GLI INTRAMONTABILI
"MITI" TRIESTINI!
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1) Trieste, città polo di attrazione per una vasta area centro europea.
E' un mito duro a morire e che viene continuamente riproposto come un mantra dalla politica triestina.
Mito che è stato fatto proprio anche dalla gran parte della "inadeguata" classe politica friulana.
Mito che è stato fatto proprio anche dalla gran parte della "inadeguata" classe politica friulana.
In realtà questo mito è ormai da anni privo di interlocutori perché nessuno degli Stati dell'area centro europea guarda più a Trieste. Non la confinante Slovenia che, al netto delle ovvie dichiarazioni di circostanza o diplomatiche, considera il porto di Trieste esclusivamente un concorrente del porto di Capodistria e dunque un "avversario" sul piano dello sviluppo portuale sloveno. Non la Croazia. E meno che mai gli altri Stati dell'area centro europea. E' dunque solo un falso mito lontanissimo dalla realtà.
E non esiste neppure uno Stato italiano "matrigna", come con insistenza ripetono continuamente gli indipendentisti triestini.
Esiste solo una Prima guerra mondiale che ha visto l'Impero asburgico sconfitto e con i confini di moltissimo ridimensionati: gli Asburgo hanno perso la Prima Guerra mondiale e Trieste ne è uscita totalmente ridimensionata nel ruolo.
Perché l'Italia e il Friuli dovrebbero ancor oggi "risarcire" Trieste di questa perdita di ruolo legata agli eventi della Prima guerra mondiale? Con la sconfitta nella Seconda guerra mondiale l'Italia è "rientrata" nei confini precedenti al 1918 (salvo restare italiane Trieste e l'attuale Provincia di Gorizia, in precedenza austriache per molti secoli).
Tra "Fondo per Trieste" e altri principeschi finanziamenti pubblici a fondo perduto versati a pieni mani alla piccola Trieste (200 mila abitanti ne fanno una media città...) dal 1918 ad oggi, il "debito" (ammesso che esista realmente questo credito di Trieste!) è già stato ampiamente pagato dallo Stato italiano. Rimane l'abitudine triestina all'assistenzialismo pubblico senza limite...
Rileggi anche:
https://comitat-friul.blogspot.it/2014/12/trieste-la-grande-ammalata-di.html
Con la fine dell'Impero asburgico la città di Trieste è diventata una città come tante altre e non ha più alcuna funzione di "polo": bene farebbero Trieste e la politica regionale a prenderne atto senza continuare sempre a riproporre questo slogan ormai consunto e usurato.
Esiste solo una Prima guerra mondiale che ha visto l'Impero asburgico sconfitto e con i confini di moltissimo ridimensionati: gli Asburgo hanno perso la Prima Guerra mondiale e Trieste ne è uscita totalmente ridimensionata nel ruolo.
Perché l'Italia e il Friuli dovrebbero ancor oggi "risarcire" Trieste di questa perdita di ruolo legata agli eventi della Prima guerra mondiale? Con la sconfitta nella Seconda guerra mondiale l'Italia è "rientrata" nei confini precedenti al 1918 (salvo restare italiane Trieste e l'attuale Provincia di Gorizia, in precedenza austriache per molti secoli).
Tra "Fondo per Trieste" e altri principeschi finanziamenti pubblici a fondo perduto versati a pieni mani alla piccola Trieste (200 mila abitanti ne fanno una media città...) dal 1918 ad oggi, il "debito" (ammesso che esista realmente questo credito di Trieste!) è già stato ampiamente pagato dallo Stato italiano. Rimane l'abitudine triestina all'assistenzialismo pubblico senza limite...
Rileggi anche:
https://comitat-friul.blogspot.it/2014/12/trieste-la-grande-ammalata-di.html
Con la fine dell'Impero asburgico la città di Trieste è diventata una città come tante altre e non ha più alcuna funzione di "polo": bene farebbero Trieste e la politica regionale a prenderne atto senza continuare sempre a riproporre questo slogan ormai consunto e usurato.
