IL RACCONTO
DI COME TRIESTE
E' RIUSCITA A SCIPPARE
A UDINE IL RUOLO DI
DI COME TRIESTE
E' RIUSCITA A SCIPPARE
A UDINE IL RUOLO DI
CAPOLUOGO REGIONALE
Per gentile concessione dello scrittore Roberto Meroi, che ringraziamo, pubblichiamo dal libro "Intervista immaginaria a TIZIANO TESSITORI" (autore Roberto Meroi - edizione Designgraf 2017) il racconto di come Trieste ha scippato a Udine il ruolo di capoluogo regionale.
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Tratto dal libro "Intervista immaginaria a TIZIANO TESSITORI" di Roberto Meroi, da pagina 53 a pagina 57:
"Il
26 febbraio 1957, gli onorevoli democristiani Alfredo Berzanti,
Silvano Baresi, Lorenzo Biasutti, Gualtiero Driussi e Guglielmo
Schiratti presentarono alla Camera dei deputati una loro proposta di
legge costituzionale «Statuto
speciale per il Friuli-Venezia Giulia».
All'articolo 2 del titolo I si
poteva leggere: «La
Regione ha per capoluogo la città di Udine».
Nella relazione introduttiva tale articolo veniva così commentato:
«Nella scelta di Udine
come sede della Regione ci si è ispirati a considerazioni di
funzionalità degli uffici regionali e di comodità di accesso agli
stessi da parte delle popolazioni interessate. Udine infatti verrà a
trovarsi al centro del territorio regionale, distando in modo
pressoché uguale dai suoi confini orientale e occidentale,
settentrionale e meridionale, mentre gli altri due capoluoghi di
provincia, Trieste e Gorizia sono estremamente decentrati e situati
nella immediata prossimità del confine di Stato».
Il
giorno prima, i democristiani pordenonesi avevano però fatto una
mossa astuta andando a chiedere sostegno ai democristiani triestini.
Il 25 febbraio fu
effettivamente siglato un patto di alleanza tra Trieste e Pordenone
con il quale la Dc di Pordenone riconosceva che Trieste avrebbe
dovuto essere la capitale della futura Regione e che alla Provincia
di Trieste avrebbe dovuto essere concessa una larga autonomia
amministrativa e finanziaria provinciale, con poteri legislativi. La
Dc pordenonese approvò in toto la mozione sull'Ente Regione votata
dal Consiglio comunale di Trieste e il pronunciamento votato
nell'ultima riunione del Comitato Dc provinciale triestino.
Che
cosa offriva Trieste in cambio a Pordenone?
Il testo dell'accordo firmato
dal sindaco di Trieste Gianni Bartoli, dal presidente della Provincia
di Trieste Ettore Gregoretti, dal segretario provinciale della Dc
triestina Redento Romano, dal sindaco di Pordenone Gustavo Montini,
dal vice segretario della Dc pordenonese Giuseppe Pradella e dal
senatore Zefferino Tomè, ravvisava nella costituzione della nuova
Provincia di Pordenone «la
soluzione più idonea alla formazione di un Consiglio regionale
basato sul necessario equilibrio tra le Province».
Pure
il Partito comunista italiano presentò alla Camera una sua proposta
di legge costituzionale «Statuto
speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia»
d'iniziativa dei deputati Gino Beltrame, Giancarlo Pajetta, Giovanni
Battista Gianquinto, Giorgio Amendola, Francesco Giorgio Bettiol,
Stellio Lozza, Giovanni Grilli e Vittorio Bardini.
