giovedì 5 maggio 2011

GLESIE FURLANE AL VESCOVO DI ROMA, PAPA BENEDETTO XVI




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"GLESIE FURLANE"
AL VESCOVO DI ROMA,
PAPA BENEDETTO XVI


Alla notizia della visita di Benedetto XVI ad Aquileia  e a Venezia  per il 7 e 8 maggio prossimi anche a Glesie Furlane è stata posta la domanda rituale: “Cosa vi aspettate da questa visita del papa?”
Il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, preannunciava la visita di Benedetto XVI come “dono che il Santo Padre fa”. Nello spirito di gratuità espresso dalle parole del presidente della Conferenza episcopale triveneta, di certo nessuna pretesa si può avanzare nei confronti di chi viene a portare un dono.
Nei doni più che l’attesa gioca un ruolo importante la sorpresa.
Le buone tradizioni di accoglienza e ospitalità portano a contraccambiare i doni che il vescovo di Roma, papa Benedetto XVI, farà alle diocesi  -  Venezia compresa  -  figlie della Chiesa madre di Aquileia.
E come contraccambiare significativamente se non attingendo tra i tesori più preziosi che queste Chiese figlie custodiscono e che forse per  troppi secoli hanno tenuto nascosti, quando non dimenticati o sepolti?  I tesori  riguardanti le radici del cristianesimo aquileiese segnate dal sangue dei martiri, dagli autorevoli  insegnamenti patristici, dalle testimonianze di una comunità credente che ha lasciato un patrimonio incommensurabile e originale di fede e di storia, di liturgia e di arte e di una teologia  e una catechesi  il cui manifesto è rappresentato nei mosaici del pavimento dell’attuale basilica patriarcale. Chi offrirà al papa questi doni e in modo tale che possano costituire una sorpresa per lui e non un  pacchetto da consegnare al segretario senza neppure aprirlo perché già conosciuto e scontato? I nostri vescovi, si osa sperare! (A tale proposito l’arcivescovo di Udine ha recentemente presentato al papa con una lettera la recentissima pubblicazione di Gabriele Pelizzari “Il Pastore ad Aquileia – La trascrizione musiva della catechesi catecumenale nella cattedrale di Teodoro”, edita da Glesie Furlane).
Ad una persona di riguardo come ad un amico caro che invitiamo ospite e attendiamo a casa nostra, per quanto possibile,  anticipiamo dei suggerimenti perché arrivi preparato e si trovi a suo agio.
Un paio di  suggerimenti al vescovo della Chiesa di Roma che viene in visita pastorale alle diocesi che costituivano l’antico Patriarcato di Aquileia:
1.     Si consiglia di leggere la bolla papale Injuncta nobis , datata in S. Maria Maggiore il 6 luglio 1751, con la quale Benedetto XIV sopprimeva la Chiesa patriarcale di Aquileia. Nessuno si permette di richiedere all’attuale papa un atto formale di riparazione per un provvedimento iniquo del quale non sarà neppure a conoscenza e di cui non porta la responsabilità. Si suggerisce la lettura della bolla nella speranza che, in forza della sua sensibilità pastorale, possa trovare parole che lo mettano a suo agio tra i fedeli di una Chiesa che ha subito una tale ingiuria. (Chi volesse approfondire la conoscenza e acquisire coscienza sull’argomento legga Eutanasie di un Patriarcjât di Antoni Beline, edito da Glesie Furlane nel 2001).
2.    Le diocesi che sono in Friuli hanno una propria identità non solo storica e religiosa, ma anche culturale e linguistica. Non per nulla a papa Giovanni Paolo II, in visita a queste Chiese nel 1992, non si trovò dono più significativo da presentare che la Bibie, i testi delle Sacre Scritture in lingua friulana. E tutti abbiamo presente la grande e inaspettata risonanza che ha avuto la lettura continuata della Bibie dal 3 al 9 aprile di quest’anno!  I cristiani del Friuli attendono impazientemente e da troppo tempo ormai che la Conferenza episcopale italiana autorizzi  l’uso del Messale romano tradotto  in lingua friulana. Questo è un diritto, non una pretesa. Sappiamo che ciò non dipende dal papa – la Congregazione per i Sacramenti e il Culto divino ha già dato il placet - , ma se un romano pontefice con una bolla può distruggere una Chiesa patriarcale, si osa sperare che un successore che porta lo stesso nome  meriti di essere “benedetto” per una parola autorevole che consenta a un popolo e ad una Chiesa di celebrare e pregare nella propria lingua.

Per “Glesie furlane”
Il vicepresidente Roberto Bertossi


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