mercoledì 30 settembre 2015

REGIONE - SI' ALLA RISTRUTTURAZIONE DELLA REGIONE SU DUE AMBITI FUNZIONALI E ISTITUZIONALI!


 
TRIESTE
CITTA' METROPOLITANA
E
FRIULI 
(PROVINCIE DI UD, PN E GO) 
 PROVINCIA AUTONOMA?


SI', ALLA RISTRUTTURAZIONE
 
DELLA REGIONE SU DUE AMBITI

 FUNZIONALI E ISTITUZIONALI!!


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(…) Viene da sospettare che il problema non sia tanto la Trieste Città Metropolitana (TCM) quanto ciò che ne conseguirebbe e cioè, come giustamente fa presente Gianfranco D’Aronco richiamando Sergio Cecotti, una ristrutturazione della Regione su due grandi ambiti funzionali e istituzionali: Trieste e Friuli.

Non solo il Presidente della Provincia di Udine ma anche numerosi circoli autonomisti e friulanisti (oltre che triestini) hanno da tempo metabolizzato l’idea e la coniugano con una nuova, più chiara e funzionale definizione della Regione FVG: da una parte, appunto, la TCM e, dall’altra, una, chiamiamola per ora, “provincia” autonoma del Friuli. Non è, quindi, una cosa nuova. Se ne parla da tempo. Il momento può essere o non essere opportuno ma si tratta di una proposta seria con cui ha senso misurarsi (…)

24 settembre 2015 - Prof. Sandro Fabbro



RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO



Chi ha paura di Trieste

città metropolitana?


di Sandro Fabbro (*)

Che le iniziative del senatore triestino Francesco Russo pro “Trieste città metropolitana” (d’ora in poi TCM) possano creare un po’ di inquietudine nel suo partito ed anche in Consiglio Regionale è comprensibile. Soprattutto in chi è seriamente preoccupato per le minacce nazionali alla specialità regionale. Ma non si può certo dar torto ad un parlamentare triestino di fare il suo mestiere. Ciò che convince meno è il fatto che il Consiglio Regionale ed altre istituzioni reagiscano quasi esorcizzando il problema invece che affrontandolo e discutendolo. Viene da sospettare che il problema non sia tanto la TCM quanto ciò che ne conseguirebbe e cioè, come giustamente fa presente Gianfranco D’Aronco richiamando Sergio Cecotti, una ristrutturazione della Regione su due grandi ambiti funzionali e istituzionali: Trieste e Friuli.
 
Non solo il Presidente della Provincia di Udine ma anche numerosi circoli autonomisti e friulanisti (oltre che triestini) hanno da tempo metabolizzato l’idea e la coniugano con una nuova, più chiara e funzionale definizione della Regione FVG: da una parte, appunto, la TCM e, dall’altra, una, chiamiamola per ora, “provincia” autonoma del Friuli. Non è, quindi, una cosa nuova. Se ne parla da tempo. Il momento può essere o non essere opportuno ma si tratta di una proposta seria con cui ha senso misurarsi.

Certamente ci sono, però, delle condizioni a priori che andrebbero fissate:

  • si discuta sì di TCM ma, al contempo, si discuta anche di questo nuovo Friuli inteso, propongo io, come federazione di territori. E qui la stampa locale ha certamente un ruolo fondamentale.
  • il Friuli inoltre, inteso come friulani e non solo come istituzioni, non se ne stia alla finestra a guardare ma partecipi a questo confronto con una propria proposta collocata allo stesso livello di ambizioni e prospettive della TCM.

Per cominciare a discuterne, devo dire intanto che, se le ragioni del sì sono tutte da mettere a fuoco, le ragioni del no mi sembrano francamente deboli: la TCM (ma, leggasi, un diverso assetto della Regione) sarebbe contro il policentrismo regionale delle UTI e favorirebbe la contrapposizione (o la non cooperazione) tra Trieste ed il resto del territorio regionale. Sono argomenti deboli perché:

