mercoledì 4 novembre 2015

CONTRO L'AUTONOMIA E LA SPECIALITA' LA LOGICA DEI "MODERNISTI" di GIORGIO CAVALLO




Riceviamo da Giorgio Cavallo,

che ringraziamo, e

pubblichiamo.



CONTRO L’AUTONOMIA

E LA SPECIALITA’


LA LOGICA DEI “MODERNISTI”

di

Giorgio Cavallo


In futuro forse dovremo ringraziare questa fase convulsa di discussione sul futuro destino dei territori ad est del Livenza, qualunque possa essere l’esito pratico che ne deriverà.
Perché, finalmente, al di là della apparente unanimità di difensori veri e falsi dell’autonomia e della specialità del F-VG, è almeno emerso qualcuno che, sulla base di una certa cultura istituzionale ed economica, dice apertamente che di questa autonomia possiamo tranquillamente farne a meno.

E’ ben vero che le menti migliori del pensiero politico contemporaneo dicono che siamo nella fase del post modernismo e che è a questo che dobbiamo fare riferimento per trovare delle risposte al generale peggioramento della condizione umana negli stati ad economia avanzata, ma è anche pur vero che nel nostro “contado” di modernità e soprattutto di pensiero liberal (e liberista) se ne è visto solo a sprazzi.

Mi sembra che la lacuna cominci ad essere colmata da due realtà urbane significative: il vulcanico direttore del Messaggero Veneto, nella sua probabilmente breve ricomparsa in Friuli, e i “Da Pozzo boys”, giovani fabbri nella fucina del Friuli Future Forum. Queste “emergenze” vanno prese seriamente, non solo per il peso delle relazioni che hanno con la società che conta, ma perché esprimono idee e ragionamenti semplificati e, in parte, documentati.

Il cuore delle loro valutazioni può essere così sintetizzato: il F-VG malgrado la sua specialità non è stato in grado di rispondere adeguatamente all’evoluzione del sistema economico e produttivo, ha livelli alti di disoccupazione intellettuale giovanile e non è in grado di produrre da solo le risorse finanziarie per garantire i, pur in parte già ridotti, livelli di servizi che attualmente ha. Ne consegue che dell’autonomia e della specialità se ne può fare tranquillamente a meno, e che, se proprio siamo costretti a tenerla, dobbiamo usarla per costruire efficienza e risparmio nell’ambito della competitività dello stato italiano, così tenacemente ricercata dall’attuale governo.

Sarei tentato di rispondere in maniera ideologica a questa aggressione nella convinzione che il dibattito sull’autonomia dei territori non è praticabile se non è accompagnato da una critica alla economia politica nella sua pervasività attuale, e su questo consiglierei la lettura di Andrea Zhok nel n.1 della rivista Scenari (2014) nel saggio “Doppio movimento, ovvero della necessità storica di una sinistra non ‘progressista’”.
Ma preferisco limitarmi a mettere in evidenza alcune contraddizioni nei ragionamenti di fondo e nelle documentazioni numeriche che supportano questa offensiva d’autunno contro l’autonomia e la specialità.

a. I giovani scappano e dell’autonomia non gliene frega nulla.

E’ vero, la crisi del 2008 come in tutta Italia ha colpito duro; la struttura sociale e produttiva del Friuli e il governo della specialità, abituato storicamente ad usare unicamente la leva finanziaria (vedi anni 80), non è stato in grado di prepararsi in modo originale alla evoluzione che si stava presentando. Da qui le difficoltà attuali e le schiere di giovani preparati che se ne vanno all’estero. Ma questo c’entra ben poco con la specialità, visto che negli anni gli strumenti base di intervento rispetto al sistema produttivo sono via via spariti anche in seguito alla legislazione comunitaria. Semmai si può parlare di cattiva gestione politica e tecnica dei residui strumenti rimasti, come le partecipate e la poca capacità di utilizzare adeguatamente le programmazioni di derivazione europea. Cacciamo i governanti incapaci e troviamocene degli altri.

b. Riceviamo dallo stato più di quanto contribuiamo.

Questa è la semplificata motivazione che, conti alla mano, ci suggerisce di stare tranquilli e non muovere troppo le acque, altrimenti la nostra qualità di vita non potrà che peggiorare.

No, non ci siamo. Intanto va precisato che l’ordine di grandezza complessivo su cui stiamo parlando è di 20 miliardi di euro (un po’ su e un po’ giù, calcolati a valore euro 2005) e che quanto di competenza della Regione F-VG arriva circa al 25% del totale.

