IL
CENTRALISMO
BONAPARTISTA
ALL'ATTACCO
DELLE REGIONI!
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Così
sul suo Blog scriveva nel 2012
il
sempre compianto amico sardo
Gianfranco
Pintore
Quella insana
voglia bonapartista
http://gianfrancopintore.blogspot.it/2012/09/quella-insana-voglia-bonapartista.html
L’articolo
114 della Costituzione italiana afferma che “La
Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città
metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”.
Prima del 2001, quando con i suoi soli voti (4 in più) il
centrosinistra approvò la riforma di questo e degli altri articoli
del Titolo V, la Costituzione del 1948 affermava che “La
Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni”.
La trasformazione non è da poco, visto che vi si riconosce, 53 anni
dopo la approvazione della Carta italiana, “una posizione
paritaria a tutti gli enti costitutivi della Repubblica” fino
ad allora un quasi sinonimo di Stato.
È
una affermazione che irrita, e non poco, gli adoratori del
centralismo bonapartista, fra i quali il
costituzionalista Michele Ainis che oggi sul Corriere della
sera si scandalizza perché così “lo Stato ha la stessa
dignità del Comune di Roccadisotto” (fra l’altro
inesistente) e parla di “sprezzo del ridicolo”.
È
bene, credo, tener presente tutto questo (compreso
il neo bonapartismo) oggi che gli scandalosi
comportamenti di Grandi e Piccoli Inquilini di alcune
amministrazioni regionali (Lazio, Molise, Lombardia, Sicilia, in
primo luogo) stanno solleticando i
pruriti giacobini e riaccentratori di alcuni maîtres à penser,
dispensatori di odio anti autonomista dai media
italiani. La loro proposta è semplice: abolire le Regioni
additate al pubblico ludibrio non solo, giustamente, per gli
sprechi e il malaffare, ma anche per i loro costi. Per ora si
limitano a quelle ordinarie, ma già adocchiano le speciali,
definite sempre da Ainis anacronistiche.
Sia
chiaro, il marciume che giorno per giorno si scopre oggi nel
Lazio, ieri in altre regioni e domani forse in altre ancora, è
intollerabile e non può certo essere certo estirpato solo con
inchieste giudiziarie e neppure solo con dimissioni di presunti
rei. Ci vuole – so che è una litania malinconica, ma va
recitata – una rivoluzione culturale profonda.
Ma
le regioni non sono un
bubbone da estirpare. Tanto meno lo sono quelle a Statuto speciale
che non sono un grazioso dono del centralismo.
Il
sistema politico italiano ha tante pustole purulente da alimentare
un moto di schifo generalizzato. Con due
effetti, oltre ad un distacco dalla politica: il primo è quello
della comoda scappatoia del “son tutti ladri”, il
secondo è quello alquanto patetico del “Chi, io? Gli altri
semmai”, accompagnato da un ruffiano battimani agli
inquisitori. Sempre pronti, va da sé, a gridare alla
persecuzione, quando l’applauso non salva da una indagine
sgradita.
Ma
è il sistema politico dell’intera Repubblica a essere nelle
peste, non solo quello regionale, comunale o provinciale. La
corruzione nella sanità non è stata inventata dalle regioni, il
giorno che ad essa è stata trasferita la relativa competenza.
È una malattia di lunga data: chi ricorda lo scandalo degli anni
Ottanta con protagonisti un ex ministro della sanità e un
direttore del Servizio farmaceutico?
La
cosiddetta tangentopoli si occupò non tanto di assessori
regionali o comunali, ma di fauna politica ai vertici dello Stato
italiano. La magistratura – si disse –
supplì alla incapacità della politica di riformarsi. Ma
nessuno, di fronte a quello sconvolgimento epocale (altro che gli
scandali “regionali” odierni!), propose di sciogliere lo
Stato. La lobbie giacobina (ben radicata nei
grandi quotidiani di diverso orientamento) si dà da fare, invece,
per sciogliere le regioni come misura atta a moralizzare e ad
abbattere la spesa pubblica.
Se
questa medicina davvero fosse buona per le regioni, perché non
cominciare ad applicarla dallo
Stato, questo Leviatano che è il luogo geometrico della
corruzione, dello sperpero e della inefficienza?
Una Repubblica fatta di
comuni e di regioni non avrebbe forse più possibilità di essere
rispettabile e più utile ai propri cittadini?
Forse,
neppure i capi della rivolta contro le regioni riuscirebbero ad
ammetterlo:
la loro non è una opera di contenimento della spesa e di
moralizzazione della vita pubblica, o almeno non è quello
l’aspetto principale. Quel che essi odorano nell’aria, credo
sia un presentimento di crollo dello Stato nazionale, troppo
grande e insieme troppo diversificato per reggere.
