"FRIULANOFOBIA",
male antico di una scuola
che si crede moderna
dal settimanale degli sloveni
della Provincia di Udine
Novi Matajur
28 gennaio 2015
"Condut che lu previôt la legislazion di tutele, il furlan al cjate ancjemò une vore di ostacui par jentrâ tês scuelis, là che e covente pardabon une pratiche concrete de istruzion plurilengâl e de educazion ae diversitât, ma a son dirigjents scolastics e insegnants che a fasin cuintri ae lenghe e ai dirits linguistichis za prime des iscrizions."
In occasione di "scuole aperte" si ripresentano i soliti problemi.
Il diritto all'istruzione è un diritto fondamentale, così come il diritto alla conoscenza e all'uso della lingua propria, il cui esercizio effettivo presuppone che vengano meno quelle limitazioni al principio di eguaglianza messe in atto attraverso forme di discriminazione positiva basate sulla specificità linguistica. Per queste ragioni e tenendo altresì conto del fatto che, nel caso delle minoranze, la negazione della diversità linguistica e del diritto alla lingua è stata praticata con particolare forza proprio in campo educativo, la normativa di tutela prevede specifiche disposizioni riguardanti l'uso e l'insegnamento delle lingue minoritarie nelle scuole.
Ciò è evidente già nella legge 482/1999, il primo provvedimento organico che a livello statale dà finalmente attuazione al principio fondamentale della Costituzione italiana secondo cui "la Repubblica tutela le minoranze linguistiche con apposite norme". La legge statale - della cui approvazione e promulgazione due mesi fa, in un emblematico silenzio è caduto il quindicesimo anniversario - pur con qualche contraddizione dedica infatti all'istruzione una specifica attenzione. Lo stesso fanno il suo regolamento attuativo e ancor di più, con riferimento alla lingua friulana, la legge regionale 29/2007, che riprende la legge statale e ne colloca principi e contenuti in maniera più aderente alla realtà del Friuli che, per le sue caratteristiche e per adeguarsi agli standard europei, necessità di una effettiva educazione plurilingue, in grado di garantire tanto il diritto alla lingua (alle lingue) quanto il diritto all'istruzione (anche delle - e nelle - lingue).
Passano gli anni, ma tanto la legge 482/1999 quanto la 29/2007 stentano purtroppo a trovare attuazione, in generale e proprio nel campo strategico dell'istruzione.
Conferme in tal senso giungono da quanto sta avvenendo in questi giorni di "Scuole aperte", gli incontri con genitori e ragazzi nei quali gli istituti scolastici si fanno conoscere dai loro potenziali allievi e dalle loro famiglie che, dal 15 gennaio al 15 febbraio, devono provvedere all'iscrizione dei figli per l'anno 2015/2016.
Due settimane fa, per esempio, un quotidiano locale segnalava il caso di una dirigente scolastica di Pordenone che invitava esplicitamente i genitori a non richiedere l'insegnamento della lingua friulana, considerato un'inutile perdita di tempo e un ostacolo all'organizzazione delle altre attività didattiche. Nello stesso articolo inoltre si leggeva che "quando ci si reca in segreteria per iscrivere i bambini a scuola, è lo stesso personale a dissuadere i genitori dal presentare la richiesta". Si tratta di fatti che offrono seri motivi di preoccupazione: da una parte ci sono funzionari pubblici che operano per non dare attuazione a quanto previsto dalla legge, la violano deliberatamente e con essa violano i principi che la ispirano contrastando con le stesse finalità che dovrebbero essere perseguite dalle istituzioni scolastiche; dall'altra c'è un'informazione che affronta la questione con superficialità, per esempio senza interrogarsi sulla legittimità di certi comportamenti.
Quello di Pordenone, purtroppo, non è un caso isolato. Non mancano infatti altri esempi di omissione o di esplicita dissuasione nei confronti dell'uso e dell'insegnamento della lingua friulana. Lo si può constatare navigando in rete, tra blog e social networks, dove già da tempo sono segnalate situazioni del genere e c'è chi scrive, con ragione, di "monalinguismo" e "friulanofobia", e lo si sperimenta direttamente entrando in contatto con il mondo della scuola.
Il tutto si verifica spesso in istituzioni scolastiche che a parole si presentano anche attente al rispetto della diversità, al dialogo interculturale, all'accoglienza, alla legalità, alla dimensione europea, al legame con il territorio. Un paradosso che se non fosse triste e inquietante, sarebbe semplicemente ridicolo.
Due settimane fa, per esempio, un quotidiano locale segnalava il caso di una dirigente scolastica di Pordenone che invitava esplicitamente i genitori a non richiedere l'insegnamento della lingua friulana, considerato un'inutile perdita di tempo e un ostacolo all'organizzazione delle altre attività didattiche. Nello stesso articolo inoltre si leggeva che "quando ci si reca in segreteria per iscrivere i bambini a scuola, è lo stesso personale a dissuadere i genitori dal presentare la richiesta". Si tratta di fatti che offrono seri motivi di preoccupazione: da una parte ci sono funzionari pubblici che operano per non dare attuazione a quanto previsto dalla legge, la violano deliberatamente e con essa violano i principi che la ispirano contrastando con le stesse finalità che dovrebbero essere perseguite dalle istituzioni scolastiche; dall'altra c'è un'informazione che affronta la questione con superficialità, per esempio senza interrogarsi sulla legittimità di certi comportamenti.
Quello di Pordenone, purtroppo, non è un caso isolato. Non mancano infatti altri esempi di omissione o di esplicita dissuasione nei confronti dell'uso e dell'insegnamento della lingua friulana. Lo si può constatare navigando in rete, tra blog e social networks, dove già da tempo sono segnalate situazioni del genere e c'è chi scrive, con ragione, di "monalinguismo" e "friulanofobia", e lo si sperimenta direttamente entrando in contatto con il mondo della scuola.
Il tutto si verifica spesso in istituzioni scolastiche che a parole si presentano anche attente al rispetto della diversità, al dialogo interculturale, all'accoglienza, alla legalità, alla dimensione europea, al legame con il territorio. Un paradosso che se non fosse triste e inquietante, sarebbe semplicemente ridicolo.
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I colori e il grassetto sono stati posti dalla redazione del Blog.
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