La premessa della proposta
legislativa comunista del 2 aprile 1957 era stimolante: «Il
Friuli, ufficialmente riconosciuto come zona economicamente depressa,
è costituito in gran parte da terreni poveri. Esso abbisogna di
vaste ed organiche opere pubbliche che sono legate al regime delle
sue acque ed al loro sfruttamento, che sono opere di irrigazione e di
bonifica. Questa povertà del suolo, la cattiva distribuzione della
proprietà di esso, la scarsa industrializzazione, concorrono a
determinare ed aggravare il triste fenomeno dell'emigrazione, specie
temporanea e stagionale, che ha così gravi conseguenze economiche e
sociali per le popolazioni friulane. Inoltre all'abbandono delle zone
montane e alla minaccia di spopolamento delle nostre valli alpine si
accompagna oggi un diffuso fenomeno di abbandono della terra anche
nelle zone di pianura da parte di lavoratori che non trovano più
conveniente coltivarla. Nel campo industriale, il Friuli a causa
della sua posizione di frontiera, ha sempre avuto uno sviluppo
inferiore a quello delle zone contermini ma negli anni più recenti
si sono avuti licenziamenti massicci in quasi tutti gli stabilimenti,
accompagnati da chiusura di intieri impianti industriali. Si aggiunga
che, in conseguenza della crisi serica, la bachicoltura, che
rappresentava un notevole cespite per l'economia del Friuli in
generale e delle famiglie contadine in particolare, è stata quasi
abbandonata e si sono venute chiudendo o hanno ridotto il loro lavoro
quasi tutte le filature di seta, un tempo numerose, togliendo così
un'altra possibilità di occupazione e di guadagno a numerosa mano
d'opera femminile. In provincia di Udine vi sono oltre 100 comuni nei
quali esistono centri abitativi privi di acquedotti, mentre in altri
52 comuni si trovano centri abitati con acquedotti insufficienti. Ben
124 comuni sono privi o dotati di fognature assolutamente
insufficienti. Mancano ben 900 aule per l'istruzione elementare».
Successivamente si passava al
testo della proposta di legge nella quale si proponeva la zona
franca per il territorio di Trieste, mentre la decisione della sede
del capoluogo della Regione veniva affidata a successiva legge
regionale.
I
socialisti invece misero subito in chiaro le reali intenzioni in
merito alla capitale regionale.
L'11 aprile 1957 il Partito
socialista italiano presentò una sua proposta di legge
costituzionale attinente all'istituenda Regione Friuli-Venezia
Giulia: primo firmatario fu l'onorevole Vittorio Marangone, poi
Giusto Tolloy, Mario Bettoli e Lucio Mario Luzzatto. Affermarono che:
«Per ciò che concerne in
particolare modo i peculiari interessi della economia di Trieste e
del suo territorio anche la nostra proposta di statuto speciale ne
contempla particolari norme di autonomo governo nel reciproco comune
interesse. E non abbiamo avuto difficoltà a riconoscere la
preminente capacità di Trieste ad essere la giusta capitale della
Regione Friuli-Venezia Giulia, non tanto sotto un aspetto puramente
geografico, ma per la sua storia che ognuno conosce, per la sua
grandezza e popolosità e per la comune nostra aspirazione acché il
suo porto si affermi come sblocco naturale di commerci e di traffici
di tutta l'Europa centro-orientale, ravvisando in ciò uno degli
elementi fondamentali di sviluppo economico dell'intera Regione».
Il
dibattito proseguì nelle sedi provinciali dei partiti che
elaborarono delle nuove proposte.
Il 10 luglio 1958 i comunisti
Gino Beltrame, Vittorio Vidali, Raffaele Franco, Giancarlo Pajetta,
Girolamo Li Causi, Renzo Laconi e Riccardo Ravagnan presentarono alla
Camera dei Deputati una nuova proposta di legge costituzionale di
statuto speciale per la Regione Friuli-Venezia Giulia. Rispetto alla
loro proposta del 2 aprile 1957, praticamente nulla veniva cambiato,
se non un punto fondamentale: l'articolo 2 «Tenendo
conto dell'aspirazione delle popolazioni interessate noi proponiamo
con l'articolo 2 che, contemporaneamente all'attuazione della
Regione, venga a crearsi anche la provincia di Pordenone e che il
capoluogo della costituenda Regione venga fissato nella sua città
più importante, cioè a Trieste».
Lo stesso 10 luglio pure i
socialisti Marangone, Bettoli, Luzzatto e Giovanni Pieraccini
ripresentavano una loro proposta di legge costituzionale del tutto
ricalcante la precedente dell'11 aprile 1957, con ben chiaro
l'articolo 2 «La Regione
ha per capoluogo la città di Trieste».