  • è assolutamente vero che una Regione articolata in una TCM forte ed in altre 17 UTI sarebbe squilibrata ed inaccettabile. Trieste assumerebbe nuove competenze a differenza del rimanente territorio che rimarrebbe ancorato al modello UTI. Il “policentrismo” delle UTI (ammesso che si venga a capo dei vari contenziosi in atto) rappresenta l’attuale equilibrio nella gestione del territorio regionale. Ma le UTI, come ho già avuto modo di scrivere, senza poteri e finanziamenti veri, sono, nel migliore dei casi, solo un tentativo di riorganizzazione, in area più vasta, dei servizi esistenti. Assolvono, cioè, a compiti gestionali e non di sviluppo. Accoppiare TCM da una parte e UTI dall’altra sarebbe semplicemente offensivo del resto del territorio regionale. Diventerebbe pertanto inevitabile sia pensare ad un consolidamento istituzionale del restante territorio regionale sia ripensare completamente il ruolo della Regione che dovrebbe occuparsi meno di territorio e più di grandi strategie e di internazionalizzazione. Non c’è dubbio, quindi, che la TCM innesca un effetto domino che costringe, in ultima analisi, proprio la Regione a innovare profondamente sé stessa. E’ di questo, quindi, che si sta veramente discutendo!
  • TCM da una parte ed un nuovo Friuli dall’altra, non sarebbero, inoltre, per nulla contro la cooperazione infraregionale ed anche interregionale. Il mio Rettore, il prof. Alberto De Toni, in una intervista sul Piccolo di Trieste, sembra paventare questo rischio. Ma vorrei rassicurarlo. Il porto-regione da lui stesso richiamato nell’intervista, è un concetto, strategico e tecnico assieme, coniato ed elaborato in un recente libro curato da chi scrive assieme al collega M. Maresca (“FVG-Europa: Ultima Chiamata. Un Porto-Regione tra Mediterraneo e Centro Europa”, Forum, Udine, 2014) che si basa sul mettere al lavoro, in un ampio processo di cooperazione economico-territoriale, tutte le economie territoriali ma anche le istituzioni da quelle più locali fino al livello europeo, superando necessariamente, ma senza pensare di eliminarli, confini e poteri amministrativi comunali, provinciali, regionali ed anche nazionali. Il porto-regione è, quindi, semmai, proprio un grande esempio di federazione territoriale che implica forti processi di cooperazione tra Enti ed Istituzioni diversi ma fortemente autonomi e capacitati dal punto di vista strategico ed operativo.

Credo, infine, che il Friuli non debba temere la TCM anche per ragioni più profonde. Il “modello Friuli” nato dalla ricostruzione -e che si andrà a celebrare nel 2016 in occasione del quarantennale del terremoto, è un grande modello di sussidiarietà (verticale ed orizzontale), di visione strategica, di autonomia operativa e partecipazione dal basso. Purtroppo, quel modello, come sostengo da tempo e documenterò in un prossimo libro, è, da anni, in forte crisi! Una prima cosa da fare per il quarantennale è, quindi, ristudiarlo per rilanciarlo e non per obnubilarlo ancor di più. Un Friuli che recuperi quello spirito e quelle basi concettuali ed operative non può sentirsi minacciato dalla TCM, ma, semmai, spronato, nel suo ruolo unico e storicamente fondato, di salvaguardia e promozione di diversità, autonomie, identità e capacità locali di fare e di cooperare. Al Friuli, quindi, nel segno della specialità regionale ma anche di quel suo modello da rigenerare, il compito di prospettare una più ampia sintesi strategica del dibattito in corso.


(*) Sandro Fabbro, professore di Urbanistica e Pianificazione Territoriale, è stato delegato del Rettore Cristiana Compagno ai rapporti con il territorio. Nel 2008 ha coordinato per l’Università, assieme al Comitato di Arnaldo Baracetti, il Patto Università-Territori del Friuli che è stato sottoscritto da 32 istituzioni friulane.
 
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L'articolo a firma del prof. Sandro Fabbro, che ringraziamo per averci autorizzati a pubblicare il suo documento sul nostro Blog,  è stato pubblicato sul quotidiano il Messaggero Veneto (Ud) giovedì 24 settembre 2015 a pagina 13,  con il titolo "Il Friuli sappia raccogliere la sfida"
 

I COLORI E IL GRASSETTO
SONO DELLA REDAZIONE DEL BLOG


 

4 commenti:

  1. La suddivisione in 18 UTI in cui la presidente Serracchiani e l'assessore Panontin hanno IMPOSTO con arroganza politica e in violazione della Costituzione italiana e dello Statuto di automia, di dividere la regione sul piano amministrativo, togliendo ogni autonomia al Comuni minori, è già palesemente fallimentare e non riuscirà mai a decollare.

