martedì 28 aprile 2015

TRIESTE - CROLLO VERTICALE DELLE CROCIERE!


TRIESTE

Crollo verticale delle crociere

Ttp fallisce tutti gli obiettivi


Dal quotidiano IL PICCOLO di Trieste

26 aprile 2015


“Passeggeri, indotto, infrastrutture: differenza abissale tra i proclami trionfalistici del Piano del 2010 e la modesta realtà attuale.

Su 24 porti censiti in Italia, siamo appena diciottesimi, dietro Ravenna.

Mercoledì l'assemblea: si prepara la resa dei conti

di Silvio Maranzana”

 
http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2015/04/26/news/crollo-verticale-delle-crociere-ttp-fallisce-tutti-gli-obiettivi-1.11309743

 

COMMENTO

Se è questa la capacità imprenditoriale triestina, come possono pretendere a Trieste di voler "guidare" (sic!) anche il Porto di Monfalcone, il  Porto  di San Giorgio di Nogaro e gli interporti regionali? Per far fallire tutto anche "fuori Trieste"?
 
NO, GRAZIE! - "NO SE POL!"



LA REDAZIONE DEL BLOG


 

sabato 25 aprile 2015

TEATRO STABILE IN LINGUA FRIULANA - AVEVA REGIONE BEPI AGOSTINIS!




TEATRO STABILE

IN LINGUA FRIULANA


AVEVA RAGIONE

 
BEPI AGOSTINIS!



Se il progetto di Bepi Agostinis di un “Teatro in lingua friulana di professionisti” - progetto che fu anche di Nico Pepe - fosse andato in porto, oggi in Friuli avremmo un teatro TRIC in lingua friulana, (ricordiamo che da  molti anni la minoranza linguistica slovena di Trieste ha un "Teatro stabile", ora TRIC), e anche il CSS avrebbe avuto il riconoscimento che di diritto gli spettava.

Ma si è sempre in tempo per attuare questo importate progetto.......basta che chi in Friuli si occupa di teatro professionista e la politica regionale, lo appoggino senza titubanze.   

Progetto fondamentale  per una adeguata tutela della minoranza linguistica friulana anche nel campo teatrale, oltre offrire al CSS la possibilità di ottenere la qualifica di teatro TRIC senza andare a tentare "disavventure" a Trieste che lascerebbe al Friuli, come sempre, solo gli avanzi che cadono dalla tavola imbandita....
 
LA REDAZIONE DEL BLOG

...................


Lettera a firma di Giuseppe Agostinis
(BEPI per gli amici!)
 pubblicata sul settimanale
LA VITA CATTOLICA
il 2 aprile 2015



Egr. Direttore, vorrei gentilmente poter entrare nel discorso sul Teatro in Friuli V.G. da qualche settimana riempie le pagine del suo giornale .

Il dibattito partito dal C.S.S. per voce del suo presidente Alberto Bevilacqua, il quale dopo la bocciatura del Teatro Rossetti sul progetto tentato dal C.S.S. di una fusione fra il Teatro Rossetti, il C.S.S. e la Accademia Drammatica Nico Pepe, è uscito sulla stampa con le sue delusioni, attaccando un po’ tutti.

Non avendo seguito dall’interno questa vicenda non posso entrare in merito. Però avendo frequentato per un po’ di anni quel mondo vorrei esporre alcune mie considerazioni.

Il C.S.S., inteso come Teatro di Innovazione, ha portato in Friuli e in particolare a Udine una ventata di rinnovamento e di questo bisogna dargli atto. Se la prenda pure con il Teatro triestino, avrà le sue ottime ragioni. Il Bevilacqua, come “vecchio” (di esperienza) nel Teatro, conoscendo molto bene l’ambiente di quella città, in particolare l’influenza politica da cui è appoggiato, avrebbe potuto immaginare che Trieste, se non ha la sicurezza matematica di un suo tornaconto, non si metterebbe mai con un’ Istituzione udinese, non solo per campanilismo ma soprattutto per i finanziamenti, che per ottenerli loro sono molto bravi. Ricordiamo come è stato facile ottenere il finanziamento per coprire il dissesto finanziario del Teatro triestino del 2014 di 14 milioni di euro.

