Riceviamo da Giorgio Cavallo,
che ringraziamo, e
pubblichiamo.
CONTRO L’AUTONOMIA
E
LA SPECIALITA’
LA
LOGICA DEI “MODERNISTI”
di
Giorgio
Cavallo
In
futuro forse dovremo ringraziare questa fase convulsa di discussione
sul futuro destino dei territori ad est del Livenza, qualunque possa
essere l’esito pratico che ne deriverà.
Perché, finalmente, al di
là della apparente unanimità di difensori veri e falsi
dell’autonomia e della specialità del F-VG, è almeno emerso
qualcuno che, sulla base di una certa cultura istituzionale ed
economica, dice apertamente che di questa autonomia possiamo
tranquillamente farne a meno.
E’
ben vero che le menti migliori del pensiero politico contemporaneo
dicono che siamo nella fase del post modernismo e che è a questo che
dobbiamo fare riferimento per trovare delle risposte al generale
peggioramento della condizione umana negli stati ad economia
avanzata, ma è anche pur vero che nel nostro “contado” di
modernità e soprattutto di pensiero liberal (e liberista) se ne è
visto solo a sprazzi.
Mi
sembra che la lacuna cominci ad essere colmata da due realtà urbane
significative: il
vulcanico direttore del Messaggero Veneto,
nella sua probabilmente breve ricomparsa in Friuli, e i “Da
Pozzo boys”, giovani fabbri nella fucina del Friuli Future Forum.
Queste “emergenze” vanno prese seriamente, non solo per il peso
delle relazioni che hanno con la società che conta, ma perché
esprimono idee e ragionamenti semplificati e, in parte, documentati.
Il
cuore delle loro valutazioni può essere così sintetizzato: il F-VG
malgrado la sua specialità non è stato in grado di rispondere
adeguatamente all’evoluzione del sistema economico e produttivo, ha
livelli alti di disoccupazione intellettuale giovanile e non è in
grado di produrre da solo le risorse finanziarie per garantire i, pur
in parte già ridotti, livelli di servizi che attualmente ha. Ne
consegue che dell’autonomia e della specialità se ne può fare
tranquillamente a meno, e che, se proprio siamo costretti a tenerla,
dobbiamo usarla per costruire efficienza e risparmio nell’ambito
della competitività dello stato italiano, così tenacemente
ricercata dall’attuale governo.
Sarei
tentato di rispondere in maniera ideologica a questa aggressione
nella convinzione che il dibattito sull’autonomia dei territori non
è praticabile se non è accompagnato da una critica alla economia
politica nella sua pervasività attuale, e su questo consiglierei la
lettura di Andrea Zhok nel n.1 della rivista Scenari (2014) nel
saggio “Doppio movimento, ovvero della necessità storica di una
sinistra non ‘progressista’”.
Ma preferisco
limitarmi a mettere in evidenza alcune contraddizioni nei
ragionamenti di fondo e nelle documentazioni numeriche che supportano
questa offensiva d’autunno contro l’autonomia e la specialità.
a.
I giovani scappano e dell’autonomia non gliene frega nulla.
E’
vero, la crisi del 2008 come in tutta Italia ha colpito duro; la
struttura sociale e produttiva del Friuli e il governo della
specialità, abituato storicamente ad usare unicamente la leva
finanziaria (vedi anni 80), non è stato in grado di prepararsi in
modo originale alla evoluzione che si stava presentando. Da qui le
difficoltà attuali e le schiere di giovani preparati che se ne vanno
all’estero. Ma questo
c’entra ben poco con la specialità,
visto che negli anni gli strumenti base di intervento rispetto al
sistema produttivo sono via via spariti anche in seguito alla
legislazione comunitaria.
Semmai si può parlare di cattiva gestione politica e tecnica dei
residui strumenti rimasti, come le partecipate e la poca capacità di
utilizzare adeguatamente le programmazioni di derivazione europea.
Cacciamo
i governanti incapaci e troviamocene degli altri.
b.
Riceviamo
dallo stato più di quanto contribuiamo.
Questa
è la semplificata motivazione che, conti alla mano, ci suggerisce di
stare tranquilli e non muovere troppo le acque, altrimenti la nostra
qualità di vita non potrà che peggiorare.
No,
non ci siamo. Intanto va precisato che l’ordine di grandezza
complessivo su cui stiamo parlando è di 20 miliardi di euro (un po’
su e un po’ giù, calcolati a valore euro 2005) e che quanto di
competenza della Regione F-VG arriva circa al 25% del totale.
Qui
c’è da scavare bene. Fino
al 2008 il sistema pubblico del F-VG era virtuoso: contribuiva allo
stato per più di quanto riceveva, in genere circa 1 miliardo di
euro. Una posizione analoga e leggermente migliore
del Trentino-Sud Tirolo, molto diversa dal Veneto che già allora
aveva un saldo positivo di circa 16 miliardi di euro. Poi
le cose cambiano ed oggi (2013) i Conti Pubblici
Territoriali ci danno un disavanzo di oltre 2 miliardi di euro, e
quindi siamo passati da un +5% a un -10%. Cosa
è successo?
