Messaggero Veneto — 19 ottobre 2010 pagina 01 sezione: PRIMA
Una vita per il Friuli. È questa la prima immagine che viene alla mente pensando a Gianfranco D’Aronco. Il nostro era in prima fila nella battaglia autonomistica già ai tempi della Costituente, segretario del Movimento popolare friulano, a fianco del senatore Tiziano Tessitori. D’Aronco è ancora oggi l’esponente più attivo e in vista del variegato (e forse un po’ disperso) universo friulanista. Per oltre sessantacinque anni, D’Aronco ha portato avanti la sua battaglia per il Friuli, anzi per una certa idea di Friuli. Credo che, al mondo, soltanto Andreotti possa vantare un impegno politico di pari durata temporale; non credo, però, che il Divo Giulio possa altresì vantare una coerenza e fedeltà ai propri principi pari a quella di D’Aronco. In questo egli resta unico. Una idea di Friuli. Pier Paolo Pasolini, che pure non la condivideva affatto, nei suoi scritti riconosce a D’Aronco una idea coerente di cosa il Friuli debba essere. Un’idea piú pragmatica, meno poetica, di quella del grande casarsese. Ma un’idea così determinata da sostenere un impegno lungo una vita, e un’idea che ancora oggi appare attuale. Forse, paradossalmente, oggi ancora più attuale di allora. Secondo me, l’idea daronchiana di Friuli si fonda su due cardini principali. Il primo è la identità del Friuli, intesa non solo come fatto storico e linguistico, ma come obiettivo politico, nel senso di una identità da restaurare anche in termini istituzionali, con la creazione di una entità territoriale – chiamiamola Regione autonoma o come vogliamo – che esprima l’autogoverno del popolo friulano, anzi l’originalità dell’autogoverno dei friulani. D’Aronco non ha mai considerato l’istituzione della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia (con o senza trattino) come una soluzione del tutto soddisfacente e quindi da considerarsi definitiva.
Un mero passaggio storico, condizionato dal momento politico interno e internazionale, che, in una prospettiva più ampia, siamo chiamati a superare. Il secondo cardine del Friuli di D’Aronco risuona delle parole pronunciate da Patrick Pearse proclamando l’indipendenza dell’Irlanda il lunedì di Pasqua del 1916: « ... the cause of its freedom, of its welfare, and of its exaltation among the nations ». D’Aronco ha sempre voluto un Friuli non solo libero e sviluppato, ma anche un Friuli riconosciuto nel mondo, un Friuli di cui i friulani potessero essere fieri, un Friuli in cui riconoscersi per la sua eccellenza. L’attività di D’Aronco a favore del Friuli non si esaurisce certo nell’impegno politico. La sua opera è stata preziosa in molti altri settori, e in particolare in quello letterario. Io stesso, che appartengo a quella sfortunata generazione del dopoguerra a cui i genitori parlavano in italiano nella presunzione, del tutto sbagliata, di agevolarne la crescita sociale, mi sono rimpossessato della mia lingua attraverso la prima storica edizione dell’ Antologia della Letteratura Friulana di Gianfranco D’Aronco. Per tutto questo, e altro ancora, tutti noi che ci professiamo friulanisti consideriamo Gianfranco D’Aronco il nostro patriarca (e, in Friuli, la parola “patriarca” a un senso diverso, molto più forte, che altrove). Anche io, quando alla fine del ’98 cercai di riunire tutti i vari filoni dell’autonomismo friulano in un progetto di governo per la città, chiesi a D’Aronco, quale patriarca da tutti riconosciuto, la disponibilità a fare il capo-lista. Egli accettò, e gli sono molto grato per questo suo impegno e per il suo contributo a quella esperienza. Ha contribuito a darle un significato. È stata, come dice Pasolini, una stagione della nostra esistenza che fu luce e resistenza
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