Ed ora Trieste ha due Teatri riconosciuti Tric, “Teatro di rilevante interesse culturale”, e il C.S.S. non è più nemmeno Tric, e questo, dopo anni di ottimo lavoro, non mi pare sia una cosa giusta nei confronti del C.S.S.. Immaginarsi se fosse andato a buon fine il progetto del C.S.S., certamente Trieste non avrebbe mai lasciato a Udine il Teatro Nazionale.

Veniamo ora al nocciolo della questione. Con la fusione suggerita dal C.S.S., il Teatro Giovanni da Udine sarebbe diventato Teatro di Produzione, cosa che nello statuto non è contemplata. Quindi non è l’ex Presidente dott. Mizzau che non ha accettato la proposta, ma certamente la maggioranza del suo Consiglio Direttivo. Avendo frequentato anche il Teatro Giovanni da Udine per la mia battaglia sul Teatro friulano, ho potuto conoscere la personalità del dott. Mizzau, leale e sempre coerente con le direttive ricevute. Anche per il Teatro friulano, aveva detto che il Teatro Giovanni da Udine non può fare produzione, ma ha sempre cercato di dare la massima collaborazione, sempre dopo aver ascoltato le direttive del suo Consiglio di Amministrazione: difatti due spettacoli in lingua friulana sono entrati per due anni in cartellone.

Anche nel mio ultimo tentativo di ritornare a far rivivere la “Farie”, ovvero la Compagnia di professionisti che si era formata per un lavoro continuativo professionale sul Teatro in friulano, iI dott. Mizzau, sapendo che il suo Teatro non poteva produrre, si era messo a disposizione assieme alla Provincia di Udine ed il Comune di Udine, per far ripartire la “Farie” dandoci l’opportunità di usufruire degli spazi del Teatro per le prove, che per la Compagnia era molto importante.

Purtroppo per incomprensioni fra dirigenti regionali e politici la cosa non andò avanti. Qui faccio un appunto al C.S.S., che ha partecipato appieno alla realizzazione degli spettacoli della “Farie”: la “Farie” per il C.S.S. era solo una questione di denaro e non per la valorizzazione del Teatro in Friulano, di cui io ero  assolutamente convinto.

Questo mio intervento è nato da una battuta del Bevilacqua ad una sua intervista, dove dice che il Teatro Sloveno ha ottenuto il riconoscimento, di “rilevante interesse culturale” perché è un “Teatro di lingua minoritaria” : ma il Friulano non è una lingua minoritaria riconosciuta?

Vedi caro Alberto se il discorso della ”Farie” non fosse stato solo un discorso di finanziamenti, ma ci avessi messo un po’ di amore per la nostra lingua, forse oggi avresti potuto avere una Compagnia friulana nel tuo C.S.S., che ti avrebbe potuto dare una mano per un maggior riconoscimento alla tua Istituzione.

Tu che conosci tutti i regolamenti e leggi sul Teatro, sapevi che un Teatro di lingua minoritaria aveva diritto a un riconoscimento, e anche noi si saremmo mossi al meglio, anche giuridicamente, per ottenere un Teatro friulano professionista, come lo sognavamo Nico Pepe ed io. Non  solo un Teatro formato da due o tre attori, come stai facendo ora, ma come gli spettacoli della “Farie”:   “Pietro Savorgnan di Brazzà” e “Siums”.

In bocje al lof, istès. 

GIUSEPPE AGOSTINIS

 

mercoledì 22 aprile 2015

GIU' LE MANI DAI PORTI DI SAN GIORGIO DI NOGARO E MONFALCONE!


REGIONE
 
IL FRIULI
 
NON E' 
 
UN FEUDO TRIESTINO!

GIU' LE MANI

DAI PORTI  DI

SAN GIORGIO DI NOGARO

E MONFALCONE!

................



Dal quotidiano IL PICCOLO di Trieste 

MaxiAuthority, no di Regione e D’Agostino

Bocciature pesanti per l’ipotesi Russo. La governatrice Serracchiani: «Rischia di marginalizzare Trieste». Il commissario: «Strada pericolosa»

di Silvio Maranzana

 http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2015/04/14/news/maxiauthority-no-di-regione-e-d-agostino-bocciature-pesanti-per-l-ipotesi-russo-1.11229948


14 aprile 2015
 
«(...) È un percorso che non mi piace - afferma convinto D’Agostino (commissario dell’Authority portuale triestina n.d.r.) - in questo modo tutte le strutture logistiche regionali verrebbero messe sullo stesso piano, Trieste equivarrebbe a Monfalcone e invece il mercato, i traffici, gli operatori hanno scelto e hanno messo Trieste sopra tutto.
 