E’ forse la Regione F-VG che sta dilapidando denaro pubblico, visto
che le sue entrate si sono assottigliate del 20%,
di fatto anche più della stessa caduta del PIL?
Credo
che qui i conti si debbano analizzare molto meglio per capire bene
dove stanno i buchi. Può darsi che qualcosa abbia inciso la
revisione del modello di contabilità territoriale allargato
introdotta nel 2013, ma soprattutto c’è da capire come abbia
reagito il sistema di entrate ed uscite pubbliche negli anni della
crisi 2008-2014. Negli stessi anni le posizioni del Trentino, Sud
Tirolo e Veneto sono rimaste nelle stesse condizioni relative
precedenti, parità sostanziale per le Provincie alpine e forte
avanzo per il Veneto. In quei casi l’autonomia, in particolare
speciale, avrebbe ben funzionato?
Tra
quelli presi in esame dal duo Ermano-Bressan c’è un tema molto
serio. Quello che lega la struttura demografica del F-VG alla
occupazione ed al numero dei pensionati. L’alta età media dei
cittadini nostrani ed un tasso di occupazione inferiore, ma non di
molto rispetto al Veneto ed al Trentino, determinano un numero di
pensionati che è il 2,77% dei pensionati italiani, ben oltre la
percentuale di popolazione che è del 2,1%: questo significa che
vengono erogate prestazioni per 7,5 miliardi rispetto a contribuzioni
per 5 miliardi di euro. Ma non penso che la attuale situazione
pensionistica sia radicalmente cambiata dal 2008 e che da lì quindi
provenga l’attuale disavanzo. Per curiosità ricordo che il
Trentino/Sud Tirolo versa, unico in Italia, più contributi di quante
prestazioni pensionistiche riceva, anche se per la verità è
soprattutto Bolzano che tira.
Alla
fine di questi conti credo che la considerazione di coloro che legano
il tema dell’autonomia e della specialità alla pura contabilità
del dare avere con lo stato siano del tutte assurde.
Perché ragionando sul Trentino e Sud Tirolo si arriverebbe a
considerazioni ben diverse e perché il Veneto, con il suo avanzo di
16 miliardi, avrebbe tutti i motivi per chiedere l’indipendenza.
c.
Sarebbe
meglio far scomparire le regioni
e,
se proprio non si può, accorpiamole così diventeranno più oneste
ed efficienti, anche se sfugge un nesso automatico.
Certo,
il livello di inefficienza e di corruzione di tutte le Regioni va
sconfitto. Così come vanno combattute tutte le manchevolezze del
sistema pubblico, dal comune alla presidenza della Repubblica. Ma
la bestialità
logica
è che a questa situazione si vuole porre rimedio affidando la frusta
del comando alla macchina dello stato centrale.
Come
se l’inefficienza e la corruzione non si annidassero dappertutto,
ed in particolare per qualità e dimensioni economiche, proprio in
quegli apparati e nei progetti delle grandi infrastrutture che
trovano la conciliazione dei diversi interessi proprio a quel
livello. Se la logica sopra descritta avesse un
senso la prima istituzione da
abolire o ridimensionare sarebbe proprio lo stato.
Di converso la ricetta della centralizzazione non è nuova.
Il
fascismo, in Italia e altrove fino alla sua raffinata versione
nazista, si è affermato come antidoto alla inefficienza, alla
incapacità di decidere ed all’eccesso di democrazia dei sistemi
costituzionali ed ha convinto gran parte dei cittadini che
concentrare il comando fosse la soluzione per la rinascita economica:
che magari allora passava per un buon sistema protezionistico e per
la produzione bellica piuttosto che sulla attuale globalizzazione e
competitività internazionale. Ma la musica è la stessa.
Speriamo
che i pifferai di Hamelin questa volta non abbiano la meglio.
Giorgio Cavallo
Udine,
28 ottobre 2015
…...............
E' INCREDIBILE LA COCCIUTAGGINE DI CHI SI OSTINA A NON VOLER RICONOSCERE CHE OGGI E' NELLA MAGGIORITARIA PRESENZA DELLE MINORANZE LINGUISTICHE (FRIULANA - GERMANICA E SLOVENA) L'UNICO MOTIVO DI SPECIALITA' DELLA NOSTRA REGIONE.
RispondiEliminaE INVECE CI SI ARRAMPICA SUGLI SPECCHI INVENTANDOSI ASSURDITA' COME: "DOBBIAMO DIMOSTRARE DI ESSERE VIRTUOSI E CHE LA NOSTRA SPECIALITA' SERVE ALLA STATO ITALIANO".