Faustino
Barbina denunciò immediatamente l'inganno.
Barbina scrisse: «Per
dieci anni il Friuli ha insistito perché fosse attuata la
Costituzione che prevede la Regione Friuli-Venezia Giulia a statuto
speciale con capitale a Udine. Ma i friulani si sono anche baloccati
per dieci anni a discutere di statuto normale e di statuto speciale,
di norma decima e di tante altre disgrazie, ed intanto i bravi amici
che hanno messo tanto zelo a impedire la realizzazione della Regione,
hanno lavorato pian piano, col risultato di farci trovare oggi in una
situazione inversa da quella di partenza, perché l'iniziativa è
passata ad altri contro di noi. Udine non deve mai, per nessun
motivo, costi quel che costi, rinunciare ad essere la capitale del
Friuli. Oggi, dopo aver auspicata la Regione per valorizzare il
Friuli, dopo aver chiesto l'autonomia, corriamo il rischio mortale di
essere fagocitati in una Regione che non ha nulla a che fare con
quella che avevamo chiesto ed avevamo ottenuto. Come si sia arrivati
a questa inversione di situazioni, come si sia lasciato maturare con
un lento lavorio in sordina una condizione di evidente inferiorità
per il Friuli non è chiaro, ma i responsabili dovranno ben rendere
conto al popolo friulano del loro operato».
Il
25 giugno 1959 la Democrazia cristiana friulana presentò alla Camera
una nuova proposta di legge costituzionale per lo statuto della
Regione Friuli-Venezia Giulia.
Sì, era a firma degli
onorevoli Lorenzo Biasutti, Arnaldo Armani e Mario Toros. L'articolo
2 recitava: «La Regione
comprende le circoscrizioni delle provincie di Gorizia, di Udine e
dell'attuale Territorio libero di Trieste. La Regione ha per
capoluogo la città di Udine».
Peccato che quella proposta dei parlamentari friulani arrivasse con
un giorno di ritardo rispetto a quella presentata sempre alla Camera
dai deputati democristiani triestini Narciso Sciolis e Giacomo
Bologna che, naturalmente, conteneva l'indicazione di Trieste
capoluogo della nuova Regione. In quel testo istitutivo della Regione
Friuli-Venezia Giulia, nella presentazione dei vari articoli di
legge, mentre il nome di Trieste veniva ripetuto più volte,
addirittura Udine e il Friuli non venivano citati nemmeno una volta!"
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Il Friuli è la quasi totalità del territorio regionale ed esprime la gran parte della popolazione regionale. Udine è il centro geografico della nuova regione ed è la capitale storica del Friuli...
RispondiEliminaE' vero che il Friuli nel 1957 era una zona depressa a forte emigrazione, ma ciò era fondamentalmente dovuto alla totale distruzione del Friuli - sia sul piano economico che urbanistico - durante la "Prima guerra mondiale" 1915-1918. Poco e nulla fece allora lo Stato italiano per ricostruire il Friuli considerato "territorio a perdere" in caso di un nuovo conflitto e dunque "territorio da non finanziare". I pochi fondi stanziati da Roma si fermarono a Venezia...
RispondiEliminaFu il nazionalismo italiano che aveva eletto Trieste e Trento a icone dell'interventismo militare prima della Prima guerra mondiale, a imporre Trieste - con la complicità della città di Pordenone che ambiva a diventare capoluogo di provincia - nel ruolo di capoluogo di una regione voluta e ottenuta dal Friuli nel 1947 (ma senza Trieste!)....
RispondiEliminaTrieste la città più importante? Dipende dai punti di vista...
RispondiEliminaSul piano storico non lo è assolutamente. Cividale del Friuli, Aquileia E Udine sul piano storico sono molto più importanti di Trieste e dunque sarebbe anche ora di finirla con questo slogan triestinocentrico!
Negli stati moderni, i capoluoghi non sono quasi mai assegnati alle città più grandi, bensì a quelle più baricentriche, e Trieste è geograficamente la città più eccentrica di tutta la regione!
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