2) IL DIRITTO DI TRIESTE a finanziamenti statali e regionali a piè di lista per ogni "desiderata triestina".
Un assistenzialismo a favore della città alabardata che drena la maggior parte del bilancio regionale ed è percepito a Trieste come "un diritto divino" legato alla "ideologia triestina di supremazia sul Friuli"; "diritto divino" che va a discapito del resto del territorio regionale (il 95% della regione!) che per altro produce la gran parte del PIL locale.
Uno squilibrio a cui la politica regionale si guarda bene dal porre rimedio e la inadeguata classe politica friulana non denuncia.
Un assistenzialismo a favore della città alabardata che drena la maggior parte del bilancio regionale ed è percepito a Trieste come "un diritto divino" legato alla "ideologia triestina di supremazia sul Friuli"; "diritto divino" che va a discapito del resto del territorio regionale (il 95% della regione!) che per altro produce la gran parte del PIL locale.
Uno squilibrio a cui la politica regionale si guarda bene dal porre rimedio e la inadeguata classe politica friulana non denuncia.
Da "Ripensare la nazione" - edizione (privata non in vendita) marzo 2014 - di Giorgio Cavallo - pag. 279 - "La questione di Trieste":
"(...) E' anche finito il tempo di uno Stato che, in nome di una fede patriottica infinita, può pagare a piè di lista tutte le necessita di assistenza. Si ricordi che il Fondo per Trieste in poco meno di sessanta anni ha fornito la città con una cifra vicina a quella sostenuta per la ricostruzione del Friuli dopo il terremoto del 1976.
Si voglia o no, oggi Trieste è una città regionale dove vive meno del 20% della popolazione regionale e che fa parte, senza nessuna prevalenza gerarchica, di una rete regionale di sistemi urbani assieme a Udine, Pordenone, Monfalcone. (...).
Forse alla fine della seconda guerra mondiale la creazione di una area franca tra mondo occidentale e mondo comunista, punto di riferimento di tutte le possibili operazioni e scambi puliti e "sporchi" di una vasta zona centro europea ed adriatica, poteva starci. Per la verità centro di riferimento di queste attività è poi diventata l'Austria. Oggi, all'interno della Unione Europea, peraltro in fase di espansione balcanica, dove i sistemi infrastrutturali si sono ormai consolidati sulle prospettive definite dai diversi Stati e dove le aree di riciclaggio e massimizzazione dei guadagni dei sistemi finanziari e imprenditoriali sono già ampiamente diffuse e per di più sotto costante accusa, mi pare sia ben difficile trovare sponsor esterni ad ambienti triestini che possano sposare questa ipotesi. Così come tutte le artificiose proposte di allargamento di zone franche portuali all'intera città, oltre a fantasie analoghe.
Trieste, rifiutando il trattato di Osimo, ha di fatto chiuso questa partita, e perlomeno ha salvato il Carso da una devastazione delle ricchezze naturali. (...)"
"(...) E' anche finito il tempo di uno Stato che, in nome di una fede patriottica infinita, può pagare a piè di lista tutte le necessita di assistenza. Si ricordi che il Fondo per Trieste in poco meno di sessanta anni ha fornito la città con una cifra vicina a quella sostenuta per la ricostruzione del Friuli dopo il terremoto del 1976.
Si voglia o no, oggi Trieste è una città regionale dove vive meno del 20% della popolazione regionale e che fa parte, senza nessuna prevalenza gerarchica, di una rete regionale di sistemi urbani assieme a Udine, Pordenone, Monfalcone. (...).
