mercoledì 11 dicembre 2013

ATTACCO ALLE REGIONI di PROF. GIANFRANCO D'ARONCO



ATTACCO ALLE REGIONI
di
Prof. Gianfranco D’Aronco
       
Giorni fa un autorevole costituzionalista, Michele Ainis, professore alla Università di Roma III, avvertiva che attualmente sono chiamate in causa, per illegalità di vario genere, 17 Regioni del bel Paese e oltre 300 consiglieri. Dal Piemonte all’Emilia, dal Molise alla Sardegna, dalla Liguria all’Abruzzo, dal Lazio alla Sicilia, tutta l’Italia è Italia. Viene da chiedersi perché il Trentino-Alto Adige e la Valle d’Aosta non entrino nell’elenco delle Regioni inquisite, e siano invece “rari nantes” tra quelle virtuose: ma questo è un altro discorso. Sprechi, intrighi, scandali: non c’è che da scegliere. Quali le illegalità? Amministratori regionali si sono fatti rifondere quelle che i giornali hanno battezzato “spese pazze”. Eccone alcune molto alla rinfusa: conti per ristoranti, coloniali, gioielli, macellerie, spazzolini e dentifrici, sigarette, dvd, cure mediche e veterinarie, valigie, cravatte, mutande, profumi, balocchi, farmaceutici, mangimi, alberghi, massaggi, gelati, piante, bambole, orologi, riparazioni d’auto e auto a noleggio. Troppi guai, si è cominciato a dire con intenzioni salvifiche. Troppi guai con le autonomie: meglio eliminarle. Sarebbe come dire: troppi incidenti con le automobili, meglio proibirle.
         Nota bene. Tutti questi appetiti di amministratori regionali si manifestano, nonostante che i nostri uomini siano già i beneficati da un esborso fisso cospicuo, vario da nord a sud. Ha fatto i conti l’economista Roberto Perotti, professore alla Bocconi. Nel 2012 i Consigli regionali sono costati in tutto – euro su, euro giù – un miliardo di euro, del quale ai consiglieri sono andati 230 milioni, agli ex-consiglieri 170 milioni, ai gruppi consiliari 100 milioni. Tutti esborsi a suon di legge. Nel dettaglio, ogni consigliere della Valle d’Aosta è costato in media 410 mila euro, quello del Trentino-Alto Adige 415 mila, mentre ogni consigliere della Calabria ha richiesto 1 milione e 500 mila euro, e della Sicilia 1 milione e 700 mila. Fatto si è che questi emolumenti a vario titolo sono fissati dagli stessi utilizzatori, cioè con leggi regionali. Nessuno può mettervi il becco: come nelle spese per gli onorevoli  parlamentari. I quali predicano bene: ma sarebbe meglio se dimezzassero i propri introiti (ma qui vige severa la più larga intesa, fatto salvo un partito: indovinala grillo). L’esempio viene dall’alto. Viene giusto a proposito la notizia del giorno: la Corte dei conti ha promosso un ricorso contro il finanziamento dei partiti. Un referendum di venti anni fa aveva stabilito, con il 93 per cento dei “sì”, che tale finanziamento doveva essere eliminato. Passa un anno, passa un altro, ecco il risultato a mezzo di “leggi camuffate” e di “norme monstre” (lo dice la Corte). Cambia la denominazione: non più “finanziamento” ma “rimborsi” e “donativi” in notevole aumento  su base quinquennale, anche a pro di partiti sciolti o non più rappresentati. “Che più ci resta?”, direbbe il poeta.         
Con il 1861 si è creduto di unificare l’Italia, unificando la organizzazione statale di marca piemontese. S’impose l’accentramento, e così si pensò di avere fatto, dopo l’Italia, gli italiani. I savoiardi prima e i fascisti poi ci hanno abituali a un potere accentrato. Tanto che, quando passammo alla Repubblica e optammo per le autonomie regionali (in mancanza del federalismo,  salvo quello fiscale: che ci sia ciascun lo dice), l’impianto concreto si rivelò, nonostante le conclamate buone teorie, di stampo vedi caso accentratore. Almeno della nostra Regione si deve dire così. Per essere chiari, tutto a Trieste: e non occorre spiegarlo ancora una volta. Come rimedio agli sprechi, si pensa ora di abolire le Province: così sarà rafforzato vieppiù l’accentramento del potere in piazza Unità (per intenderci quella con il municipio asburgico). I friulani, notoriamente “sotàns” cioè remissivi, porgeranno ancora una volta la chioma: così rimarranno pelati del tutto.
         Torniamo a bomba. Asseriscono i conservatori-nostalgici-revanscisti: aboliamo le Regioni, almeno quelle piccole. Qua e là si parla, anche a nord-est,  di razionalizzare.  Perché non facciamo tutt’uno con il Veneto (ex Venezia Euganea) e con il Friuli Venezia Giulia (ex Venezia Giulia soltanto)? Saremmo, dicono,  più grandi e più forti. In seguito altre Regioni potrebbero unirsi o meglio fondersi, salvo poi sparire anch’esse. Perché no, già che ci siamo? Torneremmo alla unità, meglio all’accentramento. Così, sparite le Regioni e rifatta l’Italia, rifaremmo finalmente anche gli italiani. Se le Regioni favoriscono i reati, con la unitarietà i pubblici amministratori  sarebbero tutti onesti. Il guaio è che rimarrebbero i furbi, e quelli chi li elimina?
Gianfranco D’Aronco
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L’articolo a firma del Prof. Gianfranco D’Aronco è stato pubblicato sul quotidiano “Il Messaggero Veneto”  (Ud) – 4 dicembre 2013

1 commento:

  1. Il Prof. Gianfranco D'Aronco è il Presidente del "Comitato per l'autonomia e il rilancio del Friuli"

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