroviamo certificata, nero su bianco, proprio in finanziaria dove per il friulano si investe appena lo 0,02% del bilancio regionale. Un comportamento suicida che non possiamo non denunciare.


COMITATO 482

-------------

Conferenza stampa
del Comitato 482, documento finale

25 novembre 2013
Palazzo della Regione - Udine



Comitât – Odbor – Komitaat – Comitato 482
c/o “Informazione Friulana” soc. coop.
V. Volturno, 29          33100   Udin / Udine
Tel.: 0432 530614        Fax: 0432 530801         D.p.e.: com482@gmail.com



***


Lingua friulana e Regione: è necessario cambiare rotta

Una prima analisi su finanziaria 2014 e politiche linguistiche per il friulano

Il Comitât - Odbor - Komitaat - Comitato 482 è nato e opera da oltre un decennio per difendere i diritti linguistici delle diverse comunità minorizzate del Friuli ed è costituito da realtà associative rappresentative di tali comunità e da singoli cittadini. Poiché sia la comunità slovena del Friuli - Venezia Giulia, sia le comunità di lingua tedesca sono dotate di organismi rappresentativi che includono o danno voce anche alle posizioni dell’associazionismo, crediamo più utile in questa occasione dedicare la nostra attenzione prevalentemente alle politiche linguistiche per il friulano. Il seguente comunicato propone dunque un’analisi sulle politiche linguistiche attuate fino a oggi dalla nuova Amministrazione regionale e, in particolare, sulle risorse finanziarie messe a disposizione per la lingua friulana nella legge finanziaria per il 2014 da poco approvata dalla Giunta Serracchiani e in attesa di approvazione definitiva da parte del Consiglio regionale.

Politiche linguistiche per il friulano: per ora solo un preoccupante immobilismo
È necessario partire da una considerazione: l’attuale Amministrazione ha ricevuto una difficile eredità dal precedente Governo regionale in tema di politiche linguistiche per il friulano. Ciò nonostante non si può non evidenziare come in sei mesi di attività si sia assistito a un immobilismo quasi totale anche di fronte a provvedimenti che avrebbero potuto essere attuati in tempi brevi.
Il riferimento principale da cui partire rimane la legge regionale 29/2007 che avrebbe dovuto dare piena attuazione per quanto riguarda la lingua friulana ai principi e ai precetti previsti dalla legge statale 482/99. Per la sua attuazione però rimane ancora molto da fare. Per fare solo un esempio, basti ricordare che manca ancora il regolamento per la certificazione linguistica (strumento indispensabile per garantire la qualità dei servizi linguistici offerti da parte del personale in servizio nelle amministrazioni pubbliche e nelle scuole) la cui bozza è già stata predisposta dall’ARLeF, ma non è stata ancora approvata dalla Regione. La stessa Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane, tra l’altro, sta ancora attendendo il rinnovamento dei suoi vertici direttivi e si ritrova in una situazione di stallo istituzionale che non solo è imbarazzante, ma alimenta una reciproca ed evidente sfiducia tra ARLeF stessa e Amministrazione regionale. Ciò per altro blocca anche l’approvazione tanto del Piano Generale di Politica Linguistica quinquennale, quanto dei Piani con le priorità d’intervento per raggiungere gli obiettivi annuali e dei Piani Speciali di Politica Linguistica.
Sul fronte dell’associazionismo, invece, è certamente positiva la decisione di aumentare in finanziaria le risorse per i soggetti ritenuti di primaria importanza per la promozione della lingua friulana, ma ancora una volta – in perfetta continuità con quanto visto durante l’Amministrazione Tondo – l’assegnazione dei fondi viene attuata senza alcun criterio oggettivo, nonostante la legge 29/2007 preveda esplicitamente che la Regione finanzi, in proporzione all’attività svolta, le realtà associative dotate di un’organizzazione e di una struttura stabile che svolgono un’attività qualificata e continuativa per la lingua friulana.