Se si fa un network è da Trieste che deve partire, non dalla regione».
 
Nell’assetto prefigurato da Russo invece, secondo D’Agostino, Trieste per poter utilizzare una banchina a Monfalcone dovrebbe appena chiedere alla Regione. (...)
 
«È l’Autorità portuale triestina che deve allargarsi per includere gli altri porti e interporti e guidarli e non deve succedere l’inverso», chiude D’Agostino.” (...)

 ........................
 
 
PUO' BASTARE? 

 
Che l'Autorità portuale triestina pretenda di avere il diritto di DECIDERE il futuro dei porti di Monfalcone e di San Giorgio di Nogaro, è la dimostrazione evidentissima della arroganza triestina e del mai sopito municipalismo triestino.
 
A questo punto l'unica soluzione possibile affinché il Friuli (PN, UD e GO) abbia un futuro, è la separazione amministrativa tra Friuli e Trieste e la creazione di una regione Friuli - Venezia Giulia "LEGGERA", sulla falsariga della Regione Trentino - Alto Adige. 



martedì 21 aprile 2015

L'ITALICUM DISCRIMINA LA MINORANZA LINGUISTICA FRIULANA!





L'ITALICUM
 
 
  
DISCRIMINA LA MINORANZA

LINGUISTICA FRIULANA!



Comitât pe Autonomie e pal Rilanç dal Friûl 

Comitato per l'Autonomia e il Rilancio del Friuli

Udine

COMUNICATO STAMPA


 
I lucidi e chiarissimi interventi di D'Aronco, presidente onorario di questo Comitato, e di Cecotti in difesa dell'autonomia regionale non richiedono certo commenti o aggiunte.

Resta solo la domanda che da tempo ci si pone in Friuli: da dove cominciare?

Evidentemente a Roma ci hanno già pensato con una legge elettorale come l'Italicum che prevede che, per partiti regionalisti, possa superare lo sbarramento una “lista collegata rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute, presentata in uno dei collegi plurinominali compresi in una delle regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche, che abbia conseguito almeno il 20 per cento dei voti validi espressi nel complesso delle circoscrizioni della regione”. 

Come già segnalato dal nostro Comitato al relatore della legge ed ai Presidenti di Camera e Senato, vi è una palese discriminazione fatta dalla legge verso i friulani, visto che per il Trentino – Alto Adige e la Val d'Aosta si prevedono collegi uninominali che tutelano di fatto le minoranze linguistiche, mentre la nostra Regione il 20% “nel complesso delle circoscrizioni della regione” rappresenta una soglia quantomeno impegnativa...

Per non essere poi costretti ad aspettare una sentenza della Corte Costituzionale che riconosca i nostri diritti costituzionali di minoranza linguistica friulana forse questo è uno dei punti da cui iniziare, chiedendo che i sistemi elettorali permettano realmente di essere rappresentati in Parlamento, atteso che un nuovo soggetto politico nella nostra Regione non potrebbe certo eludere nè l'identità friulana nè la dicotomia Friuli – Trieste.

Certo non si sollevano i popoli sui tecnicismi delle leggi elettorali, ma da lì i governi partono per ridurre gli spazi di democrazia e da lì bisognerebbe cominciare una mobilitazione.

Per i dubbiosi val la pena ricordare che la difesa dell'autonomia regionale serve non ad avere privilegi ma ad impedire che il Friuli torni (o è già tornato?) ad essere terra di emigrazione! 
 

Udine, 17 aprile 2015 

 Comitato per l'Autonomia
e il Rilancio del Friuli
il presidente
Paolo Fontanelli
 
..........................
 
Il Comunicato Stampa è stato pubblicato in data 29 aprile sul settimanale dell'Arcidiocesi di Udine, LA VITA CATTOLICA, con il titolo "L'ITALICUM DISCRIMINA I FRIULANI".
 
