mercoledì 11 ottobre 2017

"FRIULI DOC - UNA FORMA RESISTENZIALE E IDENTITARIA, ORGOGLIOSAMENTE TERRIGNA" DI ANGELO FLORAMO



FRIULI DOC 2017

è  già un ricordo
 
ma ugualmente riproponiamo
 
questa  splendida riflessione di
 
Angelo Floramo

in attesa di FRIULI DOC 2018

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Assaggiare un territorio

è un’esperienza che deve poter


coinvolgere tutti i sensi.

 
di

 
ANGELO FLORAMO

Assaggiare un territorio è un’esperienza che deve poter coinvolgere tutti i sensi, in un attraversamento errante che sappia e voglia seguire solamente il fiuto del momento, le suggestioni dell’appetito e i profumi che alle volte prendono di sorpresa. Nei taccuini dei viandanti golosi le annotazioni sono intinte nel gusto e nel sapore, ma la ricerca implica tempo e fatica. Bisogna poter raggiungere malghe e casere, dotati di fiato oltre che di ventresca, e ovviamente aver contezza di osterie, quelle vere, benedette dalla tradizione e nobilitate da un’anima ruvida e sincera, o ancora conoscere amici depositari di cantine che promettono assaggi da meditazione, dove si affinano nella penombra vini e soppresse, liquori e formaggi. Non tutti godono di un tale privilegio.
 
Ma ci sono circostanze in cui il gioco si fa più facile perché - in virtù di una felice intuizione - il Friuli nella sua molteplice varietà, si materializza nei borghi di una sola città. E’ quanto avviene a Udine in questi giorni consacrati alle liturgie di una rassegna che non è affatto l’orgia enogastronomica e promozionale del momento, la “madre di tutte le sagre”, moda fin troppo diffusa. Friuli DOC è piuttosto una forma resistenziale e identitaria, orgogliosamente terrigna, nel senso nobile del concetto, dal momento che nasce dalla terra che l’ha partorita e che così bene sa rappresentare. Per questo resta pervicacemente e meravigliosamente popolare e giustamente ambisce ad essere la festa di un popolo che orgogliosamente sbandiera al mondo la sua sapienza alimentare, dietro la quale aleggiano gli zefiri della storia, dell’arte e della cultura. Sì, perché nel sugo di un piatto o nell’abboccato di un calice non si trova soltanto ciò che dà soddisfazione al piloro, ma si imbandisce una sapienza secolare in cui si squadernano i paesaggi stessi, naturali e umani, di questa nostra terra da sempre plurale e colorata. Ci faccia caso chi è intenzionato a farne esperienza nelle prossime ore. Si accorgerà che la topografia urbana per tre giorni si smaterializzerà in un intreccio di sapide peregrinazioni e di fortunati incontri, dal momento che qui i multiversi dettati da secoli di tradizione si intersecheranno, nell’alternanza dei portici e delle androne, dei vicoli e delle piazze, trasfigurandone scorci e prospettive. Udine potrà godere di un “urbario” completamente rinnovato nei nomi e negli indirizzi, esploso nella mappa simbolica che ciascun assaggiatore saprà tracciare a suo personalissimo ed indiscutibile giudizio, riscoprendo che il formaggio e il miele, l’olio d’oliva e la ribolla gialla hanno già preso dimora tra i monumenti e le scale, le belle facciate delle chiese e il segreto freschissimo dei giardini, pretendendo in qualche modo diritto di abitanza in quella che la tradizione ha deciso essere la capitale del Friuli: non più una città dunque, ma un microcosmo policromo di toponimi da assaporare, mordicchiando le cenge del Montasio, che sanno di fieno fin dal primo boccone, annusando i boschi della Valcanale, con il loro respiro di mirtilli o di funghi di ceppaia; inebriandosi con le acque della laguna, tutte zampilli di pesce che regalano esultanze salmastre ad ogni degustazione. Il consiglio è quello di prendersela comoda, regalandosi tutto il tempo necessario a condividere con gli altri il tempo della festa.
 
Una cosa è certa: se la cultura si mangia e i suoi accenti sono quelli della lingua madre in cui essa si esprime, allora il buon appetito sia davvero declinato in lingua friulana.
 
ANGELO FLORAMO
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 L'articolo a firma di Angelo Floramo è stato pubblicato sul quotidiano il Messaggero Veneto (Udine), venerdì 8 settembre 2017 a pagina 19, in occasione di Friuli doc a Udine, rubrica "La mia festa".
 
La Redazione del blog  - nel complimentarsi con l'autore per la sua ottima riflessione su Friuli Doc e "i sapori" del Friuli - lo ringrazia per averle concesso la pubblicazione dell'articolo stesso.
 

1 commento:

  1. In maniera del tutto incomprensibile c'è chi definisce - dandogli un significato dispregiativo - FRIULI DOC una sagra, come se le sagre non fossero una parte importante della identità friulana, un modo di vivere la socialità tipica della terra friulana. Il piacere del "mangiare e bere friulano" assieme agli amici. Il piacere di offrire a chi friulano non è il mangiare e il bere friulano...

    E' un errore pensare di trasformare FRIULI DOC in "altro" pensando così di "elevare questa manifestazione" che non può che essere una festa di popolo, il popolo friulano...

    Cosa c'è di più bello che offrire e far conoscere a chi friulano non è quanto il Friuli ha prodotto nei secoli in cucina e nelle vigne? Cosa c'è di più bello del "mangiare e bere" con gli amici quanto la nostra terra produce da secoli e che parla friulano, sloveno, tedesco, le lingue millenarie del Friuli....

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