mercoledì 5 gennaio 2011

LA LINGUA BASCA SEMBRAVA SPACCIATA E INVECE OGGI RINASCE


Quotidiano LA NUOVA SARDEGNA
COMMENTI & OPINIONI
23 dicembre 2010
La lingua basca sembrava spacciata
 e invece oggi rinasce:
 un esempio per la Sardegna.
di Diego Corraine

dal sito internet:

COMMENTI & OPINIONI

La lingua basca sembrava spacciata e invece oggi rinasce: un esempio per la Sardegna

 

Sa limba da salvare. Una politica linguistica intelligente nel solco delle norme europee Perché invece da noi è così difficile?
di Diego Corraine
Una buona notizia quella che arriva dal Paese Basco: la percentuale di Baschi che conoscono l’euskera è passata negli ultimi trent’anni al 37,5%, dopo che, negli ultimi decenni, si era ridotta al 22% della popolazione, sotto la soglia di sicurezza stabilita dall’Unesco per la sopravvivenza di una lingua. Proibito durante il regime franchista, criminalizzato al pari del catalano e del galiziano, l’euskera è coufficiale con lo spagnolo fin dalla Costituzione del 1978. È parlato soprattutto nella parte del Paese Basco che sta nel nord dello stato spagnolo, meno nella parte posta a sud-ovest di quello francese.
Buona notizia, dato che i fattori contrari sembravano superiori a quelli favorevoli. Il primo è che il basco è una lingua davvero antichissima, preindoeuropea, quindi più antica dello stesso latino e greco, una lingua isolata, senza alcun legame accertato con altre lingue. Il fatto che in sardo moderno si conservino parole come golosti (agrifoglio), eni (tasso), còstighe (acero minore), giddostre (scopa arborea) e altre, che si ritrovano più o meno mutate in basco, non basta a stabilirne una parentela stretta.
ll secondo fattore è che si tratta di una lingua difficilissima da apprendere. Per chi, come noi, parla una lingua derivata dal latino, è come voler imparare il giapponese, senza tanto esagerare. Richiede un impegno grandissimo. Ed è significativo che decine, centinaia di migliaia di baschi lo abbiano appreso, a costo di grande sacrificio, prima clandestinamente nelle ikastolas, sotto il franchismo, oggi nelle scuole e università e nei corsi serali.
Ma di chi è il merito di questa rinascita, certo in controtendenza rispetto al comune destino di indebolimento o scomparsa di migliaia delle 7000 parlate al mondo? Chiaramente della politica e pianificazione linguistica di tutti i governi baschi, di destra e di sinistra, e della volontà dei Baschi di affermare e rafforzare il “motore” della loro identità nazionale. Un grande lavoro, in cui ciascuno ha fatto la propria parte, la scuola, i mezzi di informazione radio e tv, i giornali, le case editrici, le amministrazioni, gli enti, gli ospedali, le imprese, i partiti, i movimenti, le associazioni culturali e sportive, la Chiesa. Una operazione di educazione linguistica collettiva, che abbiamo già visto al lavoro con successo anche in Catalogna e in Galizia.
I Baschi si sono rimboccati le maniche e hanno dato vita a una delle azioni più grandiose di rivitalizzazione linguistica, un po’ come hanno fatto gli israeliani con l’ebraico antico. A partire dalla grandissima varietà dialettale, superiore di gran lunga a quella del sardo, hanno saputo elaborare una mediazione scritta, l’euskera batua (basco unificato), che ne ha consentito un uso universale, moderno, intercomprensibile, in tutti i settori della società.
Dunque, se un popolo vuole, può anche contrariare il destino e riprendersi ciò che ha smarrito. Perché la lingua non è solo diritto individuale ma soprattutto diritto collettivo. I Baschi non si accontentano di fermare l’assimilazione linguistica e l’erosione del numero dei parlanti, ma vogliono scommettere sulla restituzione della lingua a chi non ce l’ha.
Perché in Sardegna non possiamo fare lo stesso, a fianco dell’Unesco e di altre agenzie internazionali, ossia affermare pienamente il sardo, per salvaguardare la diversità culturale e linguistica del pianeta? Ciò sarà possibile se anche i ragazzi conosceranno e useranno il sardo come il 70% degli adulti. Ma questo processo di restituzione linguistica e identitaria è, in fondo, nelle mani della politica.
(23 dicembre 2010)

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