 

venerdì 17 aprile 2015

"FRIULGIULIANI" ? UN NEOLOGISMO "BUGIARDO", DA CANCELLARE DAL GERGO GIORNALISTICO!




"FRIULGIULIANI"?
 

UN NEOLOGISMO "BUGIARDO"

DA CANCELLARE

DAL GERGO GIORNALISTICO!



I “FRIULGIULIANI”

NON ESISTONO!

 

Considerato che da qualche tempo a questa parte qualche iscritto all'albo dei giornalisti usa nei suoi articoli pubblicati sulla stampa locale l'assurdo e bugiardo neologismo “friulgiuliani”, crediamo  sia lecito chiedersi  se i giornalisti regionali abbiano mai studiato la storia e la geografia dei due territori (Friuli e Trieste)  che compongono la nostra Regione, una regione meramente amministrativa inventata nel 1947.

In un bel articolo a firma di Cristiano Shaurli (Capogruppo del Pd in Consiglio regionale) pubblicato giovedì 16 aprile 2015 sul quotidiano il "Messaggero Udine", si legge:

"(...) Più sottili e per questo più pericolose sulla portata divisiva di questa legge (la legge per la Festa della Patria del Friuli n.d.r.); emerge di nuovo la visione che la Regione è più forte se forzosamente massificata; siamo tutti "Friulveneziangiuliani" e questo ci renderà più forti nella difesa della nostra specialità e della nostra autonoma regionale. SICURI? Siamo uno dei pochissimi luoghi  in cui si incontrano le tre più grandi culture europee, latina, slava e germanica ancora pensiamo che negare le differenze sia un pregio o forza? (...) Riconoscere diversità e storiche identità significa forse finalmente lavorare per rendere complementari e non in competizione perenne, in sintesi rendersi più forti.(...)"

NO a "FRIULGIULIANI" !

NO a "FRIULVENEZIANGIULIANI"!
  

Oltretutto il trattino tra "Friuli" (regione storica e geografica millenaria il cui nome è stato "occultato" dal regime fascista sui libri di scuola e nelle carte geografiche sotto i nomi fasulli di "Venezia Euganea" e "Venezia Giulia"; regime fascista che notoriamente detestava le "diversità" linguistiche e culturali) e "Venezia Giulia" (“nome politico” inventato dal nazionalismo italiano in una rivistina milanese nel 1863 e divulgato dal regime fascista) per la Corte Costituzionale c'è ancora.

 
 
I giuliani? Sono una percentuale infinitesima degli abitanti della nostra regione, posto che anche i triestini rifiutano di definirsi “giuliani”, essendo giustamente orgogliosi della loro "triestinità"!
 
 
I Friulani? Sono la quasi totalità degli abitanti della nostra regione posto che anche “carnici”, “udinesi”, “pordenonesi” e “goriziani” sono residenti in Friuli (occidentale, centrale e orientale). E soprattutto non si riconoscono "friulgiuliani" !
 
 
 


Riteniamo sia una  pretesa più che legittima, pretendere  dai giornalisti locali il rispetto della realtà duale della nostra regione (Friuli e Trieste) evitando di "inventare" assurdi e bugiardi neologismi come "friulgiuliani".
 
Costa troppo fatica scrivere "imprenditori regionali" quando si vuole fare riferimento agli imprenditori dell'intera regione? Costa troppa fatica e spreco di inchiostro scrivere "friulani e triestini"?

O forse c'è l'ordine di servizio di cancellare il Friuli e i Friulani, attraverso l'uso giornalistico di neologismi bugiardi e inaccettabili? 
 
LA REDAZIONE DEL BLOG

mercoledì 15 aprile 2015

FERMARE IL NUOVO CENTRALISMO - di Gianfranco D'Aronco


Fermare il nuovo centralismo

di Gianfranco D'Aronco


Forse qualcuno dei miei 24 lettori ricorderà che, alla vigilia delle prime elezioni regionali (1964), il partito di maggioranza si preoccupò di rassicurare i friulani - timorosi del matrimonio forzato con la Giulia - che non ne sarebbe assolutamente conseguita una prevalenza di Trieste ai danni di Udine, Gorizia e Pordenone. Nessun timore di accentramento del potere: la Regione si sarebbe limitata a tracciare le grandi linee programmatiche (così si disse), mentre la loro realizzazione sarebbe stata demandata “di norma” agli enti locali: province e comuni.

