LA
REGIONE SI DECENTRI
SUL
“MODELLO FRIULI”
Editoriale
a firma di
Roberto
Dominici
pubblicato
sul settimanale
della Arcidiocesi di Udine
LA
VITA CATTOLICA
il
4 maggio 2016
Nell'area terremotata del Friuli c'è un fiorire di
iniziative a ricordo del 40° anniversario del sisma. Sono iniziative
doverose per rinnovare innanzitutto la memoria dei tanti morti a
seguito di quella immane catastrofe e per sottolineare l'impegno
straordinario di un popolo e della sua classe dirigente che, insieme,
sono stati capaci di determinare la rinascita delle comunità segnate
dalla tragedia.
E'
certamente importante che il Capo dello Stato, al pari di alcuni suoi
predecessori, sottolinei, con la Sua venuta tra noi, la grande e
positiva risposta che il popolo friulano ha dato al mandato a
ricostruire avuto dallo Stato ed al grande movimento di solidarietà,
nazionale ed internazionale, pubblica e privata, di cui abbiamo
beneficiato. Dobbiamo essere grati allo Stato per la fiducia in noi
riposta e per il sostegno datoci. I friulani, per parte loro , a
quella fiducia hanno corrisposto con alto senso civico e del dovere
ed hanno pure minuziosamente rendicontato, già in occasione del
decennale del terremoto, oneri e spese fatte a pro ricostruzione. Ma
le iniziative non possono limitarsi soltanto al pur importante, e
come già detto doveroso, aspetto celebrativo.
Esse
devono, invece, stimolare una riflessione sull'esperienza, assai
complessa ed articolata, al tempo compiuta anche per trarre
dall'esperienza stessa indicazioni per il futuro. E le indicazioni
non mancano sia per il livello nazionale che per quello regionale. La
prima.
Quando
si parla di “modello
Friuli” si intende un
insieme intrecciato di scelte politiche, tecniche, amministrative,
gestionali che nel loro insieme hanno formato un articolato progetto
complessivo, nato su alcuni punti fermi (a tutti ben noti), e
poi irrobustito cammin facendo. Dunque
un progetto per di più partecipato e condiviso dalla gente che è
diventato di fatto il “patto” tra la popolazione e le
istituzioni. Ed allora, quando si devono affrontare problemi
di una certa portata , non è il caso di elaborare, per l'appunto, un
progetto e stimolare su di esso il confronto non al fine di ottenerne
la ratifica ma di avere valutazioni, suggerimenti, proposte da
considerare in sede di redazione progettuale conclusiva?
La
seconda. Larga parte del territorio italiano è a rischio sismico.
Dobbiamo attendere che gli eventi si verifichino per poi adoperarci a
ricostruire o, invece, è meglio approntare prima, per quanto
possibile , interventi volti a ridurre i danni in caso di nuove
calamità? E' il buon senso a dirci che è preferibile percorrere
quest'ultima strada. Dovrebbe essere la Stato ad approntare al
riguardo adeguati provvedimenti legislativi a sostegno di operazioni
di consolidamento statico degli edifici a cominciare, per ovvie
ragioni, da quelli pubblici. Certo, servono mezzi finanziari ma il
piano potrebbe avere valenza pluriennale (30/40 anni) e, se
realizzato, darebbe pure fiato all'economia.
La
terza. Negli anni, sulla ricostruzione del Friuli i giudizi, non solo
nazionali, sono positivi. Ma se le cose hanno funzionato e
soprattutto se hanno dato positivi risultati perchè non codificare
in legge nazionale gli elementi “sostanziali” del nostro modello
di modo che, presentandosi in futuro la necessità, sia già pronta
la normativa base cui fare riferimento, senza dover “pensare”ogni
volta il da farsi?
La
quarta. Si è detto tante volte che la ricostruzione ha fatto perno
sulla Regione e sugli Enti Locali e che tra Regione ed Enti Locali
non c'è mai stata conflittualità ma una valida collaborazione.
Forti
dell'esperienza, fatta a fronte di situazioni e problemi drammatici,
comunque del tutto straordinari, non è il caso di ragionare tutti
insieme, intendo i livelli istituzionali, per reiniziare un cammino
di valorizzazione delle autonomie locali e di loro maggiore
responsabilizzazione?
Anche
qui serve un progetto che avvii un
“percorso costituente regionale” imperniato su una forte azione
programmatoria e di indirizzo della Regione e sul trasferimento di
funzioni “gestionali” all'autogoverno locale; un progetto, ben si
intende, di base sul quale misurarsi per giungere ad una elaborazione
che abbia sufficiente condivisione.
La
quinta ed ultima. Più che una indicazione è, mi si consenta, una
raccomandazione agli Enti e soggetti che hanno operato nella
ricostruzione, in particolare ai Comuni e ,soprattutto, alla Regione,
di impedire che vada dispersa o distrutta l'ampia documentazione
riguardante, in sede locale e in quella regionale, la ricostruzione.
Sono l'espressione di una pagina della nostra storia e potranno nel
tempo tornare utili, credo lo saranno senz'altro, per studi e
approfondimenti. La Regione, in particolare, dovrebbe dare il via ad
una operazione di messa in sicurezza definitiva e di catalogazione di
quanto in suo possesso. Non farlo sarebbe cattiva omissione.
Roberto
Dominici
già
Assessore Regionale
alla Ricostruzione
Roberto DOMINICI, già Assessore regionale alla Ricostruzione, è stato uno dei fondatori del "Comitato per l'autonomia e il rilancio del Friuli", Comitato di cui fa ancora parte.
RispondiEliminaComplimenti all'amico Roberto per il bel Editoriale
Grazie a Roberto Dominici per il messaggio, forte e chiaro, che invia a tutti e speriamo che, colà dove si puote, venga raccolto.
RispondiEliminaMi sia consentito sottolineare, in modo altrettanto forte e chiaro, un aspetto - che già traspare dall'editoriale di Dominici: IL MODELLO FRIULI, prima di tutto in Regione, non deve essere applicato solo nei casi di calamità o per le cose attinenti la protezione civile. Può e deve essere il modello per ridisegnare l'articolazione delle autonomie locali e l'assegnazione delle rispettive competenze e responsabilità.