I media in friulano: la riproposizione di logiche superate
In una società come la nostra, per la vitalità di una lingua è fondamentale la sua presenza normale e paritaria anche nei mezzi di comunicazione: televisione, radio, carta stampata, settore digitale. La presenza di media in lingua propria è anche garanzia di una maggiore attenzione per le notizie locali e un presidio importante di democrazia oltre che di occupazione e di pluralismo informativo. È fondamentale allora non solo mantenere, ma piuttosto rafforzare i media attivi in tale ambito partendo da quanti hanno dimostrato in questi anni di essere in grado di offrire con continuità produzioni di qualità.
In realtà, mancando il Piano Generale di Politica Linguistica, non è facile capire quali siano le politiche che l’Amministrazione regionale intende perseguire per quanto attiena la presenza della lingua friulana nei mezzi di comunicazione. Se per la carta stampata l’unica costante in questi anni è stata la mancanza da parte della Regione di una strategia chiara di valorizzazione del friulano, per l’ambito radiotelevisivo l’Amministrazione Tondo aveva avviato una politica di soffocamento progressivo: le finanziarie 2010 e 2011 avevano infatti azzerato i fondi per il settore, finanziamenti ripristinati dopo numerose proteste solo con le variazioni di bilancio del 2011, ma con una riduzione del 25% rispetto alla cifra originaria, per arrivare al nuovo azzeramento previsto dalla finanziaria 2013.
Nella finanziaria 2014 appena licenziata dalla nuova Amministrazione regionale le risorse per i programmi radiotelevisivi in lingua friulana sono stati ripristinati, ma con una riduzione che li porta al 50% dei fondi previsti originariamente. Non è invece chiaro se sarà confermata la decisione assunta dalla Giunta Tondo di ripartire tali risorse per il 75% alle televisioni e per il 25% alle radio, assegnando dunque risorse in modo inversamente proporzionale all’uso che tali realtà fanno della lingua.
Assume poi una certa rilevanza il fatto che il primo atto di “politica linguistica” per il friulano attuato dall’Amministrazione regionale in carica sia stato una modifica apportata alla legge 29/2007 attraverso le variazioni di bilancio 2013. Tale modifica, per quanto possa sembrare di poco peso, ci sembra decisamente preoccupante tanto nel merito, quanto nel metodo. L’intervento ripropone infatti i meccanismi fallimentari previsti per il settore televisivo dalla precedente legge regionale annullando il peso dei produttori indipendenti (gli unici fino ad ora a produrre produzioni video di qualità in friulano) a vantaggio delle televisioni che, in questi anni, ben poco hanno fatto autonomamente per la promozione della lingua friulana. Inserendo tale modifica all’interno delle variazioni di bilancio è stata inoltre negata ogni informazione e possibilità d’intervento da parte di ARLeF, esperti del settore e associazioni friulane.

Istruzione: serve il coraggio di avviare un nuovo sistema plurilingue
Una realtà naturalmente multilingue come il Friuli - Venezia Giulia offre anche sul piano degli apprendimenti e degli insegnamenti linguistici un enorme vantaggio competitivo che fino ad ora è stato esplorato solo marginalmente e in forma sperimentale (approccio CLIL o uso veicolare delle lingue in materie non linguistiche) quando invece dovrebbe diventare il principio cardine di tutte le scuole della regione con una presenza curricolare delle nostre lingue. Si creerebbero così dei veri “cittadini europei”, coscienti della propria identità ma anche aperti alle diversità, abituati ad andare oltre le apparenze, facilitati nell’apprendimento di altre lingue. La strada da percorrere dovrebbe quindi essere quella dell’acquisizione di riconoscimenti istituzionali, competenze e risorse adeguate per intraprendere tale percorso. In parole povere l’assunzione da parte della Regione di competenze primarie in tale ambito.
Ciò risulta ancora più necessario alla luce delle recenti vicende legate all’ipotesi di trasferimento o riduzione del ruolo dell’Ufficio Scolastico Regionale del Friuli – Venezia Giulia, anche perché pensiamo che nessuno sia veramente convinto che l’assalto respinto in questi giorni non verrà riproposto dallo Stato centrale, con ancora più vigore, tra qualche tempo.
Risulta poi a dir poco paradossale che, proprio mentre le istituzioni regionali si affannavano a difendere la permanenza in loco dell’Ufficio motivandone la necessità quasi esclusivamente sull’insegnamento plurilingue derivante dalle norme di tutela di friulano, sloveno e tedesco, la Giunta regionale procedeva a un taglio drastico delle già esigue risorse per l’insegnamento curricolare del friulano a scuola. Sarà anche vero, come affermato dall’Assessore competente, che le risorse rimanenti saranno stanziate con le variazioni di bilancio 2014, ciò nonostante ci sembra un segnale davvero inquietante.
A proposito poi dell’insegnamento curricolare della lingua friulana nelle scuole dell’obbligo, è necessario ricordare come la sua introduzione sia stata avviata solamente con l’anno scolastico 2012-2013 e in maniera parziale considerato che per le scuole secondarie di primo grado si procede ancora con il precedente sistema “a progetto”. L’assenza di controlli, criteri discutibili per la selezione degli insegnanti e altri elementi legati al regolamento approvato durante la precedente legislatura, rendono poi l’applicazione della legge alquanto problematica al punto che quanto visto durante lo scorso anno scolastico fa temere che, insistendo con la stessa politica, si rischi di danneggiare il percorso per la progressiva introduzione del friulano come lingua curricolare nelle scuole. Mancano infatti elementi fondamentali quali la formazione sistematica degli insegnanti, un giusto riconoscimento professionale per tali insegnanti attraverso la creazione di un’apposita classe di concorso come accade per quanti insegnano altre lingue, ecc.

