LA LEZIONE DEL ’76:
DEMOCRAZIA
ED EFFICIENZA
NON
SONO IN CONFLITTO
di
Giorgio
Cavallo
Le
ricorrenze servono a farci riflettere e possibilmente trarre dalle
vicende del passato indicazioni per l’oggi. Il terremoto
del ’76 e la ricostruzione successiva offrono una
occasione formidabile per farlo. Possibilmente stando lontani
dall’agiografia e dai luoghi comuni.
È
vero: in un momento storico non facile si è riusciti ad attivare un
processo i cui risultati tutti possono valutare. Ma ogni vicenda ha
il suo tempo, e probabilmente a ben guardare, gli elementi
complessivi di quella vicenda sono profondamente diversi dalle
relazioni sociali, culturali, economiche e politiche dell’oggi.
Sento commenti che suonano falsi e
spingono soprattutto ad addomesticare le rugosità dell’attuale
scontro politico ed istituzionale.
Non
mi riferisco ai discorsi dei reduci chiamati ad appendersi medaglie
che dopotutto hanno meritato: ma al richiamo di quella vicenda per
improbabili connessioni santificatrici di chi oggi, di fronte ad una
“analoga” emergenza sia pure di diverse caratteristiche, tenta di
applicare ben altre ricette.
Quale
è la differenza: il Friuli del ’76
come l’Italia di oggi non era il paradiso terrestre, era una
società attraversata da contraddizioni e conflitti di politica
internazionale, di rottura sociale, di contrasto su politiche
territoriali e di risveglio di concezioni identitarie. Era un
intreccio di spinte e controspinte non facili da ricondurre a
interpretazioni. Non
era una terra di contadini beoti pronti a risvegliarsi alle prime
scosse ed a rimboccarsi le maniche per ricostruire le proprie case.
E l’Italia
dell’epoca era segnata da crisi profonde e avvoltoi pronti ad
aggredirne le forme di rappresentanza democratica in nome
dell’efficienza di governo e dell’emarginazione delle diversità
politiche.
Non
siamo a prima vista quindi molto lontani dall’Italia di oggi anche
se all’epoca tutti eravamo convinti che il futuro potesse essere
meglio del presente.
Quale
fu la “grande sapienza” di allora in qualche modo ormai
iconograficamente rappresentata dalla figura di A. Moro che propone a
Comelli il modello istituzionale di ricostruzione, centrato
sull’operatività della Regione e degli Enti Locali? Fu, a mio
parere, quella di affrontare le difficoltà ed il confronto sociale
non certo facendo semplicemente leva sulla efficienza delle macchine
comunali e regionale, ma proponendo un processo di “allargamento
della democrazia” e costruendo le occasioni pratiche affinché
questa democrazia potesse esplicitarsi.
Quali
furono i motivi alla base di questa “fiducia nella democrazia”?
Motivi di bottega e di rapporto tra correnti DC, coinvolgere la
crescente e minacciosa presenza del PCI che bramava l’aria di
governo, o semplicemente una superiore cultura politica? Non lo
sappiamo con certezza.
Quello
che però vediamo nell’Italia di oggi è la proposta di un modello
politico radicalmente diverso
di fronte ad una situazione generale della cui complessità e
conflittualità è inutile parlare e di fronte ad una maggioranza di
cittadini che non credono più al futuro.
Accentramento dei poteri,
incapacità di concepire la dialettica politica come momento di
costruzione di sintesi, esclusione dei corpi sociali da forme di
protagonismo e partecipazione civile. E ci viene proposto un
plebiscito centrato sulla figura di un premier che si presenta come
il salvatore, anche se per ora non sembra poter camminare sulle
acque.
Non
è così che si gestiscono i conflitti e
proprio l’esperienza del 1976 in Friuli può darne concreta
testimonianza.
L’efficienza
ma soprattutto l’autorevolezza può derivare solo da una crescita
degli spazi di democrazia, non da una loro soppressione in nome di
una semplificazione di facciata.
Non
è perciò il caso di rincorrere tecnicamente un modello Friuli che
probabilmente è irripetibile ma di capirne il senso politico e
sociale prima che la III Repubblica affondi praticamente prima ancora
di essere varata.
Giorgio
Cavallo
5
maggio 2016
...........
La
redazione del blog, ringrazia Giorgio Cavallo per averle concesso la
pubblicazione della sua ottima analisi politica.
Il documento è stato pubblicato anche sul settimanale dell'Arcidiocesi di Udine, La Vita Cattolica, rubrica "Giornale aperto", l'11 maggio 2016 con il significativo titolo "Nel '76 democrazia, oggi esclusione".
Il documento è stato pubblicato anche sul settimanale dell'Arcidiocesi di Udine, La Vita Cattolica, rubrica "Giornale aperto", l'11 maggio 2016 con il significativo titolo "Nel '76 democrazia, oggi esclusione".
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