Forse alla fine della seconda guerra mondiale la creazione di una area franca tra mondo occidentale e mondo comunista, punto di riferimento di tutte le possibili operazioni e scambi puliti e "sporchi" di una vasta zona centro europea ed adriatica, poteva starci. Per la verità centro di riferimento di queste attività è poi diventata l'Austria. Oggi, all'interno della Unione Europea, peraltro in fase di espansione balcanica, dove i sistemi infrastrutturali si sono ormai consolidati sulle prospettive definite dai diversi Stati e dove le aree di riciclaggio e massimizzazione dei guadagni dei sistemi finanziari e imprenditoriali sono già ampiamente diffuse e per di più sotto costante accusa, mi pare sia ben difficile trovare sponsor esterni ad ambienti triestini che possano sposare questa ipotesi. Così come tutte le artificiose proposte di allargamento di zone franche portuali all'intera città, oltre a fantasie analoghe.
Trieste, rifiutando il trattato di Osimo, ha di fatto chiuso questa partita, e perlomeno ha salvato il Carso da una devastazione delle ricchezze naturali. (...)"
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LA REDAZIONE DEL BLOG
Forse qualcuno leggendo il POST penserà che i Friulani sono campanilisti quando denunciano la spaventosa sperequazione nella distribuzione dei fondi tra Trieste e il resto della regione (il Friuli), ma non è così, la sperequazione è reale e va sanata!
RispondiEliminaEcco cosa si poteva leggere nel 2010 in un articolo del quotidiano Il Messaggero Veneto ( e la situazione denunciata nell'articolo non è MAI stata sanata):
INACCETTABAILE AVERE MENO DI TRIESTE
Messaggero Veneto — 01 giugno 2010 pagina 03 sezione: UDINE
di CRISTIAN RIGO
«Udine e il Friuli sono ingiustamente penalizzati dal bilancio regionale». Il grido di allarme che arriva all’indomani dell’analisi sulla spesa della Regione è bipartisan e, insieme agli autonomisti, coinvolge anche la politica e le istituzioni. Il “Friuli” chiede insomma di riequilibrare le risorse, soprattutto nel campo dell’istruzione e della ricerca dove – dicono in coro il presidente della Provincia, Pietro Fontanini, il sindaco Furio Honsell e i consiglieri regionali udinesi di Pdl e Pd, Alessandro Colautti e Giorgio Baiutti – «la sperequazione tra Udine e Trieste è incompresibile e inaccettabile»: 282 euro per ogni triestino a fronte dei 96 spesi dalla Regione per ogni abitante della provincia friulana più grande. «Un dato incredibile – dice l’ex rettore Honsell – se teniamo conto del fatto che già il Ministero penalizza l’università di Udine prendendo in considerazione criteri storici e non meritocratici». Per Fontanini però il dato più preoccupante riguarda il trasporto pubblico visto che il numero di chilometri per abitante concessi a Trieste è di gran lunga superiore (del 60% circa, precisa Honsell) rispetto a quello di Udine. E non è finita qui. «Su alcuni capitoli di spesa come la protezione sociale e la sanità – dice Baiutti del Pd – le maggiori spese per Trieste, considerata la presenza di molti anziani, potrebbero essere giustificate, ma di certo si fatica a comprendere le scelte per le infrastrutture dove la spesa della Regione per la provincia di Udine è di 33 euro pro capite contro i 156 di Trieste, i 96 di Gorizia e i 68 di Pordenone». Ecco perché il Pd è pronto a chiedere di rivedere i parametri all’insegna dell’equità. Dello stesso avviso anche Colautti del Pdl secondo il quale i criteri di ripartizione storica andrebbero superati: «La mia – precisa – non è una polemica di campanile, ma una battaglia per individuare un criterio oggettivo e condiviso di ripartizione dei trasferimenti». Dagli autonomisti Renzo Pascolat e Arnaldo Baracetti arriva invece un appello al presidente («friulano») della Regione, Renzo Tondo affinché il Friuli ottenga più autonomia per ristabilire così una pari dignità tra i diversi territori.
Aggiornamento: dal 12 giugno 2017 ripartono con treni merci Melzo-porto di Trieste-Turchia, dopo l'autentico fallimento di un treno da Novara a Trieste che ha girato 12 mesi a vuoto o quasi(da alcuni mesi è stato soppresso).
RispondiEliminaOvviamente con SOLDI PUBBLICI !