Finanziaria 2014: nonostante le promesse, si prosegue con la politica dei tagli

Sarà forse un problema di comprensione, ma sembra quasi che a Trieste quando si nomina il “friulano” vengano sempre in mente i “tagli”. Vino e lingua sono però due cose estremamente diverse e per quanto si possano apprezzare i “tagli” del primo, ben altro gusto riservano i tagli alla seconda. Eppure da diversi anni si assiste allo spettacolo di leggi finanziarie regionali che per le risorse destinate alla lingua friulana propongono il segno meno a confronto con quelle dell’anno precedente.
Prima di addentrarci in considerazioni più dettagliate è il caso di offrire le cifre “nude e crude” così come arrivano dall’attuale stadio di approvazione della legge finanziaria:

Descrizione
Importo finanziaria 2014
Importo finanziaria 2013
Differenza 2013 / 2014
Spese per la realizzazione di programmi radiofonici e televisi in lingua friulana
100.000,00
  0,00
+ 100.000,00
Sovvenzione Società Filologica Friulana
200.000,00
150.000,00
+ 50.000,00
Finanziamento ARLeF
400.000,00
400.000,00
=
Sovvenzione enti riconosciuti per attività di valorizzazione e promozione lingua friulana
185.000,00
160.000,00
+ 25.000,00
Interventi a sostegno dello sviluppo dell’offerta formativa scolastica in materia di insegnamento delle lingue locali e minoritarie
150.000,00
0,00
+ 150.000,00
Sostegno finanziario per l’insegnamento della lingua friulana nelle scuole
450.000,00
950.000,00
- 500.000,00
Totali
1.485.000,00
1.660.000,00
- 175.000,00



