giovedì 30 ottobre 2014

PERCHE' I DIRITTI NON SONO UN LUSSO IN TEMPO DI CRISI di Stefano RODOTA'

 
 


MINORANZE LINGUISTICHE


IL DIRITTO

DI AVERE DEI DIRITTI

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Perché i diritti non sono un lusso in tempo di crisi

Come fare se il mercato pretende di stabilire cosa è compatibile. Anche se si tratta di democrazia.

di STEFANO RODOTA'

(…) Con una domanda sempre più stringente: che cosa accade quando i diritti vengono ridotti, addirittura cancellati?

Molte sono state in questi anni le risposte. Proprio la centralità dei diritti fondamentali nel sistema costituzionale ha fatto parlare di diritti "insaziabili", che si impadroniscono di spazi propri della politica e che, considerati come elemento fondativo dello Stato, espropriano la stessa sovranità popolare.

Più nettamente, nel tempo che stiamo vivendo, i diritti sono indicati come un lusso incompatibile con la crisi economica, con la diminuzione delle risorse finanziarie.

Ma, nel momento in cui la promessa dei diritti non viene adempiuta, o è rimossa, da che cosa stiamo prendendo congedo?

Quando si restringono i diritti riguardanti lavoro, salute e istruzione, si incide sulle precondizioni di una democrazia non riducibile ad un insieme di procedure.

Non sono i diritti ad essere insaziabili, lo è la pretesa dell'economia di stabilire quali siano i diritti compatibili con essa.

Quando si ritiene che i diritti sono un lusso, in realtà si dice che sono lussi la politica e la democrazia.

Non si ripete forse che i mercati "decidono", annettendo alla sfera dell'economico le prerogative proprie della politica e dell'organizzazione democratica della società? (…).

Ma quale destino possiamo assegnare ad una politica svuotata di diritti e perduta per i principi?


Stefano Rodotà


dal sito internet “ www.repubblica.it ” - 20 ottobre 2014


 
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lunedì 27 ottobre 2014

POLITEAMA ROSSETTI: UN TEATRO CON UN BUCO PATRIMONIALE PLURI-MILIONARIO E CINQUE ANNI DI PERDITE DI ESERCIZIO.


 
POLITEAMA ROSSETTI (TS)

UN "TEATRO STABILE" CON
 
UN "BUCO" PATRIMONIALE
DI BEN DUE MILIONI
E 200 MILA EURO

E CINQUE ANNI
DI PERDITE D'ESERCIZIO
 TRA IL 2008 E IL 2013!!!
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Dal sito internet del quotidiano

IL PICCOLO (Ts)
 

Un Rossetti “nazionale” con oltre 2 milioni di buco
 

Lo Stabile del Fvg si prepara al matrimonio con Udine portando in dote un deficit pesante. Dal 2008 passivo lievitato con le spese per il personale
 


Il Rossetti, il teatro che tutto il mondo ci invidia, ha un buco patrimoniale di 2 milioni e 200mila euro. Una dote pesante per il futuro Teatro nazionale con il Css e Nico Pepe di Udine o per il Teatro di rilevante interesse culturale (Tric) che lo Stabile del Friuli Venezia Giulia si appresta a diventare in base al decreto Franceschini.

La riforma cancella gli Stabili, ma non i debiti. E se di matrimonio di interesse con Udine si deve parlare, l’interesse qui è tutto triestino, visto che la cooperativa Css di Udine (Stabile d’innovazione) porta in dote un attivo patrimoniale da 200mila euro come raccontano i bilanci da svariati anni. (…)

(…) In realtà i milioni di passivo sono più di due. Nel 2013 il deficit patrimoniale era di 2 milioni 208 mila euro. È una perdita che ha radici lontane. Tra il 1986 e il 1989, durante la direzione di Furio Bordon (che era presente anche nella rosa finale dei 5 candidati alla direzione), si è creata la voragine di un milione e 300 mila euro che si è poi trascinata e che, durante gli ultimi anni della gestione di Calenda, si è gonfiata superando i 2 milioni a suon di deficit di esercizio: 91 mila euro nel 2008, 107 mila nel 2009, 212 mila nel 2010, 304 mila nel 2011 (la perdita più grave degli ultimi 30 anni), 170 mila euro nel 2013. L’unico utile, 150 mila euro,è stato registrato nel 2012: l’anno del contributo straordinario di circa 300mila euro erogato da Regione e Comune per evitare la “liquidazione coatta”. (…)
 
Cinque anni di perdite d'esercizio tra il 2008 e il 2013.
 
Nessuno si è preoccupato più di tanto di contenere o tagliare i costi. Il risanamento dello “storico” buco non è mai stato all'ordine del giorno (…).
 
 A sanare il "buco" ci penserà qualcun altro.
 
27 ottobre 2014

 
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http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2014/10/27/news/un-rossetti-nazionale-con-oltre-2-milioni-di-buco-1.10188673

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COMMENTO

 
A sanare il buco di bilancio del Politeama Rossetti  ci penserà la Presidente Serracchiani, magari sponsorizzando la "fusione" tra due realtà teatrali friulane "sane e in buona salute finanziaria" e una realtà teatrale triestina con un buco patrimoniale di due milioni e  200 mila euro e con alle spalle cinque anni di perdite d'esercizio (dati pubblicati sul quotidiano IL PICCOLO di Trieste  il 27 ottobre 2014)?
 
Sarebbe questo il "gioiello triestino" che aspira a diventare "Teatro nazionale" anche in assenza dei requisiti richiesti dall'art. 10 del decreto ministeriale del 1° luglio 2014?

http://comitat-friul.blogspot.it/2014/10/regione-fusione-tra-politeama-rossetti.html
 
Presidente Serracchiani,  ci sarà anche per il Politeama Rossetti il "super-regalone regionale" (sic!) di cui ha già goduto il teatro lirico Verdi di Trieste? Altri fondi regionali dati a chi ne ha già sprecati fin troppi?

 
LA REDAZIONE DEL BLOG 
 

venerdì 24 ottobre 2014

REGIONE - FUSIONE TRA POLITEAMA ROSSETTI E CSS - NICO PEPE: BASTA REGALI A TRIESTE!


REGIONE



FUSIONE

TRA POLITEAMA ROSSETTI

E CSS - NICO PEPE


 
PRESIDENTE SERRACCHIANI  

BASTA REGALI A TRIESTE!





Non le è bastato aver regalato


oltre 14 milioni di euro


al teatro lirico Verdi di Trieste?

 

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COMUNICATO STAMPA



Ormai da decenni assistiamo alla svendita del Friuli e delle sue eccellenze. E perché mai chi coordina e dirige il CSS (Centro Servizi e Spettacoli - Teatro Stabile di Innovazione del Friuli – Venezia Giulia) di Udine e l'udinese “Civica Accademia d'Arte drammatica Nico Pepe” non dovrebbe continuare a farlo?

Il Politeama Rossetti è da sempre un teatro “esclusivamente” triestino, anche se finanziato come “Teatro Stabile regionale del Friuli Venezia Giulia”. In realtà non è mai stato un teatro regionale ma ha dato sempre lustro – grazie a corposi finanziamenti statali e regionali – alla sola città di Trieste.

Ricordiamoci l'ultimo salvataggio della Regione del teatro lirico Verdi di Trieste costato alla comunità regionale oltre 14 milioni di euro.

Ora il Governo nazionale sta riformando tutta la struttura dei teatri italiani e soprattutto le modalità del loro finanziamento e il Politeama Rossetti – da articoli di stampa - risulta non avere i requisiti per diventare un “teatro nazionale” essendo privo a Trieste di una Accademia teatrale. E si dà il caso che in regione ci sia un'unica accademia: la Nico Pepe di Udine.

Ecco allora offrirsi prontamente come “stampella” al triestinissimo teatro Politeama Rossetti, in particolare, il Teatro Stabile di Innovazione, molto conosciuto come CSS di Udine e a ruota l'udinese Accademia d'arte drammatica Nico Pepe. Sia mai che il Rossetti corra il rischio di essere declassato!

Da dichiarazioni stampa risulta infatti che il CSS e la Nico Pepe si sono subito dichiarati pronti a “fondersi” con questo teatro triestinissimo al fine di istituire – forse - un “teatro nazionale regionale” che, ovviamente, non potrà che avere la sede a Trieste. Udine, in compenso, non sarà più la sede autonoma di un Teatro di Innovazione teatrale, né di una Accademia d'arte drammatica.

Cos'è stato promesso dalla Presidente Serracchiani, che pare essere la sponsor di questa fusione, ai teatro stabile CSS di Udine e alla Nico Pepe in cambio della loro cancellazione e della perdita di autonomia?

Da Honsell ci aspetteremmo una azione di tutela del sistema teatrale udinese e una richiesta di incentivazione di spettacoli in lingua friulana (anche i friulani pagano l'Irpef!).

Possiamo leggere dietro queste manovre anche la volontà politica regionale di salvare una realtà triestina a discapito delle eccellenze teatrali friulane?

Visto considerato che le due realtà teatrali friulane sono l'ago della bilancia per il salvataggio del Rossetti, in particolare l'Accademia, perché non pretendere qualcosa di molto importante per Udine e il Friuli (con sede legale a Udine e non a Trieste!) e al contrario si “svendono” ?

Udine, 23 ottobre 2014



COMITATO PER L'AUTONOMIA

E IL RILANCIO DEL FRIULI

Il Presidente

Paolo Fontanelli
 
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Il Comunicato stampa è stato pubblicato come "L'INTERVENTO" in prima pagina e segue a pagina XXII, il 24 ottobre 2014 sul quotidiano IL GAZZETTINO di Udine con il titolo "Il caso Rossetti e la svendita del Friuli"

Il Comunicato stampa è stato pubblicato giovedì 30 ottobre 2014 sul settimanale della Arcidiocesi di Udine, LA VITA CATTOLICA (Ud), con il titolo "Il Teatro nazionale abbia sede in Friuli"   
 

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Di seguito i requisiti previsti
 
dal D.M. 1 luglio 2014 
 
art. 10 "teatri nazionali":
 
MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI E DEL TURISMO  
 
DECRETO 1° luglio 2014
 
Nuovi criteri per l’erogazione e modalità per la liquidazione e l’anticipazione di contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163.
 
(…) 
Titolo II – Produzione
 
Sezione I – Teatri nazionali e teatri di rilevante interesse culturale
 
Articolo 10 – Teatri nazionali.
 
1. Ai soli fini ed effetti del presente decreto, sono definiti teatri nazionali gli organismi che svolgano attività teatrale di notevole prestigio nazionale e internazionale e che si connotino per la loro tradizione e storicità.
 
2. Fermo restando quanto previsto nell’articolo 5 del presente decreto, è concesso un contributo al soggetto richiedente, di cui al comma 1 del presente articolo, che effettui complessivamente nell’anno un minimo di 240 giornate recitative di produzione e di 15000 giornate lavorative, come definite all’Allegato D, a condizione che:
 
a) vi sia l’impegno di enti territoriali o altri enti pubblici a concedere contributi per una somma complessivamente pari al cento per cento del contributo statale, e tali da garantire la copertura delle spese di gestione delle sale;
 
b) gestisca direttamente in esclusiva, per l’attività di cui al presente Capo, una o più sale, nella regione in cui ha sede legale, per un totale di almeno 1000 posti, con una sala di almeno 500 posti;
 
c) almeno il cinquanta per cento del personale artistico coincida con quello dell’annualità precedente;
 
d) almeno il cinquanta per cento del personale amministrativo e tecnico risulti assunto con contratto a tempo indeterminato;
 
e) ogni anno vengano prodotti almeno due spettacoli di autori viventi, di cui almeno uno di nazionalità italiana;
 
f) ogni anno vengano prodotti o ospitati un minimo di due spettacoli di ricerca;
 
g) almeno il settanta per cento del minimo delle giornate recitative degli spettacoli prodotti venga rappresentato nei teatri gestiti direttamente in esclusiva di cui alla lettera b) del presente comma; almeno la metà di tali giornate recitative deve essere rappresentata nelle sale e negli spazi situati nel comune in cui ha la sede legale il soggetto richiedente; al massimo il venti per cento delle giornate recitative in sede può essere costituito da giornate in cui si svolgono soltanto matinée per le scuole;
 
h) non più del venti per cento del totale delle giornate recitative prodotte sia rappresentato al di fuori della regione di appartenenza;
 
i) le recite in coproduzione non superino il venti per cento delle recite programmate e siano effettuate solo con altri teatri nazionali e teatri di rilevante interesse culturale; il presente limite non si applica per le coproduzioni con soggetti internazionali;
 
j) sia dotato di una scuola di teatro e di perfezionamento professionale.
 
Articolo 11 – Teatri di rilevante interesse culturale.
 
1. Ai soli fini ed effetti del presente decreto, sono definiti teatri di rilevante interesse culturale gli organismi che svolgano attività di produzione teatrale di rilevante interesse culturale prevalentemente nell’àmbito della regione di appartenenza. (...)
 
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TRIESTE RISULTA NON AVERE UNA

scuola di teatro e
di perfezionamento professionale!!

ed è dubbio che il Politeama Rossetti
riesca a soddisfare
gli altri vincoli fissati dal D.M 1° luglio 2014
art. 10 !!


 

"FRIULI: QUALE FUTURO?" - Comunicato stampa


 

Comunicato Stampa

20 ottobre 2014


Friuli: quale futuro?


Forse il concetto più interessante che sia stato espresso a Carlino, nella prima serata delle “Lezioni di autonomia” da alcuni dei relatori è stato quello della necessità di avere un senso della comunità come fondamento della difesa e sviluppo dell'autonomia, ma sono stati anche concordi nel sostenere che il loro ruolo di sindaci li ha portati a cercare di rafforzare il senso di comunità nei loro Comuni per poter dare risposte ai bisogni di mutua assistenza, di cultura, di sport e di svago dei propri concittadini. 

Un doppio ruolo del senso di comunità, rivolto all'interno per dare una risposta ai crescenti problemi di welfare  e di crisi delle risorse pubbliche, e verso l'esterno per poter rivendicare il diritto all'autonomia.
 
Il tema che non è stato trattato, invece, è quello che consegue: quale comunità in un mondo “liquido” dove i nostri figli emigrano facilmente e con la stessa rapidità con cui si succedono le ondate dei disperati che cercano asilo da noi?

Come costruire un senso di comunità col vicino rumeno, ucraino, senegalese, siriano, cinese? E, soprattutto: vogliamo costruire una comunità con loro?

Per rispondere dovremmo forse ricordare che il Friuli è un caso di studio nel panorama europeo poiché le diverse minoranze friulana, slovena e tedesca hanno saputo sempre esprimere una reciproca solidarietà, probabilmente perchè accomunate dal sentirsi minoranza nei confronti del medesimo gruppo etnico e probabilmente anche per la stessa appartenenza religiosa alla matrice aquileiese. 

E' un caso raro in Europa, dove generalmente minoranze diverse si sono combattute differenziandosi sia per la lingua che per la religione e questa tolleranza e solidarietà tra minoranze, storicamente patrimonio e peculiarità del Friuli può indicarci oggi la via da seguire, in una fase dove tutto è complicati, gli atteggiamenti xenofobi sono premiati dalle prime pagine dei giornali e i, ben più numerosi ma sempre più intimiditi, atti di solidarietà, perfino insultati nelle strade e sui social network.

Il Friuli multilingue sarà sempre più abitato da cittadini del mondo, bene faremmo a farne una comunità di nuovi friulani, piuttosto che vedere nemici dietro ogni porta.


Comitato per l'Autonomia

e il Rilancio del Friuli

Il Presidente

Paolo Fontanelli

 
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Il Comunicato Stampa del Comitato per l'autonomia  e il rilancio del Friuli, a firma del suo Presidente Paolo Fontanelli, è stato pubblicato il 21 ottobre 2014 sul quotidiano IL GAZZETTINO (Ud) con  il titolo "Una comunità aperta al mondo" - pagina XIX; il 23 ottobre 2014 è stato pubblicato sul settimanale della Arcidiocesi di Udine LA VITA CATTOLICA  con il titolo  "Identità multietnica per il Friuli" .


martedì 21 ottobre 2014

REGIONE, RIFORMA ENTI LOCALI: 12 SINDACI E UN "LABORATORI DI AUTONOMIE"


REGIONE

RIFORMA ENTI LOCALI


"LABORATORI DI AUTONOMIE"

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Dal sito on-line

del settimanale

IL FRIULI

 


(...) un gruppo di ben dodici sindaci, del tutto trasversale, ha cercato e ottenuto l’appoggio di realtà del mondo autonomista come ‘La Grame’ di Mereto di Tomba, il movimento Glesie Furlane e i media identitari ‘La Patrie dal Friul’ e ‘Radio Onde Furlane’ per andare a creare una sorta di pensatoio che hanno voluto chiamare ‘Laboratori di autonomie’ e che richiamerà per cinque giovedì, dal 16 ottobre in poi, in varie località in giro per la Regione, tutti coloro che sono interessati ad approfondire i vari aspetti dell’autonomia che sinora sono gli stessi friulani a negarsi.

I primi cittadini dei Comuni di Carlino, Flaibano, Fiumicello, Lestizza, Mereto di Tomba, Muzzana del Turgnano, Precenicco, Rive d’Arcano, Sedegliano, Torviscosa, Tramonti di Sotto e Vito d’Asio si sono incontrati a latere di uno dei tanti momenti di confronto che in questo periodo si svolgono tra gli amministratori rispetto alla riforma degli enti locali: una riforma che fra l’altro rischia di cancellare o perlomeno ridimensionare in modo drastico buona parte dei loro municipi.

E tra un emendamento e l’altro a questo discusso disegno di legge, di fronte alle prospettive di fatto poco confortanti in fatto di esercizio della specialità da parte della Regione, ma anche per sostanziare il valore dell’autonomia del territorio friulano in epoca di revisione degli assetti istituzionali, questo gruppo di primi cittadini del tutto eterogeneo per provenienza politica e culturale si è trovato d’accordo sull’esigenza di approfondire il tema.  

Abbiamo in comune il fatto di riconoscere quanto importante sarebbe l’autonomia se solo fossimo in grado di esercitarla pienamente” spiega Diego Navarria, sindaco di Carlino, che insieme al collega Massimo Moretuzzo di Mereto di Tomba e alla presidente de ‘La Grame’ Elisabetta Basso coordina l’iniziativa. E il fatto importante è che questa assoluta trasversalità (anche geografica, in quanto i sindaci vengono non solo da sinistra, destra, Lega e civiche, ma anche da Sinistra e Destra Tagliamento) è un fattore assolutamente inedito in una galassia friulanista generalmente molto portata a distinguersi in un pulviscolo di sigle e siglette e a condannarsi così all’ininfluenza e alla marginalità. (...)”

autore: Walter Tomada
 
     

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GIOVEDI' 16 OTTOBRE
Primo incontro/dibattito

"Laboratori di autonomie"
guarda al futuro del Fvg

Successo, a Carlino, per la prima "lezione" organizzata da dodici sindaci friulani: "il Comune resta forse l'unica entità che mantiene un rapporto fiduciario tra elettore ed eletto"
 
 
Leggi tutto l'articolo – pubblicato sul sito internet del settimanale IL FRIULI


domenica 19 ottobre 2014

UNIVERSITA' DEL FRIULI - LA VERA STORIA DELLA MEDICINA UDINESE di Roberto MEROI


 
 
 
 
UNIVERSITA' DEL FRIULI
 
LA VERA STORIA

DELLA MEDICINA UDINESE
 
E I SOPRUSI

DELLA POLITICA REGIONALE

FILOTRIESTINA

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La vera storia 
della medicina udinese 

di Roberto Meroi

Ascoltando la gente, l'impressione è che i politici eletti in Friuli -Venezia Giulia conoscano ben poco della storia della loro terra. Sarebbe interessante provare a sondare quanti tra gli assessori e i consiglieri regionali attualmente in carica sanno, ad esempio, quali sono state le vicende che hanno portato all'apertura della prima facoltà di Medicina in regione.

Il dato reale è che l'Università di Trieste ha aperto i primi corsi della facoltà prima di Udine. Ma difficilmente tra di loro ci sarà uno che sa che quella facoltà avrebbe dovuto essere aperta a Udine.

Il Consiglio dell'Ordine dei medici della provincia di Udine, presieduto da Vincenzo Ilardi, il 7 ottobre 1964 aveva votato un ordine del giorno a favore della costituzione della facoltà di Medicina a Udine, che avrebbe dovuto estendere il riconoscimento internazionale dei titoli accademici agli studenti di Austria e Jugoslavia. Nello stesso documento si poneva in risalto l'importanza fondamentale della posizione geografica centrale di Udine e veniva chiesto l'insediamento nello stesso capoluogo friulano dell'Assessorato regionale della Sanità. Fu nominato un Comitato di iniziativa e di studio pro istituenda facoltà di Medicina in Udine che il 16 luglio 1965 presentò alla presidenza della VII commissione Istruzione e belle arti della Camera una relazione nella quale, tra l'altro, veniva data notizia che l'amministrazione ospedaliera udinese metteva a disposizione della facoltà un'area di 120mila mq. e degli istituti biologici per gli insegnamenti del primo triennio clinico.

Interpellato, ai primi di novembre, il ministro della Pubblica istruzione Luigi Gui si era però dichiarato favorevole all'insediamento di Medicina a Trieste e allora, per protesta, il 12 novembre a Udine si era tenuta una grossa manifestazione di piazza, organizzata dal Circolo universitario friulano.

Il 23 novembre 1965 il consiglio regionale bocciò la mozione a favore di Medicina a Udine presentata dal consigliere socialdemocratico Renato Bertoli oltre sei mesi prima e, a sorpresa, il presidente Alfredo Berzanti annunciò l'imminente attivazione della facoltà di Medicina a Trieste.

A ben poco servirono le successive imponenti manifestazioni di protesta del 4, 9, 10 e 11 dicembre. I triestini, in fretta e furia, costituirono il Consorzio per l'istituzione e il funzionamento della facoltà di Medicina nella loro città. Il 29 dicembre 1965 dal presidente della Repubblica venne firmato il decreto che istituiva presso l'Università di Trieste il primo biennio di Medicina.

Ci vollero 125 mila firme e il terremoto perché si riuscisse a far istituire per legge Medicina a Udine. Il primo anno accademico della facoltà a Udine venne inaugurato il 10 novembre 1986.
 
Con oltre vent'anni di ritardo!


Roberto Meroi
 
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L'articolo a firma di Roberto Meroi è stato pubblicato in prima pagina e segue in XIX pagina, sul quotidiano "IL GAZZETTINO" di Udine, l'8 ottobre 2014.
 
Ringraziamo l'autore per averci concesso la pubblicazione dell'articolo.
 
 

martedì 14 ottobre 2014

RIFORMA "PANONTIN" ENTI LOCALI - UNA RIFORMA QUAZZABUGLIO CHE NON PUO' FUNZIONARE!


REGIONE

RIFORMA “PANONTIN” 

ENTI LOCALI

UNA RIFORMA “QUAZZABUGLIO”

CHE NON PUO' FUNZIONARE

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COMUNICATO STAMPA


Comitât pe Autonomie e pal Rilanç dal Friûl

Comitato per l'Autonomia e il Rilancio del Friuli

Udine

9 ottobre 2014

È una posizione che non condivido (quella dei media), ma a cui non posso non allinearmi per non essere costretto a pagare un prezzo troppo alto” e ancora: “Mi pare ovvio, però, che al termine di questo iter bisognerà mettere mano anche al Cal sia da un punto di vista del funzionamento, semplificandolo, che della rappresentanza”


L'assessore Panontin si basa su strani criteri per riformare gli Enti Locali: dichiara di allinearsi alle idee dei giornali che non condivide, elevando il ruolo dei media a quello di nuovi legislatori, mentre ipotizza “semplificazioni” di organi di rappresentanza degli Enti Locali disconoscendo quindi il ruolo del CAL. Dimenticando oltre tutto – e ciò è gravissimo per un assessore regionale - che il CAL è un Organismo di rappresentanza previsto dalla Costituzione italiana (art. 123 – comma 4).

Considerato poi che la proposta di legge prevede la delega alla Giunta regionale anziche far decidere al Consiglio, vista l'esigenza di “non pagare un prezzo troppo alto” c'è da chiedersi chi, e con quali criteri, scriverà effettivamente la riforma che vorrebbe cancellare la rappresentanza unitaria dei diversi territori regionali, facendo uno spezzatino insipido del Friuli che nel suo policentrismo ha pur diritto a riconoscersi nelle tre province disegnate da guerre e battagli politiche lunghe un secolo.

Resta da dire che ci sono tre soluzioni al guazzabuglio di questa ipotetica riforma:
  • ribaltare le riforma, mantenere le province e rafforzarle nei compiti trasferendovi competenze (e costi) in carico oggi alla Regione che è il vero centro di spesa da controllare
  • volendo fare a tutti i costi la riforma, per compensare i conseguenti squilibri a danno del Friuli, diventa necessario trasferire la capitale della Regione nel centro del Friuli, a Udine (o Palmanova, o Gemona, ma la retralcitrante capitale non potrebbe che essere Udine)
  • la terza proposta che facciamo è quella di creare l'Assemblea delle Unioni dei Comuni del Friuli per dare una qualche forma di rappresentanza (con relative competenze) ai friulani.
Al Consiglio regionale ed in particolare ai consiglieri eletti in Friuli, e solo a loro, il compito di decidere. Così com'è questa riforma non può funzionare e non saranno dei direttori a costo zero (?) delle Unioni a migliorare la situazione.
 
Il Presidente del Comitato

Paolo Fontanelli