DOSSIER
FUSIONE COMUNI
COSI' NELLA TOSCANA
DI MATTEO RENZI...
i Comuni sono in rivolta!!!
i Comuni sono in rivolta!!!
...........................
copia e incolla da:
"E se è passata nel mugugno e silenzio di tanti la riforma e abolizione delle Province (oggi l’assenza di un ente sovracomunale comincia a farsi sentire) altrettanto indolore non sembra preannunciarsi la nuova ondata democratica di rottamazione dei Comuni. Il caso del referendum Abetone e Cutigliano, su cui d’imperio il Consiglio regionale ha deciso, ha creato l’allarme. E molti primi cittadini stanno cominciando a far sentire la loro voce. Sabato prossimo saranno alcuni sindaci dell’area livornese e pisana a trovarsi a Guardistallo e per il 12 marzo a Volterra è attesa un’invasione di primi cittadini di Comuni “dimenticati”.
Ma ad allarmare il Pd è stato ieri il documento siglato da 13 primi cittadini di comuni senesi. Più di un terzo. E tra questi molti sindaci piddini, da Luciana Bartaletti di Chiusdino a Claudio Galletti di Castiglione d’Orcia, Eva Barbanera di Cetona e Raffaella Senesi di Monteriggioni, Francesco Fabbrizzi di Radicofani, Emiliano Bravi di Radicondoli, Paolo Morelli di San Casciano dei Bagni, Giacomo Bassi di San Gimignano e Roberto Machetti di Trequanda. E non si sono preoccupati di firmare insieme ai civici Andrea Marchetti di Chianciano Terme, Piero Pii di Casole d’Elsa, Luigi Vagaggini di Piancastagnaio, Fabrizio Fè di Pienza. In gioco c’è la stessa sopravvivenza dei loro comuni e non sono stati a guardare l’appartenenza politica dei cofirmatari.
(…) Già, la questione finanziaria non è poi così secondaria e riguarda le risorse che la Regione Toscana mette sul piatto in caso di fusioni tra Comuni. Una cosa francamente strana perché anziché premiare i progetti (strade, scuole, infrastrutture, servizi) si premiano i comportamenti. E qualcuno poi ha il coraggio di dire che così si tiene in conto le esigenze dei cittadini?"
MICHELE TADDEI - 4 febbraio 2016
.....................................
PROVINCIA DI SIENA
MANIFESTO
IN DIFESA
DEI PICCOLI COMUNI ITALIANI
3 febbraio 2016
3 febbraio 2016
I
piccoli comuni rappresentano la grande maggioranza degli 8.000 comuni
italiani. Piccoli rispetto al
numero di abitanti delle realtà cittadine e metropolitane, ma spesso
grandi sia nella loro estensione geografica, sia in riferimento alle
risorse economiche, sociali e culturali che sono conservate nei loro
confini.
I
nostri padri costituenti, con chiara in mente la lunga tradizione
civica dei comuni, inclusero tra i principi fondamentali a cui
avrebbero dovuto ispirarsi le politiche della Repubblica il
riconoscimento del ruolo delle autonomie locali, attraverso
l'adeguamento dei principi e dei metodi della legislazione “alle
esigenze dell’autonomia e del decentramento” (art. 5 della
Costituzione).
Il Comune è l’elemento
centrale di una solida tradizione civica italiana che dal Medioevo
giunge fino alla Costituzione repubblicana.
In
Italia, più che altrove, i territori locali fondano il loro profilo
istituzionale sul Comune, che rappresenta il livello primario della
democrazia e della rappresentanza politica.
Specialmente
nei piccoli comuni, il Municipio e il Sindaco sono un punto di
riferimento insostituibile per i cittadini e simbolicamente il
Gonfalone rappresenta un importante riferimento identitario in una
società sempre più priva di punti di riferimento collettivi.