La regola sarebbe stato il decentramento: lo si legge ancora oggi nel nostro statuto, che ha valore di legge costituzionale. Ma fu esattamente il contrario. Finita la festa, si affermò in alto loco che era impossibile rinunciare alla gestione diretta di una politica unitaria: troppo macchinoso. Decentrare mai: meglio accentrare tutto, a cominciare dai contributi alle sagre e alle bocciofile.

A distanza di 50 anni si ripete oggi con sempre maggiore sicumera che la Regione deve essere una: anzi unica, unita, unificata, unitaria, uniforme e univoca (un’inezia: è sparito pure il tratto distintivo fra i due toponimi: l’uno antico di 2000 anni, l’altro di recente invenzione: 1863). I campanilismi costituiscono un orribile attentato all’autonomia speciale: questa la voce dei padroni.

Non so se la città giuliana è fornita di campanili, oltre a quello di San Giusto. Fatto si è che Trieste è in cima ai pensieri dei politici regionali di turno, particolarmente sensibili alle esigenze della “capitale” e del capitale (compreso il vitalizio “sibi et suis”). Pare che, almeno ascoltando quotidianamente la televisione di stato, ogni iniziativa intrapresa a favore o del Porto vecchio e della Ferriera o della Barcolana sia la miglior operazione volta al benessere generale, esteso alla intera regione dalle Alpi al mare. La cultura merita poi un favore particolare. A ripianare il deficit del teatro “Verdi” o “Rossetti”, ad esempio, ci pensa la Regione non per niente autonoma: tra i primi a beneficiarne sarebbero i furlani, si badi bene, di persona o di riflesso. Se non si muovono, peggio per loro.

Il finanziamento straordinario di 30 miliardi, detto fondo di rotazione, concesso alla metropoli veneto-giuliana a cominciare dal 1955 (altro esempio), non toccò per nulla il Friuli. Infatti alla semplice richiesta di poter attingere a quei fondi, timidamente avanzata da due parlamentari udinesi, si reagì con una sdegnosa e scandalizzata ripulsa da parte dei patrioti redenti. I diritti di Udine non erano paragonabili a quelli di Trieste. Oggi come ieri, quella che prevale oltre Timavo è una mentalità prettamente municipale, ereditata dai tempi della dedizione agli Asburgo (1382). Niente la fare: noi siamo solo il contado.
 
Ma l’accentramento, intrapreso su scala nazionale da chi oggi comanda nella Città eterna, ha trovato accoglienza immediata dove? Da noi, come no. Quando fu annunciato l’accorpamento o la riduzione delle province, storiche o no (s’intende per via dalla razionalizzazione ovvero del risparmio assicurato), cui le regioni speciali non erano del resto tenute, vi fu chi, dal seggio più alto di piazza Unità, sentenziò prontamente che l'idea era una gran cosa, e che anzi, quanto alle province, si poteva abolirle tutte. Non diversa fu l’idea di chi succedette a occupare l’alto solio.

E anzi (l’appetito vien mangiando) si stabilì che anche i comuni debbano essere in parte eliminati accorpandoli: e ciò per renderli più efficienti. Alla Regione definirne i confini. E ciò non ascoltando i diretti interessati, ma ispirandosi alla grande storia (è noto l'episodio che vide a Yalta o non so dove Iosif Vissarionovi? Džugašvili detto Stalin, armato di una grossa matita blu, tracciare su una carta d’Europa il confine tra gli stati d’influenza occidentale e quella orientale, da cui la cortina di ferro di churchilliana memoria). I comuni reticenti si vedrebbero ridurre di un terzo, per castigo, i trasferimenti dalla Regione.

Quanto alle future provincette potrebbero essere battezzate con altro nome (dopo Aree vaste si è pensato a Unioni territoriali intercomunali e via dicendo: Circondari sarebbe un tornare indietro), o meglio con semplici numeri: così sarebbero ancora meno identificabili a futura memoria.