Qui c’è da scavare bene. Fino al 2008 il sistema pubblico del F-VG era virtuoso: contribuiva allo stato per più di quanto riceveva, in genere circa 1 miliardo di euro. Una posizione analoga e leggermente migliore del Trentino-Sud Tirolo, molto diversa dal Veneto che già allora aveva un saldo positivo di circa 16 miliardi di euro. Poi le cose cambiano ed oggi (2013) i Conti Pubblici Territoriali ci danno un disavanzo di oltre 2 miliardi di euro, e quindi siamo passati da un +5% a un -10%. Cosa è successo? E’ forse la Regione F-VG che sta dilapidando denaro pubblico, visto che le sue entrate si sono assottigliate del 20%, di fatto anche più della stessa caduta del PIL?

Credo che qui i conti si debbano analizzare molto meglio per capire bene dove stanno i buchi. Può darsi che qualcosa abbia inciso la revisione del modello di contabilità territoriale allargato introdotta nel 2013, ma soprattutto c’è da capire come abbia reagito il sistema di entrate ed uscite pubbliche negli anni della crisi 2008-2014. Negli stessi anni le posizioni del Trentino, Sud Tirolo e Veneto sono rimaste nelle stesse condizioni relative precedenti, parità sostanziale per le Provincie alpine e forte avanzo per il Veneto. In quei casi l’autonomia, in particolare speciale, avrebbe ben funzionato?

Tra quelli presi in esame dal duo Ermano-Bressan c’è un tema molto serio. Quello che lega la struttura demografica del F-VG alla occupazione ed al numero dei pensionati. L’alta età media dei cittadini nostrani ed un tasso di occupazione inferiore, ma non di molto rispetto al Veneto ed al Trentino, determinano un numero di pensionati che è il 2,77% dei pensionati italiani, ben oltre la percentuale di popolazione che è del 2,1%: questo significa che vengono erogate prestazioni per 7,5 miliardi rispetto a contribuzioni per 5 miliardi di euro. Ma non penso che la attuale situazione pensionistica sia radicalmente cambiata dal 2008 e che da lì quindi provenga l’attuale disavanzo. Per curiosità ricordo che il Trentino/Sud Tirolo versa, unico in Italia, più contributi di quante prestazioni pensionistiche riceva, anche se per la verità è soprattutto Bolzano che tira.

Alla fine di questi conti credo che la considerazione di coloro che legano il tema dell’autonomia e della specialità alla pura contabilità del dare avere con lo stato siano del tutte assurde. Perché ragionando sul Trentino e Sud Tirolo si arriverebbe a considerazioni ben diverse e perché il Veneto, con il suo avanzo di 16 miliardi, avrebbe tutti i motivi per chiedere l’indipendenza.

c. Sarebbe meglio far scomparire le regioni e, se proprio non si può, accorpiamole così diventeranno più oneste ed efficienti, anche se sfugge un nesso automatico.

Certo, il livello di inefficienza e di corruzione di tutte le Regioni va sconfitto. Così come vanno combattute tutte le manchevolezze del sistema pubblico, dal comune alla presidenza della Repubblica. Ma la bestialità logica è che a questa situazione si vuole porre rimedio affidando la frusta del comando alla macchina dello stato centrale.

Come se l’inefficienza e la corruzione non si annidassero dappertutto, ed in particolare per qualità e dimensioni economiche, proprio in quegli apparati e nei progetti delle grandi infrastrutture che trovano la conciliazione dei diversi interessi proprio a quel livello. Se la logica sopra descritta avesse un senso la prima istituzione da abolire o ridimensionare sarebbe proprio lo stato.
Di converso la ricetta della centralizzazione non è nuova.

Il fascismo, in Italia e altrove fino alla sua raffinata versione nazista, si è affermato come antidoto alla inefficienza, alla incapacità di decidere ed all’eccesso di democrazia dei sistemi costituzionali ed ha convinto gran parte dei cittadini che concentrare il comando fosse la soluzione per la rinascita economica: che magari allora passava per un buon sistema protezionistico e per la produzione bellica piuttosto che sulla attuale globalizzazione e competitività internazionale. Ma la musica è la stessa.


Speriamo che i pifferai di Hamelin questa volta non abbiano la meglio.


Giorgio Cavallo


Udine, 28 ottobre 2015

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4 commenti:

  1. E' INCREDIBILE LA COCCIUTAGGINE DI CHI SI OSTINA A NON VOLER RICONOSCERE CHE OGGI E' NELLA MAGGIORITARIA PRESENZA DELLE MINORANZE LINGUISTICHE (FRIULANA - GERMANICA E SLOVENA) L'UNICO MOTIVO DI SPECIALITA' DELLA NOSTRA REGIONE.

    E INVECE CI SI ARRAMPICA SUGLI SPECCHI INVENTANDOSI ASSURDITA' COME: "DOBBIAMO DIMOSTRARE DI ESSERE VIRTUOSI E CHE LA NOSTRA SPECIALITA' SERVE ALLA STATO ITALIANO".