In
una fase storica come quella che stiamo vivendo, caratterizzata dal
progressivo allontanamento dai cittadini dai luoghi decisionali,
dall’irruzione dei poteri economico-finanziari nei processi di
governo, dal diffondersi di sentimenti diffusi di antipolitica che
alimentano i populismi, è necessario un rafforzamento del ruolo dei
comuni, cioè l’esatto contrario del loro smantellamento.
Bisogna
adoperarsi per il mantenimento di un presidio democratico dentro le
comunità locali, per il rispetto e la valorizzazione delle identità
locali e per il rilancio del ruolo dei Consigli Comunali come luogo
di partecipazione politica.
Dobbiamo
sostenere i piccoli comuni nella loro attività di erogazione di quei
servizi fondamentali ai cittadini che, per caratteristiche
intrinseche, enti di più grandi dimensioni non riuscirebbero a
fornire con altrettanta efficacia e puntualità. Un buon governo
locale non riproducibile su dimensioni troppo vaste.
Se
i piccoli comuni sono in difficoltà dobbiamo aiutarli a vivere, non
a morire.
Purtroppo
invece il modo in cui oggi molta parte della classe politica italiana
affronta il tema delle fusioni dei comuni, proponendone in alcuni
casi l’obbligatorietà per legge, in altri promuovendo processi che
ne sanciscono l’obbligatorietà di fatto, segna un insostenibile
attacco alle autonomie locali ed all’esistenza stessa dei piccoli
comuni.
Un
attacco condotto sulla base di un approccio contabile-amministrativo
che, non solo non tiene conto di altre dimensioni, ma soprattutto non
si fonda su alcuna evidenza oggettiva di dati economici e finanziari.
I quali dati mostrano come in realtà l’impatto dei costi dei
piccoli comuni nella spesa pubblica nazionale sia del tutto
marginale, sia in valore assoluto che percentuale.Altri
sono i centri di spesa improduttivi nel nostro Paese.
Assistiamo ad analisi fondate solo sul parametro del numero degli abitanti, che impediscono di comprendere come i processi di fusione, soprattutto nelle zone rurali, possano creare, o aggravare, le criticità connesse all'estensione territoriale dei comuni, la cui eccessiva ampiezza incide negativamente sull'efficienza nell'erogazione dei servizi ai cittadini.
Ci
troviamo di fronte a proposte che non tengono conto delle profonde
differenze tra le aree del Paese, che conta Regioni
come la Lombardia con un numero di comuni pari a 1.500 con una media
di 6.500 abitanti o il Piemonte con i suoi 1.200 comuni con una media
di 3.600 abitanti, ed altre come la Toscana che invece ne conta 279
con una media di 13.450.
Oppure
ad attacchi strumentali condotti utilizzando numeri per creare
sensazione,
facendo ritenere che gli 8.000 comuni italiani, circa uno ogni 7.500
abitanti, siano un’insostenibile anomalia, quando ad esempio la
Francia, Stato tradizionalmente centralizzatore, ne ha 36.000, cioè
uno ogni 1.700 abitanti, e non si sogna di mettere in discussione
l’esistenza dei piccoli Comuni, pur pretendendo un’organizzazione
sovracomunale dei servizi.
Le
politiche di razionalizzazione devono infatti riguardare la gestione
dei servizi comunali, dai quali derivano i costi e dipende
l’efficienza dell’azione amministrativa, e non gli organi di
rappresentanza politica.
Sui
costi dei quali organi politici si alimentano demagogie,
nascondendone la loro reale portata, spesso così esigua da
configurarli nella sostanza come un’attività condotta localmente
per mero spirito di volontariato.
Le
necessarie e improrogabili politiche di razionalizzazione,
valorizzazione e coordinamento di territori e comunità debbano
essere perseguite, con convinzione e determinazione, utilizzando gli
strumenti delle associazioni dei servizi, attraverso convenzioni e
soprattutto nelle Unioni dei Comuni.
