lunedì 1 settembre 2014

BARACET - RICUARDI DI UN FURLAN ATIPIC


Dal Blog

di William Cisilino

 
 
 

Baracet:

de scrivanie ribaltade

ae vuaite a Andreotti.

Ricuart di un furlan atipic

 
Vuê, pocât de atualitât (viodêt cheste gnove), o vuei ricuardâ un vecjo amì che nol è plui e che a preseavin in tancj di lôr: Arnaldo Baracet. Par chei che no lu san, Baracet, deputât dal Partît comunist talian dal 1976 al 1987, al fo un dai paris des variis leçs post-Taramot che e àn dât svilup a cheste tiere, des bataiis pal ricognossiment dal furlan e, in particolâr, de istituzion de Universitât dal Friûl (naturalmentri, cheste ultime, no i à mai dât la lauree honoris causa).
 
A son passe doi agns che al è vignût a mancjâ (di precîs ai 21 di Lui dal 2012), ma dispès mi cjati a pensâ a lui, sore dut cuant che si à di vê a ce fâ cun Rome, dulà che mi è capitât cetantis voltis di lâ intes delegazions vuidadis di lui. I siei insegnaments, dal dut contraris ae indule furlane, si podaressin strucâ in dôs massimis:

1) no si à mai di lâ a Rome cul cjapiel in man: si à di pratindi di fevelâ cun chel che al comande di plui – e no cui galopins – e si à di pratindi simpri il massim;

2) se a Rome no ti rispietin, no si à di vê pôre a alçâ la vôs e a ribaltâ la scrivanie (in sens figurât, si intint. Ancje se a voltis lui lu aplicave a la letare, come che o viodarìn…).

In sumis: altri che furlans sotans! Altri che rispuindi “comandi!”.

Arnaldo, furlan atipic, al jere dut câs furlan patoc co si tratave di passâ des peraluis ai fats: mai lu ai sintût a dî o a prometi alc che dopo nol à mantignût. E lu faseve cence tantis svantariis: il so mot al jere “pocjis e che si tocjin”, come che al veve intitolade la sô rubriche te “Patrie dal Friûl”. Cussì, chês massimis che us ai descritis sore vie, lui lis meteve in vore pardabon e, massime, lis veve metudis in vore co al jere deputât.
Ve ca, inalore, dôs cronichis une vore divertentis e istrutivis (scritis di so pugn, par talian) di cemût che Arnaldo si spindeve anime e cûr pe Patrie, cun risultâts concrets, che ancjemò vuê o podìn preseâ. Cul auguri che lis prossimis delegazions furlanis che a laran a Rome a puedin puartâ indevant la “cause” cul stes snait.

Quando rischiai di rovesciare la scrivania all’on. La Loggia, contrario alla Facoltà di medicina a Udine.

[Il Presidente della Commissione Bilancio La Loggia] mi disse seccamente che la Facoltà di medicina a Udine non poteva essere istituita con una legge rivolta alla ricostruzione; che lui era assolutamente contrario; che voleva depennarla e che nella seduta dell’indomani si sarebbe comportato di conseguenza.
 
Risposi che ero indignato per quanto aveva detto, perché egli, quale presidente della Commissione chiamata all’approvazione generale della legge, non poteva opporsi in termini così perentori ed oltranzisti alla Facoltà di medicina, dopo la regolare espressione di un parere favorevole della commissione parlamentare Pubblica istruzione, competente in materia e contro l’accordo raggiunto da parte di tutti i parlamentari friulani. Poiché egli insisteva sulla sua posizione, che mi appariva una vera e propria inaccettabile violenza politica, a quel punto decisi di reagire forte pure io afferrando ai lati la scrivania come per rovesciargliela addosso. Egli si alzò pallido in volto. Alla fine, con le raccomandazioni dei colleghi Orsini e Tombesi a calmarci, quell’incontro al calor bianco si sciolse senza… stretta di mano.

Pe croniche, la dì dopo la Comission e fasè buine la leç (la 828/82) che e istituive la Facoltât di medisine a Udin stanziant a chest pro 35 miliarts. Al jere assent… l’on. La Loggia.
 
