QUALE FUTURO
PER LA
MONTAGNA FRIULANA?
Dal sito del settimanale dell’Arcidiocesi di Udine – LA VITA CATTOLICA – sezione “documenti” - pubblichiamo un estratto della versione integrale della lettera di Alfio Anziutti pubblicata sul "Giornale aperto" del 29/07/2011
Stando a martellanti notizie di stampa sono in atto contatti, incontri e telefonate tra operatori privati veneti e organismi pubblici locali (Comune-Regione-Promotur) per avviare una incerta mega-operazione immobiliare alle falde del Passo della Mauria a mt. 1090. Un intervento, per dimensioni strutturali e finanziarie, insolito e preoccupante alle nostre latitudini: dove giacciono quegli Euro?.
Si tratta del recupero della dismessa colonia montana (ODA) della Diocesi di Gorizia costruita negli anni ’50 ed ora in stato di abbandono. Un intervento auspicabile certo, col fine però di attivare una attività di prodotti particolari, un albergo di qualità, un luogo di cura, una sede per incontri, una scuola legata ai saperi della montagna, un ritiro sportivo, una azienda agro/zootecnica; oppure, ancora, una sede staccata del centro di ricerca di Trieste, una sede di studio e lavoro per i giovani montanari di tutto il mondo (vedi don Di Piazza!).
Così si tutela la montagna, non riempiendola di cemento ma di gente per 365 giorni all’anno.
Insomma una struttura collettiva, un centro di produzione legato magari alla “Festa delle erbe di montagna” che si tiene a giugno in paese, una iniziativa di qualità inserita nella comunità fornese, non un abnorme mostro di importazione avulso dalla nostra realtà, dalle nostre tradizioni e dimensioni: che sono poi gli invalicabili limiti fisici prima che sociali di questa vallata alpina che ha nelle Dolomiti, patrimonio Unesco dell’Umanità, non certo nella crassa speculazione il suo più prezioso bene. Più si aggiungono brutture, più si tolgono bellezze: elementare!
(…) Ma una botta maggiore di impatto ambientale e sociale la subirà Forni di Sopra. Tale intervento infatti, così come ipotizzato, andrebbe a ferire questa vallata, dove le antiche attività commerciali delle frazioni, bar-alberghi-negozi, verrebbero danneggiate da una fagocitante struttura concorrenziale spostando clienti e flussi dal centro storico ad una distante periferia, facendo diventare Forni un paese di transito e dunque morire la sua già debole comunità.
(…) Ma non è finita qui. Pare che a tutto questo popò di roba si chieda, per essere realizzato, una iniezione regionale, il tramite è Promotur, di 12 milioni sempre di Euro! Una sorta di tassa che i cittadini della Regione sono chiamati a versare per questa incerta iniziativa. Si arrangino i cassintegrati, le aziende in crisi, i servizi carenti, le famiglie in difficoltà, i negozi di montagna, gli artigiani.
(…) Per questi e altri motivi è bene che i soldi pubblici (in questi grami tempi finanziari poi!), magari reclamizzati come sostegno alla montagna, siano “veramente” impiegati a beneficio dei montanari, delle loro attività produttive, delle loro aziende in difficoltà (commerciali e industriali), della loro diffusa economia, completando i collegamento ADSL, migliorando i necessari servizi, mantenendo i loro presìdi sociali: la sanità che decade, le scuole che chiudono.
Non credo che simili mega-operazioni salveranno la montagna carnica, dove il denaro dei cittadini verrebbe speso (tramite Promotur) per nuovi impianti (rapidi ruderi), con ripide piste che taglieranno i costoni di storiche frane, di zone fragili e delicate.
(….) Le iniziative utili invece, come proposto sopra, sono ben altre. Come si possono, infatti, giustificare simili cifre quando si chiudono scuole, Comunità Montane, uffici, poste, presidi sanitari, fabbriche, negozi; quando si parla di dotare i 28 paesi della Carnia di un solo comune! Si vogliono ridurre gli spazi di democrazia, la partecipazione della gente, si vuol togliere dignità ai cittadini, umiliare la Carnia, madre del Friuli ed “eternamente celtica e ribelle”, come diceva il compianto Tito Maniacco. La montagna dell’intero arco alpino vive grazie a piccole, costanti iniziative diffuse nelle valli, di residenti sparsi sul territorio, non certo grazie a chi giunge da fuori, “incassa” e se ne va. Non è a questi bensì all’intero popolo delle terre alte di Carnia che la Regione deve rispondere.
Cominciando col rivedere le scelte politiche che non sono più quelle impiantistiche e dei villaggi in quota funzionali ai “poteri forti”, quelli di uno sci legato a speculazioni aggressive e a costi, al pari delle gestioni, sempre più insostenibili, ma quella che aiuta (finché ci sono) le “vere” attività sostenibili di questi paesi, le presenze commerciali, le varie manualità montanare, i prodotti locali sempre più richiesti, la fruizione ambientale, la rete culturale. Non insomma il “mordi e fuggi” di interventi legati a “non-si-sa-cosa”, bensì un turismo naturalistico e storico/sociale che guardi al futuro, a sostegno dei montanari che resistono a presidio e sicurezza di questo vitale territorio carnico e dell’intera pianura friulana.
L’esperienza mi dice che i politici di questa Regione non sanno esercitare le “buone pratiche” dell’ascolto dei “poteri deboli” e di conseguenza non capiscono, non conoscono, ignorano i problemi della montagna, quindi le scelte che adottano sono figlie di questa ignoranza se non di altri interessi. Le Associazioni e gli organi di informazione, visto quello che passa il convento della politica, hanno in questo momento storico grandi responsabilità e possibilità, per fare crescere i cittadini, per migliorare questa regione.
FORNI DI SOPRA , 25 LUGLIO 2011
Alfio Anziutti “Timilin”
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