Le
unioni e le
convenzioni vanno considerati un modello
istituzionale stabile - non qualcosa di propedeutico alla fusione –
e devono assicurare servizi efficienti con minori costi. Laddove non
si raggiungano questi obiettivi ciò non può essere pretestuosamente
imputato al modello associativo in quanto tale, ma semmai alla
mancanza di convinzione negli Amministratori o alla inadeguatezza
delle relative previsioni normative nazionali e regionali, e non può
dunque costituire un alibi per invocare fusioni.
Le
fusioni tra comuni, invece, devono essere portate avanti solo dove
esista una chiara, inequivocabile ed esplicita volontà, espressa
direttamente dalle singole popolazioni interessate, conseguente a
situazioni di reale marginalità abitativa e ad una riconosciuta
perdita di coesione sociale e del senso di comunità.
Firmato
Piero
Pii, Sindaco
del Comune di Casole d’Elsa
Claudio
Galletti,
Sindaco del Comune di Castiglione d’Orcia
Eva
Barbanera,
Sindaco del Comune di Cetona
Andrea
Marchetti,
Sindaco del Comune di Chianciano Terme
Luciana
Bartaletti,
Sindaco del Comune di Chiusdino
Raffaella
Senesi, Sindaco
del Comune di Monteriggioni
Luigi
Vagaggini,
Sindaco del Comune di Piancastagnaio
Fabrizio
Fè, Sindaco
del Comune di Pienza
Francesco
Fabbrizzi,
Sindaco del Comune di Radicofani
Emiliano
Bravi, Sindaco
del Comune di Radicondoli
Paolo
Morelli,
Sindaco del Comune di San Casciano dei Bagni
Giacomo
Bassi, Sindaco
del Comune di San Gimignano
Roberto
Machetti,
Sindaco del Comune di Trequanda
.........................
Dal sito
www.agenziaimpress-it
C’è
chi dice no. L’altra Toscana che non ci sta a farsi cancellare il
Comune e si autoconvoca
di Michele Taddei
10 febbraio 2016
10 febbraio 2016
Un’altra Toscana c’è e batte un colpo. A Guardistallo, in provincia di Pisa giusto sopra la piana che scende a Cecina, sindaci e amministratori, ma anche semplici cittadini, del pisano e livornese si sono dati appuntamento nel teatrino ottocentesco “Virgilio Marchionneschi” per discutere di unioni e di fusioni. Un tema di grande attualità nella nostra Regione dopo quel che è accaduto con la fusione forzata di Abetone-Cutigliano da parte della Regione e conseguente annuncio di ricorso al Tar del comune di Abetone. Ne è venuto un coro unanime di no alle fusioni forzate e un sì ai Comuni, mentre fuori, in piazza, si festeggiano gli ultimi giorni di
Carnevale, con bambini vestiti a maschera e musiche sparate che si
diffondono nelle vie del paese .
Battaglia
di civiltà senza partiti
«La nostra è una battaglia di civiltà e in favore delle comunità.
Non è politica partitica ma difesa dei nostri territori», ha detto
Paolo Moschi,
assessore al comune di Volterra e animatore di Toscana
Civica, la federazione delle liste civiche presenti in sempre più
Comuni. «Pretendiamo
di dire la nostra in un dibattito che vuole eliminare secoli di
storia eliminando i Comuni, in nome di presunti risparmi che poi si
traducono solo in minori spazi di democrazia e rappresentatività».
Alle porte una nuova consultazione popolare in programma il 16 e 17
aprile prossimi tra i comuni di Castellina marittima (duemila
abitanti circa) e Riparbella (poco più di milleseicento), e in molti
vogliono capire meglio vantaggi e svantaggi di questo passaggio che
non sarà indolore per le comunità coinvolte.
«L’attaccamento
al paese non è negativo»
Dal 2012, si legge in una nota di Anci Toscana, si sono tenuti
diciassette referendum per decidere o meno su fusioni, in otto casi
l’esito è stato positivo. E i comuni toscani sono passati da 287 a
279 (leggi). Dove i cittadini hanno stoppato il percorso di
soppressione del proprio comune fu nel 2013 in provincia di Livorno,
a Suvereto, dove era in programma la fusione con Campiglia Marittima.
