giovedì 2 maggio 2013

LETTERA APERTA ALLA PRESIDENTE SERRACCHIANI - RIFORMARE LA REGIONE di GIANFRANCO D'ARONCO




Lettera aperta alla
presidente  Serracchiani

RIFORMARE

 LA REGIONE

di
Prof. Gianfranco D’Aronco

         Gentile presidente, - ho preso l’abitudine, da qualche anno a questa parte, d’indirizzare una lettera aperta a questo o a quel presidente della Regione, specie se appena sfornato. So solo leggere e scrivere, e posso farlo senza chiedere un preventivo nulla-osta ad alcuno, salvo confidare nella cortese ospitalità del giornale. Lei sa naturalmente come destreggiarsi nel nuovo ufficio, e non ha bisogna di consigli: meno che meno da me, che non sono un politico. L’importante è che Lei s’ispiri solo a se stessa, e guardi ai predecessori solo per evitare le manchevolezze di fondo che pur hanno mostrato.
         Si parla da tutte le parti, specie nella capitale d’Italia, di riforme. Bisogna attuare le riforme – dicono da qualche decennio, e mai come ora. L’era montiana ha fatto e fa parlare, più che di ogni altro argomento, di una riforma delle Province, ossia della loro riduzione: e questo a prescindere indifferentemente da buone amministrazioni o da sprechi scandalosi, da fondamenti storici o da motivazioni obiettive. Un esempio, per restare nel nostro Friuli, Gorizia. Erede di quella che fu una Principesca contea, non avrebbe i titoli per rimanere Provincia, nonostante quello che ha patito e perduto nella prima e nella seconda guerra mondiale. Ha solo 25 Comuni e una superficie di 465 chilometri quadrati: troppo piccola. E’ piccola anche la Provincia di Trieste, che annovera  6 Comuni e una superficie di 210 chilometri. Ma si può fare una eccezione: è capoluogo di Regione, e a chi più ha più sarà dato: le leggi son fatte da chi comanda.
         Ora, a proposito di riforme – e lasciando naturalmente a Lei, gentile presidente, programmi e programmazioni restanti –, mi permetta di segnalarne una, per me prioritaria. Il Consiglio provinciale di Udine è stato or ora rinnovato alla naturale scadenza, mancando un provvedimento attuativo (senza contare che, per Regioni speciali come la nostra, la riforma è poco più che un suggerimento: doppia ragione dunque per noi). Rimane comunque la opportunità, anzi la necessità, di provvedere a una revisione degli impianti amministrativi: ma tenuto presente che non si può di punto in bianco cancellare le Province, mandare spasso i dipendenti e chiudere bottega. Si sa già che, al più, spariranno Presidenze e Consigli, con lieve risparmio di spesa. E rimarranno gli uffici ristrutturati con relativo personale. Senza dubbio verranno rifatte le tabelle dei portoni.
         Ma forse il sistema più logico, e quindi non adottato, sarebbe quello di rispettare l’articolo 118 della Costituzione, che suona così: “La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Provincie, ai Comuni o ad altri enti locali, e valendosi dei loro uffici”. E sarebbe anche quello di rispettare l’articolo 11 del nostro Statuto, secondo il quale “la Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Provincie ed ai Comuni, ai loro consorzi ed agli altri enti locali, o avvalendosi dei loro uffici”.
Del resto una delle solenni promesse da parte del partito di maggioranza, alla vigilia delle prime elezioni regionali (1964), preannunciava per il nuovo ente “una organizzazione semplice nelle sue strutture e agile nelle sue articolazioni”. E per essere chiari: “Al decentramento, infatti dallo Stato alla Regione, corrisponderà un decentramento dalla Regione agli enti locali, attraverso la più ampia delega nella concreta applicazione dell’attività burocratica e amministrativa; la Regione riserverà a sé prevalentemente i compiti di decisione, di direzione e di programmazione” (sic).
Promettere non vuol dire mantenere. Vero è che, pochi anni fa,  si è provveduto con il così detto “comparto unico” ad adeguare il trattamento economico dei dipendenti degli enti locali a quello dei regionali, per il maggior carico di lavoro in vista del decentramento. Ma tutto è rimasto come prima: vale a dire un doppio concentrato a Trieste, tanto che presto piazza Unità sarà sommersa dalle scartoffie che stanno invadendo il palazzo già del Lloyd austriaco.
         Il buon senso? Speranze vane. Le soluzioni semplici e logiche non piacciono ai politici in genere: essi preferiscono le complicazioni care alla burocrazia, senza le quali non si giustifica la loro presenza. Trieste – sede di Comune, di Provincia, di Regione –  ha diritto a diventare città metropolitana. E sia.  La nostra Regione è fatta di Friuli per una parte (la maggiore, anche se qualcuno sulle Rive lo ha chiamato “contado”) e di Venezia Giulia dall’altra. E dunque, se si vuol far seguire alle parole i fatti, nasca la città metropolitana da un lato e per il resto il Friuli. Le Province dovrebbero venir ridisegnate quel poco, rispettando storia e geografia e chiamandole in altro modo, come Aree vaste o quel che si vuole. Ma ci sarà sempre una struttura per la Destra Tagliamento, una per l’Udinese e una per l’Isontino. Si dovrà nello stesso tempo rivedere lo Statuto regionale, dando al Friuli quello che è del Friuli e a Trieste quello che è di Trieste.
          Cinquant’anni fa Tiziano Tessitori cercò invano di dare a Trieste una collocazione a sé nella Regione, e io ne fui suo scolaro. Come passa il tempo! Nel 2004 nacque il tentativo di ritoccare la carta fondamentale della Regione, lanciando slogan come “Prima lo Statuto”. Non si è fatto niente.
Si sarà accorta, gentile presidente, che noi friulani siamo troppo obbedienti e creduloni. Ma non siamo i figli della serva. La lingua, ha detto una indiscussa personalità, è la carta d’identità di un popolo. Nel 2007 scrissi una lettera aperta all’allora presidente Riccardo Illy, rivendicando i precisi disposti delle leggi sulla lingua friulana nelle scuole: un’ora alla settimana (un’ora!). Illy rispose l’indomani, occupando la prima pagina del giornale e facendo sue le mie ragioni. Ora non avanzo pretese. Fra qualche anno Lei non sarà più presidente (magari anche ministro). Ma la nascita di una riforma della Regione, fatta di due realtà disuguali e distinte, il Friuli e Trieste, che portasse la Sua firma (e Lei ne ha i mezzi), sarebbe ciò che rimarrebbe maggiormente a Suo onore.
1 maggio 2013

Gianfranco D’Aronco
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L’articolo è stato pubblicato mercoledì 1 maggio 2013, in prima pagina e seguito a pagina 10, sul quotidiano “IL MESSAGGERO VENETO” di Udine.

La redazione del Blog, ringrazia il prof. Gianfranco D'Aronco, Presidente del "Comitato per l'autonomia e il rilancio del Friuli", per averci concesso la pubblicazione del suo articolo.

LA REDAZIONE DEL BLOG 

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