PERCHE’
LA NOSTRA REGIONE
E’
AD AUTONOMIA SPECIALE?
“Da qualche giorno si è sviluppato, sulla stampa e sul web, un interessante dibattito sulle ragioni, diacroniche e sincroniche, che stanno alla base della specialità regionale.
Soffermiamoci sulle prime. Da un lato si dice che “l’avvento della specialità era legato al ritorno di Trieste all’Italia”; dall’altro si enfatizza di molto il ruolo svolto dalla presenza di minoranze linguistiche. Chi ha ragione? Parafrasando il prof. Sergio Bartole (sostenitore, sul “Piccolo”, della prima tesi), direi che entrambe sono due affascinanti “antiche favole”. (…)
Ma questa è acqua passata. È invece di vitale importanza, oggi, per il Friuli e per Trieste, ridiscutere i motivi per cui va mantenuta, a cinquant’anni di distanza, un’autonomia differenziata. Invocare l’economia e le infrastrutture non credo sia una buona idea (che direbbe la Lombardia, ad esempio?).
La nostra regione è l’unico luogo dove convivono i tre ceppi linguistici d’Europa. Questo mi sembra un motivo molto più saldo, e di valenza internazionale, da cui partire. Fermo restando che il miglior modo per giustificare l’esistenza della specialità è esercitarla.”
William Cisilino
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Pubblichiamo di seguito il testo integrale dell’articolo a firma del dott. William Cisilino, che ringraziamo, già pubblicato in prima e sesta pagina, sul quotidiano IL MESSAGGERO VENETO, lunedì 8 ottobre 2012.
Il dott. William Cisilino è coautore, assieme al Prof. Gianfranco D’Aronco, del libro “Sorestants e sotans – Intervista sul Friuli” - Biblioteca del Messaggero Veneto, Istitût Ladin Furlan “Pre Checo Placereani” – anno 2012
LA REDAZIONE DEL BLOG
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SPECIALI
PER CASO
di William Cisilino
Da qualche giorno si è sviluppato, sulla stampa e sul web, un interessante dibattito sulle ragioni, diacroniche e sincroniche, che stanno alla base della specialità regionale.
Soffermiamoci sulle prime. Da un lato si dice che “l’avvento della specialità era legato al ritorno di Trieste all’Italia”; dall’altro si enfatizza di molto il ruolo svolto dalla presenza di minoranze linguistiche. Chi ha ragione? Parafrasando il prof. Sergio Bartole (sostenitore, sul “Piccolo”, della prima tesi), direi che entrambe sono due affascinanti “antiche favole”.
Il tema è lungo e complesso, pertanto mi si perdoni se procederò per punti.
1) Nei primi mesi della Costituente non era per nulla chiaro quali e quante sarebbero state le Regioni. Per il Friuli c’era il concreto rischio di costituire semplicemente la provincia più orientale del Veneto. Trieste era “tra color che son sospesi” e vi sarebbe rimasta sino al 1954.
2) A fronte di tale situazione, gli autonomisti friulani – in testa Tessitori e D’Aronco – incominciarono un’importante azione finalizzata al riconoscimento della “Regione Friuli”. Fra le tante iniziative, ricordo la stampa del volume “La Regione del Friuli”, con contributi di insigni studiosi sull’individualità storica e culturale friulana. L’opera, destinata soprattutto ai membri della Costituente, richiedeva per il Friuli uno statuto giuridico simile alle altre Regioni italiane, ma senza escludere la possibilità di un ordinamento speciale.
3) Grazie a questa azione, il 18 dicembre 1946 la II Sottocommissione della Costituente decide di inserire fra le Regioni italiane a statuto ordinario la “Regione Friulana” (si badi bene: nel nome non si menziona la Venezia Giulia).
4) Di lì a pochi giorni, però, la Commissione dei 75 blocca tutto. Il perché ce lo spiega bene il prof. D’Aronco in “Sorestants e sotans”: “La seconda Sottocommissione per la riforma regionale aveva inserito nel progetto, insieme alle altre, la Regione Friulana. La Commissione dei 75 discusse e ridiscusse. Si parlò del problema relativo a quali fossero le Regioni storiche, quali le mistilingui, quali degne di autonomia particolare: per esempio il Friuli e la Venezia Giulia, come affermò per primo un deputato di destra. Vi si associò nientemeno che Togliatti, il quale ottenne la immediata ripulsa dei nazionalisti di ogni colore: Tito era alle porte. La Commissione dei 75 si lavò le mani: decidesse la Costituente”.
5) In pratica la Commissione dei 75 blindò, fra le Regioni a Statuto ordinario, le sole “Regioni storiche”, fra cui non c’era il Friuli, in quanto storicamente (cioè: amministrativamente) associato al Veneto. A Tessitori restava pertanto un’ultima chance, sotto il profilo procedurale: puntare sulla specialità. E così fece. Il 27 giugno del 1947, con un emendamento in seduta plenaria, riuscì a far riconoscere, fra le Regioni a statuto speciale, il “Friuli-Venezia Giulia”.
6) La vera finalità politica di Tessitori – al netto della retorica d’aula – era opposta agli interessi di Trieste. A parlare è sempre un testimone oculare, il prof. D’Aronco: “Gli autonomisti friulani, che stentavano a inghiottire la Venezia Giulia, confidavano nella vicina nascita delle Regioni, per cui la nostra sarebbe stata costituita dal solo Friuli, non essendo Trieste ancora restituita all’Italia. Poi si vedrà, dicevano”. Ma è lo stesso Tessitori, nel 1963, a confermare un tanto: durante la discussione sullo Statuto speciale, propose Udine come capoluogo e per Trieste una particolare posizione giuridica di larga autonomia. Visto come andò a finire, alla fine si astenne dal voto.
In poche parole, potremmo dire che la nostra Regione è a Statuto speciale per caso.
Ma questa è acqua passata. È invece di vitale importanza, oggi, per il Friuli e per Trieste, ridiscutere i motivi per cui va mantenuta, a cinquant’anni di distanza, un’autonomia differenziata. Invocare l’economia e le infrastrutture non credo sia una buona idea (che direbbe la Lombardia, ad esempio?).
La nostra regione è l’unico luogo dove convivono i tre ceppi linguistici d’Europa. Questo mi sembra un motivo molto più saldo, e di valenza internazionale, da cui partire. Fermo restando che il miglior modo per giustificare l’esistenza della specialità è esercitarla.
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I colori e il grassetto sono della Redazione del Blog
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