All’incontro di Guardistallo, a portare la propria testimonianza,
c’era il sindaco, Giuliano Parodi,
che di quella consultazione fu fervente animatore per il mantenimento
del municipio. «Saremmo stati una frazione di Campiglia e i
cittadini lo capirono e si espressero in modo contrario. Del
resto, essere attaccati al proprio territorio non è un fatto
negativo. E a Suvereto ci siamo svegliati, e stiamo dimostrando che
niente di quel che veniva detto allora si è verificato, nessun
dissesto finanziario né fine dei servizi per i cittadini. Anzi, oggi
stiamo migliorando i servizi comunali e facciamo investimenti sul
territorio. È come si gestiscono le risorse che conta e non le
politiche del partito di appartenenza».
«L’idea di qualcuno nel Partito Democratico – ha detto – è di
creare un potere centralizzato nelle mani di pochi, per diminuire la
rappresentanza democratica nei territori ed avere meglio il controllo
ed impedire ai cittadini di organizzarsi», ha chiuso tra gli
applausi.
«Pecore in balia di lupi» «Sono sindaco e, dunque, primo cittadino di Guardistallo, ma io intendo questo compito come il primo che deve servire i cittadini», aveva detto in apertura Sandro Ceccarelli. «Siamo usciti dall’Unione dei Comuni perché non si poteva, ad esempio, fare un regolamento urbanistico per cinque realtà diverse, mentre sono favorevole ad una gestione dei servizi in forma associata e senz’altro con Casale Marittimo ci daremo una mano. Ma rimango convinto che creare un comune unico di grandi dimensioni serva solo ad avere un contenitore di voti in cui tutto si appiattisce e dove la gente non conta più nulla. E se noi sindaci finiamo per non essere più punti di riferimento per la comunità rischiamo di lasciare le pecore in balia delle lupi». Inutile dire che gli applausi nel teatro sono scrosciati spontaneamente.
Riforme
non convincenti Qui non
sembra avere convinto i primi cittadini la riforma Del Rio sulle
Province (legge n. 56/2014) che ha eliminato il costo irrisorio della
politica ma nient’altro, mentre i servizi non sembrano essere
migliorati. Così
come il refrain che il taglio dei Comuni serva per il risparmio della
spesa pubblica. E non fa gola nemmeno lo
“zuccherino”
promesso dei 250 mila euro all’anno per cinque anni di maggiori
contributi regionali, fino ad un massimo
di un milione di euro per ogni fusione, cui si potrebbero sommare i
finanziamenti statali raddoppiati dalla Legge di Stabilità.
«Anci
non ci rappresenta»
«Dobbiamo fare una battaglia
di democrazia, qui in Toscana dove è nata la civiltà comunale –
ha spiegato Alberto Ferrini
di Castelnuovo Val di Cecina -. Veniamo
da anni di propaganda contro i campanili come fossero il male e ci
viene detto che dobbiamo annientarci,
sarebbe come se il presidente della Regione volesse distruggere il
vino e l’olio nella nostra Regione. I Comuni sono l’ossatura di
queste terre. Abbiamo l’Associazione Anci che non ci rappresenta.
Ed è bene che cominciamo a portare dei numeri e fare battaglie
insieme ed organizzarci, se continua il grande disprezzo della
democrazia da parte da chi governa a livello nazionale e regionale».
«Che
qualcuno nel Pd si muova»
Tra gli interventi più apprezzati quello di Sandro
Cerri, sindaco di Montecatini val di
Cecina, del Pd. «Su questa vicenda non la penso come i nostri
parlamentari che vogliono fonderci per forza. Siamo
l’ultimo avamposto sul territorio e non possiamo indietreggiare nel
rapporto con i cittadini. Dal 2010 una
legge scellerata obbliga i Comuni a associare tutti i servizi e
questo ha iniziato a creare un clima di incertezza normativa che
tutt’ora perdura con il tema delle unioni e ora con la proposta di
legge (Tra i primi firmatari proprio esponenti del Pd) che vorrebbe
uniti i Comuni sotto 5.000 abitanti, cancellando secoli di storia.