L’agguato ad Andreotti dal barbiere di Montecitorio

All’inizio del 1977 i parlamentari friulani si riunirono per elaborare i contenuti di quella che doveva diventare la prima legge per la ricostruzione del Friuli, la numero 546 dell’agosto 1977. Il testo doveva poi essere presentato all’on. Giulio Andreotti, in quel tempo Presidente del Consiglio di un governo monocolore democristiano che, per l’esito delle elezioni del giugno 1976, si reggeva grazie all’astensione delle sinistre.
Della ricostruzione avevo un concetto piuttosto ampio. Non ci si doveva limitare, pensavo, al rifacimento di case e fabbriche, chiese e ponti. Se veramente si voleva pensare a un futuro di sviluppo per il Friuli, era necessario puntare alla realizzazione di grandi infrastrutture viarie, attese da decenni, e trovare un rimedio al dissesto idrogeologico. Presentai, quindi, una richiesta di 2.500 miliardi di lire, da erogarsi nel quinquennio 1977/81.
Il senatore Tonutti, democristiano, preoccupato per le difficoltà finanziarie del Paese, effettivamente allora molto gravi, ribatté che si trattava di una cifra improponibile e che bastava chiedere e ottenere dallo Stato, quale primo stanziamento, 500 miliardi.
 
Io, tuttavia, rimanevo sulla mia posizione, e lui disse che sarei dovuto essere io ad avanzare la proposta all’on. Andreotti, cioè, lui pensava, a incassare il “no”.
 
Accettai, naturalmente, ma sapevo di dovermi premunire: avrei dovuto incontrare Andreotti prima della riunione, fissata per il giorno successivo alle undici della mattina.

Essendo deputato di fresca elezione, non sapevo come muovermi per raggiungere lo scopo. Scartando in ogni caso l’idea di telefonargli a Palazzo Chigi, dove mi avrebbero deviato nel dedalo degli uffici, posi il problema a un vecchio commesso friulano della Camera.
“Dopo la messa – rispose – Andreotti si presenta ogni mattina alle 7 alla porta di servizio di Montecitorio per farsi radere dal suo barbiere di fiducia”.
Era un’informazione preziosa. Il giorno dopo mi presentai alla porta di servizio e mi sedetti nella sala di lettura della Camera, da dove potevo sbirciare verso l’ingresso della barberia. Quando vidi entrare Andreotti, bussai alla porta. Il barbiere rispose che la barberia apre alle 8, ma io dissi che proprio lì avevo un appuntamento con Andreotti. Era una… forzatura, ma a fin di bene per il Friuli!
 
Entrai, salutai e iniziai a parlare dandogli del lei.
 
“Prima di tutto – disse il Presidente del Consiglio – dammi del tu perché siamo colleghi deputati. Poi vorrei confermarti che alle 11 ci sarà l’incontro con tutti i parlamentari del Friuli”.
“Questo lo so – dissi – ma ti ho cercato prima dell’incontro per una questione importante”.

Proseguii dicendo che secondo uno studio dell’architetto Di Sopra e del consigliere regionale Metus, del suo partito, il terremoto aveva prodotto danni per 4.000 miliardi. Ce ne volevano, quindi, almeno 2.500 per incominciare “Ma i 2.500 miliardi li volete tutti in un solo anno?” domandò Andreotti.

“Certamente no – risposi – anche perché si spenderanno gradualmente, ma sarebbe buona cosa fissarli per legge come impegno per il quinquennio 1977/81”.
“Anche se abbiamo gravi difficoltà finanziarie – disse Andreotti – mi pare una richiesta sensata, che andrà accolta”.
Uscii molto soddisfatto.

Alle 11, con grande sorpresa dei parlamentari, in particolare di quelli del suo partito, ai quali non aveva rivelato l’incontro in barberia, Andreotti mantenne la promessa.

[Il prin test al è gjavât fûr da “Il Nuovo” dai 7 di Jugn 2002. Il secont di “Simpri pal Friûl e la sô int”, Udin, 2003]

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Un gracie a William Cisilino
par chest biel ricuart
del "nestri" Arnalt.
 
Il Comitât pe autonomie
e il rilanç del Friûl 

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