Già che ci siamo, ecco razionalizzare anche gli ospedali o meglio le aziende sanitarie, abolendone alcune. Un suggerimento: più in là aboliamo pure i malati, o quanto meno lasciamoli a casa, dove potranno essere agevolmente raggiunti dai medici, magari forniti di auto con autista: mica si può pretendere che un professionista faccia un doppio mestiere. Gorizia, che cincischiò a suo tempo quando fu invitata ad aderire alla Unione delle province friulane, continui pure a fare l'occhiolino a Trieste, nella speranza di ricavare qualcosa di sotto il tavolo, certo più che da Udine.

E Pordenone, cui Udine regalò metà della sua provincia nel 1968, mediti su quel che le viene ora in cambio da Trieste, dopo essersi donata a lei per un piatto di lenticchie.

Torniamo a Roma capitale immorale. Il Senato non potrà più legiferare, ridotto come sarà a un vaso di fiori. Come si vede, ci vuol poco a cambiare la Costituzione. Un illustre giurista prevede che la riforma in itinere finirà per cambiare un buon terzo della Carta fondamentale, compresi i rapporti con le regioni. Per esempio, si preannuncia, con l'eliminare alcune materie di potestà legislativa primaria o concorrente della regione. A proposito: chi oggi è al sommo del Friuli Venezia Giulia può ben attingere a più alti onori. È un richiamo del resto dalla città natia.

Essere proconsoli a Trieste, tutto sommato, è poca cosa. Trieste non ha da tempo la Sissi, è vero: ha la Sissa e altro, per via del terremoto che ha devastato il Friuli, non la città Cara-al-cuore. Ma è una tappa per ulteriori vittorie. Corsi e ricordi storici: mi viene in mente la celebre profetessa ebrea, autrice del canto dei Giudici (XII secolo a.C.), vincitrice del re di Hazor. Il suo nome cominciava per “D”.

.............

L'articolo a firma del Prof. Gianfranco D'Aronco - Presidente Onorario del "Comitato per l'autonomia e il rilancio del Friuli" -   è stato pubblicato sul quotidiano il Messaggero Veneto martedì 14 aprile 2015.



venerdì 10 aprile 2015

ISONTINO, PORDENONESE, GIULIANO? NEOLOGISMI "DISINFORMATIVI" USATI DA RAI TS E I MASS-MEDIA LOCALI


 
ISONTINO, PORDENONESE, GIULIANO?
 
NEOLOGISMI "DISINFORMATIVI"
USATI DA RAI TS
E DAI MASS-MEDIA LOCALI.

 
 
Per RAI TS, pare che a Trieste anche i gatti siano "giuliani"!
E i "triestini" dove sono finiti? "Tutti" emigrati in Australia nel secondo dopo guerra con l'arrivo in città degli esuli istriani? In città c'è rimasto qualcosa (porto, teatri, associazioni, ecc.) di triestino?
 
E la Provincia di Pordenone? Tutto il territorio del Friuli occidentale è "periferia" della città di Pordenone? Tutti "pordenonesi" anche se rivendicano la loro identità friulana?

E il Friuli orientale (provincia di Gorizia)? E il Friuli centrale (Provincia di Udine)?
 
..............
 
 
Come si definiscono i residenti

L’IDENTITA’
DEL FRIULI - VENEZIA GIULIA

Esiti dell’indagine demoscopica del 2014
 
di
Ubaldo Muzzatti



Nella seconda metà del 2014, l’Unione delle Province del Friuli - Venezia Giulia (di Gorizia, Pordenone, Trieste e Udine) commissionò al “Centro Studio Sintesi – Istituto di Ricerca Sociale ed Economica” di Mestre un’indagine demoscopica pubblicata poi sotto il titolo “La Provincia e l’Identità dei Cittadini”. L’indagine si prefiggeva lo scopo di dimostrare la valenza e il radicamento, non solo amministrativo, delle Province per opporsi alla soppressione dell’ente. Per una serie di motivi lo studio non ha avuto la diffusione e la considerazione che meritava. Soprattutto nella provincia di Pordenone laddove molti, in particolare nel capoluogo, auspicavano risposte diverse (dall’indagine questa provincia risulta la meno amata delle quattro; la supposta e tanto declamata “identità pordenonese” è negata; i friulani occidentali si dichiarano a grande maggioranza…friulani).