STANNO PREPARANDO "L'AUTOSTRADA" ALLA CANCELLAZIONE DELLA AUTONOMIA SPECIALE DELLA NOSTRA REGIONE!
"FESSERIE MEGAGALATTICHE" CHE CI STANNO PORTANTO DRITTI DRITTI ALLA CANCELLAZIONE DELLA NOSTRA AUTONOMIA SPECIALE!
Sempre lucide e documentate le analisi di Giorgio Cavallo. Molto bene, abbiamo bisogno di "controinformazioni" rispetto a quelle correnti dei nostri mass media. Ciò per la completezza e un più vasto panorama di dati e idee su cui basare le nostre convinzioni.
RispondiEliminaIn argomento mi preme sottolineare la straordinaria coincidenza riscontrata sul quotidiano locale di qualche giorno fa. Allora, sulla terza pagina, la Governatrice assicurava l’intangibilità della Regione e l’inconsistenza delle preoccupazioni per la MACROREGIONE VENETA.
Sulla seconda il Direttore del quotidiano presentava e giustificava il nuovo prodotto de LA REPUBBLICA: “NORDEST ECONOMIA”
In pratica il partito di REPUBBLICA – ESPRESSO ha già deciso per il GRANDE VENETO che ingloba il FRIULI.
Loro sanno bene che il TRIVENETO non si può fare: impossibile inserirvi l’ALTO ADIGE/Sud Tirolo e anche il TRENTINO!
Ma danno per scontato che il FRIULI non opporrà resistenze a tornare nel VENETO.
E’ il gioco delle parti. E’ un’azione preparatoria.
Nessuno dirà mai direttamente: sopprimiamo una regione. Anzi ci si straccia le vesti che no, non si farà mai.
Intanto lsi avora sottotraccia, si prepara e orienta l’opinione pubblica, sino a che il passo (ora negato) sembrerà ineludibile, anzi opportuno e necessario.
UBALDO, all'allora Presidente del Consiglio Letta, fu detto "STAI SERENO"....pochi giorni dopo ha avuto il "ben servito" ed è stato sostituito da Matteo Renzi!
RispondiEliminaE questo è solo un piccolo esempio....molto significativo !
RispondiEliminaPER NON DIMENTICARE E MEGLIO PRECISARE!
Negli anni 90 del secolo scorso la nostra Regione richiese e ottenne la competenza sulla sanità uscendo così dal Fondo sanitario nazionale e rinunciando ai finanziamenti statali alla sanità.
Ottenne in cambio dal Governo centrale (Roma) due punti in più di alcune entrate fiscali prodotte in regione (Iva e Iperf le due voci più consistenti). Si passò così dai 4/10 ai 6/10 (una frazione di decimi che è la più bassa di tutte le regioni a statuto speciale!)
Il problema è che i due decimi di fiscalità ottenuti in più negli anni 90 a fronte della competenza regionale sulla sanità, si sono PESANTEMENTE INFLAZIONATI, in particolare con l'attuale crisi economica dal 2008 ad oggi, che vede diminuire Iva e Iperf prodotti in regione.
E ciò a fronte del fatto che la sanità regionale - PAGATA IN PROPRIO! - assorbe oltre la metà dell'intero bilancio finanziario regionale nel mentre le altre regioni italiane che sono rimaste nel FONDO SANITARIO NAZIONALE si sono viste - negli anni - aumentare, e di molto!, i finanziamenti STATALI per la sanità oltre che ripianare dallo Stato sistematicamente i deficit e i debiti del comparto sanitario regionale.
Aggiungi poi che i costi della sanità sono notevolmente cresciuti essendo aumentati - negli anni - sia il costo dei medicinali/strumenti medici che gli stipendi ( e giustamente) degli operatori sanitari. Ma i due/decimi ottenuti da Roma negli anni 90 non sono stati incrementati ma sono sempre e solo.... 2 decimi!
Ha pienamente ragione Giorgio Cavallo nel denunciare il ragionamento assurdo e la eccessiva semplificazione dell'analisi di chi punta il dito contro l'autonomia e la specialità accusate di non essere più utili per lo sviluppo economico della nostra regione.
Un ragionamento dunque non accettabile per carenza di analisi e conclusioni "strampalate".
E, guarda tu il caso, gli stessi soggetti che aggrediscono con tesi assurde e con analisi estremamente superficiali l'autonomia speciale della nostra regione, sono gli stessi soggetti che spesso disconoscono le minoranze linguistiche regionali (quella friulana in primis!) quando perfino non irridono i loro diritti linguistici. Oltre che guardarsi bene dal legare il diritto all'autonomia e alla specialità della nostra regione alla presenza massiccia di minoranze linguistiche storiche nella nostra regione. Così facendo, ignorando anche importanti trattati internazionali europei sottoscritti anche dall'Italia e considerando le minoranze linguistiche poco più che .....realtà folcloristiche!