    La regione Friuli - Vg è una regione duale formata dalla regione storica e geografia Friuli e la città di Trieste: piaccia o non piaccia a chi non si sposta un millimetro dal sacro dogma della unitarietà regionale.

    Se esiste questa regione lo dobbiamo al senatore Tessitori, i suoi amici autonomisti e il Comitato che all'epoca avevano creato.

    E anche la specialità è un regalo del senatore Tessitori che ha a lungo battagliato in Parlamento per l'autonomia del SUO Friuli: prima per impedire che diventasse una Provincia della regione Veneto e poi perché Friuli e Trieste avessero amministrazioni separate.

    La teoria triestinocentrica (che va per la maggiore a Trieste!) che vorrebbe l' autonomia speciale regionale "concessa" a Trieste, è una teoria del tutta balorda.

    Nel 1947, quando fu approvata la Costituzione della Repubblica italiana, Trieste non era più Italia e avrebbe dovuto diventare un piccolissimo stato sotto la protezione dell'ONU. Ma si sa che le leggende metropolitane, riproposte tante tantissime volte, sono durissime a morire anche davanti alla evidenza delle date storiche.....

    Trieste e Friuli (Ud, Pn e Go) potranno continuare a convivere in una stessa regione solo dividendosi sul piano amministrativo e lasciando alla Regione solo pochi compiti di alta programmazione.

    Che ciò non piaccia alla lobby politica triestina è del tutto ovvio perché il suo potere verrebbe meno...

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  2. La "Venezia Giulia"? NON ESISTE!

    E' solo un nome politico inventato nel 1863 dal nazionalismo italiano per giustificare l'espansionismo territoriale del Regno D'Italia sul confine orientale. Nel nome della Repubblica di Venezia e della Romanità, si cancellava la realtà millenaria plurilingue e pluriculturale dell'Istria e della Dalmazia accreditandole come "italianissime". In realtà italianissime non lo sono mai state!

    Un nome "bandiera" che l'Ascoli, l'inventore di questo "nome", consegnò ai giornalismo dell'epoca (1863) assieme ad altre due invenzioni: "Venezia Euganea o Propria" e "Venezia Tridentina". Queste due ultime invenzioni sono già state consegnate ai libri di storia.

    Nel 1860 l'Italia rivendicava territori sul confine orientale e si inventò un nome che ne giustificasse la "rivendicazione": LE VENEZIE". Nel 2015 non è ora di consegnare al libro di storia anche il nome " Venezia Giulia"?

    Nel 1954 alla regione Friuli fu aggiunta la città di Trieste e il nazionalismo italiano PRETESE che diventasse il capoluogo della regione registrata nella Carta Costituzionale con il nome "Friuli-Venezia Giulia". Uno scippo a Udine che da secoli era la Capitale del Friuli. Due realtà del tutto estranee unite in un matrimonio forzoso che il senatore Tessitori cercò fino all'ultimo di impedire purtroppo senza riuscirci.

    Non è arrivato il momento di riconoscere la realtà duale della nostra regione e modernizzarla creando una amministrazione regionale LEGGERA (come previsto per altro dallo Statuto di autonomia!) e due realtà amministrative funzionali e gestionali separate per Trieste e il Friuli (UD, PN e GO)?

    Separate, con grandi probabilità, le due realtà territoriali di Trieste e Friuli, riusciranno a collaborare meglio di quanto accada oggi....

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  3. .... e speriamo che a nessuno venga più in mente a Trieste (ma anche a qualche Friulano triestinocentrico!) di dichiarare la CASTRONATA che la "città metropolitana di Trieste" è utile anche al Friuli.

    Una CASTRONATA offensiva per l'intelligenza dei Friulani.

    Ma a Trieste veramente pensano che i Friulani siano tutti dei beoti deficienti?

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  4. Il prof. Sandro Fabbro è docente all'Università di Udine.

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