mercoledì 29 agosto 2012

PROVINCE - IL PARERE DEI GIURISTI



PROVINCE
IL PARERE
DEI GIURISTI

(…) responsabile della Facoltà di giurisprudenza dell'Università di Trieste, Paolo Giangaspero (…) è assolutamente da escludere una ipotetica potestà regionale di soppressione dell'istituto provinciale (…)
Dimitri Girotto, del dipartimento di scienze giuridiche dell'Università di Udine. (…) Girotto non ha mancato di riportare un pronunciamento della Corte costituzionale del 2007 con il quale è stata evidenziata la natura di "ente costituzionalmente necessario" da riconoscersi alle Province, così come di far presente che la Provincia, se diventasse di secondo grado, sarebbe l'unico ente non eletto direttamente dal popolo ma che si vuole comunque rappresentativo del volere popolare.(…)
Da ultimo, il presidente della Commissione paritetica Stato/Regione, Manlio Contento, ha parlato a titolo personale sostenendo che se si riduce tutto a una questione di costi ingiustificati, allora le Province vanno eliminate, ma è più giusto analizzare se esistono funzioni solo di livello comunale e regionale o, invece, ve ne sono di intermedie. Poiché la risposta è positiva, perché cancellarle o accorparle - ha detto - se possono essere di riforma delle autonomie locali, essere un riferimento istituzionale e se possono ricoprire quelle funzioni che non possono ricadere sui piccoli Comuni (e guai pensare che tutti livelli possano finire sotto la Regione)?

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Consiglio regionale del
Friuli - Venezia Giulia

Comunicati Agenzia Consiglio Notizie - Commissione speciale Province: terzo giorno di audizioni (2)
28 Agosto 2012, ore 17:33

(ACON) Trieste, 28 ago - RC - La seconda parte della terza giornata dedicata alle audizioni in Commissione speciale ha visto tra gli ospiti il responsabile della Facoltà di giurisprudenza dell'Università di Trieste, Paolo Giangaspero, il quale ha individuato la potestà ordinamentale della Regione in materia di enti locali quale filo conduttore di ogni riflessione sul futuro delle Province delle Regioni a statuto speciale. Tutto si gioca - ha spiegato - sull'equilibrio che si verrà a determinare tra tale potestà e le esigenze di controllo e disciplina dei meccanismi di riduzione della spesa pubblica complessiva da parte del centro.
Giangaspero ha, quindi, citato diverse sentenze della Corte costituzionale che dimostrano la non applicazione immediata del principio di sussidiarietà per quanto riguarda le Regioni speciali, nonché una serie di leggi che ribadiscono il coinvolgimento diretto degli enti locali quando si tratta di istituire o modificare circoscrizioni provinciali, mentre è assolutamente da escludere una ipotetica potestà regionale di soppressione dell'istituto provinciale.
Altro punto, per il professore, le città metropolitane, comparse in legislatura nazionale nel 1990 e in quella regionale nel 2006 con la legge n. 1: quanto previsto nelle disposizioni della spending review non tocca significativamente la potestà regionale quanto al loro disegno organizzativo.
Non da meno, però, il Governo qualifica il punto del decreto legge sul riordino delle Province come un intervento giustificato, in termini di competenza statale, in materia di coordinamento della finanza pubblica tale da costituire un vincolo da recepire da parte delle autonomie speciali, seppure con un margine di tempo più ampio di quello delle ordinarie.
Ed è stato su questo ultimo aspetto che si è soffermato particolarmente anche Dimitri Girotto, del dipartimento di scienze giuridiche dell'Università di Udine. La Corte costituzionale ha chiarito più volte - ha affermato il ricercatore - che le Regioni si pongono tutte sullo stesso piano, essendo tenute a concorrere al conseguimento degli obiettivi finanziari dello Stato, soprattutto in quanto imposti dall'appartenenza all'Unione europea.
Ma Girotto non ha mancato di riportare un pronunciamento della Corte costituzionale del 2007 con il quale è stata evidenziata la natura di "ente costituzionalmente necessario" da riconoscersi alle Province, così come di far presente che la Provincia, se diventasse di secondo grado, sarebbe l'unico ente non eletto direttamente dal popolo ma che si vuole comunque rappresentativo del volere popolare.
Da ultimo, il presidente della Commissione paritetica Stato/Regione, Manlio Contento, ha parlato a titolo personale sostenendo che se si riduce tutto a una questione di costi ingiustificati, allora le Province vanno eliminate, ma è più giusto analizzare se esistono funzioni solo di livello comunale e regionale o, invece, ve ne sono di intermedie. Poiché la risposta è positiva, perché cancellarle o accorparle - ha detto - se possono essere di riforma delle autonomie locali, essere un riferimento istituzionale e se possono ricoprire quelle funzioni che non possono ricadere sui piccoli Comuni (e guai pensare che tutti livelli possano finire sotto la Regione)?
Al termine, una domanda di Enio Agnola (Idv): "Si arrivasse a dover affermare che non servono più, che si dovrebbe fare delle Province?". Svuotarle delle loro funzioni e poi modificare lo statuto regionale ove le prevede - è stata la risposta dei due giuristi. Impossibile eliminarle - così invece Contento. Si potrebbe solo svuotarle, ma poi si dovrà stabilire se quelle funzioni devono essere gestite dai Comuni o dalla Regione.
Ma se noi preparassimo una legge ove si afferma che contribuiamo al contenimento della spesa pubblica - ha poi ipotizzato Roberto Marin (Pdl) - non accorpando le Province, ma anzi dando loro più competenze eliminando quegli enti che oggi appesantiscono il sistema, si vedano ambiti, consorzi, Ater, questo basterebbe a soddisfare il Governo? È poi sufficiente il ricorso della Regione al primo decreto "Salva Italia" o è possibile impugnare anche il secondo? Se la risposta a questa ultima domanda è stata facile e positiva, i due professori hanno dichiarato che non è possibile stabilire a priori cosa accadrebbe con la prima ipotesi perché si dovrebbe dimostrare che contiene il principio del coordinamento finanziario, cosa non facile. Però è certo che molti enti possono sparire - ha rimarcato Manlio Contento. Da parte di Franco Iacop (PD) la domanda è stata se sarebbe possibile congelare il sistema con le rappresentanze legislative oggi in essere, ovvero se si possono interrompere i mandati delle Province visto che le loro scadenze sono previste per il 2013, 2014 e 2015. Fortemente contrario a che ciò possa accadere "pacificamente" si è detto il parlamentare, a detta del quale non è tanto scontato neppure poter trasformare un ente di elezione diretta in uno di secondo grado; scontati i ricorsi.
Prossima seduta di Commissione dopodomani, giovedì 30 agosto.


