FRIULI
DOC 2017
in attesa di FRIULI DOC 2018
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è già un ricordo
ma ugualmente riproponiamo
questa splendida riflessione di
Angelo Floramo
in attesa di FRIULI DOC 2018
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Assaggiare
un territorio
è un’esperienza che deve poter
coinvolgere tutti i sensi.
è un’esperienza che deve poter
coinvolgere tutti i sensi.
di
ANGELO
FLORAMO
Assaggiare
un territorio è un’esperienza che deve poter coinvolgere tutti i
sensi, in un attraversamento errante che sappia e voglia seguire
solamente il fiuto del momento, le suggestioni dell’appetito e i
profumi che alle volte prendono di sorpresa. Nei taccuini dei
viandanti golosi le annotazioni sono intinte nel gusto e nel sapore,
ma la ricerca implica tempo e fatica. Bisogna poter raggiungere
malghe e casere, dotati di fiato oltre che di ventresca, e ovviamente
aver contezza di osterie, quelle vere, benedette dalla tradizione e
nobilitate da un’anima ruvida e sincera, o ancora conoscere amici
depositari di cantine che promettono assaggi da meditazione, dove si
affinano nella penombra vini e soppresse, liquori e formaggi. Non
tutti godono di un tale privilegio.
Ma
ci sono circostanze in cui il gioco si fa più facile perché - in
virtù di una felice intuizione - il Friuli nella sua molteplice
varietà, si materializza nei borghi di una sola città. E’ quanto
avviene a Udine in questi giorni consacrati alle liturgie di
una rassegna che non è affatto l’orgia enogastronomica e
promozionale del momento, la “madre di tutte le sagre”, moda fin
troppo diffusa. Friuli
DOC è piuttosto una forma resistenziale e identitaria,
orgogliosamente terrigna, nel senso nobile del concetto, dal momento
che nasce dalla terra che l’ha partorita e che così bene sa
rappresentare. Per questo
resta pervicacemente e meravigliosamente popolare e giustamente
ambisce ad essere la festa di un popolo che orgogliosamente sbandiera
al mondo la sua sapienza alimentare, dietro la quale aleggiano gli
zefiri della storia, dell’arte e della cultura. Sì, perché nel
sugo di un piatto o nell’abboccato di un calice non si trova
soltanto ciò che dà soddisfazione al piloro, ma si imbandisce una
sapienza secolare in cui si squadernano i paesaggi stessi, naturali e
umani, di questa nostra terra da sempre plurale e colorata. Ci faccia
caso chi è intenzionato a farne esperienza nelle prossime ore. Si
accorgerà che la topografia urbana per tre giorni si smaterializzerà
in un intreccio di sapide peregrinazioni e di fortunati incontri, dal
momento che qui i multiversi
dettati da secoli di tradizione si intersecheranno, nell’alternanza
dei portici e delle androne, dei vicoli e delle piazze,
trasfigurandone scorci e prospettive. Udine potrà godere di
un “urbario” completamente rinnovato nei nomi e negli indirizzi,
esploso nella mappa simbolica che ciascun assaggiatore saprà
tracciare a suo personalissimo ed indiscutibile giudizio, riscoprendo
che il formaggio e il miele, l’olio d’oliva e la ribolla gialla
hanno già preso dimora tra i monumenti e le scale, le belle facciate
delle chiese e il segreto freschissimo dei giardini, pretendendo in
qualche modo diritto di abitanza in
quella che la tradizione ha deciso essere la capitale del Friuli:
non più una città dunque, ma un microcosmo policromo di toponimi da
assaporare, mordicchiando le cenge del Montasio, che sanno di fieno
fin dal primo boccone, annusando i boschi della Valcanale, con il
loro respiro di mirtilli o di funghi di ceppaia; inebriandosi con le
acque della laguna, tutte zampilli di pesce che regalano esultanze
salmastre ad ogni degustazione. Il consiglio è quello di prendersela
comoda, regalandosi tutto il tempo necessario a condividere con gli
altri il tempo della festa.
Una
cosa è certa: se la cultura si mangia e i suoi accenti sono quelli
della lingua madre in cui essa si esprime, allora il buon appetito
sia davvero declinato in lingua friulana.
ANGELO
FLORAMO
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L'articolo
a firma di Angelo
Floramo
è stato pubblicato sul quotidiano il Messaggero
Veneto (Udine),
venerdì 8 settembre 2017 a pagina 19, in occasione di Friuli doc a Udine, rubrica "La mia festa".
La Redazione del blog - nel
complimentarsi con l'autore per la sua ottima riflessione su Friuli Doc e
"i sapori" del Friuli - lo ringrazia per averle
concesso la pubblicazione dell'articolo stesso.
In maniera del tutto incomprensibile c'è chi definisce - dandogli un significato dispregiativo - FRIULI DOC una sagra, come se le sagre non fossero una parte importante della identità friulana, un modo di vivere la socialità tipica della terra friulana. Il piacere del "mangiare e bere friulano" assieme agli amici. Il piacere di offrire a chi friulano non è il mangiare e il bere friulano...
RispondiEliminaE' un errore pensare di trasformare FRIULI DOC in "altro" pensando così di "elevare questa manifestazione" che non può che essere una festa di popolo, il popolo friulano...
Cosa c'è di più bello che offrire e far conoscere a chi friulano non è quanto il Friuli ha prodotto nei secoli in cucina e nelle vigne? Cosa c'è di più bello del "mangiare e bere" con gli amici quanto la nostra terra produce da secoli e che parla friulano, sloveno, tedesco, le lingue millenarie del Friuli....