Lo studio è attendibile in quanto:
  • redatto da un qualificato istituto di ricerca, esterno alla Regione (che mai si sarebbe prestato a elaborazioni meno che corrette);
  • commissionato da tutte e quattro le province della Regione (ciascuna con le proprie peculiarità da tutelare e, ovviamente, il proprio orientamento);
  • la lettura integrale dell’elaborato mostra l’impostazione professionale e neutrale dello stesso;
  • alcuni dettagli tecnici comprovano la corretta impostazione.
Il fatto stesso che gli esiti non siano stati ampiamente divulgati dai media locali prova la bontà dello studio. Ciò in quanto, gli organi d’informazione principali della Regione sono da decenni impegnati in una campagna di disinformazione, in fatto di identità, che lo studio smentisce ampiamente.

In ultima analisi si può ritenere che i dati statistici presentati non contengano un margine di errore superiore a quelli normalmente previsti nel caso di indagini demoscopiche condotte con metodologia standardizzata. La consistenza dei dati, relativi all’identità dichiarata dai residenti nelle quattro province, è tale da non poter essere inficiata neanche nel caso si potesse riscontrare uno scostamento d’errore doppio o triplo rispetto al massimo previsto dalle metodologie statistiche.

Lo studio prende in esame numerosi fattori, per esempio: grado di apprezzamento dell’ente provincia; senso di appartenenza ai vari livelli istituzionali; ecc.. In questa sede non si prende in considerazione lo studio nella sua interezza, né le finalità dello stesso. L’attenzione è posta su un unico quesito rivolto al campione statistico di ciascuna del quattro Province della Regione:

“Se si dovesse definire,
a quale di queste identità si sente più vicino?”

Le risposte dei residenti sono raccolte nella tavola originale sotto riportata. Non ci si lasci ingannare dalle scale dei grafici (differenti), si leggano i dati!



 

I dati di questi quattro grafici dicono molte cose. Danno molte conferme e smentiscono molte supposizioni e pretese portate avanti per decenni, in particolar modo da quelle “agenzie” che vogliono frantumare, dividere, ridurre, negare il Friuli e i friulani.

Si guardi, per fare solo un esempio, al Friuli occidentale. Per decenni, con grande e quotidiano spiegamento di mezzi, si è cercato di imporgli una supposta “identità pordenonese”; di negare Friuli, friulani e friulano, tra Tagliamento e Livenza. Invece ancora oggi (l’indagine è dell’autunno 2014):

  • i friulani occidentali si definiscono e voglio essere chiamati friulani;
  • tanto quanto i friulani della provincia di Udine;
  • pordenonesi si definiscono poco più dei residenti in città (come gli udinesi del resto).

I grafici confermano che vi sono tre province (non due, o una) a maggioranza friulana; che il Friuli non può e non deve essere confinato nella provincia di Udine; che a Trieste (e provincia) ci stanno (a buon diritto) triestini, mentre “giuliano” si definisce un’esigua minoranza, a riprova che la Venezia Giulia è un residuo retorico tenuto in piedi da qualche “agenzia” interessata.

Integrando, in rapporto alle consistenze demografiche, i dati delle singole Province che emergono dall’indagine demoscopica vista, si ottiene il quadro riassuntivo della Regione (totale residenti 1.227.625 al 30-11-2014).

Anche dal quadro d’insieme delle identità in Regione vengono chiare conferme e altrettanti ridimensionamenti. Si guardi, per esempio, all’esiguità della tanto citata identità “giuliana”. Da rimarcare poi che l’identità friulana ha la maggioranza assoluta in Regione nonostante le dichiarate identità cittadine dei residenti nei capoluoghi.




----------------
 
 
La redazione del Blog ringrazia Ubaldo Muzzatti per averci autorizzato a pubblicare il suo documento e auspica che lo studio completo abbia la diffusione e la  considerazione che merita e non rimanga nascosto nei cassetti dell'UPI (Unione Provincie italiane) regionale forse perché sgradito a "qualche" provincia della nostra Regione.     

martedì 7 aprile 2015

"ISONTINO = FRIULI ORIENTALE (anche nella cartografia storica)" di LUCIO PERESSI


 
 
 
"ISONTINO"

un neologismo inventato

per defriulanizzare il Friuli Goriziano.