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3 commenti:

  1. LETTERA PUBBLICATA SUL SETTIMANALE “LA VITA CATTOLICA” – UDINE – IL 26 LUGLIO 2012 –
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    POLITICI BOCCIATI IN COSTITUZIONE

    Ho letto sulla stampa locale le dichiarazioni di Debora Serracchiani, futura sfidande alla carica di Presidente di Regione nel 2013 per il Pd, e di Renzo Tondo, attuale Presidente in carica, sul futuro delle attuali province di Udine, Gorizia, Pordenone e Trieste. Entrambi propongono l’abolizione totale dell’ente Provincia nella nostra Regione.

    Ma nella libreria di casa, Tondo e Serracchiani, hanno una copia della Costituzione italiana e dello Statuto di autonomia della nostra Regione?

    Lo sanno che anche il Presidente del Consiglio Mario Monti ha dichiarato pubblicamente che le Province non si possono sopprimere perché previste dalla nostra Costituzione? O si modifica la Costituzione o ci si limita alla loro aggregazione: e infatti Monti ne ha proposto la sola aggregazione.

    L’articolo 114 della Costituzione così recita: “ La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Citta metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Citta metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione (…)”.

    E, in aggiunta all’art. 114, ecco l’art. 117, che così recita: “La podestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione (..)”.

    Come qualunque “studentello di giurisprudenza” sa perfettamente, Province, Comuni, Regioni e Stato, sono tutte Istituzioni di “pari” grado costituzionale e la nostra Regione, anche se a Statuto Speciale con delega agli Enti Locali, di ciò deve tenerne conto.

    Oltretutto, se è vero che la nostra regione, come previsto nello Statuto speciale, ha podestà legislativa sull’ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni, è anche vero che esistono dei precisi limiti statutari a questa sua podestà legislativa.

    Così infatti recita lo Statuto della nostra regione al Titolo II, Potestà della Regione, Capo I, Potestà Legislativa, articolo 4: “In armonia con la Costituzione, con i principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica (…) ha potestà legislativa nelle seguenti materie (…): 1 bis) ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni; (…) “.

    Cosa significa “ In armonia con la Costituzione e con i principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica”?

    Ce lo spiegano l’avv. Serracchiani e Tondo?

    E la Provincia di Udine, che il Governo Monti non ha affatto soppresso né intende sopprimere, nell’ipotesi che la nostra Regione preveda, in una sua legge regionale, la sua cancellazione, un eventuale ricorso alla Corte Costituzionale ha ampia possibilità di vedere soccombente la nostra Regione che ha sì la delega all’ordinamento degli enti locali, ma deve tener conto della Costituzione, dell’ordinamento giuridico della Repubblica e del Titolo II del nostro Statuto, e dunque non può fare tutto quello che vuole.