Spero
che anche qualcuno del mio partito si muova per non ripetere la
vergognosa vicenda del referendum di Abetone, quando si sono cambiate
le regole a giochi finiti».
«Non
vogliamo essere cittadini di serie B»
All’incontro anche Marco Buselli,
sindaco di Volterra, che ha ricordato come quando
si parla di sprechi e ruberie nei Comuni non ci si riferisce certo ai
piccoli centri semmai a grandi città, mentre stranamente si vuol
chiudere i primi. «Io ho
sentito parlare – ha detto – di leggi
“SalvaRoma”
o “SalvaCatania”
e
mai di leggi “SalvaGuardistallo”.
La verità è
che vogliono renderci cittadini di serie B e farci perdere le nostre
identità. Ma noi non ci stiamo perché la
Toscana è sinonimo di identità e territorio. Per questo abbiamo
convocato il 12 marzo a
Volterra un’assemblea di tutti i Comuni italiani che dicono no a
questa proposta indecente di legge».
«Sfida
da fare tutti insieme» «È
una grande sfida ma dovete e dobbiamo farla», ha detto Roberto
Cenni, già sindaco di Prato eletto con
una lista civica e oggi consigliere di opposizione. «I
sindaci sono il primo front office verso i cittadini ma i Governi
fanno di tutto per togliere loro potere e risorse. Così si lede la
rappresentatività dei cittadini, con il loro conseguente disamore
per la cosa pubblica».
Poi, gli
applausi di tutti i presenti e l’uscita dal teatro ottocentesco di
questa adunanza di sindaci autoconvocatisi, quasi un manipolo di
complottardi patrioti risorgimentali. Sanno che le forze a loro
contrarie sono soverchianti ma non intendono arrendersi né
riconsegnare la fascia tricolore. Gli
sprechi, dicono, stanno da altre parti, non certo nelle loro
comunità. In piazza, intanto, i bambini vestiti a
maschera tirano coriandoli e suonano le lingue di menelicche. Chi
aiuterà quei genitori ad organizzare il Carnevale in futuro quando
il Comune sarà a un’ora di auto dalle proprie case?
...............................
E IN FRIULI?
L'OPINIONE DI UN SINDACO FRIULANO
Da sito internet:
RispondiEliminahttp://www.agenziaimpress.it/la-voce-dei-piccoli-a-volterra-il-12-marzo-la-giornata-dellorgoglio-dei-comuni-ditalia/
TITOLO
La voce dei piccoli. A Volterra il 12 marzo la giornata dell’orgoglio dei Comuni d’Italia
TESTO:
Volterra per un giorno teatro dell’orgoglio dei Comuni d’Italia. Si svolgerà sabato 12 marzo “Orgoglio comune”, iniziativa pubblica sull’Italia dei territori e dei piccoli Comuni, organizzata dall’amministrazione comunale di Volterra, dall’Associazione Comuni Dimenticati e dal portale di informazione toscana agenziaimpress.it.
Il sindaco Buselli: «Basta con la mortificazione delle comunità locali» «La città di Volterra – spiega il sindaco Marco Buselli – è testimonianza viva di una tradizione civica che rappresenta il dna del nostro Paese. Dobbiamo dire basta al tentativo in atto di mortificare le comunità locali con tagli e una deleteria volontà di accorpare e accentrare sempre e solo sulla base dei numeri».
Durante l’iniziativa, a cui sono stati invitati 5700 sindaci italiani, si parlerà di sanità pubblica, di identità e territorio oltre che delle fusioni dei piccoli comuni.
«Sanità pubblica, identità e territorio non possono – conclude Buselli – finire nel tritacarne dei numeri in funzione di interessi che niente hanno a che fare con la necessità di garantire il diritto alla salute e la volontà di esistere, con orgoglio, da parte dei territori e delle comunità locali».
..................