Dal sito internet della associazione

"FURLANS DAL GURIZAN"




"Sempre sul tema del tentativo di defriulanizzazione sistematica del Friuli goriziano, vi presentiamo il saggio “Isontino = Friuli Orientale (anche nella cartografia storica)” di Lucio Peressi, estratto dalla rivista Sot la Nape n.2 del 2010, pubblicata dalla Società Filologica Friulana.”


IL PDF DEL SAGGIO

ISONTINO = FRIULI ORIENTALE

(anche nella cartografia storica)

di Lucio Peressi


............

mercoledì 1 aprile 2015

E LA MOZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE DEL 2014 PER L'INTERPORTO DI CERVIGNANO DEL FRIULI?



E LA MOZIONE DEL 2014
DEL CONSIGLIO REGIONALE
PER L'INTERPORTO DI
CERVIGNANO DEL FRIULI?

.......... 

Dal sito internet


 

Interporti: il Ministero inserisce gli  INTERPORTI di PORDENONE e FERNETTI (TS)  nelle richieste di fondi all'Europa.

Per i bandi Ten-T l'Italia ha presentato a Bruxelles 71 progetti per 2 miliardi 471 milioni. Obiettivo: potenziare la capacità operativa dell'intermodalità sulla lunga distanza
 
30/03/2015 - Lo sviluppo dell'Interporto di Pordenone è stato inserito tra i 71 progetti strategici per il quale il Ministero delle Infrastrutture ha chiesto a Bruxelles i fondi comunitari nell'ambito dei bandi che interessano la rete transnazionale dei Trasporti (Ten-T).
 
La piattaforma logistica della Destra Tagliamento è una delle uniche tre in Italia, insieme a quella di Padova e di Fernetti, ad essere stata inserita nella lista presentata agli uffici del Parlamento europeo nella sezione riservata al campo intermodale. Tra le sei proposte complessive, per un valore di 12,5 milioni di euro, c'è quindi anche quella che interessa l'Interporto di Pordenone; i fondi richiesti serviranno per il potenziamento dell'efficienza e capacità operativa dei terminal, con forte impatto sull'intermodalità nel traffico a lunga distanza.

L'intero pacchetto, del valore complessivo di 2 miliardi 471 milioni di euro, è cofinanziato dal Connecting Europe Facility (Cef) lo strumento europeo che sostiene le attività nel campo delle infrastrutture, trasporti, telecomunicazioni ed energia. L'UE, per tutti i Paesi membri, ha stanziato complessivamente 30 miliardi di euro per il periodo 2014-2020. “Già da tempo – spiega il presidente di Interporto Pordenone Giuseppe Bortolussi – stiamo lavorando per incrementare il traffico nel nostro terminal. In questo senso vanno quindi sia le operazioni di internazionalizzazione portate avanti con il Consorzio “Corridoio Italia Serbia”, sia i contatti avviati con Ungheria e Ucraina. L'accelerazione verso i mercati dell'Est si è avuta da quando abbiamo ottenuto da Rete Ferroviaria Italiana il contratto di raccordo che ci permetterà di realizzare a Pordenone lo scalo merci ferroviario con standards europei. Confidiamo molto anche sui fondi Cef – conclude Bortolussi – poiché ci permetterebbero di incrementare l'offerta del nostro terminal, con ricadute positive tanto in provincia quanto in regione. Il fatto che il progetto di sviluppo di Interporto Pordenone sia stato uno dei pochi in Italia inserito nella lista che il Ministero ha presentato a Bruxelles, ha per noi un grande valore. Ciò significa che la politica fino ad ora portata avanti e le operazioni infrastrutturali programmate sono state valutate positivamente e che Roma ritiene Interporto uno degli hub di rilevanza strategica a livello nazionale”.

Oltre agli Interporti, il programma Cef prevede interventi anche in altri settori. Per il comparto ferroviario, il Ministero ha presentato 32 proposte (2.230 milioni); a questo si aggiungono poi il comparto marittimo (15 proposte, 130 milioni), stradale (9 proposte, 16,6 milioni), Innovazione (5 proposte, 8,7 milioni) ed infine le idrovie (20,9 milioni).

............

Cip - Via Brazzacco 4/1 Udine - Comitato per l’autonomia e il rilancio del Friuli