Da un lato assistiamo dunque a un aumento delle risorse disponibili – associazionismo e programmi radiotelevisivi, anche se con le riserve già espresse in precedenza – e dall’altro abbiamo un taglio drastico alle risorse per l’insegnamento. Dipenderà dal fatto che le deleghe legate alle lingue minorizzate rimangono affidate ad Assessorati diversi (eredità trasmessa dalla Giunta Tondo e, nonostante le nostre richieste di cambiamento, mantenuta dalla Giunta Serracchiani), certo è che per la lingua friulana la legge finanziaria 2014 per ora si chiude con un -10,5% rispetto alla finanziaria 2013, che a sua volta conteneva un taglio di quasi il 50% rispetto all’annualità precedente, che a sua volta… meglio fermarci qua.
Lascia poi perplessi la conferma per l’ARLeF delle stesse risorse assegnate lo scorso anno e che, in buona sostanza, vanno sì e no a coprire le spese di funzionamento e per il personale, riducendo così l’Agjenzie a un ruolo assolutamente marginale, ben diverso da quello previsto dallo spirito e dal testo della legge 29/2007.
Si dirà: colpa della crisi, colpa dei tagli ai trasferimenti dallo Stato centrale, colpa del Patto di stabilità. Peccato però che quando si parla di lingua friulana, ci sia sempre qualcosa di più importante e di più urgente da fare, o qualche ragione par tagliare, ridurre o rinviare. Come se non fossimo di fronte alla necessità di garantire i diritti linguistici riconosciuti e sanciti da leggi e trattati internazionali, statali e regionali che interessano una comunità di almeno seicentomila persone. Come se non fosse in gioco la dignità di un popolo. Come se in gioco non ci fossero anche posti di lavoro ma, come qualcuno vorrebbe far credere, gli interessi di una cricca di profittatori.
Se c’è la volontà però, prima dell’approvazione definitiva della legge, è ancora possibile dare un segnale di discontinuità rispetto al passato. Per farlo, tra l’altro, non servirebbe nemmeno mettere le mani sulle risorse previste per ambiti considerati più “sensibili”. A scorrere le cifre della finanziaria, infatti, si scopre che alcuni enti culturali riceveranno un aumento di risorse che, da solo, è superiore al totale dei fondi previsti per la lingua friulana. C’è qualcuno che, in tutta onestà, è in grado di sostenere che un soggetto culturale, per quanto importante e di pregio sia la sua attività, possa ricevere un aumento di risorse che da solo vale più di tutti i fondi assegnati alla valorizzazione e alla promozione della lingua propria di metà della popolazione regionale?
Con una redistribuzione più equa delle risorse, dunque, la Giunta Serracchiani potrebbe dare un primo segnale di discontinuità rispetto al passato. Il problema di fondo rimane però un altro: è infatti necessario un cambio di mentalità radicale che permetta non solo di garantire i diritti linguistici ai friulani, agli sloveni e ai germanofoni del Friuli – Venezia Giulia, ma anche di rendere il nostro patrimonio linguistico, culturale e identitario una marcia in più per tutta la regione.
La vicenda dell’Ufficio Scolastico Regionale dovrebbe rappresentare un campanello d’allarme anche per quanti dicono di difendere l’autonomia regionale, ma senza darle sostanza. Una volta analizzate con rigore tutte le varie ragioni solitamente addotte per giustificare il mantenimeno dell’autonomia speciale, l’unica a resistere è quella legata alla presenza ancora maggioritaria in Friuli – Venezia Giulia di comunità che parlano una lingua propria diversa da quella statale. La Provincia di Trento, pur con poche migliaia di ladini ed ancor meno cimbri e mocheni, lo ha capito da tempo e si è mossa di conseguenza. La Regione Friuli – Venezia Giulia sembra invece ancora lontana dal capirlo. La manifestazione più chiara di questa realtà la ritroviamo certificata, nero su bianco, proprio in finanziaria dove per il friulano si investe appena lo 0,02% del bilancio regionale. Un comportamento suicida che non possiamo non denunciare.

Udin / Udine, 25.11.2013

Il portavoce del Comitato 482
Carlo Puppo
........................



Link “Comunicato Stampa” del Comitato 482
pubblicato
sul sito internet del Comitato stesso

sabato 23 novembre 2013

CANONI E PREMI ATER - TRIESTE E' FAVORITA !



Canoni e premi Ater
«Trieste è favorita»


EDILIZIA. - Fontanini denuncia la disparità con il resto del Fvg

«In nome di quale logica i premi di produzione pro capite dei dipendenti dell’Ater di Trieste sono superiori rispetto ai colleghi delle altre aziende? Perché gli inquilini del capoluogo giuliano pagano un canone minimo di affitto inferiore rispetto agli altri? I privilegi sono evidenti e ingiustificati.

Non è questione di campanilismo. Il Friuli paga sempre il prezzo più alto e soccombe ingiustamente».

Il presidente della Provincia di Udine, Pietro Fontanini, denuncia la diversità di trattamento tra l’Ater di Trieste e le altre aziende territoriali per l’edilizia residenziale della regione. Nell’occhio del mirino il compenso pro capite per la produttività: 7.200 euro per Trieste, 5mila a Gorizia, 4.200 a Udine, 4mila a Pordenone e 2.400 all’Alto Friuli.