    Ma c’è bisogno di scrivere una lettera alla posta dei lettori, per ricordare a Serracchiani e Tondo tutto ciò?

    Roberta Michieli
    Tavagnacco

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  2. OPINIONI A CONFRONTO

    “(…)La trasmissione “bersaglio mobile” su La7 di ieri sera, 26 luglio, è stata molto istruttiva. Il “gotha” giornalistico ed economico, in particolare Alesina e Mentana, hanno detto con estrema chiarezza: l’eliminazione delle province non risana certo il bilancio dell’Italia, non risolve i problemi dello spread e dell’euro, ma è un’azione simbolica da attuare, per dare ai cittadini un segnale contro i costi della politica.

    Poiché a parlare non erano persone qualunque, ma soggetti in diretto contatto con le istituzioni e i decisori, non v’è il minimo dubbio che le cose stiano esattamente così.

    Il Governo e il Parlamento sono del tutto consapevoli che l’accorpamento e la sottrazione di competenze alle province non ha alcuna utilità sul piano economico e finanziario; è solo una “coperta di Linus”, un contentino ai giornalisti che sulle intemerate contro la “casta” costruiscono la loro popolarità, nonché uno “scalpo” da offrire al popolo, da mostrare per far vedere che si lotta contro “gli sprechi”, anche se in effetti non si cava un centesimo dal buco. (…)”

    Tratto da un articolo a firma di LUIGI OLIVIERI pubblicato sul sito internet “LeggiOggi.it”

    http://www.leggioggi.it/2012/07/27/accorpamento-province-come-la-coperta-di-linus/

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  3. ARTICOLO PUBBLICATO SUL QUOTIDIANO "IL GAZZETTINO" DI UDINE - Sabato, 25 agosto 2012
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    SENZA PROVINCE LO STRAPOTERE DI TRIESTE
    di ROBERTO MEROI

    La domanda da porsi è la seguente: quanto potere politico rimarrebbe in mano a Udine, Pordenone e Gorizia qualora a tutte tre queste città venisse tolto persino il titolo di capoluogo provinciale?

    Trieste che, attualmente, è tanto capoluogo di Regione, quanto capoluogo di Provincia, anche perdendo il secondo titolo, conserverebbe pur sempre il primo, che non è un titolo da poco (solo altre 19 città in Italia ne possono vantare uno analogo). Non bastando questo, Trieste avrebbe in mano una carta ancor più grossa con l'eventuale promozione a città metropolitana, affiancandosi così – lei, con soli 200 mila abitanti – alle 10 città più importanti d'Italia.

    Trieste, quindi, oltre a capoluogo di Regione (e, non scordiamoci, sede dell'Euregio), diventerebbe città metropolitana e per forza di cose estenderebbe la sua giurisdizione oltre i confini dell'attuale sua minuscola provincia. L'eventuale area metropolitana di Trieste, dunque, per poter avere un briciolo di consistenza numerica e territoriale (si pensi alle aree metropolitane di Napoli con circa 3 milioni di abitanti o di Roma con 4 milioni e 200 mila o di Milano con 4 milioni e 300 mila), avrà indubbiamente bisogno di estendere i suoi striminziti confini provinciali allargandosi il più possibile nella vicina provincia di Gorizia. Obiettivo minimo: inglobare i nove comuni della così detta “Bisiacaria”, oltre a Grado. Obiettivo massimo: inglobando l'intera attuale provincia di Gorizia, compreso il capoluogo e i comuni friulanofoni.

    In buona sostanza: da un lato, dei tre attuali territori provinciali (con oltre un milione di abitanti) rimarrebbe l'Udinese, il Pordenonese e, forse una piccola parte del Goriziano. Ma senza alcun potere decisionale, anche perché persino i nuovi amministratori – non più eletti democraticamente dai cittadini – alla fine, verrebbero designati previo il benestare di Trieste. Mentre dall'altro lato, il capoluogo regionale – ribadiamolo pure: l'unico capoluogo di tutto il Friuli-Venezia Giulia – acquisterebbe maggior peso non solo politico, ma decisionale. Tutti gli uffici sarebbero in larghissima parte concentrati nella città di San Giusto e quindi controllati direttamente. Così dicasi dei finanziamenti regionali: ogni contributo verrebbe dato da Trieste direttamente ai Comuni del resto della regione, con il massimo della discrezionalità. Trattasi di un Comune “amico”? Bene. Se, invece, l'altro Comune è “nemico”, male.

    E, statene pur certi, Udine sarà sempre nel secondo elenco. Si pensi soltanto ai fondi che non sono arrivati dalla Regione per la costruzione del Museo di Storia naturale, per le opere liriche al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, per il nuovo stadio, per il nuovo Santa Maria della Misericordia, per l'Università degli studi, per Friuli Doc.

    ROBERTO MEROI


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