sabato 23 marzo 2013

DIFENDIAMO L'UNIVERSITA' DEL FRIULI DAGLI APPETITI TRIESTINI E DALLA MIOPIA DELLA POLITICA REGIONALE !





DIFENDIAMO 
L’UNIVERSITA’ DEL FRIULI

DAGLI APPETITI TRIESTINI
E DALLA MIOPIA
DELLA POLITICA REGIONALE!
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PER UN NUOVO PATTO
UNIVERSITA’-TERRITORIO

Prof. Sandro Fabbro
Università di Udine

Recentemente, in più occasioni, è stato ricordato il “Patto Università-Territorio friulano” del 2008. E’ avvenuto all’apertura dell’anno accademico dell’Ateneo di Udine quando, sia il rettore Compagno sia il presidente della Provincia Fontanini, lo hanno positivamente richiamato. Ne ha fatto cenno, inoltre, nelle conclusioni del suo recente congresso, anche il segretario della Cisl dell’Udinese Muradore. Perché ha senso riparlarne ora? Perché, come nel 2008, quando quel patto era stato siglato, si andrà, nei prossimi mesi, alla rielezione di tutti i principali rappresentanti delle istituzioni friulane e ciò costituisce una grande occasione di dibattito pubblico sul futuro di queste istituzioni. Cerchiamo di approfondire allora la questione.
Quel patto era stato fortemente voluto, in coincidenza con i trent’anni dell’Università, dall’On. Arnaldo Baracetti (uno dei padri dell’Università friulana, recentemente mancato) e dal suo Comitato, per stringere le istituzioni friulane intorno al loro Ateneo e rispondere ai minacciosi segnali che provenivano da Roma (prime avvisaglie della tempesta che si sarebbe abbattuta, da lì a poco, sull’Università italiana e su diversi altri fronti). Il patto, scritto dopo numerosi incontri e versioni da un gruppo di persone coordinato da chi scrive, fu siglato dal Rettore Compagno e da altre 32 istituzioni friulane, con una cerimonia pubblica presso la Provincia di Udine, il 27 ottobre. Quel patto, criticato da alcuni per fumosità e scarsa efficacia, servi comunque a creare, intorno all’Università, una solidarietà che non si sentiva da anni e a dare all’Ateneo ed al nuovo Rettore la spinta per affrontare le dure prove, prevalentemente finanziarie, dei mesi ed anni successivi. Conteneva due indicazioni chiare: a. rafforzare la “terza missione” dell’Università (il trasferimento di conoscenze) per promuovere lo sviluppo e l’internazionalizzazione del territorio friulano; b. conservare e difendere l’autonomia dell’Ateneo nell’ambito di un rapporto, con il sistema universitario regionale, fatto di cooperazione ma anche di competizione.  
Oggi quel patto andrebbe profondamente ripensato perché, dal 2008, la situazione, non solo nell’Ateneo ma in tutto il Friuli, è profondamente cambiata. L’Università ha dovuto combattere con un bilancio in forte riduzione e, anche se la barca è rimasta a galla, i tagli ministeriali (aggiuntisi al cronico sotto-finanziamento) ed il mancato turn over si riverberano oggi nella riduzione dell’offerta educativa e nella sofferenza di parti significative della struttura universitaria. Certo non si chiude bottega né si demorde ma le “magnifiche sorti e progressive” che solo fino a pochi anni fa sembravano caratterizzare lo sviluppo dell’Ateneo friulano, si sono piuttosto appannate.
E’ esploso inoltre, come il patto aveva previsto, il problema delle alleanze da fare (e con chi). Il Rettore, coerentemente con il patto, ha fatto bene a tenere aperte le porte in diverse direzioni ma il Rettore è oggi in scadenza e non possiamo nasconderci che c’è chi, fuori ma anche dentro l’Ateneo, spinge per integrazioni forti solo con chi è più vicino ed ha anche più risorse di noi (le due Università di Trieste). Le grandi istituzioni friulane come il Comune di Udine e la Provincia di Udine sono più deboli nella loro naturale missione di leader del territorio friulano: Udine, capitale del Friuli, fa fatica ad uscire dalla propria radicata autoreferenzialità ed a costruire strategie che abbraccino le prospettive di un più ampio territorio. La Provincia è sotto schiaffo per altre ragioni più strutturali e legate al suo debole ruolo politico-amministrativo. Molti cittadini la ritengono un ente inutile ed è difficile convincerli che non è così solo sulla base di ragioni identitarie.
Su tutti incombe poi la Regione, vero convitato di pietra del patto del 2008.
Allora, l’assessore regionale Alessia Rosolen non vide di buon occhio il patto perché le sottraeva spazio di manovra, e, pur partecipando all’incontro finale, non lesinò critiche.
Il presidente della Regione Tondo, oggi, non nasconde le sue preferenze per forti integrazioni tra le sole Università regionali anche se non dovrebbe dimenticare che, oggi, c’è un accordo tra FVG, Veneto e Carinzia (destinato in futuro ad estendersi ad altri paesi e regioni) che ha valide basi giuridiche (il “GECT”) e che ci permette di cooperare seriamente e con altrettanta efficacia, anche con le Università venete e carinziane. Se si devono ricercare alleanze, allora, le si cerchi senza chiusure unilaterali ma secondo disegni strategici ampi e capaci di aprire orizzonti nuovi all’internazionalizzazione dell’Università e di tutto il Friuli.
Questa affermazione ci introduce alla questione di fondo. Ciò che è cambiato davvero, dal 2008, è che il soggetto sofferente, oggi, è tutto il Friuli e non solo la sua Università.
Dal 2008 qui si è perso l’8% del Pil! Il tasso di disoccupazione si è raddoppiato. I settori tradizionali dell’economia friulana non reggono più la concorrenza (-20% dell’export) ed i giovani hanno quindi molte meno prospettive di lavoro che in passato. Inoltre, la regione nel suo insieme, è andata peggio della media italiana visto che, negli ultimi dieci anni, il Pil regionale è cresciuto solo dello 0,5%  mentre in Italia del 2,5%. La specialità regionale, peraltro, non è più un motore di sviluppo e neppure uno scudo con cui difendersi: da più di dieci anni è solo uno strumento per coprire una paurosa perdita di competitività dell’intero sistema. L’Ente Regione, inoltre, ha avuto ed avrà un bilancio con meno entrate cosa che la costringerà a fare politiche di forte selezione e concentrazione della spesa mentre  il territorio friulano, i comuni, le realtà locali, non avranno più le stesse risorse di un tempo: si dovranno tagliare servizi e ridurre le prestazioni alla popolazione. Il “modello Friuli”, in altre parole è, se non defunto, decisamente agonizzante. Ambedue i soggetti, quindi, Università e Friuli, si trovano davanti ad una situazione molto difficile dove poche sono le possibili vie d’uscita e molte le minacce alla continuità ed all’autonomia del sistema per come l’abbiamo conosciuto negli ultimi trent’anni.
Ci vorrebbero scelte drastiche capaci di riavviare un nuovo ciclo di sviluppo. Ma mancano scrupolose analisi della realtà e ammissioni della cruda verità. Ma manca, prima di tutto, il coraggio! Ciascuna istituzione, da sola, lo constatiamo ogni giorno, non riesce ad averlo: quanto più aumenta il livello della sfida, tanto più ciascuna di esse si rinchiude su sé stessa. Ci vorrebbero davvero un momento ed un luogo in cui istituzioni friulane ed Università si ritrovassero assieme per: a. dirsi quelle verità che nessuno osa dire singolarmente; b. cercare una comune via d’uscita, anche se dolorosa, dal tunnel in cui siamo finiti; c. partire, nella riflessione, da domande cruciali: possiamo essere ancora “speciali”? E per fare cosa? E come? Rimettendoci tutti assieme a ragionare, un po’ di coraggio e qualche nuova visione, per ricostruire una comune prospettiva per il Friuli e per la sua Università, forse potrebbero emergere.

PROF. SANDRO FABBRO
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L’intervento del Prof. Sandro Fabbro, docente presso l’Università di Udine, che ringraziamo per averci inviato il testo originale dell'articolo, è stato pubblicato sul quotidiano IL MESSAGGERO VENETO (Ud) mercoledì 20 marzo 2013



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UNIVERSITA',
UN PATTO DA RINNOVARE

MA NIENTE FUSIONI O OCCORPAMENTI


di

Roberto Dominici


Un ottimo articolo ospitato da questo quotidiano il prof. Sandro Fabbro auspica un nuovo Patto Università-Territorio.

Come Comitato per l'Autonomia ed il Rilancio del Friuli ho fatto parte, nel 2008, del gruppo di lavoro che ha predisposto il Patto e ricordo certe difficoltà allora affrontate con alcune istituzioni, per fortuna non tutte, del Pordenonese e del Goriziano forse interessate, o comunque orientate, a mantenere una certa “equidistanza”, se così posso definirla, tra l'Università del Friuli e quella di Trieste.


Il Patto però si fece. Un atto questo di primaria importanza in quanto da un lato si richiama alla “mission”, un po' speciale, del nostro Ateneo come da legge istitutiva (“contribuire al progresso civile, sociale ed alla rinascita economica del Friuli e di divenire organico strumento di sviluppo...”) e, dall'altro, indica alcune prospettive di fondo per il futuro dell'Università friulana.

Il Patto, nato dal basso, ha colto il “sentire” popolare artefice forte della nascita dell'Università ed ha assunto un grande significato politico poiché ha saputo legare l'Università al Territorio ed il Territorio all'Università per il comune alto obbiettivo del lavorare insieme per la crescita delle nostre comunità.

Già allora i tempi non erano facili. Già allora si era in presenza di un consolidato sottofinanziamento statale ancorato, come più volte rilevato dal Rettore, a parametri “storici” non premianti gli Atenei di più giovane costituzione e, soprattutto, slegati da criteri di qualità e merito che, invece, l'Università del Friuli, nonostante tutto, ha dato prova di possedere.

Ha ragione Fabbro nel dire che dalla stipula del Patto ad oggi molte cose sono cambiate anche se è passato poco tempo; per cui, aggiunge lui ed io condivido, oggi non è in difficoltà solo l'Università ma è l'intero Friuli in sofferenza. Egli sostiene l'opportunità di un nuovo Patto.

Io credo che tornerebbe utile rinnovarlo con gli aggiornamenti che le nuove situazioni pongono. Il senso che in precedenza ho definito “politico” del Patto va mantenuto e, se possibile (spero di sì), rafforzato magari con la costituzione di una sorta di “pensatoio” sui più rilevanti problemi del momento anche per stabilire strategie ed azioni comuni.


Mi pare sempre presente, anche se sotto traccia (ma non tanto), un indirizzo che oserei definire “semplificatorio” circa la presenza di realtà universitarie sul territorio nazionale ed anche su quello regionale. Non vorrei che andando avanti si torni in realtà indietro con Università ridotte in numero, accorpate, fuse e così via. È mia opinione che l'Università del Friuli debba ricercare e costruire rapporti di cooperazione e di collaborazione non solo con la Università di Trieste ma anche con altre italiane e straniere per offrire sempre un quadro formativo qualificato, mantenendo e preservando identità ed autonomia.

In Regione c'è bisogno di entrambe le Università e quindi è bene non dare corpo a tentativi di “inglobamento”.