A Trieste il premio viene liquidato per il 50% automaticamente (a giugno) e per il 50% in base al merito, nel resto del territorio regionale le proporzioni cambiano fino ad arrivare a Tolmezzo dove il premio viene assegnato unicamente in base al merito. Poi Fontanini attacca nuovamente l’importo dei canoni minimi di affitto:

«A Trieste l’importo richiesto è di poco superiore ai 10 euro mensili, a Udine la quota è pari a 46,44 euro mentre la tariffa applicata in montagna è di 35 euro.

Si preoccupi quindi l’assessore Santoro, nella riorganizzazione dell’Ater Fvg, oltre al contenimento dei costi di parificare stipendi, premi di produttività e canoni di affitto e di mettere la parola fine a questi favoritismi a pioggia di cui beneficia il capoluogo regionale».


Da IL QUOTIDIANO-FVG 
mercoledì 20 novembre 2013

martedì 19 novembre 2013

LINGUA FRIULANA - E I MOLTI GELATI "A SBAFO" DEL CONSIGLIERE ANTIFRIULANO


LINGUA FRIULANA
E i molti gelati "a sbafo"
del consigliere antifriulano

Da un articolo del quotidiano Il Piccolo di Trieste del 19 ottobre, risulta che il consigliere regionale triestino Bruno Marini (Forza Italia), noto per i suoi attacchi ai presunti sprechi relativi alla lingua friulana, ami molto i gelati, al punto tale di averne consumato, durante il mese di luglio, quasi ogni sera, tre palline per il costo di euro 3.90.
Nulla di male, se non fosse che gli scontrini del gelato – così risulta dall’articolo del Piccolo - sono poi finiti all’attenzione della Procura della Corte dei Conti poiché i costi sarebbero stati addebitati ai cittadini.
A dire il vero, dall’articolo risulta che le spese irregolari contestate al Consigliere regionale Marini ammontino a ben 6 mila euro e, sempre dall’articolo, si evince che per la Corte tale comportamento configuri un danno erariale.
Eppure per Bruno Marini, i 6.000 euro contestati dalla Corte dei Conti sono poca cosa, perché il vero spreco sono le traduzioni in simultanea in lingua friulana in aula consiliare. Un diritto dei consiglieri di lingua friulana che non può essere negato, come non è possibile obbligare un consigliere regionale a “programmare” in anticipo i suoi interventi nella lingua della minoranza.
Indecoroso poi – così risulta dalla stampa – che in Aula, durante la traduzione in simultanea, fosse raro l’uso della cuffietta audio da parte di chi non conosce la lingua friulana, e peggio ancora, gli “sberleffi” dei consiglieri triestini nei confronti del collega che faceva il suo intervento in friulano.
C’è veramente da rimanere disgustati davanti all'assenza di etica di chi pare non trovare sconveniente addebitare ai cittadini il costo dei suoi gelati, ma considera uno spreco di denaro pubblico la tutela dei legittimi diritti delle minoranze linguistiche che vivono in regione.
Così come fanno indignare – se realmente accaduti – gli sberleffi dei consiglieri regionali triestini nei confronti di chi usa la propria lingua madre in Aula. Preoccupa inoltre che ciò non venga pesantemente stigmatizzato dalla stampa e dalla Giunta Serracchiani. Scorretto e discriminatorio poi che si voglia trasformare a chiamata il servizio di traduzione in lingua friulana in Consiglio.
E' evidente a chiunque infatti che subordinare l'uso della lingua a una richiesta preventiva, equivalga a inibirne ancora di più l'uso creando così una gravissima sperequazione tra quanti utilizzano il friulano e quanti l'italiano.

ROBERTA MICHIELI

……………

La lettera è stata pubblicata sul settimanale della Arcidiocesi di Udine, LA VITA CATTOLICA, giovedì 14 novembre 2013
 ------------------

LINK dell'articolo del quotidiano IL PICCOLO (Ts) del 19 ottobre 2013, citato nella lettera a firma di Roberta Michieli: