martedì 23 agosto 2011

IL DESTINO DELLE PROVINCIE - GORIZIA, QUO VADIS? - del Prof. Gianfranco D'Aronco



IL DESTINO DELLE PROVINCE

GORIZIA, QUO VADIS ?

di
Prof. Gianfranco D’Aronco

PRESIDENTE

COMITATO PER L’AUTONOMIA

E IL RILANCIO DEL FRIULI


Ha ragione Romoli, sindaco di Gorizia, quando dice che, se le Province sono inutili anzi dan­nose, aboliamole tutte. Aggiun­go: a cominciare non dalle più piccole, ma dalle più grandi, che essendo più grandi costano di più. Per esempio quella di Ro­ma che, nonostante i trasferi­menti generosi, si vede ogni an­no ripianati i debiti vertiginosi.

Ma c'è da chiedersi anche qual è il criterio alla base della condanna delle Province "piccole".
La superficie? E per­ché il minimo fissato dal gover­no è di 3 mila chilometri quadra­ti, e non 2 mila e 900 o 3 mila e 100? La popolazione? E perché il limite è di 300 mila abitanti e non 290 mila o 310 mila? D'altro canto, a parte le ultime nate per calcoli elettorali («hoc erat in votis»), molte Province hanno alla base ragioni che chiamerò storiche (comprese quelle geografiche, economiche eccetera): han­no insomma una loro ragione d'essere e una loro lunga tradi­zione. E questo mentre si conti­nua a riempirsi la bocca di fede­ralismo.
Che la Provincia di Trieste sia da sempre un assurdo è pacifi­co: quattro Comuni aggrappati sul Carso più Muggia, aggiunti alla città sono un po' poco. E la stessa Trieste (capoluogo di Pro­vincia oltre che di Regione) fa una figura magra di fronte, a esempio, a una Provincia di To­rino che di Comuni ne annove­ra 315. Gorizia, poverina, di Co­muni ne ha 25. E se Trieste costi­tuisce i resti di quello che fu uno dei più importanti porti del Mediterraneo (il terzo nel 1913), Gorizia è l'erede di una Princi­pesca Contea con larga autonomia, rimasta ahimè senza una dote o quasi.
Ora ci troviamo di fronte a due Province, che oltre a tutto appartengono a una Regione a statuto speciale: statuto che è equiparato a legge costituziona­le. Avrà un valore e un significa­to questa riconosciuta speciali­tà, si o no? Ne deriverà il diritto almeno di organizzarsi ammini­strativamente come meglio cre­de, s'intende nei limiti consenti­ti dalle leggi? O le leggi sono fat­te per non venire rispettate e per rinviarne l'applicazione?
Co­sì si fa, a esempio, a proposito dei voti espressi attraverso refe­rendum a Sappada e dei Comuni del Portogruarese, che da an­ni hanno liberamente manife­stato la volontà di tornare a far parte del Friuli abbandonando il Veneto, cui furono aggregati a suo tempo, con decisione dei padroni di allora, contro ogni storia e ogni geografìa.
Frattan­to le Regioni speciali, come la Si­cilia e la Sardegna, annunciano ricorsi alla Consulta; la soppres­sione di enti locali, infatti, deve essere accolta dai rispettivi Con­sigli regionali per diventare leg­ge. E lo stesso statuto del Fvg prevede all'articolo 4 come po­testà legislativa della Regione l'«ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni».
Come minimo, s'invoca un referendum (Trieste ha poco da scegliere), con cui il Goriziano manifesti la sua preferenza di far parte della Provincia di Udi­ne o di quella di Trieste. E si pro­spetta il passaggio del Gorizia­no intero (ovvero Isontino o me­glio Friuli orientale) a una delle due Province, sic et simpliciter, tanto per fare in fretta.

Per chi conosce le cose come stanno da secoli e la verità insegna, il Friuli va dalla Livenza al Timavo. Se la Provincia di Gorizia deve pro­prio sparire, le conviene rivol­gersi a Udine. Fagocitata da Tri­este, Gorizia perderebbe quel po' di presenza e di immagine che attualmente possiede: di­venterebbe una modesta frazio­ne di quel "contado", il Friuli ap­punto, così battezzato a suo tempo da un sindaco giuliano.