Invece
di prendere atto che l’unitarismo “nazionale” è una
finzione, suggeriscono alla politica (troppo presa dalle proprie
bipartisan magagne) di cancellare
le diversità e di accentrare.
Una
tentazione che Mariano Rajoy, in Spagna, ha nei confronti della
Catalogna, nazionalità della quale vorrebbe cancellare
l’identità con i suoi costi. La prima risposta è stata una
manifestazione indipendentista di quasi due milioni di persone.
La seconda, secondo quanto si dice, potrebbe essere presto una
campagna elettorale con al centro il tema dell’indipendenza.
Certo,
non esistono nelle regioni ordinarie (e a ben
vedere neppure nelle speciali) realtà omologhe alla Catalogna.
L’esperimento della Padania, se non fallito per la cupio
dissolvi che ha messo in crisi la Lega Nord certo sembra molto
ridimensionato. L’autonomismo meridionalista sconta la
propria incapacità a farsi classe dirigente autonoma e la
propensione a scimmiottare la politica cosiddetta nazionale. Ma
non darei per scontato che ci sia un destino già scritto, se i
tentativi di cancellazione delle regioni passassero dalla
agitazione mediatica dei neo bonapartisti alla azione politica.
Conto diverso è quello che ci riguarda non solo come regioni speciali, ma soprattutto come Sardegna. Tanto trambusto accentratore spero convinca anche i più tiepidi fra gli autonomisti del fatto che non c’è alcuna speranza nella dipendenza da questo Stato. Bisognerà riparlarne.
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COSI'
OGGI SUL QUOTIDIANO “L'UNITA'”
GLI
“ACCENTRATORI BONAPARTISTI”
DEL
PARTITO DEMOCRATICO:
PROSSIMA
TAPPA
DIMINUIRE
LE REGIONI
A proposito...."LE VENEZIE" sono una INVENZIONE del nazionalismo italiano poi utilizzata e propagandata sui libri di scuola e sugli atlanti geografici dal REGIME FASCISTA!
RispondiEliminaGiù le mani dal Friuli!
Bonapartismo = In senso lato il termine indica il movimento politico teso a rivalutare la forza ed il governo centralizzato
RispondiEliminaBonapartista: aderente al "bonapartismo"
Ormai la Repubblica italiana si trova in una situazione di RESTAURAZIONE anti-democratica impressionante.
RispondiEliminaNemmeno il Regime fascista aveva osato così tanto...
Per quanto riguarda la diminuzione delle Regioni è impressionante Il DILETTANTISMO con cui ha proceduto chi ha immaginato le nuove macro-regioni!
Macroregioni che VIOLENTANO la storia dei vari territori di cui si compone attualmente la Repubblica italiana con raggruppamenti assurdi che non potranno che registrare forti reazioni popolari.....
Nella Francia, super-nazionalista e super accentratrice, nonché PATRIA del bonapartismo, NON HANNO LE REGIONI, ma i DIPARTIMENTI indicati con un NUMERO!
RispondiEliminaE la furia accentratrice che c'è a Roma, c'è anche a Trieste dove la giunta regionale unificherebbe anche i "cessi pubblici"!
LEVIATANO -
RispondiElimina[le·via·tà·no]
DEFINIZIONE
1.Gigantesco e voracissimo mostro acquatico della tradizione biblica, che è stato assunto dal filosofo Th. Hobbes (1588-1679) a simbolo dell'onnipotenza dello Stato nei confronti dell'individuo; estens., simbolo del potere totalitario, o anche di struttura eccezionalmente complessa ed estesa.
Forniti da Oxford Dictionaries · © Le Monnier/Mondadori Education S.p.A., under licence to Oxford University Press
GIANFRANCO PINTORE
RispondiEliminaIl giornalista, saggista e scrittore bilingue e identitario (1939-2012)
http://truncare.myblog.it/2012/09/24/in-ricordo-di-gianfranco-pintore/
Gianfranco Pintore nasce ad Irgoli (Nuoro) il 31 agosto 1939. Nel 1951 lascia la Sardegna. A Firenze frequenta il ginnasio, il liceo classico e si iscrive all’Università. Ha in testa un’idea: la laurea non serve per il mestiere di giornalista che vuol fare e fa gli esami che gli interessano: in Architettura con Ludovico Quaroni, in Scienze politiche con Giovanni Spadolini, di Giurisprudenza. Intanto, a partire dal 1962 fa il “volontario di cronaca” nella redazione fiorentina di “L’Unità” e nel 1965 è chiamato alla redazione centrale a Roma, per la quale lavora prima nella sezione cronaca e quindi in quella degli esteri. È inviato speciale e per un certo periodo corrispondente da Varsavia. Dopo le sue dimissioni da ”L’Unità” in seguito all’invasione della Cecoslovacchia, lavora nel settimanale “Mondo Nuovo” e quindi, a Milano, nel settimanale “Abc” come inviato e infine come redattore capo.
Nel 1973 stipula con la casa editrice Mazzotta di Milano un contratto per la redazione di un saggio che l’anno successivo è pubblicato con il titolo “Sardegna: regione o colonia?”. È lo studio del rapporto conflittuale fra la comunità di Orgosolo e lo Stato, giocato fra storia, tradizione orale, testimonianze, ed è anche la ricerca di quanto Orgosolo rappresentasse lo spirito dell’intera Sardegna, di quanto in altre parole la Sardegna potesse sentirsi rappresentata dal sentimento comunitario del paese, altrimenti e altrove descritto come “il paese dei banditi”.
All’uscita del libro decide di restare in Sardegna, come corrispondente di “L’Espresso” di Eugenio Scalfari prima e successivamente di “Tempo illustrato” di Lino Jannuzzi. Lavora anche per “La Nuova Sardegna” di cui fa l’inviato e conduce una serie di campagne di stampa. Quella per il bilinguismo e quella per la Zona franca gli costerà il licenziamento in tronco per richiesta esplicita di un dirigente di partito decisamente contrario e all’uno e all’altra. Dirige a Nuoro la prima, e per ora unica, radio libera bilingue, “Radiu Supramonte” e fonda a San Sperate il mensile “Sa Sardigna”, anch’esso bilingue.
(SEGUE)
GIANFRANCO PINTORE
RispondiEliminaIl giornalista, saggista e scrittore bilingue e identitario (1939-2012)
http://truncare.myblog.it/2012/09/24/in-ricordo-di-gianfranco-pintore/
(SECONDA E ULTIMA PARTE)
Nel 1981 esce il suo romanzo in italiano Sardigna ruja, storia della contrastata industrializzazione forzata delle Terre interne della Sardegna che ha come effetto il sorgere di una banda guerrigliera che dà il nome al romanzo. A questo fa seguito, nel 1984, Manzela, romanzo in italiano sugli effetti che il conflitto fra codice italiano e legge consuetudinaria ha sulla vita di un giovane intellettuale e della sua compagna, Manzela (Mariangela).
Dalla seconda metà degli anni Ottanta alla prima metà del decennio successivo a Cagliari dirige il periodico del Partito sardo d’azione “Il Solco”. Nel frattempo, nel 1986, pubblica con Rizzoli Sardegna sconosciuta, un viaggio in cento tappe all’interno della civiltà dei sardi per raccontare a turisti curiosi l’altra faccia, quella più intima e insolita, di un’isola prevalentemente visitata per le sue spiagge (una seconda edizione, riveduta e corretta, è pubblicata, sempre da Rizzoli, nel 2001).
Nel 1989 il suo romanzo Su Zogu ottiene il premio Casteddu de sa Fae di letteratura in lingua sarda : in un futuro non molto lontano, in una Sardegna divisa tra Coste e Terre interne, un gruppo di giovani si ribella alla dittatura paternalistica imposta al centro dell’isola. Nel 2000, con il titolo La caccia, ne esce la traduzione in italiano.
Nel 1996, pubblica il saggio sul federalismo La sovrana e la cameriera, titolo evocativo del rapporto esistente fra l’autogoverno pieno che avrebbe dovuto realizzare i diritti storici della Sardegna in quanto nazione e l’autonomia storicamente realizzatasi in Sardegna.Tornato a Nuoro, dirige l’emittente bilingue “TeleSardegna”, per la quale cura anche il primo telegiornale in sardo, Telediariu, e fa l’editorialista per il quotidiano “L’Unione sarda”.
Nel 2002, pubblica il romanzo in sardo “Nurai”. Nel 2006, insieme a Natalino Piras e a Giulio Angioni, pubblica il volume Lula. Nel 2007 scrive un altro romanzo in lingua sarda Morte de unu Presidente, un noir che prende le mosse dall’assassinio del Presidente della Regione sarda. Sembra un omicidio a sfondo sentimentale ed è ben altro. Nel 2009 pubblica un altro romanzo in lingua sarda Sa losa de Osana (La stele di Osana).
Muore, dopo una lunga malattia, il 24 settembre 2012.
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