Fabbro si chiede, pensando alle necessità del Friuli di oggi, se possiamo essere ancora “speciali” come Regione e per cosa fare. Conosciamo l'insieme delle ragioni che hanno portato il Costituente a concedere al Friuli Venezia Giulia la autonomia speciale. Alcune di quelle ragioni non esistono più, altre esistono ancora, altre si sono trasformate nel tempo alla luce di eventi nazionali ed internazionali. Dunque la “specialità” esiste e va usata, usata bene. Non basta invocarla o declamarla; va utilizzata per politiche pensate al bene dei nostri territori. Certo, occorre una “progettualità” che parta da una oggettiva analisi di problemi e situazioni e che si articoli poi in programmi concreti, reali. Non mi pare di sentire qualcosa al riguardo. Eppure siamo alla vigilia delle elezioni regionali.
C'è un punto, a mio avviso qualificante, che va utilizzato: il ruolo internazionale di questa Regione che può aprire prospettive di sviluppo per l'economia, le grandi infrastrutture, il sociale, l'istruzione. E ciò tornerebbe di interesse pure allo Stato ed all'Unione Europea. Ecco un campo forte di impegno in virtù della specialità. Un altro? Perché non riformare la Regione con il trasferimento di funzioni al sistema delle autonomie locali e poi, tenuto conto del trasferimento stesso, riformare queste ultime con riguardo alla prestazione dei servizi ai cittadini?
Si potrebbe continuare ancora. Quello che manca alla politica di oggi è, appunto, una visione organica per il futuro delle nostre terre. È troppo chiedere uno sforzo in questa direzione? Tutti abbiamo bisogno di una prospettiva vera e seria.
 
Roberto Dominici


Articolo pubblicato sul quotidiano

 IL MESSAGGERO VENETO (Ud)
venerdì 22 marzo 2013 - pagina 22
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Il grassetto e i colori

sono della Redazione del Blog.


2 commenti:

  1. L'università del Friuli è un'Istituzione autonoma voluta con forza dal POPOLO FRIULANO per lo sviluppo economico e culturale del Friuli, e non può essere ingabbiata in una Federazione ESCLUSIVA con l'Università di Trieste, Federazione "esclusiva" che nei fatti le toglie autonomia e libertà di manovra.

    Con l'Università di Trieste ci può essere LIBERA collaborazione, esattamente come con qualsiasi altra Università italiana o straniera.

    Il Parlamento italiano già una volta ha RESPINTO il tentativo di Trieste, e della sua Università, di impedire la nascita dell'Università friulana, respingendo la proposta triestina di un'università unica regionale e autorizzando - per legge - l'Istituzione di una Università "autonoma" friulana.

    Oggi Trieste ci riprova con la complicità del Presidente Renzo Tondo e di alcune forze politiche e sindacali.

    L'autonomia della nostra Università non può essere soffocata dalla politica regionale filo-triestina, e meno che mai dai ricatti politici regionali: "Università friulana, vuoi i finanziamenti regionali? E allora DEVI integrarti con l’ateneo triestino e aderire “obbligatoriamente” a progetti e programmi condivisi con l’Università di Trieste. O così, o nessun finanziamento regionale!".

    La nostra Università DEVE essere LIBERA di scegliere con chi programmare il proprio futuro e non essere incatenata all'Università di Trieste per VOLERE del Potere politico regionale triestinocentrico.

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  2. CISL - MURADORE RESTA SEGRETARIO: NUOVO PATTO ATENEO/TERRITORIO

    "Roberto Muradore è stato confermato alla guida della CISL dell'Udinese e della Bassa Friulana. (...)

    Diversi i punti d'azione rimarcati dal segretario, a partire da quel patto università/territorio siglato nel 2008 e di cui la CISL fu tra i promotori, e a cui va data nuova linfa.

    "Si tratta di un patto - afferma Muradore, sottolineando come l'ateneo friulano sia essenziale e vitale per il Friuli - che va aggiornato in quanto è necessario che l'università aiuti i gruppi dirigenti territoriali nelle analisi e nelle proproste per meglio gestire e superare una situazione pesantissima. Oggi c'è ancora più bisogno del conributo di intelligenza e di idee da parte dell'ateneo friulano".(...)"

    Da un articolo pubblicato sul quotidiano IL MESSAGGERO VENETO - sabato 23 marzo 2013

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