La Provincia dei "contadini" di Udine (tutti gli altri sono "luigini": per spiegazioni con­sultare un recente libro di Gabrio Casati) - che a suo tempo non ha fagocitato Pordenone, ma ha ceduto sia pure con soffe­renza il Friuli occidentale alla città del Noncello - ha tutto l'in­teresse a fare suoi i diritti della città sorella, già abbastanza umiliata e offesa dopo una guer­ra che la aveva distrutta a canno­nate.

Che se i goriziani hanno avuto ragione a lagnarsi nel 1923 per la eliminazione della loro Provincia a favore di un "grande Friuli", non è da scorda­re che quella decisione fu presa non certo dagli udinesi, ma da chi comandava a Roma, e vole­va in quel modo annacquare il rosso terrano del Carso con il bianco tocai del Friuli. Abolite le elezioni, la Provincia di Gorizia non correva più il rischio di guai per la presenza troppo forte de­gli sloveni (incamerati nel 1918): cosi dopo quattro anni fu ricostituita.

Si aboliscano pure le Provin­ce. Ma più giusto sarebbe dire che si aboliscano i Consigli pro­vinciali, cioè presidenti, assesso­ri, consiglieri e annessi. Non si aboliranno certo, cioè non si li­cenzieranno i dipendenti. Co­me per un colpo di bacchetta magica, probabilmente divente­ranno da dipendenti provinciali dipendenti regionali, rimarran­no nei loro uffici e tutto si ridur­rà a cambiare le tabelle degli usci e la carta intestata.

Aboliamo pure le Province, dicevo. Ma nella peggiore delle ipotesi, pudore vorrebbe che al­le popolazioni venisse dato mo­do di manifestare la loro volon­tà.

«Al cjante in un sôl mût - di ca e di là dal Judri il rusignûl», scriveva Pietro Zorutti.

Che al­meno la parte compattamente friulana, quella che grosso mo­do sta al di qua di una linea idea­le che va da Gradisca a Grado, ri­manga in quella che Pacifico Valussi chiamava la «Provincia na­turale». E Trieste e dintorni di­venti città metropolitana.

Il cita­to sindaco di Gorizia Romoli e il presidente provinciale di Udine Fontanini  hanno espresso digni­tosamente e fermamente la loro contrarietà al "Diktat".
Interver­
ranno certo presso chi sta sopra di loro, tanto più che apparten­gono allo stesso schieramento.

Ma con maggiore responsabili­tà politica, l'attuale presidente della Regione, lui friulano, anzi­ché difendere l'autonomia, ha invece dichiarato con dote pro­fetica e lungimirante: «Pare che Gorizia e Trieste saranno accor­pate».

Immagino che, cosi di­cendo, abbia almeno scosso la testa sconsolato.

Molto di più

 siamo sconsolati noi.


IL MESSAGGERO VENETO

23 agosto 2011 – pagina 18

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Per quanto riguarda la Regione Friuli-Venezia Giulia, la materia è regolata dall'art. 8 -  D. Lgs Att. Spec. 9/97 - norma paracostituzionale di attuazione dello Statuto speciale di autonomia, che sotto riportiamo, e che non ci risulta soppresso o modificato. Tale articolo limita e regola la podestà legislativa della Regione in materia. 



Art. 8
Circoscrizioni provinciali


1. Nella materia di cui all'articolo 4, numero 1-bis), dello statuto speciale è ricompresa la revisione delle circoscrizioni provinciali, l'istituzione di nuove province e la loro soppressione, su iniziativa dei comuni, sentite le popolazioni interessate. Resta ferma la facoltà dello Stato di non istituire propri uffici decentrati nelle nuove province e di mantenerli nelle province soppresse.
2. L'eventuale istituzione da parte della regione di aree metropolitane comporta la revisione delle circoscrizioni provinciali interessate.
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La colorazione

 e i grassetti dei testi

sono della redazione del blog




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