    STANNO PREPARANDO "L'AUTOSTRADA" ALLA CANCELLAZIONE DELLA AUTONOMIA SPECIALE DELLA NOSTRA REGIONE!

    "FESSERIE MEGAGALATTICHE" CHE CI STANNO PORTANTO DRITTI DRITTI ALLA CANCELLAZIONE DELLA NOSTRA AUTONOMIA SPECIALE!

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  2. Sempre lucide e documentate le analisi di Giorgio Cavallo. Molto bene, abbiamo bisogno di "controinformazioni" rispetto a quelle correnti dei nostri mass media. Ciò per la completezza e un più vasto panorama di dati e idee su cui basare le nostre convinzioni.
    In argomento mi preme sottolineare la straordinaria coincidenza riscontrata sul quotidiano locale di qualche giorno fa. Allora, sulla terza pagina, la Governatrice assicurava l’intangibilità della Regione e l’inconsistenza delle preoccupazioni per la MACROREGIONE VENETA.
    Sulla seconda il Direttore del quotidiano presentava e giustificava il nuovo prodotto de LA REPUBBLICA: “NORDEST ECONOMIA”
    In pratica il partito di REPUBBLICA – ESPRESSO ha già deciso per il GRANDE VENETO che ingloba il FRIULI.
    Loro sanno bene che il TRIVENETO non si può fare: impossibile inserirvi l’ALTO ADIGE/Sud Tirolo e anche il TRENTINO!
    Ma danno per scontato che il FRIULI non opporrà resistenze a tornare nel VENETO.
    E’ il gioco delle parti. E’ un’azione preparatoria.
    Nessuno dirà mai direttamente: sopprimiamo una regione. Anzi ci si straccia le vesti che no, non si farà mai.
    Intanto lsi avora sottotraccia, si prepara e orienta l’opinione pubblica, sino a che il passo (ora negato) sembrerà ineludibile, anzi opportuno e necessario.


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  3. UBALDO, all'allora Presidente del Consiglio Letta, fu detto "STAI SERENO"....pochi giorni dopo ha avuto il "ben servito" ed è stato sostituito da Matteo Renzi!

    E questo è solo un piccolo esempio....molto significativo !

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  4. PER NON DIMENTICARE E MEGLIO PRECISARE!

    Negli anni 90 del secolo scorso la nostra Regione richiese e ottenne la competenza sulla sanità uscendo così dal Fondo sanitario nazionale e rinunciando ai finanziamenti statali alla sanità.

    Ottenne in cambio dal Governo centrale (Roma) due punti in più di alcune entrate fiscali prodotte in regione (Iva e Iperf le due voci più consistenti). Si passò così dai 4/10 ai 6/10 (una frazione di decimi che è la più bassa di tutte le regioni a statuto speciale!)

    Il problema è che i due decimi di fiscalità ottenuti in più negli anni 90 a fronte della competenza regionale sulla sanità, si sono PESANTEMENTE INFLAZIONATI, in particolare con l'attuale crisi economica dal 2008 ad oggi, che vede diminuire Iva e Iperf prodotti in regione.

    E ciò a fronte del fatto che la sanità regionale - PAGATA IN PROPRIO! - assorbe oltre la metà dell'intero bilancio finanziario regionale nel mentre le altre regioni italiane che sono rimaste nel FONDO SANITARIO NAZIONALE si sono viste - negli anni - aumentare, e di molto!, i finanziamenti STATALI per la sanità oltre che ripianare dallo Stato sistematicamente i deficit e i debiti del comparto sanitario regionale.

    Aggiungi poi che i costi della sanità sono notevolmente cresciuti essendo aumentati - negli anni - sia il costo dei medicinali/strumenti medici che gli stipendi ( e giustamente) degli operatori sanitari. Ma i due/decimi ottenuti da Roma negli anni 90 non sono stati incrementati ma sono sempre e solo.... 2 decimi!

    Ha pienamente ragione Giorgio Cavallo nel denunciare il ragionamento assurdo e la eccessiva semplificazione dell'analisi di chi punta il dito contro l'autonomia e la specialità accusate di non essere più utili per lo sviluppo economico della nostra regione.

    Un ragionamento dunque non accettabile per carenza di analisi e conclusioni "strampalate".

    E, guarda tu il caso, gli stessi soggetti che aggrediscono con tesi assurde e con analisi estremamente superficiali l'autonomia speciale della nostra regione, sono gli stessi soggetti che spesso disconoscono le minoranze linguistiche regionali (quella friulana in primis!) quando perfino non irridono i loro diritti linguistici. Oltre che guardarsi bene dal legare il diritto all'autonomia e alla specialità della nostra regione alla presenza massiccia di minoranze linguistiche storiche nella nostra regione. Così facendo, ignorando anche importanti trattati internazionali europei sottoscritti anche dall'Italia e considerando le minoranze linguistiche poco più che .....realtà folcloristiche!

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